• Giurisprudenza
  • Guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di stupefacenti ed omicidio stradale
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Bilanciamento tra circostanze nel reato di guida in stato d'ebbrezza

Corte di Cassazione, sez. IV penale
Sentenza n. 9323 del 26 febbraio 2014

Guida in stato di ebbrezza – circostanza attenuante della riparazione del danno – circostanza aggravante dell’aver provocato un incidente stradale – bilanciamento - configurabilità

 

Guida in stato di ebbrezza – circostanza attenuante della riparazione del danno – circostanza aggravante dell’aver provocato un incidente stradale – bilanciamento - configurabilità

Nel reato contravvenzionale della guida in stato d’ebbrezza è consentito il bilanciamento tra l’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 6 codice penale, (l’avvenuta riparazione totale del danno mediante risarcimento), e la circostanza aggravate dell’aver provocato un incidente stradale di cui al comma 2 bis dell’art. 186 cds. La circostanza attenuante ex art. 62 n. 6 cp si riferisce al danno che può derivare dalla commissione di qualsiasi reato ed è svincolata dall’oggettività giuridica del reato stesso. Inoltre, il legislatore, nella formulazione dell’art. 186 cds, soltanto nel caso di cui al comma 2-septies vieta espressamente il giudizio di bilanciamento tra  circostanze attenuanti e l’aggravante di cui al comma 2-sexies (aver commesso il fatto nelle ore notturne), facendo desumere che sia consentito negli altri casi ossia quando ricorre l’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale.


RITENUTO IN FATTO

1. In data 13/02/2013 il Tribunale di Udine, Sez. di Palmanova, all'esito di giudizio svoltosi con il rito abbreviato, ha dichiarato Asslani Xhevat colpevole del reato di cui all'art.186, commi 1 e 2, lett.c), del codice della strada; per la parte che in questa sede rileva, all'imputato era stata contestata anche l'aggravante prevista dal comma 2-bis dello stesso art. 186, per aver provocato un incidente: per tale fatto, il Tribunale stesso - concessa l'attenuante di cui all'art.62 n.6 cod. pen., ritenuta equivalente all'aggravante predetta, applicata la diminuente per il rito - ha quindi condannato l'Asslani alla pena di mesi 5 e giorni 10 di arresto nonché euro 1.200,00 di ammenda, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trieste sulla base dei seguenti motivi:
a) violazione di legge, per avere il tribunale concesso all'imputato la circostanza attenuante di cui all'art.62 n.6 cod.pen. sull'assunto che il prevenuto aveva risarcito i danni cagionati dall'incidente stradale, mentre tale circostanza non sarebbe applicabile al caso concreto, non potendo individuarsi l'oggetto giuridico del reato contestato nel patrimonio dei soggetti coinvolti nell'incidente bensì nella tutela dell'incolumità pubblica, messa a rischio dalla guida di un autoveicolo in stato di alterazione psicofisica;
b) vizio motivazionale, per avere il giudice concesso la sospensione condizionale della pena pur dando atto dell'esistenza di due recenti precedenti penali specifici, omettendo ogni concreto giudizio prognostico e facendo derivare la concessione del beneficio esclusivamente dal fatto che esso non è normativamente precluso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In punto di diritto, s'impone preliminarmente il rilievo dell'erronea contestazione della recidiva, quale desumibile dalla formulazione del capo di imputazione: ed invero, dopo la modifica dell'art.99 cod. pen. ad opera della I. 5 dicembre 2005, n. 251, la configurabilità di tale circostanza è limitata ai soli delitti non colposi. La pena in concreto applicata dal giudice non presenta, tuttavia, profili di illegalità - e non comporta quindi la necessità di un intervento di ufficio di questa Corte - in ragione del fatto che non risulta computato alcun aumento per la recidiva (in concreto, dunque, non considerata dal giudicante). 
 
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1 I! Tribunale ha ritenuto applicabile l'attenuante comune di cui all'art.62 n.6 cod.pen., effettuando il giudizio di equivalenza con la contestata aggravante di cui all'art.186, comma 2-bis cod. strada, sul presupposto che l'imputato aveva documentato di aver risarcito integralmente i danni provocati nell'incidente, consistenti in danni al veicolo tamponato ed in lievi lesioni al conducente.
2.2. Al fine di individuare, dunque, la questione interpretativa da risolvere nel presente giudizio, occorre prendere le mosse dalla censura dedotta dal Procuratore Generale ricorrente, secondo il quale, posto che l'oggetto giuridico della contravvenzione prevista dall'art.186, comma 2, cod. strada non va individuato nel patrimonio dei soggetti coinvolti nell'incidente, bensì nella tutela dell'incolumità pubblica messa a rischio dalla guida di un autoveicolo in stato di alterazione psicofisica, non potrebbe trovare applicazione la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod.pen.
2.3. Nella sentenza impugnata, il giudice ha operato il giudizio di bilanciamento tra detta attenuante e l'aggravante di cui all'art. 186, comma 2-bis, cod.strada, accertando che l'imputato aveva risarcito integralmente i danni provocati nell'incidente, con chiaro riferimento all'ipotesi circostanziale prevista dall'art.62 n.6 prima ipotesi cod.pen. Risulta, dunque, superfluo ai fini del presente giudizio analizzare la differenza tra tale ipotesi, altrimenti definita in termini di riparazione totale del danno, e la seconda ipotesi, altrimenti definita ravvedimento operoso, non senza precisare che questa Corte ha più volte esaminato i caratteri distintivi delle due figure circostanziali al fine di delimitarne l'ambito operativo, affermando che il parziale risarcimento del danno, inidoneo ad attenuare il reato secondo la prima ipotesi, non può essere valutato con riferimento alla seconda ipotesi, che inerisce alle conseguenze diverse dal pregiudizio economicamente risarcibile e che riguardano la lesione o il pericolo di lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata (Sez.1, n.27542 del 27/05/2010, Galluccio, Rv.247710).
2.4. Limitando, dunque, il tema di analisi all'ipotesi dell'attenuante della riparazione totale del danno, va innanzi tutto evidenziata la significativa differenza - quanto all'ambito di applicabilità - tra l'attenuante in argomento e quella prevista dall'art.62 n.4 cod.pen., sia perchè la prima, a differenza della seconda, non è limitata ai reati con una determinata oggettività giuridica (contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio) o connotati da un particolare elemento soggettivo (motivi di lucro), sia perché il testo normativo non istituisce alcun vincolo di identità nella prima, a differenza di quanto avviene nella seconda (danno cagionato alla persona offesa dal reato), tra persona offesa e danneggiato.
 
2.5. E' rilevante richiamare, ai fini che qui interessano, la pronuncia con cui nel 1983 questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U, n.145 del 29/10/1983), giudicando in merito all'applicabilità dell'attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod.pen. ai reati contro la fede pubblica, aveva affermato come solo l'art. 62 n.4 cod.pen., richiamandosi al concetto di patrimonio nella sua duplice funzione di oggetto giuridico della tutela penale e di oggetto del danno risarcibile, avesse riguardo a quei reati dalla lesione del cui oggetto giuridico discende un danno patrimoniale, rendendo doveroso, al fine di verificare l'applicabilità di questa circostanza, effettuare un'indagine circa l'oggettività giuridica dei reati contemplati. Diversamente, osservava la Corte, la circostanza di cui all'art. 62 n.6 cod.pen. attiene non già al patrimonio e all'offesa che può derivare ai reati che ad esso si ricollegano ma, genericamente, al danno che può derivare (indipendentemente dall'offesa al bene giuridico protetto) da qualsiasi reato, sicché questa circostanza è del tutto svincolata dall'oggettività giuridica del reato rispetto al quale se ne prospetta l'applicazione e non implica, perciò, la necessità di alcuna indagine in proposito (cfr., in tal senso, anche Sez. 4 n. 291 del 4/2/1981 e Sez. U, n.46982 del 25/10/2007, Pasquini, Rv.237855).
2.6. Nel solco di tale indirizzo va collocata la pronuncia delle Sezioni Unite del 1991 (Sez.U, n.1048 del 6/12/1991, dep.1/02/1992, Scala, Rv.189183) che, ponendo in diretta correlazione l'attenuante in esame con le obbligazioni civili restitutorie e risarcitorie previste dall'art.185 cod.pen., aveva richiamato la distinzione tra evento del reato e danno, chiarendo che ciò che effettivamente rileva ai fini dell'applicazione dell'attenuante è il danno cagionato dal reato, che nel suo significato più proprio è quello giuridicamente considerabile, cioè quello per cui è data l'azione di risarcimento, e non piuttosto l'evento costitutivo del reato, consistente nella lesione o messa in pericolo di interessi non valutabile economicamente: così escludendo, conseguentemente, l'incompatibilità dell'attenuante in oggetto con i reati cosiddetti plurioffensivi, in ragione del fatto che il requisito dell'integralità non può concernere valori disomogenei ma esclusivamente il danno che, ai sensi dell'art. 185 cod.pen., è suscettibile di essere eliminato nelle forme e con i mezzi previsti dalle leggi civili mediante le restituzioni ed il risarcimento.
2.7. Tale interpretazione risultava, peraltro, coerente con gli stessi Lavori preparatori al codice penale, in cui il legislatore aveva manifestato l'intento di specificare gli elementi delle circostanze comuni per la necessità di non concedere al giudice un potere così ampio da confinare con l'arbitrio, da ciò potendosi desumere che l'espressa indicazione di limiti, correlati all'oggettività giuridica del reato, presente nella circostanza attenuante di cui all'art. 62 n.4 cod.pen., dovesse avere per l'interprete significato tanto pregnante quanto l'omessa indicazione di analoghi limiti ai fini dell'applicabilità dell'attenuante di cui all'art. 62 n.6 cod.pen.
2.8. Nè si poneva in contrasto con la questione, a lungo dibattuta, circa il fondamento normativo dell'attenuante in esame, essendo comunque coerente, il requisito dell'integralità della riparazione del danno, con l'interpretazione giurisprudenziale secondo la quale - nell'ottica del favor reparandi - la scelta del legislatore di attenuare la pena in concreto applicabile sarebbe stata legata all'accertamento di una condotta sintomatica del ravvedimento del reo (Sez.1, n.3340 del 13/01/1995, Menolascima, Rv.200578).
2.9. Il percorso giurisprudenziale indicato dalle Sezioni Unite con le decisioni sopra ricordate, confermato da plurime pronunce (Sez.6, n.596 del 8/10/1993, dep.21/01/1994, P.G. in proc. Prini, Rv.196123; Sez.4, n. 4872 del 04/02/1991, P.M. in proc. Perilli, Rv. 187066), ha trovato un importante sviluppo nella pronuncia con cui la Corte Costituzionale (Corte Cost. n.138 del 20/04/1998) ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell'art. 62 n.6 prima parte cod.pen., sollecitando un'interpretazione adeguatrice della norma nel senso che l'attenuante in parola fosse operante anche quando l'intervento risarcitorio, comunque riferibile all'imputato, fosse compiuto prima del giudizio dall'ente assicuratore e ritenendo, in altre parole, possibile una lettura alternativa a quella secondo la quale l'attenuante di cui trattasi avesse natura soggettiva e si dovesse, perciò, risolvere in un comportamento idoneo a denotare la volontà dell'imputato di riparare il danno prodotto con la sua condotta criminosa.
2.10. Conseguentemente, la più recente pronuncia delle Sezioni Unite (Sez.U, n.5941 del 22/01/2009, Pagani, Rv.242215), giudicando in merito alla possibilità di comunicare detta circostanza ai concorrenti nel reato, ha avuto modo di specificare - così valorizzando ancora una volta il favor reparandi cui si è innanzi fatto cenno - che, nei reati colposi, il criterio di ragionevolezza impone di rilevare la condotta riparatoria, per una visione socialmente adeguata del fenomeno, anche nell'aver stipulato un'assicurazione o nell'aver rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivati dall'attività pericolosa.
2.11. Ove si ponga, poi, mente alla disciplina contravvenzionale della guida in stato di ebbrezza occorre sottolineare come il legislatore, dove ha voluto porre limiti al giudizio di bilanciamento tra circostanze del reato, lo ha espressamente previsto. Ed infatti, l'art.186, comma 2-septies cod. strada vieta il giudizio di bilanciamento tra qualsivoglia circostanza attenuante e l'aggravante di cui all'art.186, comma 2-sexies, cod. strada, tacendo con riguardo alle altre circostanze che aggravano il reato in parola, da ciò potendosi desumere che l'interprete non incontra alcun limite alla possibilità di operare il giudizio di bilanciamento tra la circostanza aggravante di cui all'art.186, comma 2-bis, cod. strada e la circostanza attenuante di cui all'art.62 n.6 cod. pen.
3. Questo Collegio ritiene, dunque, che la censura mossa dal Procuratore ricorrente sia infondata e che debba affermarsi il seguente principio di diritto: ai fini dell'applicabilità dell'attenuante comune di cui all'art. 62 n.6 prima ipotesi cod.pen., non è necessario prendere in esame l'oggettività giuridica del reato, essendo compito del giudice accertare esclusivamente se l'imputato (prima del giudizio) abbia integralmente riparato il danno mediante adempimento delle obbligazioni risarcitorie e/o restitutorie che, ai sensi dell'art. 185 cod.pen., trovano la loro fonte nel reato.
3.1. Il reato di guida in stato di ebbrezza per il quale è stata emessa la sentenza impugnata ha, pacificamente, cagionato danni (danni ad un veicolo e lievi lesioni al suo conducente) ed il Tribunale ha accertato l'avvenuto ristoro (prima del giudizio) di tali danni, correttamente sussumendo il caso concreto nell'ipotesi regolata dall'art.62 n.6 cod. pen. e provvedendo al giudizio di bilanciamento con la contestata aggravante, a norma dell'art.69 cod. pen.
4. Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondato.
4.1. Il Tribunale ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena limitandosi ad affermare che il prevenuto aveva due precedenti contravvenzionali, seppure specifici: la mancata indicazione delle ragioni dalle quali, in presenza di due precedenti specifici, il giudice ha formulato la prognosi favorevole, come previsto dall'art. 164 c.p., si traduce in un sostanziale vizio di omessa motivazione.
5. Conclusivamente: l'impugnata sentenza deve essere annullata limitatamente alla questione concernente il beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame sul punto; il ricorso deve essere rigettato nel resto. Mette conto sottolineare che correttamente il Procuratore Generale ricorrente si è avvalso, quale mezzo di impugnazione, del ricorso per cassazione, trattandosi di gravame avverso sentenza di condanna pronunciata all'esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, senza modifica della qualificazione del fatto: di tal che il giudice del rinvio è quello di primo grado (come detto, il Tribunale di Udine).
 
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicazione della sospensione condizionale della pena, con rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame sul punto. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 28/01/2014
 
Il Prendente
Vincen o Romis
 
 
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
IV Sezione Penale
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
2 6 FEB. 2014