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Autovelox in appalto, partecipazione agli utili e abuso d’ufficio
Corte di Cassazione sez. VI pen.
17 marzo 2010, n. 10620
L’assegnazione a ditte private dell’appalto per la installazione e la gestione, nei territori comunali, degli apparecchi autovelox, integra il reato di abuso d’ufficio laddove il valore della gara sia stato determinato in funzione degli incassi, futuri e incerti, delle infrazioni che gli operatori delle ditte aggiudicatici avrebbero rilevato.
Peraltro, l’attività di accertamento delle infrazioni al Codice della Strada rientra nell’ambito dei servizi di polizia stradale il cui espletamento compete, in via esclusiva, ai soggetti di cui all’art. 12 c.s. e le apparecchiature eventualmente utilizzate a tal fine devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale e devono essere nella disponibilità degli stessi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 25.9 - 5.10.2009 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere confermava - tra l’altro - il sequestro delle apparecchiature autovelox di proprietà della ditta (omissis) in uso, a seguito di aggiudicazione di gara d’appalto, ai Comuni di P. e P. M., in ordine al reato ex art. 323 c.p..
La vicenda si inseriva in un’indagine avente per oggetto gli appalti per l’installazione ed uso di apparecchi autovelox nei territori comunali, il cui valore era stato determinato con una percentuale sugli incassi delle future infrazioni rilevate.
Secondo il Tribunale:
- titolari del potere di accertamento delle infrazioni stradali erano solo i soggetti pubblici indicati nel codice della strada, con funzioni non delegabili;
- momento decisivo dell’accertamento era quello del rilievo fotografico, cui doveva necessariamente presenziare uno dei soggetti indicati dall’art. 12 C.d.s.;
- i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie sono a destinazione vincolata (ex art. 208 C.d.s.) e nel caso di accertamento dall’organo di polizia territoriale per il 50% vincolati alle finalità indicate dalla norma;
- “ragionevole dubbio” di irregolarità del procedimento amministrativo vi sarebbe invece nel coinvolgimento del soggetto privato nella fase dell’ accertamento dell’ infrazione e nella percezione degli utili.
Sarebbe irrilevante che il sistema consentisse il servizio con copertura certa delle spese, rilevando solo la impossibilità di esternalizzare il servizio (con mero controllo ex post della polizia municipale) e l’inosservanza dell’onere di determinazione preventiva del valore dell’appalto a seguito di istruttoria adeguata (per giustificare il diverso sistema di pubblicità e selezione);
la determinazione del corrispettivo con la mera sommatoria algebrica degli incassi, già per legge vincolati al 50%, violerebbe per sé la disciplina generale degli appalti pubblici, non consentendo un’effettiva comparazione tra interesse pubblico e privato e determinando ridotte aspettative dì imparzialità, e comunque integrerebbe violazione degli artt. 1 e 4 d.lgs. 157/1995/ 28 e 29 d.lgs. 163/2000.
Da qui il fumus allo stato della procedura di mera apparenza di legittimità delle procedure seguite per l’affidamento del servizio e quindi del reato ex art. 323 c.p.
2. Ricorre per cassazione il sig. (omissis), legale rappresentante della (omissis), denunciando violazione di legge perché, rispetto all’assunto dei Giudici della cautela di mancata predeterminazione del valore dell’appalto e di omessa precedente istruttoria:
- nel caso dei due Comuni, i bandi di gara avrebbero in realtà risposto alle esigenze della disciplina in materia di appalto, il preventivo valore essendo stato determinato con riferimento alle prevedibili infrazioni annue - con specifica indicazione per il Comune di P. di un importo presumibile di 90.000 euro per la durata di tre anni, sotto la soglia comunitaria, e per quello di P. M. in due milioni di euro oltre iva per cinque anni - unitamente alla percentuale da retrocedere alla ditta sulle infrazioni effettivamente riscosse;
- quanto alle modalità di accertamento delle infrazioni, i verbali - sottoscritti anche da agente di polizia municipale - avrebbero dato conto della regolarità di tutte le operazioni, in un contesto in cui l’assistenza tecnica del privato operatore costituiva elemento di più sicura garanzia; in ogni caso, la mancata indicazione della predeterminazione del valore dell’appalto costituirebbe violazione di legge inidonea a determinare il rapporto di pertinenzialità con il mantenimento del vincolo cautelare reale sugli autovelox.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
In ordine al fumus del delitto di abuso d’ufficio si deve infatti osservare che:
- l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale ricade tra le attività previste dall’art. 11 lett. A Codice della strada e quindi costituisce servizio di polizia stradale, non delegabile a terzi;
- le apparecchiature eventualmente utilizzate per tale accertamento debbono essere gestite direttamente da parte degli organi di polizia stradale e devono essere nella loro disponibilità (art. 345.4 Reg, Cds);
- le spese afferenti l’eventuale noleggio delle apparecchiature rientrano tra le “spese di accertamento” (art. 201.4 C.d.s.), e la loro disciplina non può che essere quella propria connessa alla natura di tali spese;
- il parametro per la loro quantificazione - del tutto idoneo a consentire la quantificazione anche dell’importo per un eventuale appalto, nel caso di noleggio degli strumenti e di servizi accessori connessi alla peculiare tipologia di strumento, ovviamente diversi dalla fase di accertamento riservata, come visto, in via esclusiva all’organo di polizia stradale - è agevolmente individuabile dal costo giornaliero connesso all’installazione, manutenzione, servizio accessorio;
- in particolare tale costo è all’evidenza uguale per qualsiasi operazione, giacché l’entità della sanzione propria della singola infrazione eventualmente accertata è parametro del tutto non pertinente, estraneo ed irrilevante, quanto alla spesa sostenuta per ogni singola operazione: la “quantità” dell’importo di appalto è il costo del servizio, a prescindere dal numero e dalla “qualità” delle infrazioni poi eventualmente accertate utilizzando quel servizio;
- da ciò si evince che esiste un costo di accertamento (nel senso onnicomprensivo prima indicato) quantificabile a prescindere del tutto dal tipo di infrazione accertata e che il parametro dell’entità della sanzione quale modalità di determinazione del corrispettivo - e pertanto come base di un appalto connesso all’utilizzazione delle apparecchiature strumentali - è incompatibile con i principi generali della disciplina contabile pubblica in materia di spese di accertamento;
- il richiamo all’“alea” contrattuale è pertanto improprio;
- tenuto infine conto della finalità preventiva, e non repressiva o di finanziamento pubblico o lucro privato, della disciplina sanzionatola, il parametro di retribuzione/corrispettivo differenziato secondo l’entità della sanzione è contrario ai principi indicati dall’art. 97 Cost..
In ordine alla pertinenzialità tra l’ipotesi di reato ex art. 323 c.p. e l’utilizzo degli strumenti di rilevazione di infrazioni, le considerazioni di cui al punto a) dell’ultimo paragrafo dell’ordinanza impugnata si sottraggono all’apodittica censura, di merito, del ricorrente, non costituendo vizio di motivazione omessa o apparente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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