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Appunti in materia di inquinamento acustico prodotto da mezzi di trasporto pubblico nell'ambiente abitativo con particolare riguardo al traffico ferroviario

Attilio Carnabuci

1. Premessa. Panorama normativo di riferimento. – 2. Gli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore. – 3. Sistema sanzionatorio. Sanzioni amministrative. – 4. Sistema sanzionatorio. Ordinanze contingibili ed urgenti. – 5. L’inquinamento acustico da traffico ferroviario. Problematiche

 

1. Premessa. Panorama normativo di riferimento

Con il termine rumore si intende <<qualunque emissione sonora che provochi sull'uomo effetti indesiderati disturbanti o dannosi o che determini un qualsiasi deterioramento qualitativo dell'ambiente>> (D.P.C.M. 1° marzo 1991, Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni, All. A) Tradizionalmente, il rumore è stato preso in considerazione dal nostro ordinamento giuridico - sia sotto il profilo gius-civilistico che sotto quello gius-penalistico - in un’ottica prettamente individualistica, allo scopo precipuo di tutelare la tranquillità privata. In altri termini, la tutela ha riguardato, essenzialmente, il pacifico e tranquillo godimento di una res (una casa, un fondo) da parte di un soggetto privato (art. 844 cod. civ.) ovvero lo svolgimento di un’occupazione o il riposo delle persone (art. 659 cod. pen.). Soltanto negli ultimi decenni si è cominciato a prendere in considerazione il rumore sotto un profilo più ampio, e cioè quello della tutela della salute (quale bene costituzionalmente tutelato) e degli interessi fondamentali della collettività, in un quadro organicamente connesso all’esigenza di difendere le risorse naturali dall’inquinamento e di preservare le condizioni dell’ambiente esterno e abitativo. Giova rammentare, al riguardo, che, ai sensi dell’art. 32 Cost., il diritto alla salute si configura non solo alla stregua di semplice diritto alla vita e alla incolumità fisica ma anche come diritto a vivere in un ambiente salubre; quest’ultimo può essere, pertanto, oggetto di tutela nei confronti di qualsivoglia soggetto (pubblico o privato che esso sia) che intenda sacrificarlo, in tutto o anche solo in parte, per il perseguimento delle proprie finalità. Del resto, è, ormai, un dato accertato dalla scienza medica e riconosciuto dalla giurisprudenza che il rumore costituisce un pericoloso fattore di inquinamento ambientale. In particolare, l’inquinamento acustico incide negativamente su diversi aspetti della nostra esistenza - e su quella che, con formula ellittica, si è soliti chiamare “qualità della vita” - e, nei casi più gravi, delle alterazioni fisiologiche che possono anche sfociare in vere e proprie patologie[1]. Il primo provvedimento in materia di inquinamento acustico è costituito dal D.P.C.M. 1° marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno), il quale ha suddiviso il territorio nazionale in 6 classi di destinazione d’uso (Tab. 1), prevedendo per ciascuna classe i valori dei limiti massimi del livello sonoro (Tab. 2)[2]. La L. 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico), con la quale il Legislatore ha stabilito i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, definisce quest’ultimo come <<l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi>>. La L. n. 447/1995 individua, a vario livello, le competenze istituzionali in materia di inquinamento acustico che, in estrema sintesi, possono essere elencate nella maniera che segue: - Stato: funzioni di indirizzo, coordinamento o regolamentazione della normativa tecnica ed emanazione di atti legislativi su argomenti specifici (art. 3); - Regioni: promulgazione di apposite leggi che definiscano, tra le altre cose, i criteri per la suddivisione in zone del territorio comunale; definizione di criteri da seguire per la redazione della documentazione di impatto acustico, delle modalità di controllo da parte dei Comuni; organizzazione della rete dei controlli (art. 4); - Province: funzioni amministrative di interesse provinciale o sovra-comunale per il controllo delle emissioni sonore; funzioni amministrative eventualmente delegate dalle Regioni e/o dallo Stato (art. 5); - Comuni: classificazione in zone del territorio comunale in funzione della destinazione d’uso del territorio secondo i criteri fissati dalle Regioni; adozione di piani dei risanamento acustico[3]; controllo del rispetto della normativa in materia di inquinamento acustico all’atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che ne abilitano l’utilizzo nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive; adozione di regolamenti di attuazione della normativa statale e regionale e adeguamento dei regolamenti di igiene o di polizia locale; funzioni amministrative di controllo sulle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse, sulle licenze o autorizzazioni all’esercizio di attività che comportino l’uso di macchine rumorose e attività svolte all’aperto, sulla disciplina e sulle prescrizioni tecniche relative alla classificazione del territorio, agli strumenti urbanistici, ai piani di risanamento, ai regolamenti e autorizzazioni comunali e, infine, sulla corrispondenza alla normativa del contenuto della documentazione di impatto acustico (art. 6). Le funzioni amministrative relative al controllo sull'osservanza delle prescrizioni attinenti il contenimento dell'inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse sono esercitate, in ambito locale, dai Comuni; i controlli e la vigilanza in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più Comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale sono esercitati dalle Province che, a tale scopo, si avvalgono delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (art. 14). 2. Gli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore

Con Decreto 29 novembre 2000, il Ministero dell’Ambiente ha fissato , ai sensi dell'art. 10, comma 5, L. 26 ottobre 1995, n. 447, <<i criteri tecnici per la predisposizione, da parte delle società e degli Enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, dei piani degli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture stesse>> (art. 1). L’art. 2 del Decreto in questione stabilisce che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture (inclusi i Comuni, le Province e le Regioni) debbano: - individuare le aree in cui, per effetto delle immissioni delle infrastrutture stesse, si abbia superamento dei limiti di immissione previsti; - determinare il contributo specifico delle infrastrutture al superamento dei limiti suddetti; - presentare al Comune e alla Regione o all'autorità da essa indicata, ai sensi dell'art. 10, comma 5, L. n. 447/1995, il piano di contenimento ed abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture di cui sopra. Il Decreto 29 novembre 2000 prevede una tempistica ben precisa per la presentazione dei piani e per il conseguimento degli obiettivi di risanamento[4] Il piano deve contenere, in particolare: - l'individuazione degli interventi e le relative modalità di realizzazione; - l'indicazione delle eventuali altre infrastrutture dei trasporti concorrenti all'immissione nelle aree in cui si abbia il superamento dei limiti; - l'indicazione dei tempi di esecuzione e dei costi previsti per ciascun intervento; - il grado di priorità di esecuzione di ciascun intervento; - le motivazioni per eventuali interventi sui ricettori. Gli interventi strutturali finalizzati all'attività di risanamento devono essere effettuati secondo la seguente scala di priorità: a) direttamente sulla sorgente rumorosa; b) lungo la via di propagazione del rumore dalla sorgente al ricettore; c) direttamente sul ricettore. Gli oneri derivanti dall'attività di risanamento sono posti a carico delle società e degli Enti gestori delle infrastrutture dei trasporti Entro 6 mesi dalla data di ultimazione di ogni intervento previsto nel piano di risanamento, la società o l'ente gestore (ivi compresi i Comuni, le Province e le Regioni) nelle aree oggetto dello stesso piano, deve provvedere ad eseguire rilevamenti per accertare il conseguimento degli obiettivi del risanamento e trasmettere i dati relativi al Comune ed alla Regione o all'autorità da essa indicata. L'attività di controllo sul conseguimento degli obiettivi del risanamento è svolta, nell'ambito delle competenze assegnate dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e dalla normativa statale e regionale.

3. Sistema sanzionatorio. Sanzioni amministrative

Il superamento, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, dei valori limite di emissione e di immissione di rumore è punito, in generale, con l’irrogazione, da parte delle Autorità competenti, delle sanzioni amministrative previste dall’art. 10, commi 1 e 2, L. n. 447/1995. In deroga a quanto previsto dai predetti commi, tuttavia, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori delle emissioni o immissioni di rumore, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al Comune piani di contenimento ed abbattimento dello stesso, secondo le apposite direttive emanate dal Ministro dell'Ambiente Decreto. I predetti piani devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi; il controllo del rispetto della loro attuazione è demandato al Ministero dell'Ambiente. Un problema di un certo interesse è costituito dai rapporti sussistenti tra l’illecito amministrativo di cui all’art. 10 L. n. 447/1995 ed il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, contemplato dall’art. 659 cod. pen. Come si è accennato, ai sensi del comma 1 di tale disposizione, <<chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309>>. Il comma 2 commina <<l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità>>. Contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a ritenere ad un sommario esame delle due fattispecie, la normativa sull'inquinamento acustico di cui alla L. n. 447/1995 non ha abrogato la norma di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen. In effetti, l’art. 10, commi 1 e 2, L. n. 447/1995 - da considerarsi lex specialis rispetto all’art. 659 cod. pen. - <<ha inteso fissare un limite di rumorosità, al fine di tutelare la salute della collettività, la cui inosservanza integra la violazione amministrativa sanzionata dalla stessa legge, senza che con ciò automaticamente venga integrata l'ipotesi contravvenzionale prevista dal codice penale, per la cui sussistenza occorre che, nel concreto, l'uso di strumenti rumorosi sia tale da recare un effettivo disturbo al riposo o alle occupazioni delle persone, alla luce di tutte le circostanze del caso specifico. La condotta prevista dall’art. 659, comma 2, cod. pen. (concernente l’esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge) può riferirsi alla sola violazione di prescrizioni diverse da quelle relative ai limiti delle emissioni o delle immissioni sonore, dal momento che la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità integra gli estremi dell’illecito amministrativo ai sensi dell'art. 10, comma 2, L. n. 447/1995[5]>>.

4. Sistema sanzionatorio.Ordinanze contingibili ed urgenti

Ai sensi dell’art. 9 L. n. 447/1995, qualora sia richiesto da eccezionali e urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, il Sindaco, il Presidente della Provincia, il Presidente della Giunta Regionale, il Prefetto, il Ministro dell'Ambiente e il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri. L’inottemperanza al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente determina l’irrogazione di sanzioni penali ai sensi dell’art. 650 cod. pen. La disposizione si riferisce esclusivamente ad eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica, non fronteggiabili cioè nell'ambito delle ordinarie funzioni di controllo sull'osservanza della normativa di cui ci si sta ocupando. Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, la contravvenzione prevista dall’art. 650 cod. pen. (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità) non è configurabile allorché la violazione dell'obbligo o del divieto imposto dal provvedimento amministrativo sia già prevista da una fonte normativa generale e trovi autonoma e specifica sanzione da parte dell'ordinamento[6].

5. L’inquinamento acustico da traffico ferroviario. Problematiche

Come ha evidenziato, di recente, uno studio sull’inquinamento acustico prodotto dal traffico ferroviario richiesto dalla Commissione per i Trasporti e il Turismo del Parlamento Europeo, “esistono tre diverse fonti di rumorosità del traffico ferroviario: · il rumore provocato dal motore; · il rumore di rotolamento; · il rumore aerodinamico. La rumorosità del traffico ferroviario è un problema che riguarda gran parte dei treni merci e dei treni composti da vagoni o motori più vecchi, ed è particolarmente grave durante la notte. Il rumore di rotolamento aumenta, in genere, a causa di veicoli ferroviari sottoposti a scarsa manutenzione e di treni che viaggiano su infrastrutture dove le operazioni di manutenzione sono altrettanto scarse. Il rumore aerodinamico è particolarmente evidente sulle linee ad alta velocità dove, nella maggior parte dei casi, vengono applicate misure di limitazione della rumorosità come le barriere antirumore; le barriere antirumore riducono l'incidenza del rumore di rotolamento, ma in genere sono troppo basse per produrre effetti sulla rumorosità a livello di pantografo. La rumorosità del motore diventa più evidente a basse velocità, fino a circa 30 km all'ora, il rumore di rotolamento a velocità superiori a 30 km all'ora e il rumore aerodinamico prevale al di sopra dei 200 km/h all'ora. La fonte di rumorosità più importante è il rotolamento, che interessa tutti i tipi di treni”[7]. Con D.P.R. 18 novembre 1998, n. 459 (Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario) sono state stabilite le norme per la prevenzione ed il contenimento dell’inquinamento da rumore avente origine dall’esercizio delle infrastrutture delle ferrovie e delle linee metropolitane di superficie, con esclusione delle tramvie e delle funicolari. L’art.2, comma 1, lettera a) del citato D.P.R. individua delle fasce territoriali di pertinenza di larghezza pari a m. 250 per le infrastrutture esistenti e le loro varianti, per quelle di nuova realizzazione in affiancamento a quelle esistenti, e per le infrastrutture di nuova realizzazione con velocità di progetto non superiore a 200 Km/h. Tale fascia è suddivisa in due parti: la prima, più vicina all’infrastruttura, della larghezza di m. 100, è denominata fascia A; la seconda, più distante dall’infrastruttura, della larghezza di m. 150, è denominata fascia B. La fascia "A" ha i seguenti valori limite assoluti di immissione: a) 50 dB(A) Leq diurno, 40 dB(A) notturno per scuole, ospedali, case di cura ecase di riposo (per le scuole vale il solo limite diurno); b) 70 dB(A) Leq diurno, 60 dB(A) notturno per gli altri recettori. La fascia "B", ha i seguenti valori limite assoluti di immissione: a) 65 dB(A) Leq diurno; b) 55 dB(A) Leq notturno per tutti i recettori. Al di fuori delle fasce di pertinenza, l’infrastruttura ferroviaria coopera, in ogni caso, all’attività di contenimento dell’inquinamento acustico per il conseguimento degli obiettivi relativi al non superamento dei limiti assoluti delle immissione e delle emissioni di rumore di cui al D.P.C.M. 14 novembre 1997. Si legge, a tale riguardo, nel Piano d’azione redatto nel 2008 dalla società del gruppo Ferrovie dello Stato incaricata della gestione della rete ferroviaria italiana, R.F.I: <<In via prioritaria l’attività di risanamento deve essere attuata all’interno dell’intera fascia di pertinenza per scuole, ospedali, case di cura e di riposo e, all’interno della sola fascia “A”, per tutti gli altri ricettori. All’esterno di tale fascia A, le rimanenti attività di risanamento saranno armonizzate con i piani di risanamento di competenza comunale, in attuazione degli stessi. Le attività di risanamento devono conseguire, nel caso del rumore ferroviario, il rispetto dei valori limite stabiliti nel D.P.R. n. 459 del 18/11/98; il rumore immesso nelle aree in cui si sovrappongono le fasce di pertinenza di più infrastrutture di trasporto, non deve superare complessivamente il maggiore fra i valori limite di immissione previsti per le singole infrastrutture (principio della concorsualità)>>[8]. R.F.I., ha predisposto, dunque, in conformità alla normativa vigente, dei piani d’azione per l’abbattimento dell’inquinamento acustico, contenenti, tra l’altro, i progetti preliminari degli interventi da porre in essere, ma ha ritenuto di dover subordinare la realizzazione dei predetti interventi al rilascio di appositi atti di assenso o alla espressione di appositi pareri favorevoli da parte delle Amministrazioni comunali coinvolte, le quali, tuttavia, il più delle volte, si sono pronunciate con decisioni negative o non si sono pronunciate affatto [9]. In casi siffatti, R.F.I. ha richiesto l’esercizio di poteri sostitutivi alle Amministrazioni regionali, le quali, da parte loro, hanno sostenuto che né nella L. n. 447/1995 né nelle leggi regionali emanate in materia, è possibile rilevare la presenza di disposizioni che consentano alla Regione di esercitare tali poteri a fronte di eventuali inerzie (o, ancor più, di fronte alla espressione di pareri sfavorevoli o al diniego dei richiesti atti d’assenso) da parte dei Comuni. In realtà, la competenza della Regione ad esercitare, in sede di controllo, dei “poteri sostitutivi in caso di inerzia dei comuni o degli enti competenti ovvero di conflitto tra gli stessi” è prevista, espressamente, dall’art. 4, comma 1, lett b) L. n. 447/1995. Pertanto, in via di principio, di fronte all’inerzia – od alla aperta opposizione del Comune – di fronte alla richiesta di un parere o di un atto d’assenso da parte dell’ente che deve realizzare un intervento di risanamento acustico, ben potrebbe la Regione sostituirsi all’Ente locale ed esprimersi con un parere favorevole ovvero procedere al rilascio dell’atto d’assenso. Piuttosto, quella che, sul piano giuridico, appare difficilmente comprensibile è la ragione che ha spinto R.F.I. a richiedere dei pareri o degli atti di assenso ai Comuni nel cui territorio debba, a norma di legge e con oneri a proprio carico, realizzare determinati interventi di contenimento del rumore o di risanamento acustico In realtà, non sembra esservi traccia, nel vigente panorama normativo, di alcuna disposizione che subordini la realizzazione, da parte degli enti gestori, di tali interventi all’ottenimento di pareri favorevoli o di atti d’assenso, comunque denominati, da parte delle Amministrazioni comunali interessate. Quella di R.F.I. si rivela, dunque, una mera prassi, non supportata da alcun fondamento giuridico, che rischia di mettere in seria discussione - o, comunque, di ritardare notevolmente – il conseguimento degli obiettivi relativi all’abbattimento dei livelli di inquinamento acustico prodotto, nell’ambiente abitativo, dal traffico ferroviario e di esporla, conseguentemente, alle diverse forme di responsabilità prefigurate dal nostro ordinamento.

---------------------------------------------------------------------------------------------------- [1] Cfr. www.inquinamentoacustico.it/effetti_del_rumore.htm; Tribunale di Venezia, sez. di Dolo, Ordinanza 4 ottobre 2004: “Le immissioni sonore eccedenti la normale tollerabilità implicano di per sé, anche in mancanza della prova di una vera e propria invalidità permanente, una lesione del diritto alla salute. Per aversi lesione del diritto alla salute, infatti, non occorre che vi sia una menomazione definitiva dell’integrità psico-fisica, ben potendo esservi un danno al detto bene anche in caso di limitazioni funzionali solo temporanee. E che le immissioni sonore, ove superiori ai limiti di accettabilità, siano capaci, se costanti nel tempo (sia pure alternati ad intervalli di quiete), di produrre le dette invalidità anche solo temporanee, è un dato acquisito della scienza medica. Questa ha, infatti, evidenziato come l’immissione intrusiva, stante l’inidoneità del corpo umano di difendersi dai rumori, interferisce in senso largamente peggiorativo con il normale svilupparsi della vita del soggetto ricettore, determinando una situazione di disagio crescente, al quale ben possono accompagnarsi gravi pregiudizi al sistema nervoso, all’apparato cardiovascolare ed a quello respiratorio”. [2] In relazione alla necessità di armonizzare i provvedimenti in materia di limitazione delle emissioni sonore alle indicazioni fornite dall'Unione Europea, i valori limite delle sorgenti sonore sono stati rideterminati con D.P.C.M. 14 novembre 1997. Con successivo D.P.C.M. del 5 dicembre 1997 sono stati, inoltre, determinati i requisiti acustici passivi degli edifici. [3] Approvati dal Consiglio comunale, i piani di risanamento acustico devono contenere: a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare; b) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento; c) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento; d) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari; e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica. In caso di inerzia del Comune ed in presenza di gravi e particolari problemi di inquinamento acustico, all'adozione del piano provvede, in via sostitutiva, la Regione (art. 7 L. n. 447/1995). [4] In via generale, i tempi per il conseguimento degli obiettivi sono i seguenti: - per le infrastrutture di tipo lineare di interesse regionale e locale e per le reti di infrastrutture lineari di interesse nazionale o di più Regioni: entro 15 anni dalla data di espressione della Regione o dell'autorità da essa indicata, con proprio provvedimento se previsto o dalla data di presentazione del piano qualora la Regione, entro 3 anni dalla data di entrata in vigore del Decreto, non abbia emanato provvedimenti in materia; - per gli aeroporti: entro 5 anni dalla data di espressione della Regione o dell'autorità da essa indicata, con proprio provvedimento se previsto; dalla data di presentazione del piano qualora la Regione, entro 3 anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non abbia emanato provvedimenti in materia. La Regione può, d'intesa con le autonomie locali, in considerazione della complessità degli interventi da realizzare, dell'entità del superamento dei limiti e dell'eventuale esigenza di delocalizzazione di insediamenti ed edifici, fissare termini diversi; - per le altre infrastrutture: entro 5 anni dalla data di espressione della Regione o dell'autorità da essa indicata, con proprio provvedimento se previsto; dalla data di presentazione del piano qualora la Regione, entro 3 anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non abbia emanato provvedimenti in materia. In ogni caso, la Regione può, d'intesa con le autonomie locali, in considerazione della complessità degli interventi da realizzare, dell'entità di superamento dei limiti e dell'eventuale esigenza di delocalizzazione di insediamenti ed edifici, fissare termini diversi. [5] Corte di Cassazione, Sezione I Penale, sentenza 19 maggio 1998, n. 2316. [6] Corte di Cassazione, Sezione I Penale, sentenza 19 dicembre 2002, n. 43202. [7] DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE DELL'UNIONE - UNITÀ TEMATICA B: POLITICHE STRUTTURALI E DI COESIONE TRASPORTI E TURISMO, Riduzione dell’inquinamento acustico ferroviario, Bruxelles, marzo 2012. Il documento è disponibile sul sito internet: www.europarl.europa.eu/studies. [8] RFI, Piano d’azione per gli assi ferroviari principali con più di 60.000 convogli all’anno negli agglomerati con più di 250.000 abitanti ai sensi del D.Lgs. n.194 del 19/08/05, Roma, 18 gennaio 2008, pag. 7. [9] E’, per esempio, il caso del Comune di Sesto San Giovanni (MI), la cui Amministrazione si è decisamente opposta alla realizzazione della barriera fonoassorbente da parte di R.F.I. sulla linea SESTO S. GIOVANNI-MILANO GRECO P.(Lecco).

 

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