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- Dott.ssa Maristella Giuliano e Dott.ssa Tiziana Santucci

Apparecchi T- Red: l'opponente deve fornire la prova del difetto di funzionalità
Cassazione civile sez. II
Ordinanza 28 luglio 2020, n.16064 - massima a cura della Dott.ssa Maristella Giuliano
Il disposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015 riguarda le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazione dei limiti di velocità. Nel caso di apparecchi T-Red, i quali non costituiscono strumenti di misurazione, né il Codice della Strada né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che il singolo apparecchio impiegato sia stato sottoposto a verifica di taratura e funzionalità. In questo caso l’eventuale difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso devono essere provati dal soggetto ricorrente.
(…)
ORDINANZA
sul ricorso 17310/2017 proposto da:
L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MARCONI
19, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE NITTIS, rappresentata
e difesa dall’avvocato SANTE LAPOMARDA;
– ricorrente –
contro
ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 8, presso lo studio
dell’avvocato GUGLIELMO ERIGENTI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4185/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il
01/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/11/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
Fatto
RILEVATO
che:
con sentenza dell’1.3.2017, il Tribunale di Roma rigettò l’appello proposto dal L.M. nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, che aveva rigettato l’opposizione avverso il verbale di accertamento elevato per violazione dell’art. 41 C.d.S., comma 11 e art. 146 C.d.s., comma 3, per attraversamento dell’incrocio con il semaforo rosso;
– il Tribunale, pur accertando l’inammissibilità della produzione
documentale da parte di Roma Capitale, che si era costituita tardivamente, ritenne che l’opponente non avesse provato il difetto di funzionamento o manutenzione dell’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione dell’infrazione, che era stata regolarmente omologata; affermò che, ai sensi dell’art. 201, comma 1 bis ed comma 1 ter, lett. B, in caso di attraverso con il semaforo rosso, non era prevista la contestazione immediata all’autore della violazione;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso L.M. sulla base di cinque motivi (il quinto motivo di ricorso non è stato numerato);
– ha resistito con controricorso Roma Capitale;
– in prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.
Diritto
RITENUTO
che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, comma 7 e comma 9 lett. b, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il Tribunale avrebbe errato nell’utilizzare, ai fini della decisione, la documentazione prodotta da Roma Capitale, che si era tardivamente costituita in giudizio; alla tardiva costituzione in giudizio avrebbe dovuto conseguire l’inammissibilità del deposito della documentazione, in quanto l’amministrazione, nei procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative, assume la qualifica di attrice in senso sostanziale ed è gravata dall’onere di provare la violazione;
con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver posto a carico dell’opponente l’onere di provare il malfunzionamento dell’apparecchio semaforico mentre, nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria spetterebbe all’amministrazione; con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 1 agosto 1991, n. 272, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale non avrebbe esteso l’applicazione del principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza N. 113/2015, relativa alla necessità di taratura dei sistemi rilevatori della velocità, anche agli strumenti elettronici come i Vista RED, che svolgono anch’essi un accertamento irripetibile e sono soggetti a variazioni periodiche dei valori misurati a causa di urti, obsolescenza o ad ed altri fattori;
con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. e dell’art. 146C.d.S., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale attribuito pubblica fede al verbale di accertamento nonostante il pubblico ufficiale avesse constatato i fotogrammi in remoto;
i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili;
il Tribunale, pur rilevando la tardività della documentazione depositata, ha ritenuto che essa non incidesse sull’esito del giudizi poichè l’opponente non aveva provato il malfunzionamento del dispositivo semaforico.
questa Corte ha, in più occasioni affermato che, in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il C.d.S. nè il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso (ex plurimis Cassazione civile sez. II, 15/04/2019, n. 10458);
la decisione della Corte Costituzionale N. 113/2015, richiamata dalla ricorrente, non è pertinente perchè riguarda le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazione dei limiti di velocità;
ne consegue che, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6, non si può trarre argomento per sostenere la sussistenza dell’obbligo di sottoporre a taratura anche che gli apparecchi T-Red, che non costituiscono strumenti di misurazione;
al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento;
nella specie, il tribunale ha precisato che, nel processo verbale di accertamento si affermava che l’apparecchio rilevatore era stato debitamente omologato con i decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e nel verbale è stato correttamente menzionato l’art. 201 C.d.S., comma 1 bis e comma 1 ter, lett. b, che esclude, in tali casi, la contestazione immediata;
la prova della violazione è costituita dal contenuto del verbale di contestazione, che costituisce documento fidefaciente delle circostanze constatate in remoto dall’agente accertatore;
in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico, ai sensi dell’art. 2700 c.c., il verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, e descritti senza margini di apprezzamento, o da lui compiuti, nonchè della provenienza del verbale stesso dal pubblico ufficiale, mentre sono prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive del verbalizzante. Le risultanze delle strumentazioni predette sono suscettibili di prova contraria, che può essere fornita dall’opponente esclusivamente mediante la dimostrazione del difetto di funzionamento del dispositivo, sulla base di concrete circostanze di fatto (ex multis Cass. Civ., sez. VI, 08/10/2014, n. 21269);
– ai principi di diritto affermati da questa Corte si è conformato il giudice di merito, nè i motivi di ricorso e la memoria illustrativa offrono elementi per mutare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità;
– con il quinto motivo di ricorso, che non è stato numerato, si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito omesso di esaminare i quattro motivi precedenti;
– il motivo è inammissibile in quanto il vizio motivazionale denunciabile ratione temporis per l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio(a seguito delle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito – nella L. n. 134 del 2012), deve avere ad oggetto un fatto storico e non le tesi difensive della parte oggetto di impugnazione;
– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– il ricorrente va altresì condannato al pagamento, in favore della controparte, della somma di Euro 400,00, per aver proposto un ricorso manifestamente infondato quanto alle tesi di diritto ivi sostenute, del tutto prescindente dal diritto vivente, indice di mala fede o colpa grave;
– tale somma è stata determinata assumendo a parametro di riferimento il valore della causa e l’importo delle spese dovute alla parte vittoriosa; ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, della somma di Euro 400,00 ex art. 96 c.p.c..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020