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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Circolazione abusiva di veicolo sottoposto a sequestro amministrativo

Corte di Cassazione sez. VI pen.
22 febbraio 2010, n. 7029

Infrazioni al Codice della Strada - Art. 213 c.s. - Sequestro del veicolo – Circolazione abusiva da parte del proprietario nominato custode – Volontà di eludere il vincolo di indisponibilità - Qualificazione della condotta - Art. 213 c.s., comma 4 – Illecito amministrativo - Art. 334 c.p. – Illecito penale.

 

Il proprietario di un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo ai sensi dell’art. 213 c.s., il quale venga sorpreso a circolare con il mezzo affidato alla sua custodia durante il periodo in cui questo è assoggettato al vincolo di indisponibilità, risponde non solo dell’illecito amministrativo di cui all’art. 213 c.s., comma 4, ma anche del reato di cui all'art. 334 c.p. se la circolazione è sintomatica della volontà di eludere il vincolo di indisponibilità posto sul bene.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Napoli ha assolto (omissis) dal reato di cui all’art. 334 c.p., contestatogli per essere stato sorpreso a circolare a bordo del ciclomotore (omissis), di sua proprietà, affidato alla sua custodia perché oggetto di sequestro amministrativo per violazione dell’art. 193, comma 1 d.lgs. 285 del 1992; con la stessa decisione l’imputato è stato assolto anche dal reato di cui all’art. 349 c.p..
Con riferimento al primo reato, il Tribunale ha escluso la rilevanza penale della condotta contestata all’imputato e ha affermato che la fattispecie configura l’illecito amministrativo previsto dall’art. 213, comma 4, d.lgs. 285 del 1992 che punisce il comportamento di chi circoli abusivamente durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto a sequestro amministrativo, norma specificamente dettata per sanzionare le forme di inottemperanza alla disciplina del sequestro in materia di circolazione stradale.
Riguardo al reato di cui all’art. 349 c.p. il giudice di merito ha escluso che fossero stati apposti sigilli al ciclomotore, per cui ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste.
2. - Contro questa sentenza ha proposto ricorso immediato per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, deducendo l’erronea applicazione degli artt. 334 c.p., 213 e 214 d.lgs. 285 del 1992.
Secondo il ricorrente nella specie non può trovare applicazione l’art. 213 cit. in forza del principio di specialità di cui all’art. 9 legge n. 689 del 1981, in quanto la norma amministrativa sanziona solo una specifica condotta, mentre quella penale copre una serie più ampia di azioni, peraltro poste in essere da soggetti qualificati.
Inoltre, ha rilevato che la mancanza della clausola di riserva penale, contenuta invece nell’art. 214 d.lgs. 285 del 1992, è dovuta ad una lacuna legislativa e non alla volontà del legislatore di differenziare le ipotesi di violazione del fermo amministrativo da quelle di violazione del sequestro amministrativo.
Infine, osserva come in caso di illecita circolazione commessa dal custode o dal proprietario si giustifichi una reazione sanzionatoria più forte, in ragione della specifica qualifica rivestita dai soggetti responsabili, affidata alla norma penale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. - La questione relativa all’applicazione del reato previsto dall’art. 334 c.p. ovvero dell’illecito amministrativo di cui all’art. 213, comma 4 d.lgs. 285 del 1992, al soggetto sorpreso a circolare con l’autovettura sequestrata ai sensi dell’t. 213 d.lgs. 285 del 1992, di cui è stato nominato custode, ha dato origine ad un contrasto all’interno di questa Sezione, risolto con le pronunce n. 2163 del 28 novembre 2007, P.M. c. Ferrari e n. 3178 del 31 ottobre 2007, P.G. c. Altomare, che hanno stabilito i seguenti principi:
- il custode o il proprietario sorpreso a circolare con il veicolo sequestrato ai sensi dell’art. 213 d.lgs. 285 del 1992 risponde sempre dell’illecito amministrativo di cui al comma 4 dello stesso articolo, che punisce la mera circolazione con veicolo sequestrato;
- il custode o il proprietario sorpreso a circolare con il veicolo sequestrato ai sensi dell’art. 213 cit. risponde sia dell’illecito amministrativo, sia del reato di cui all’art. 334 c.p. (comma 2 se il custode è anche proprietario del mezzo), se la circolazione è sintomatica della volontà di sottrarre il bene, al fine di eludere il vincolo di indisponibilità del sequestro, ovvero comporti il deterioramento del bene;
- se a circolare sul veicolo sequestrato sia una terza persona, il custode potrà essere chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 334, comma 1, c.p. qualora abbia voluto favorire il proprietario, ovvero del reato previsto dall’art. 335 c.p., se colposamente abbia consentito o agevolato la sottrazione del veicolo in sequestro e, allo steso modo, anche il proprietario custode, in caso di mera colpa, risponderà del reato di cui all’art. 335 c.p.;
- il terzo che non sia custode e che circoli con il veicolo sequestrato è soggetto al solo illecito amministrativo di cui all’art. 213, comma 4 d.lgs. 285 del 1992 a meno che non abbia concorso nella sottrazione del bene, nel qual caso potrebbe rispondere a titolo di concorso quale extraneus nel reato proprio del custode.
Questo Collegio è consapevole dell’esistenza di un recente e diverso orientamento di altra Sezione, secondo cui il custode, anche se proprietario, che sia sorpreso alla guida di un’autovettura, sottoposta a sequestro ai sensi dell’art. 213 d.lgs. 285 del 1992, risponde solo dell’illecito amministrativo e non anche del reato di cui all’art. 334 c.p., dovendosi applicare il principio di specialità ex art. 9 legge n. 689 del 1981, (Sez. III, 24 gennaio 2008, n. 17837, P.G. c. De Maio; perviene alle medesime conclusioni, ma con una motivazione differente, che implica il ricorso anche all’art. 15 c.p., Sez. III, 20 marzo 2008, n. 25116, P.M. c. Pisa), tuttavia ritiene di dover ribadire il primo orientamento, in quanto esclude che possa trovare applicazione l’art. 9 legge n. 689 del 1981.
Infatti, presupposto del principio di specialità è l’esistenza di un concorso apparente di norme che puniscano lo stesso fatto, secondo una verifica che deve essere compiuta confrontando le due fattispecie, al fine di stabilire se ricorra o meno un rapporto di omogeneità.
Se non convergono sullo stesso fatto non vi è spazio per risolvere il concorso tra le due disposizioni in base al principio di specialità.
Peraltro, il confronto non deve essere effettuato in concreto, bensì tra le fattispecie astratte, così come risultano strutturate dal legislatore, e l’accertamento sull’omogeneità tra le disposizioni deve investire non solo gli elementi costitutivi dell’illecito, ma anche l’interesse protetto, l’oggetto giuridico e, in alcuni casi, lo stesso ambito dei soggetti attivi.
Sulla base di tali criteri, cui la giurisprudenza pacificamente ricorre in casi analoghi, deve escludersi che tra l’art. 334 c.p. e l’art. 213 cit. possa individuarsi un concorso apparente tra norme.
Innanzitutto, diverso è il bene tutelato: la disposizione penale tutela il vincolo di indisponibilità del bene oggetto di sequestro e il reato è inserito tra i delitti contro la pubblica amministrazione in quanto, indirettamente, viene assicurata la tutela del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione; l’art. 213 cit., comma 4, ha di mira, prevalentemente, l’esclusione del veicolo sequestrato dalla circolazione stradale, in quanto irregolare.
Inoltre, sempre da un raffronto tra le fattispecie astratte, emerge come differenti siano le condotte prese in considerazione dalle due norme: l’illecito amministrativo contempla come unica condotta l’abusiva circolazione, mentre la disposizione penale prevede una serie di condotte che vanno dalla sottrazione al deterioramento del veicolo, passando per le condotte di soppressione, distruzione e dispersione.
Infine, vi sono differenze notevoli anche riguardo al soggetto attivo degli illeciti; l’art. 334 c.p. si riferisce al “custode” e al “proprietario” del veicolo; l’art. 213 cit., comma 4 si rivolge genericamente a “chiunque”.
Limitandosi a queste evidenti differenze appare chiaro che si è dinanzi a due disposizioni tendenzialmente eterogenee, rispetto alle quali non può operare il principio di specialità dell’art. 9 legge n. 689 del 1981.
Non vi è alcuna relazione di convergenza apparente tra le norme in questione, che hanno ad oggetto fatti diversi, non identici.
Deve, pertanto, affermarsi che la circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo può integrare concorso formale tra la violazione amministrativa di cui all’art. 213 cit., comma 4 ed il reato previsto dall’art. 334 c.p..
4. - Nel caso di specie, la condotta contestata nel capo di imputazione riguarda l’avvenuta sottrazione al vincolo derivante dal sequestro amministrativo del ciclomotore, in precedenza sequestrato per violazione del art. 193, comma 1 d.lgs. 285 del 1992, e affidato alla custodia dello stesso trasgressore. Dalla sentenza risulta che la condotta di sottrazione sarebbe consistita nel far circolare il veicolo sequestrato.
Una volta esclusa la sussistenza del concorso apparente ed affermata la possibilità che le due disposizioni possano formalmente concorrere, appare tuttavia necessario individuare i rispettivi ambiti applicativi, procedendo ad esaminare entro quali limiti la circolazione del veicolo sequestrato in via amministrativa possa rientrare tra le condotte previste dall’art. 334 c.p..
A questo proposito si osserva che il semplice uso (in cui può rientrare anche la circolazione) del veicolo sequestrato da parte del custode non può essere equiparato automaticamente alla condotta di deterioramento cui si riferisce l’art. 334 c.p..
In questo senso deve ritenersi superato quell’orientamento interpretativo, neppure tanto risalente, secondo cui qualsiasi utilizzo del bene sequestrato determina un deprezzamento e un “deterioramento” del veicolo, in quanto esposto ai pericoli della circolazione e all’usura delle parti meccaniche, con la conseguenza che la “circolazione” veniva fatta rientrare automaticamente nell’ambito della condotta di deterioramento prevista dall’art. 334 c.p. (Sez. VI, 22 giugno 2000, n. 7930, Putiri; Sez. VI, 6 novembre 1980, Caputo; Sez.VI, 15 ottobre 1981, n. 3046, Casolino).
Si tratta di una posizione sicuramente censurabile, in quanto se è vero che dall’uso può derivare anche il deterioramento del veicolo, tuttavia tale verifica deve essere compiuta in concreto, non potendo costituire oggetto di una astratta valutazione. Dall’uso può derivare l’usura del mezzo, che è concetto differente rispetto al concetto di deterioramento richiesto dalla fattispecie penale. L’eventuale deterioramento, inteso come scadimento qualitativo del bene, mediante l’alterazione parziale o totale degli elementi costitutivi (ad esempio, parti meccaniche, sistema elettrico) deve essere dimostrato di volta in volta.
5. - D’altra parte, anche il concetto di sottrazione merita di essere approfondito.
In sostanza, si afferma che la circolazione del veicolo sequestrato avviene in quanto si sottrae il bene al vincolo di indisponibilità della misura reale ed è condotta sufficiente ad integrare il reato.
È una posizione espressa da una giurisprudenza piuttosto consolidata in relazione al reato di cui ci si occupa, che fa rientrare nella nozione di sottrazione anche la semplice amotio del bene sequestrato, ritenendo che tale condotta possa essere obiettivamente idonea ad impedire o a rendere solo più difficile l’acquisizione del bene sequestrato (Sez. VI, 7 febbraio 1985, n. 4312, Sciasia; Sez. VI, 15 ottobre 1981, n. 3046, Casolino; Sez. VI, 4 febbraio 1967, n. 226, Fortina).
Tuttavia, non va sottovalutata la verifica in ordine alla oggettiva offensività della condotta di sottrazione, tenendo conto che anche la giurisprudenza cui si è fatto sopra riferimento ritiene che per la sussistenza del reato di cui all’art. 334 c.p. può aversi sottrazione delle cose sequestrate ogni qual volta in relazione alla particolare natura del bene si ponga in essere un’azione atta ad eludere il vincolo, cioè a rendere impossibile o solo più difficile la realizzazione delle finalità cui la cosa, per effetto del vincolo stesso, è rivolta, ricercando, quindi un’accezione finalistica della condotta, imperniata nell’attitudine a ledere l’interesse dell’indisponibilità del vincolo.
A tale connotato oggettivo della condotta di sottrazione deve aggiungersi anche la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Il dolo generico, richiesto dall’art. 334 c.p., non si esaurisce nella coscienza e volontà del fatto materiale, ma esige la volontà dell’agente di eludere il vincolo di indisponibilità posto sul bene con il sequestro.
Ne consegue che se la nozione di sottrazione deve qualificarsi nei termini che si sono sopra descritti, il semplice uso momentaneo del veicolo, occasionale e circoscritto nello spazio, qualora non sorretto dalla volontà di eludere il vincolo, non potrà integrare il reato previsto dal citato art. 334 c.p..
Con riferimento al sequestro dei veicoli previsto dall’art. 213, d.lgs. n. 285 del 1992, la verifica dell’elemento oggettivo circa l’idoneità della condotta ad eludere il vincolo di indisponibilità e di quello soggettivo inerente alla volontà di elusione dello stesso vincolo acquistano un notevole rilievo anche in considerazione delle particolarità della procedura di attuazione del sequestro finalizzato alla confisca del mezzo, che non realizza immediatamente l’“espropriazione” del bene del privato, in quanto questi è chiamato a forme di collaborazione con l’amministrazione, assumendo l’obbligo di depositare il veicolo in un luogo di cui egli stesso abbia la disponibilità ovvero di custodirlo e, in seguito, una volta intervenuto il provvedimento di confisca amministrativa, di trasferirlo, a proprie spese e in condizioni di sicurezza stradale, presso il luogo individuato dal prefetto (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 213).
È in un simile contesto procedimentale, caratterizzato da tali forme di collaborazione e di diretta disponibilità materiale del veicolo sequestrato, che deve essere valutata in concreto l’avvenuta sottrazione del bene sequestrato, condotta da intendere come diretta inequivocabilmente ad eludere il vincolo di indisponibilità della misura cautelare.
6. - In conclusione, il custode sorpreso a circolare con il veicolo sequestrato ai sensi dell’art. 213 d.lgs. n. 285 del 1992, risponde sempre dell’illecito amministrativo di cui al comma 4 dello stesso articolo, che punisce la mera circolazione con veicolo sequestrato, in quanto tale; tuttavia, se la circolazione è sintomatica della volontà di sottrarre il bene, al fine di eludere il vincolo di indisponibilità del sequestro, vi è concorso anche dell’art. 334 c.p. (comma 2 se il custode è anche proprietario del mezzo); troverà applicazione (anche) la disposizione penale se dall’uso (circolazione) del veicolo dovesse derivarne il suo deterioramento, da intendere nei limiti sopra indicati.
7. - Sulla base di quanto esposto risulta censurabile la decisione con cui il Tribunale di Napoli, con la sentenza impugnata, ha assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 334 c.p., ritenendo, erroneamente, sussistente il solo illecito amministrativo, in base al principio di specialità di cui all’art. 9 legge n. 689 del 1981.
In particolare, il giudice di merito, una volta accertato che (omissis)., nominato custode, aveva circolato a bordo del veicolo sequestrato, avrebbe dovuto verificare, attraverso le concrete modalità del fatto, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, se l’avvenuta circolazione del veicolo avesse integrato la “sottrazione” cui fa riferimento l’art. 334 c.p., nei termini che si sono sopra illustrati, al fine di stabilire se tale condotta fosse diretta ad eludere il vincolo di indisponibilità sul veicolo derivante dal sequestro.
Pertanto la sentenza deve essere annullata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli che, in applicazione dei principi sopra esposti, dovrà valutare in concreto se l’imputato, custode del veicolo, abbia sottratto l’autoveicolo in questione al vincolo derivante dal sequestro disposto dall’autorità amministrativa, ferma restando l’assoggettabilità alla sanzione amministrativa di cui all’art. 213, comma 4, d.lgs. 285 del 1990.
P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte d’appello di Napoli.

 

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