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Alcuni cenni normativi in merito agli strumenti di pianificazione e programmazione della circolazione stradale urbana e breve sintesi delle pronuncie giurisprudenziali più significative
Maura Fraschina
ALCUNI CENNI NORMATIVI IN MERITO AGLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE STRADALE URBANA E BREVE SINTESI DELLE PRONUNCIE GIURISPRUDENZIALI PIÙ SIGNIFICATIVE
SOMMARIO: 1. Premessa: il fondamento legislativo dei poteri amministrativi incidenti sulla circolazione stradale; 2. I singoli strumenti di pianificazione del traffico; 3. I principi sanciti dalla giurisprudenza amministrativa; 3.1 Sulla natura programmatoria dei provvedimenti limitativi della circolazione in relazione alle disposizioni degli strumenti di pianificazione e programmazione del traffico urbano. Cons. Stato, Sez. V, 2.03.00, n. 1075; 3.2 Sull’inammissibilità, per difetto di interesse, dell’impugnazione delle proposte di intervento a medio-lungo termine previste dai P.U.T. T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, 04.03.02 n. 87; 3.3 Sulla partecipazione delle categorie economiche e delle parti interessate, ivi compresi i cittadini, al processo di formazione del P.U.T. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 19.04.06 n. 4029.
1. Premessa: il fondamento legislativo dei poteri amministrativi incidenti sulla circolazione stradale.
Le limitazioni amministrative alla circolazione stradale costituiscono il punto di incidenza del potere amministrativo sul diritto costituzionale sancito dall’art. 16 Cost. La circolazione si configura come un’attività, pubblica o privata, finalizzata agli spostamenti collettivi, sulla quale incidono diversi interessi pubblici anche di natura costituzionale. L’inerenza di tali interessi, perciò, legittima l’esercizio dei relativi poteri limitativi e conformativi della circolazione. Peraltro, la necessità che sia una legge ad attribuire, almeno in via generale, il potere di disciplinare e di limitare la circolazione, dettando i principi cui la pubblica amministrazione deve attenersi (riserva di legge relativa), si giustifica con l’incidenza di tali limitazioni non solo sulla libertà di spostamento, sancita dall’art. 16 Cost., ma anche su altre libertà fondamentali (1). Non a caso, c’è chi, infatti, ha osservato come a causa della congestione urbana, oggi sembrino legittimate, senza discussioni, misure sempre più restrittive e inibitorie, espressione autoritativa dei pubblici poteri (2). Inoltre, autorevole dottrina, dopo aver ricordato che “sono riconosciuti particolari poteri ai Prefetti, ai Sindaci, alle Province in ordine alla limitazione sulle pubbliche strade per ragioni di incolumità pubblica e per altre ragioni di pubblico interesse”, aggiunge che “è legittimo, però, il dubbio circa la piena conformità di tali disposizioni al principio della libertà di circolazione” (3).
In questo breve commento, si esamineranno gli strumenti di pianificazione della circolazione veicolare e del traffico - dedicando particolare attenzione alle peculiarità del Piano Urbano del Traffico - che trovano nel Nuovo Codice della Strada (d.lgs. 30.04.1992 n. 285) la principale fonte giuridica e verranno riportate alcune importanti pronuncie giurisprudenziale afferenti alle questioni più importanti discusse in materia.
2. I singoli strumenti di pianificazione del traffico.
Il decreto legislativo n.285/92 ha innovato la normativa in precedente a cui faceva riferimento la nota circolare del Ministero dei L.L. P.P., del 08.08.1986 e concernente la “disciplina della circolazione stradale nelle zone urbane ad elevata congestione del traffico veicolare”. Detta circolare distingueva, peraltro, tra i Piani del Traffico e i Piani di Trasporto, assegnando ai primi una funzione programmatoria di breve periodo e conferendo ai secondi una possibilità di intervento a livello infrastrutturale e sul tessuto edilizio. Il nuovo codice della strada ha rivisitato la materia, introducendo un’ulteriore diversificazione: da una parte, i Piani del Traffico per la viabilità extraurbana, di cui devono dotarsi le Province e le aree metropolitane; dall’altra i Piani Urbani del Traffico, destinati ai Comuni di una data ampiezza demografica, quelli aventi particolari problemi di traffico e quelli appositamente elencati dalle Regioni.
Tra i provvedimenti “tradizionali” di limitazione della circolazione veicolare, particolare rilievo è rivestito dall’attività programmatoria in ordine alla quale problematico risulta differenziare i rapporti tra pianificazioni territoriali, urbanistiche e ambientali.
Il Piano Urbano del Traffico (P.U.T.) è stato introdotto da una circolare del 1986 e poi disciplinato dall’art. 36 del Codice della Strada (C.d.S.) (4), il quale statuisce che “i Comuni, con popolazione residente superiore a 30.000 abitanti,” devono adottare “un piano urbano del traffico veicolare entro un anno dalla data di entrata in vigore del Codice della strada” (ed, ovviamente, anche quelli che al 1° gennaio di ogni anno superano tale soglia). Sono tenuti a dotarsi di un P.U.T. anche i Comuni con popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali:
• registrino una particolare affluenza turistica;
• risultino interessati da elevati fenomeni di pendolarismo;
• siano, comunque, impegnati per altre particolari ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione della circolazione stradale.
Quanto agli obiettivi, I piani di traffico sono finalizzati ad ottenere:
• il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale,
• la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed
• il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali, stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi.
Con riferimento alla durata temporale, è stabilito che il piano deve essere aggiornato ogni due anni. Il Sindaco o il Sindaco metropolitano, ove ricorrano le condizioni, è tenuto a darne Comunicazione al Ministero dei lavori pubblici per l'inserimento nel sistema informativo previsto dall'art. 226, comma 2, del codice della strada. Allo stesso adempimento è tenuto il Presidente della Provincia quando sia data attuazione del piano veicolare extraurbano.
Circa l’ambito territoriale di applicazione, il piano deve considerare l’intero centro abitato; gli ambiti territoriali meno vasti, quali circoscrizioni e quartieri, non possono essere invece oggetto di uno specifico P.U.T., ma solo di piani esecutivi e progetti attuattivi del piano di rilievo comunale. In caso di aree urbane contigue a più ambiti territoriali, deve essere attivato un coordinamento attraverso un accordo di programma promosso dal Comune capofila, nelle forme previste dall’art. 27 della L. n. 142/1990. Il coordinamento mediante accordo programma è richiesto, a norma dell’art. 36, comma VII, Codice della Strada, anche nel caso in cui il P.U.T. interessi infrastrutture e servizi di altri enti e/o aziende extracomunali (Consorzi, Province, ANAS; FF.SS…).
La redazione dei piani urbani del traffico deve essere predisposta nel rispetto delle Direttive emanate dal Ministro dei lavori pubblici(oggi Ministero delle Infrastrutture), di concerto con il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i problemi delle aree urbane (emanate in data 12.04.1995), sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (5). È importante notare come il piano urbano del traffico sia adeguato agli stessi “obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale fissati dalla Regione ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142”. Questo generico richiamo alla suddetta legge, senza alcun chiarimento circa l’iter procedimentale che deve essere osservato, conferma l’orientamento diffuso in dottrina: il P.U.T. si configurerebbe come un “documento di intenti” (6), richiedendo la necessità di una preventiva fase di consultazione con cittadini e associazioni (aspetto che sarà compiutamente analizzato nel paragrafo 3.3).
In sostanza, il P.U.T., come strumento complementare di pianificazione – operando nel rispetto dei valori ambientali ed in accordo con gli strumenti urbanistici comunali e gli atti di programmazione della viabilità (piano dei trasporti, piano del traffico per la viabilità extraurbana, programma urbano dei parcheggi (7) e della rete ciclo-pedonale) – è finalizzato a gestire al meglio gli spazi stradali esistenti, al fine di migliorare le condizioni di circolazione veicolare e di sicurezza del traffico e a ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico. Obiettivo principale di questo strumento a validità breve è quello di ridurre la criticità della circolazione. La rimozione completa e definitiva di tale criticità spetta al Piano dei Trasporti (Generale e Regionale, quest’ultimo adottato sulla base dei criteri e obiettivi strategici delineati dal Piano Generale dei Trasporti). Tale ultimo obiettivo potrà essere raggiunto potenziando l’offerta di infrastrutture e di servizi del trasporto pubblico.
Parimenti, le Province, sempre secondo il disposto dell’art. 36, III comma, del C.d.S., provvedono all'adozione di piani del traffico per la viabilità extraurbana all'intesa con gli altri enti proprietari delle strade interessate. La legge regionale può prevedere, ai sensi dell'art. 19 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree, indicate all'art. 17 della stessa, provvedano gli organi della città metropolitana.
Infine, con l’introduzione di un nuovo strumento programmatorio – il Piano Urbano Mobilità (P.U.M.) – si conferma il progressivo ampliamento di prospettiva, secondo un’ottica virtualmente più attenta ai problemi di sostenibilità ambientale delle politiche del traffico, benché già la disciplina del P.U.T. includesse tale finalità. A differenza dei P.U.T., tuttavia, i P.U.M. non rivestono carattere obbligatorio e si configurano come piani strategici di medio-lungo periodo, volti a ridisegnare l’offerta di trasporto su più territori comunali legati dal punto di vista della mobilità e a garantire una maggiore integrazione tra politica urbanistica e piano dei trasporti.
La normativa sui piani urbani di mobilità (art. 22, legge 24 novembre 2000, 340) contribuisce a definire i compositi contenuti e obiettivi della nozione d mobilità: si tratta di piani, intesi come progetti del sistema della mobilità, comprendenti di una serie organica di interventi e suscettibili di co-finanziamento da parte dello Stato. I piani sono caratterizzati dal fine di “soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento acustico e atmosferico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell’uso individuale dell’automobile privata e la moderazione del traffico, l’incremento della capacità di trasporto, l’aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane”. Tali strumenti di pianificazione sono predisposti sulla base delle seguenti componenti essenziali:
• analisi della struttura e della criticità del sistema di trasporto attuale,
• indicatori di obiettivo e valori attuali,
• strategie di intervento,
• coordinamento ed integrazione con altri sistemi di pianificazione,
• scenari di riferimento,
• scenari di progetto,
• conseguimento degli obiettivi,
• effetti complessivi,
• metodologia e modelli utilizzati (8).
3. I principi sanciti dalla giurisprudenza amministrativa.
3.1 Sulla natura programmatoria dei provvedimenti limitativi della circolazione in relazione alle disposizioni degli strumenti di pianificazione e programmazione del traffico urbano. Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2000, n. 1075.
La citata pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2000, n. 1075) riguarda l’impugnazione dei provvedimenti emanati dall’amministrazione comunale di Bologna (ordinanza sindacale) per disciplinare la circolazione veicolare nel centro storico della città. In sostanza, si trattava di misure che introducevano corsie riservate di circolazione (aree di sosta, sensi unici, piste ciclabili) prevedendo il rilascio di contrassegni a pagamento (9).
Il profilo che maggiormente interessa in questa sede concerne la natura programmatoria o meno degli atti, adottati per estese aree del territorio comunale. I Giudici di primo grado, con sent. del 22 aprile 1994, n. 253, avevano annullato i provvedimenti comunali, ritenendo che gli stessi, pur avendo natura regolamentare, sarebbero stati emanati senza l’osservanza della specifica procedura imposta anche dall’art. 32 del Regolamento del Comune di Bologna.
Al contrario, in riforma della sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ha escluso la portata programmatoria e generale dei provvedimenti in questione (determinazioni comunali concernenti la disciplina della circolazione dei mezzi pubblici, l’accesso al centro storico, nonché il sistema complessivo della viabilità e della sosta), che – indipendentemente dal loro riferimento ad aree estese del territorio – si collocherebbero in una fase successiva, attuativa di una precedente attività di pianificazione. Attività di pianificazione demandata dalla legislazione di settore (codice della strada, d.lgs. n. 285 del 1992) a strumenti specifici, quali Piano urbano del traffico e Piano dei trasporti (l’art. 7 C.d.S., per la destinazione di aree a parcheggio cui subordinare pagamento di una somma di denaro e l’art. 36 C.d.S. che impone l’adozione per alcuni Comuni del P.U.T. e infine l’apposito “Sistema della mobilità” previsto dal Piano regolatore entrato in vigore nel 1989).
3.2 Sull’inammissibilità, per difetto di interesse, dell’impugnazione delle proposte di intervento a medio-lungo termine previste dai Piani Urbani del Traffico (P.U.T.). Tribunale Amministrativo Regionale Trentino Alto Adige, Trento, 04 marzo 2002 n. 87.
Il caso giurisprudenziale oggetto di esame concerne l’impugnazione di un piano urbano del traffico, nella parte in cui prevedeva la realizzazione di un collegamento tra strade provinciali. Interventi, questi, a medio-lungo termine e, secondo i ricorrenti (proprietari di immobili nelle immediate vicinanze del luogo ove avrebbe dovuto realizzarsi l’opera) in contrasto con l’art. 36 Codice della Strada, giusto il quale il P.U.T. deve prevedere un insieme coordinato di interventi, da realizzarsi nell’arco temporale di 2 anni, senza variazioni nelle dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto.
Il T.A.R. Trentino Alto Adige ha dichiarato detto ricorso inammissibile. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la previsione inserita nel piano urbano del traffico costituisce una mera ipotesi di intervento a lungo termine, priva di efficacia vincolante per l’amministrazione e, quindi, per sua natura, inidonea a ledere, in modo concreto ed immediato, ma tutt’al più in via del tutto ipotetico ed eventuale, l’interesse dei ricorrenti (10). A sostegno di tale argomentazione, nella stessa disposizione del P.U.T. oggetto di contestazione si evidenzia la necessità che i contenuti dello stesso, seppur limitati al biennio, “siano compresi in una visione programmatica e strategica più ampia”, rendendosi così necessario anche il riferimento ad interventi di medio-lungo termine.
Secondo il Giudice Amministrativo, dal programma temporale delineato nel P.U.T., quello oggetto di contestazione risulta tra gli interventi a lungo termine, per i quali risulta difficoltoso definire a priori un livello temporale. Più precisamente, stante l’interpretazione che il Tribunale Amministrativo Regionale fornisce all’art. 36 C.d.S. in relazione alla disposizione del P.U.T. in esame, le prospettazioni di scenari a medio e lungo termine, che travalicano i limiti di operatività del piano biennale, hanno il solo significato di motivare gli interventi a breve termine, costituenti il contenuto vincolante del piano, inserendoli in un contesto di più ampio respiro. Di conseguenza, le ipotesi sulle possibili evoluzioni del sistema traffico non hanno l’effetto di vincolare le future scelte dell’amministrazione in materia, le quali andranno effettuate, con scadenza biennale, in sede di aggiornamento del P.U.T. Infatti, mentre gli interventi a breve termine costituiscono il contenuto vincolante del piano, le proposte di intervento formulate a medio-lungo termine hanno invece natura meramente indicativa e programmatoria su future ed eventuali possibili evoluzioni del sistema viario comunale.
3.3 Sulla partecipazione delle categorie economiche e delle parti interessate, ivi compresi i cittadini, al processo di formazione del P.U.T. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 19 aprile 2006 n. 4029.
La sentenza da ultimo esaminata riguarda l’impugnazione dei provvedimenti dell’Amministrazione comunale di Bacoli, con i quali si approvava il Piano Urbano del Traffico e si istituivano due zone a traffico limitato, per il cui accesso era previsto il pagamento di un ticket di ingresso.
Il Giudice Amministrativo ha ritenuto ammissibile il ricorso promosso dai cittadini, provvedendo, sulla base delle argomentazioni qui di seguito esposte, all’annullamento dei provvedimenti sopracitati.
Preliminarmente il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione dei cittadini ricorrenti, in quanto non titolari di interessi giuridici qualificati. Secondo il Giudice Amministrativo e, in particolare sulla base degli argomenti esposti nelle precedenti sentenze dello stesso T.A.R. Napoli, sez. I, sent. nn. 896/2005 e 897/2005 in giudizi su provvedimenti analoghi a quelli attuativi del P.G.T.U., tale eccezione doveva essere disattesa. Ciò anche alla stregua della Direttiva Ministeriale emanata ex art. 36 del D.lgs. n. 285/1992, la quale al punto 5.8 fa obbligo, come meglio si dirà in seguito, al Comune di depositare il P.U.T. per 30 gg. in visione del pubblico con possibile presentazione di osservazioni da parte dei “cittadini”, ai quali è evidentemente riconosciuto un interesse giuridicamente qualificato a inserirsi nel complesso procedimento di formazione del P.U.T., concorrendo con apporti collaborativi alla determinazione delle relative scelte.
La sistematica del ricorso è imperniata essenzialmente su due motivi complessi, articolati su due gruppi di censure riferite rispettivamente:
• alla impugnata delibera di approvazione del Piano Generale del Traffico del Comune di Bacoli;
• agli ulteriori provvedimenti che sulla base della stessa delibera sono stati adottati dal medesimo Comune.
Si è dapprima proceduto alla verifica della legittimità della riferita delibera posto che la stessa, nella complessiva serie dei provvedimenti facenti parte della fattispecie che ci occupa, funge da atto presupposto delle conseguenti determinazioni adottate dal Comune e parimenti impugnate. Procedendo quindi all’esame delle censure dedotte, il TAR ha ritenuto condivisibile la prima doglianza dedotta, incentrata sulla violazione dell’art. 36 del D. Lgs. n. 285/1992 (C.d.S.) e della direttiva a cui lo stesso articolo rinvia. Al riguardo il citato articolo 36 dopo avere stabilito, al primo comma, l’obbligo dei Comuni con popolazione residente superiore a trentamila abitanti di dotarsi del piano urbano del traffico, ed avere esteso, al comma successivo, lo stesso obbligo anche ai “comuni con popolazione inferiore ai trentamila abitanti i quali registrino, anche in periodi dell’anno, una particolare influenza turistica”, aggiunge, al quinto comma, che “il piano urbano del traffico viene aggiornato ogni due anni” e, al comma sesto, che “la redazione dei piani di traffico deve essere predisposta nel rispetto delle direttive emanate dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente e il Ministro per i problemi delle aree urbane”.
Va altresì rilevato che le Direttive emesse in data 12 aprile 1995, ai sensi della norma testè riportata e pubblicate nel S.O. della G.U. n. 146 del 24.6.1995, prevedono sub. n. 4 e ss. che il PUT si sviluppi in tre livelli di progettazione costituiti:
• dal “Piano Generale del Traffico Urbano” (P.G.T.U.) inteso quale progetto preliminare o piano quadro del P.U.T. relativo all’intero centro abitato (riguardante in particolare la proposizione “del piano di miglioramento della mobilità pedonale con definizione delle piazze, strade, itinerari o aree pedonali e delle zone a traffico limitato-Z.T.L., o comunque a traffico pedonalmente privilegiato”),
• da due strumenti di dettaglio:
- i Piani particolareggiati del traffico urbano intesi quali progetti di massima per l’attuazione del P.G.T.U., relativi ad ambiti territoriali più ristretti di quelli dell’intero centro abitato, e
- i Piani esecutivi intesi quali progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del traffico urbano.
Aggiungono le stesse direttive, sub. n. 5.1, che “il P.G.T.U. costituisce atto di programmazione” e sub. n. 5.4 che “successivamente all’adozione del Piano generale da parte del Consiglio comunale, il Piano va portato ad esecuzione con la redazione dei piani di dettaglio (Piani Particolareggiati e Piani esecutivi) e la realizzazione degli interventi ivi previsti, secondo l’ordine stabilito nel loro programma generale di esecuzione, precedentemente approvato”.
Stabiliscono sempre le stesse Direttive sub. n. 5.8, che i comuni interessati all’attuazione del P.U.T. hanno l’obbligo:
• di adottarlo entro un anno dalle Direttive il P.G.T.U.; di portarlo completamente in attuazione nei due anni successivi attraverso la redazione dei relativi piani particolareggiati ed esecutivi;
• di provvedere all’aggiornamento del P.U.T. per ciascuno dei bienni successivi con un anno di tempo per l’adozione delle sue varianti e l’anno susseguente per l’attuazione dei relativi interventi”.
Dal complesso dei principi soprariportati sembra logico dedurre che il P.U.T. si configuri come fattispecie complessa a formazione successiva e a contenuto variabile, costantemente in fieri e in perenne evoluzione perché suscettibile di continue integrazioni suggerite dalle esperienze acquisite nella pratica attuazione in direzione di nuovi assetti degli interessi concorrenti. In tal senso le più volte citate direttive definiscono il P.U.T. “piano processo”.
Tornando all’iter di formazione, il punto 5.8 delle sopracitate Direttive statuisce che una volta redatto il P.G.T.U., esso viene adottato dalla Giunta e viene depositato per 30 giorni in visione del pubblico, con contestuale comunicazione di possibile presentazione di osservazioni da parte dei cittadini. Successivamente, il Consiglio comunale delibera sulle proposte di piano e sulle eventuali osservazioni, procedendo poi alla sua adozione definitiva (per l’aggiornamento si seguono procedure analoghe).
Deve riconoscersi che nella fattispecie concreta, tale ultimo incombente non è stato posto in essere dall’Amministrazione comunale di Bacoli. La gravata delibera, infatti, non contiene traccia della formalità prescritta dalla riportata disposizione. Essa reca in calce la formula che “è stata pubblicata all’albo pretorio e vi resterà per 15 giorni (art. 124, comma 1, D.lgs. 18.08.2000 n. 267)”, adempimento quest’ultimo che, secondo il G.A., non può ritenersi esaustivo o fungibile con la modalità procedimentale espressamente prescritta dalla Direttiva, come deposito del P.U.T. redatto dalla Giunta in visione per 30 giorni con contestuale comunicazione della possibilità di presentazione di osservazioni da parte dei cittadini soggetta a valutazione del consiglio comunale. Inoltre l’impugnata delibera non contiene neppure la comunicazione della possibilità per i cittadini di presentare osservazioni…
Accertato il verificarsi dell’omissione, si è proceduto a stabilire se la stessa ha effetto viziante della delibera medesima. Il Giudice Amministrativo fornisce una risposta affermativa alla presente questione. A tale conclusione induce innanzitutto la funzione dell’adempimento pretermesso: garantire il concorso alla formazione del piano del traffico delle categorie economiche e delle altre parti interessate ivi compresi tutti i cittadini con le cui posizioni e interessi interferiscono le scelte operate con il Piano. Non sembra invero contestabile che il passaggio del deposito del piano generale per 30 giorni con comunicazione della possibilità per i cittadini di presentare osservazioni e con obbligo del consiglio comunale di valutarle, riflette un momento di notevole pregnanza partecipativa dei cittadini alla formazione del piano e di effettiva connotazione democratica della struttura procedimentale, giusta la nuova conformazione che il procedimento amministrativo ha acquisito con la legge n. 241/90 e che sulla scorta di tale legge gli è stata riconosciuta dalla più illuminata giurisprudenza amministrativa (11).
La fase dialettica, che con tale passaggio si apre in seno al procedimento preordinato alla predisposizione del P.U.T., è da ritenersi, quindi, un momento indefettibile del procedimento perché si inscrive nella logica di fondo del P.U.T. caratterizzato dalla sua formazione dinamica vale a dire dal suo evolversi in continua progressione sulla base del Piano Generale tramite le successive scansioni cronologiche dei piani di dettaglio e degli aggiustamenti e revisioni periodiche, con il coinvolgimento anche di nuovi interessi e istanze successivamente emersi, nella prospettiva di un sempre più equilibrato e ragionevole assetto degli interessi concorrenti. In mancanza dell’indicato passaggio procedimentale, la formazione del piano è risultata affidata esclusivamente a unilaterali determinazioni autoritative dell’Amministrazione: l’esatto contrario dello spirito innovatore del valore partecipativo introdotto nel sistema dalla legge n. 241/90.
Né varrebbe ex adverso obiettare che l’art. 13 di tale legge esclude l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione nell’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. A tale obiezione si potrebbe replicare che l’ultimo inciso della norma fa salve le norme che regolano la formazione di detti atti e che per il P.U.T., atto di programmazione, le citate direttive prevedono la partecipazione dei cittadini alla sua formazione. La circostanza appare particolarmente significativa ove si consideri che tali direttive sono state emesse dalle competenti Autorità successivamente alla legge n. 241/1990.
A giustificare l’omissione di cui trattasi non vale neppure richiamarsi all’urgenza del provvedimento, posto che, come si afferma nella sentenza in esame, il requisito dell’urgenza non rileva come circostanza giustificativa di vizi e/o anomalie procedimentali di carattere omissivo, in particolare nei casi in cui, come nella presente fattispecie, l’omissione si risolva nella mancata introduzione e valutazione di interessi suscettibili di orientare le scelte dell’Amministrazione.
Sulla base delle considerazioni soprasvolte, la delibera di approvazione del P.U.T. impugnata è stata annullata dal Giudice Amministrativo. Ne consegue che i provvedimenti adottati sulla base della suddetta delibera (istituzione di Z.T.L.) e, unitamente a questa impugnati, devono ritenersi privi della necessaria base giuridica e quindi viziati da invalidità derivata, posto che l’art. 7 comma 9 del codice della strada subordina la possibilità di esercitare il relativo potere alla conforme previsione del P.U.T.
MAURA FRASCHINA
(1) Si pensi al divieto di assoggettare i cittadini a prestazioni patrimoniali (ad esempio il ticket d’ingresso nei centri storici) se non in base alla legge (art. 23 Cost.); la libertà di impresa (art. 41 Cost.), cui lo spostamento è strumentale.
(2) Così S. AMOROSINO, Le limitazioni amministrative alla circolazione: profili critici, relazione al Convegno giuridico dell’Automobile Club d’Italia, La disciplina della circolazione e le libertà del cittadino, Napoli, 13-14 novembre 2003, in www.aci.it
(3) A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, vol. II, Napoli, 1989, 999.
Bisogna precisare, a tal proposito, che la Corte Costituzionale – che in passato aveva negato l’esistenza di un diritto, costituzionalmente significativo, riconducibile all’art. 16 Cost., di guidare veicoli a motore – successivamente ha qualificato la libertà di circolare utilizzando i veicoli “un rilevante bisogno di vita”. La discutibile affermazione va, tuttavia, bilanciata con quella di una precedente decisione, in cui la Corte ha sostenuto che l’art. 16 Cost. non preclude al legislatore la facoltà di adottare, per ragioni di pubblico interesse, misure che influiscono sul movimento della popolazione, purché i limiti imposti siano concretamente riscontrati e valutati in relazione alle diverse situazioni offerte dalla realtà. Come è stato già ribadito, la Corte costituzionale precisa che l’art. 16 Cost. attribuisce al cittadino il diritto di circolare liberamente su tutto il territorio nazionale, diritto che, però, non è assoluto e inderogabile. Infatti, il rapporto tra il diritto alla libertà di movimento e i limiti al suo esercizio va osservato alla luce del criterio generale di ragionevolezza, ossia sotto il profilo del giusto rapporto dell’atto allo scopo. Il punto critico è proprio questo: la proporzionalità del sacrificio imposto ai privati rispetto all’interesse pubblico tutelato (vedasi Sent. Corte Cost. n. 215 del 1998, Sent. Corte Cost. n. 264 del 1996).
(4) Si è riproposto quanto stabilito dall’art. 36 del d.lgs. n. 285 del 1992.
(5) Costante giurisprudenza ha affermato che il P.U.T. – di cui il Piano Generale del Traffico Urbano costituisce il primo livello di progettazione – deve essere redatto in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e nel rispetto delle direttive emanate dal Ministero del LL.PP, queste ultime precisano che il P.U.T. è uno strumento di pianificazione sotto-ordinato rispetto al piano regolatore e quindi deve essere conforme alle prescrizioni in esso contenute, salvo che non vengano eccezionalmente proposti aggiornamenti, per i quali vanno comunque avviate prescritte procedure di variazione degli strumenti urbanistici (art. 2.5 e 4.1 Dir. Min. II p.p. 12.04.1995). In tal senso T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 07.01.2002 n. 185; Cons. Stato sez. VI 10.02.00 n. 721, id. sez. I, 11.03.1999 n. 262; id. sez. IV, 30.04.1998 n. 702; id. Sez. IV, 10.06.1999 n. 982.
(6) F. PAGANO, G. COLOMBO, M. ROSSETTI, Manuale di urbanistica, Il Sole 24 ore, Pirola, 1996, 596.
(7) Il Programma Urbano dei Parcheggi (P.U.P.) è stato introdotto dalla L. n. 122/1989 che lo prevede obbligatoriamente per quindici città ed i comuni individuati dalle singole regioni. Tuttavia anche i comuni non obbligati possono dotarsi di un P.U.P. Per i primi, il P.U.P. rappresenta uno strumento di programmazione attrattiva complementare agli atti di pianificazione urbanistica in quanto: 1) costituisce variante agli strumenti urbanistici vigenti qualora contenga previsioni in contrasto con essi; 2) è un vero e proprio programma esecutivo; 3) la sua approvazione costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere da realizzare. Per i comuni non obbligati, il PUP è invece uno strumento complementare di pianificazione urbanistica e non ha il potere di modifica degli strumenti urbanistici.
Per quanto concerne i comuni obbligati, la L. n. 122/1989 prevede due diversi tipi di P.U.P.: uno ordinario per i comuni individuati dalle regioni e uno speciale per le quindici città italiane. I contenuti dei due strumenti non si differenziano, tuttavia, in modo sostanziale, salvo che il P.U.P. ordinario, a differenza di quello speciale, non ha una durata prestabilita, contiene la normativa indicante “le disposizioni necessarie per la regolamentazione della circolazione e dello stazionamento dei veicoli nelle aree urbane” e richiama esplicitamente il Piano Urbano del Traffico (P.U.T.).
(8) Linee guida - definite dal Dipartimento per il coordinamento dello sviluppo del territorio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in attuazione dell’art. 22 L. 340/2000 – approvate dalle Regioni e dagli Enti locali nella Conferenza unificata tenutasi in data 14.10.2002.
(9) Numerose sono le pronunce in tema di circolazione nei centri storici, che hanno statuito la legittimità dell’adozione da parte del Comune di strumenti idonei a scoraggiare il traffico e la sosta indiscriminata degli autoveicoli nei centri storici, quali l’istituzione di aree di sosta a tempo limitato, con o senza pagamento e custodia (in questo senso – ad esempio – Pretura di Imola 15.02.1991). A seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice della strada, il T.A.R. Lombardia ha affermato che “legittimamente vengono imposte limitazioni anche di carattere permanente alla circolazione e alla sosta dei veicoli privati, per esigenze di viabilità nei centri storici” (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 16.07.1993, n. 157; così anche T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, 06.02.1991, n. 20). Interessante è il contenuto di una recentissima sentenza del Cons. Stato, 03.02.2009 n. 596, avente ad oggetto provvedimenti limitativi della circolazione del traffico merci nel centro storico di Vicenza, nell’ambito di un ambizioso programma di razionalizzazione del traffico per l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico. In tale contesto, il Consiglio di Stato ripercorre i principi forgiati dalla giurisprudenza amministrativa sul punto: in particolare ribadisce che gli atti limitativi della circolazione stradale sono espressione di scelte latamente discrezionali, che coprono un arco molto esteso di soluzioni possibili, incidenti su valori costituzionali spesso contrapposti, che devono essere contemperati, secondo criteri di ragionevolezza.
(10) Cfr., ex plurimis, Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia 01.07.1999 n. 292 e Cons. Stato, IV sez., 02.11.1993, n. 966.
(11) In tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 15.09.1999 n. 14: “la circostanza che esistano specifiche norme di partecipazione al procedimento di formazione degli strumenti urbanistici generali non vale ad escludere la partecipazione al procedimento; (…) la progettazione definitiva ed esecutiva dell'opera pubblica, e con essa la relativa localizzazione, sono parimenti oggetto di potere amministrativo nell'ambito del quale il contraddittorio con gli interessati può apportare elementi di valutazione non marginali ai fini della proporzionalità e del buon andamento dell'azione amministrativa”.