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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Allagamento sottopasso, conseguente morte del conducente, responsabilità per omicidio colposo

Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza n. 9161 del 28 febbraio 2018

Conducente deceduto in sottopasso per allagamento - assenza di segnaletica di pericolo – omicidio colposo – condotta omissiva del dirigente del Comune preposto – colpa generica – sussiste

Risponde di omicidio colposo ex art. 589 codice penale, omissione  per colpa generica, il dirigente dell'Ufficio tecnico lavori  pubblici,  per non aver assolto   all'obbligo  di   prevenzione   del   pericolo scaturente da forti precipitazioni atmosferiche che hanno procurato l'allagamento del sottopasso e il conseguente annegamento del conducente. Il giudice ha stabilito che tale  evento era  prevedibile  ed   evitabile  ex  ante, alla   luce  delle   conoscenze  tecnico   -  scientifiche, con l’apposizione di segnaletica di preavviso del pericolo ex art 77 Reg. di attuazione al codice della strada, che prevede l'adozione di  segnali  verticali al  fine di preavvisare i conducenti  delle  reali  condizioni  della strada  o di altre situazioni tra cui quelle meteorologiche. Non è causa di esenzione di responsabilità l’avere addotto l’eccezionalità del fatto, né tantomeno la prospettazione fondata sulla condotta imprudente e  inosservante della vittima, che non avrebbe assolto al dovere generico di regolare la velocità del veicolo in base alle condizioni della strada ex art. 141 cds. Infatti la condotta imprudente dei conducenti ed in genere degli utenti della strada, costituisce una  condizione concretamente prevedibile, non  solo  dagli   altri utenti della  strada, ma  anche   dalle   autorità  preposte alle  misure di  sicurezza stradali.  

SENTENZA

 (…..)

B. C.XXX avverso la sentenza n. 2508/2014 CORTE APPELLO di LECCE, del

2511112016

visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 31101/2018 la relazione fatta dal

Consigliere XXX 

(...) 

RITENUTO  IN  FATTO

1. La Corte d'appello  di Lecce, in data  25 novembre  2016, ha confermato la sentenza   di  condanna   emessa  dal  Tribunale   di  Lecce  il 17  luglio   2014   nei confronti di C. B. in relazione  al delitto di omicidio  colposo in danno di D.P., contestato come  commesso  in  Lecce il 21 giugno  2009. Con la stessa pronunzia, la Corte  distrettuale ha riformato la sentenza di primo grado  quanto  ai coimputati P. P. e R.U., che sono stati  assolti dai reati loro rispettivamente ascritti con la formula  ritenuta di giustizia.

Tanto in relazione  a un episodio  occorso presso un sottovia  che collega Viale Japigia a Viale Leopardi:  il D.P., alla guida  della sua autovettura, percorreva Viale  Japigia   e  si  immetteva  nel  sottopasso   mentre   era  in  corso  una  forte precipitazione atmosferica; l'accesso  al sottopasso  non  era  impedito da alcuna segnalazione o  barriera,  sebbene   fosse  nota   l'insufficienza  dell'impianto  di smaltimento delle  acque  piovane  e si fossero  già  verificati in  quel  punto  gravi episodi  di  auto  bloccate  dall'acqua; una  volta  immessosi  nel  sottopasso,  il D.P. veniva  sommerso  dall'acqua  che invadeva  l'abitacolo causandone,  secondo l'imputazione, l'annegamento.

1.1.  Alla B. il reato  é contestato nella sua qualità  di dirigente dell'Ufficio tecnico lavori  pubblici  del Comune di Lecce; l'addebito di cui all'art. 589 cod.pen. le  viene   mosso   per  avere   cagionato   il fatto   per   negligenza,   imprudenza  o imperizia: non  é stata  infatti contestata   la  violazione  di una  disposizione specifica. In definitiva, la B. risponde  dell'accaduto a titolo  di omissione  per colpa   generica,   non   avendo   assolto   all'obbligo  di   prevenzione   del   pericolo scaturente dall'allagamento.

Secondo i giudici  d'appello, il gravame  presentato nell'interesse della B. non ha meritato accoglimento in quanto  é stata  destituita di fondamento  la tesi secondo   la  quale   il  D. P. non  sarebbe   morto   per  annegamento; é  stata ritenuta  inaccoglibile la  prospettazione  di  un  comportamento  abnorme   della vittima; del  pari,  non  ha meritato accoglimento l'assunto  secondo  cui  la precipitazione in  corso  il  21 giugno  2009  sarebbe  stata  affatto eccezionale.  E' stata  poi respinta  la tesi dell'imprevedibilità dell'evento da parte  della B., ed é stato infine disatteso  l'asserto  della mancanza di prova che l'Amministrazione comunale  avesse ricevuto  formale  avviso  di precedenti  allagamenti.

2.  Avverso  la  prefata   sentenza   ricorre   la  B.,  per  il tramite del  suo difensore  di fiducia.

Il ricorso  é affidato  a cinque motivi di lagnanza.

2.1.  Con il primo  l'esponente  denunzia  vizio  di motivazione e travisamento della prova, con riguardo al fatto  che il decesso del D.P. é stato  attribuito, sul piano eziologico, ad annegamento. Le conclusioni  cui é giunta  la Corte leccese (secondo la quale la vittima morì, appunto, per annegamento) sono riprese acriticamente  dalla   tesi   sostenuta   dal   consulente   del   P.M.,  dott.   Tortorella, sebbene  non  sia  stata  neppure  eseguita  un'autopsia sul  cadavere  e sebbene  il C.T. della  difesa,  dott.  Faggiano,  avesse  evidenziato che  le ipostasi  riscontrate sul  cadavere   erano   di  colore   violaceo   scuro,   il  che  contrasta   con  quanto   si afferma  in letteratura scientifica  (nei  casi di annegamento le ipostasi  sarebbero infatti  di   color   rosso   chiaro).  Inoltre  sul   cadavere   mancava   il   c.d.   fungo schiumoso,   ossia  la  caratteristica  massa  schiumosa   bianca  che  fuoriesce   dal cadavere  del  soggetto   annegato   dopo  qualche  ora  dal  momento  in  cui  viene estratto  dall'acqua.    Il ricorrente  quindi   si  diffonde   nell'illustrare  le  diverse implicazioni delle  predette tesi  medico-legali a confronto nel corso del processo, e riprende  la tesi sostenuta  dal C.T. della difesa, secondo cui il D.P., soggetto ultraottantenne  e   che   teneva nell'occorso    una   condotta di guida   affatto particolare (velocità elevata,  traiettoria di accostamento verso  il muro,  finestrini abbassati), sarebbe morto  di edema polmonare.

2.2.  Con  il secondo  motivo, riprendendo il  tema  della  condotta   alla  guida della  vittima,  l'esponente lamenta   violazione  di  legge  e  vizio  di  motivazione, deducendo  la portata  interruttiva del comportamento del D. P., atipico  ed eccezionale, che tuttavia la Corte di merito ha considerato  solo genericamente imprudente. In realtà,  come riferito da alcuni  testimoni menzionati nel ricorso,  il D. . proseguì  la marcia  a tutta velocità  e con i finestrini abbassati  verso  il sottopasso,  sebbene  gli altri  automobilisti si fossero  arrestati in  precedenza.  In tal  modo  la vittima violò  il disposto  dell'art. 141 del Codice della  Strada,  che gli faceva obbligo  di arrestarsi di fronte  a qualsiasi ostacolo prevedibile;  perciò, quand'anche  la  B.  avesse  posto  in  essere  il  comportamento alternativo diligente indicato  dalla  Corte  di merito  (ossia  quello  di disporre  l'apposizione di idonee  segnaletiche in  prossimità del  sottopasso), non  vi  é  certezza  che  il  De Pace si sarebbe arrestato in tempo.

2.3.  Con il terzo  motivo  di ricorso  si denuncia  vizio  di motivazione in ordine alla  certezza  della  prova  che la ricorrente sarebbe  stata  formalmente informata dell'allagamento avvenuto, nel medesimo  sottopasso,  il 28 aprile  2009:  gli unici elementi noti al riguardo  concernono la comunicazione telefonica  della Polizia municipale al geometra  dell'Ufficio Tecnico  circa  l'allagamento del sottopasso,  e la  nota  scritta  di un  altro  geometra  dello  stesso  Ufficio  alla  ICOS S.p.A.  (ditta incaricata  della localizzazione  delle esondazioni) per gli immediati interventi di competenza. Il fatto  che l'arch.  B.  fosse la dirigente dell'Ufficio  tecnico  non implica che la stessa fosse stata posta a conoscenza dell’allagamento sai due geometri  da lei dipendenti: i quali  oltretutto hanno  negato  di avere  ricevuto, in quell'occasione, segnalazioni  di un incidente  avvenuto  nel sottopasso.

2.4. Con il quarto  motivo  si denuncia  vizio di motivazione in riferimento alla competenza   funzionale   attribuita  alla   B.,  alla  corretta   formulazione   del giudizio   controfattuale  e  alla  ritenuta   idoneità   del  comportamento alternativo lecito,  costituito dalla  chiusura  del  sottopasso.  In  primo  luogo,  nel  Comune  di Lecce  la  competenza   per  la  viabilità  e  la  relativa   segnaletica   é  attribuita  ad apposito  Settore,  diverso  da quello diretto dalla B.; in secondo luogo, non vi é  prova  che la semplice  apposizione  di cartelli  segnaletici  avrebbe  evitato  che il D.  P.  ponesse  in  essere  la  condotta   alla  guida   che  si  é  in  precedenza descritta.

2.5.  Con il quinto  e ultimo  motivo  l'esponente  lamenta  violazione  di legge e vizio   di   motivazione  in   riferimento  al   diniego   delle   circostanze   attenuanti generiche, in presenza dell'integrale risarcimento della parte civile, su iniziativa dell'odierna ricorrente.

CONSIDERATO IN  DIRITTO

l. Il primo   motivo   di   ricorso   é  manifestamente  infondato   ed  é  teso, nell'essenziale,  a  proporre  una   nuova   valutazione   del   materiale    probatorio raccolto  in dibattimento, in termini del tutto  incompatibili con il presente  giudizio di   legittimità  e  di  esclusiva   pertinenza   dei   giudici   di  merito.  Ciò  a  fronte dell'accurato vaglio  con  cui  la  Corte  salentina  ha esaminato   la  questione  delle cause  della  morte  del  De Pace, aderendo  alla  tesi  dell'annegamento  sostenuta dal CT del Pubblico ministero, dott.  Tortorella, e adeguatamente illustrata - con dovizia  di  elementi   tecnico-scientifici  e  con  assoluta  logicità  e  coerenza  -  nel percorso  motivazionale della sentenza impugnata  (vds. in particolare  p. 17).

E', del resto, ius receptum  che, in tema  di valutazione  della  prova, atteso  il principio   della  libertà   di  convincimento del  giudice  e della  insussistenza  di  un regime   di   prova   legale,   il   presupposto    della   decisione   é   costituito   dalla motivazione che  la  giustifica.  Ne consegue  che  il  giudice  può  scegliere,  tra  le varie tesi prospettate   dai periti    e dai consulenti di parte,    quella che maggiormente ritiene  condivisibile, purché  illustri le ragioni  della  scelta operata (anche  per rapporto alle altre  prospettazioni che ha ritenuto di disattendere)  in modo accurato  attraverso un percorso  logico congruo  che il giudice  di legittimità non può  sindacare  nel  merito  (cfr.  Sez. 4, Sentenza  n. 46359  del  24/10/2007, Antignani, Rv. 239021).

2. Il secondo motivo di ricorso è, a sua volta, manifestamente infondato: attribuire alla  condotta  alla  guida   del  D.P.  il  carattere  dell'eccezionalità e dell'imprevedibilità per  avere  egli  violato l'art.  141  Cod.  Strada   significherebbe trascurare il  fatto che  la vittima era  un  utente della  strada, sulla  cui osservanza delle  regole  cautelari non  era  lecito  fare  incondizionato affidamento. La condotta imprudente e  inosservante degli  automobilisti costituisce infatti  una  condizione che,  per  esperienza  comune, é  concretamente prevedibile non  solo  dagli   altri utenti della  strada, ma  anche   dalle   autorità  preposte alle  misure di  sicurezza stradali,  ed  é  per   questo   che  il verificarsi di  peculiari  condizioni  di  pericolo impone l'adozione (nella   specie  al  Comune, trattandosi  di  rete  stradale urbana: cfr.  art.  37, Cod. Strada) di apposite misure, ad  esempio segnaletiche, anche  in caso  di  eventi atmosferici  (si  veda  ad  esempio quanto prescritto dall'art.  77, comma   4, Reg.  al  Codice  della  Strada, in  ordine all'adozione di  segnali  verticali "al  fine di preavvisare i conducenti  delle  reali  condizioni  della strada  per quanto concerne   situazioni   della circolazione,   meteorologiche  o  altre   indicazioni   di interesse dell'utente").

In tale  quadro, non  può  affermarsi che  la  condotta imprudente  alla  guida tenuta dal  D.P.  non  sarebbe stata   impedita dal  comportamento alternativo diligente richiesto alla  B.  (quello, cioè, di prevenire il pericolo scaturente da allagamenti  del   sottopasso  e  di   interdirne  l'accesso   ai  veicoli)  e,  valendo il principio  in   base   al   quale,    in   caso   di   sinistro  originato   dall'assenza  delle necessarie misure  di  sicurezza stradale  a  cura   di  enti   e  soggetti competenti, nessuna   efficacia  causale   può  essere   attribuita  alla  imprudenza  alla  guida   da parte  della  parte  offesa, nel  caso  in  cui  tale  condotta sia  da  ricondurre proprio alla  mancanza delle  suddette cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio   del   comportamento  del   conducente (cfr.  in  linea   di   principio  Sez.  4, Sentenza n. 26394 del 20/05/2009, Agnello e altri, Rv. 244509).

3. E' manifestamente infondato anche  il terzo  motivo di ricorso.

Vale  la  pena  chiarire, a premessa delle  considerazioni relative al  motivo in esame,  che  é  certamente ipotizzabile la  sussistenza di  profili di  colpa  generica anche   in  relazione a  condotte omissive per  violazione di  regole   cautelari  non scritte: la  relativa  valutazione deve  discendere da  un  processo   ricognitivo  che individui i tratti tipici  dell'evento, per  poi  procedere formulando l'interrogativo  se questo    fosse   prevedibile  ed   evitabile  ex  ante,   con   il  rispetto della   regola cautelare  in  oggetto, alla   luce  delle   conoscenze  tecnico   -  scientifiche  e  delle massime  di   esperienza   (da   ultimo  vds.    Sez.      4,   Sentenza   n.   9390    del

13/12/2016, dep.  2017, Di Pietro  e altro, Rv. 269254).

Ciò premesso, in  base  a quanto é dato  evincere in  atti  competeva all'Ufficio retto dalla   B.   il  compito di  curare le  criticità delle  reti  idriche e  fognarie, anche  per  il  tramite della  ditta affidataria della  gestione della  fognatura pluviale (la  ICOS); e, quindi, di  intervenire in  situazioni simili, come  quella manifestatasi già  due  mesi  prima dell'evento per  cui  é  processo   (ossia   il  28  aprile 2009). Il fatto che tale  evento fosse stato posto  a conoscenza di almeno due funzionari dell'Ufficio tecnico, circostanza della  quale  la sentenza impugnata offre  un'ampia ricostruzione (pp.  5-15), rende  del  tutto  insostenibile l'assunto secondo il quale la  B.,  nella   sua  qualità di  responsabile dell'ufficio  stesso,  sarebbe rimasta all'oscuro di tale  circostanza, addirittura  fino  al 21 giugno 2009; e, del resto, non poteva passare inosservata  per  le  sue  ben  descritte caratteristiche di  copiosità (e,   in   punto  di   prevedibilità,  per   le   possibili  implicazioni  della   stessa   sulla circolazione stradale e sulla rete fognaria) l'evidente consistenza della precipitazione verificatasi il  giorno dell'evento mortale. Perciò,  correttamente é stato   addebitato  alla   B.   l'avere  omesso di  intervenire e  di  attivarsi,  con idonee  misure, in  relazione alle  prevedibili criticità del  sottovia in  caso  di  eventi atmosferici, criticità peraltro già palesatesi due mesi  prima.

4.  Per  ragioni in  parte   già  illustrate, é  manifestamente infondato anche  il quarto motivo di ricorso.

Il riparto di competenze interne al Comune di Lecce  non  esimeva la B. dal  suo  dovere di  intervento, in  funzione delle  attribuzioni  proprie del  Settore tecnico  dei   lavori  pubblici, a  nulla   rilevando  che  la  viabilità  e  la  segnaletica stradale fossero  attribuite ad altro Settore; del resto, a conferma della contemporaneità di  obblighi concorrenti di  intervento in  casi  simili (sulla   quale vds.    il   paragrafo  3.2.    a   pag.    25   della    sentenza  impugnata),   é   agevole rammentare (sulla scorta  della  ricostruzione degli  eventi desumibile in  atti)  che non  a  caso,  in  occasione dell'evento  occorso il  28  aprile 2009, vi  era  stato   un intervento tanto della  Polizia  municipale, quanto del Settore lavori pubblici.

Per  quanto poi  concerne il  giudizio controfattuale, oltre a  quanto si  é  già

osservato a proposito del  secondo motivo di  ricorso, deve  muoversi dalla considerazione che  il comportamento alternativo diligente attiene alla  possibilità di evitare l'evento attenendosi alle  regole di cautela pertinenti nel caso di specie, non   potendo  essere   soggettivamente  ascritto  per   colpa   un  evento  che,   con valutazione ex ante,  non  avrebbe potuto comunque essere  evitato (cfr.  da ultimo Sez. 4, Sentenza n.  34375 del  30/05/2017, Fumarulo, Rv.  270823); ma, proprio per il fatto che il giudizio de quo deve  operarsi con valutazione ex ante, é di tutta evidenza che  l'adozione di  misure idonee ad  agevolare il deflusso delle  acque meteoriche e, nelle  more, di misure interdittive della  circolazione nel  sottopasso si  poneva  appunto - nel  quadro di  siffatta  valutazione come  idonea  ad  evitare eventi del  tipo  di  quello   per  cui  é  processo: eventi  il  cui  verificarsi, in  caso  di mancata adozione delle  suddette misure, si  poneva   come  concretizzazione  del rischio che tali  misure miravano a prevenire.

5. E', infine, parimenti manifesta l'infondatezza del quinto e ultimo motivo di ricorso.

Nel  motivare il diniego della  concessione delle  attenuanti  generiche non  è necessario che  il  giudice prenda in  considerazione tutti  gli  elementi  favorevoli  o sfavorevoli dedotti  dalle   parti o  rilevabili dagli   atti,  ma  é  sufficiente che  egli faccia  riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli  altri   disattesi o superati da  tale  valutazione (cfr.  Sez.  3,  Sentenza n.  28535 del  19/03/2014, Lule,  Rv.  259899; Sez.  5,  Sentenza n.  43952 del  13/04/2017, Pettinelli,  Rv.   271269).  Nella   specie,    la   Corte   salentina  ha   adeguatamente motivato il  diniego delle  attenuanti generiche in  base  alla  gravità della  condotta omissiva tenuta  dall'imputata,  e  tanto basta   a  rendere conforme  alla  legge   il trattamento  sanzionatorio e  sufficiente  il  percorso  motivazionale  seguito  sul punto nella  sentenza impugnata.

6.    La   manifesta   infondatezza  di   tutti  i  motivi di   ricorso  renderebbe comunque privo  di  rilievo il  decorso   del  termine di  prescrizione:  termine  che peraltro, in  dipendenza  dei  periodi sospensivi risultanti  in  atti, non  é  ad  oggi ancora  spirato.

Alla  declaratoria d'inammissibilità  consegue la  condanna della  ricorrente al pagamento delle  spese  processuali; ed inoltre, alla  luce  della  sentenza 13 giugno 2000,  n.  186, della   Corte   costituzionale  e  rilevato che,  nella   fattispecie,  non sussistono elementi  per  ritenere che  «la  parte abbia   proposto il ricorso   senza versare   in   colpa    nella    determinazione   della    causa    di   inammissibilità»,   la ricorrente  va   condannata  al   pagamento  di   una   somma  che   si   stima  equo determinare in € 2000,00 in favore della  Cassa delle  ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della  somma di Euro  2.000,00 in favore della cassa delle  ammende.

Così deciso  in Roma  il 31 gennaio 2018

 

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