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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Collocamento di insegne pubblicitarie su autostrade

Tar Veneto
20 novembre 2007, n. 3713

Art. 23 cod. strad. – art. 47 Reg. cod. strad.- collocamento insegne su autostrade – insegne pubblicitarie - divieto – insegne di esercizio – ammissibilità

 

Lungo i tratti autostradali e lungo le strade extraurbane è vietata l’installazione di insegne pubblicitarie, essendo, al contrario consentite, previa autorizzazione dell’ente proprietario della strada, le insegne di esercizio.
Tali sono, ex art. 47 del regolamento al codice della strada, “le scritte in caratteri alfanumerici, completate eventualmente da simboli e da marchi, realizzate e supportate con materiali di qualsiasi natura, installate nella sede dell’attività a cui si riferiscono o nelle pertinenze accessorie alle stesse”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO -1.1. Ambrosi S.p.A. è la titolare di un’impresa nel settore alimentare, e possiede uno stabilimento, nei pressi di Brescia, la cui insegna “Ambrosi latte burro formaggi” è visibile dall’autostrada A4.
1.2. Nel giugno 1999 Ambrosi domandò all’Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova S.p.A. di essere autorizzato al mantenimento in essere dell’insegna; la risposta fu però sfavorevole, conformemente alle indicazioni dell’ANAS, che – come si legge nella nota Autostrade 4 novembre 1999, qui impugnata – «con nota n. 3060 del 06 settembre 1999 ha comunicato alla scrivente Concessionaria che “la richiesta di che trattasi non possa [sic] essere accolta in quanto l’insegna riveste connotazione prettamente pubblicitaria e quindi in violazione dell’ art. 23 – comma 7 del d.l. 30 aprile 92, n. 285, nonché del comma 1, perché arreca disturbo visivo agli utenti dell’autostrada e ne distrae l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione».
1.3. Il diniego, e l’atto preparatorio presupposto, sono stati impugnati con il ricorso in esame.
Si sono costituiti in giudizio sia Autostrade che ANAS, concludendo per la reiezione.
Il Tribunale ha sospeso il provvedimento impugnato con ordinanza cautelare 181/00.
2.1. Prima di esaminare le censure proposte è utile rammentare come l’art. 23, VII comma, del codice della strada prescriva che è vietata “qualsiasi forma di pubblicità lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi”; sono tuttavia consentite, “le insegne di esercizio, con esclusione dei cartelli e delle insegne pubblicitarie e altri mezzi pubblicitari, purché autorizzate dall’ente proprietario della strada”; e per insegna d’esercizio s’intende “la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa” (art. 47 d.P.R. 495/92).
2.2. Il ricorso prende anzitutto in esame, del provvedimento gravato, il capo di motivazione relativo alla “connotazione pubblicitaria”: sotto tale profilo, il diniego violerebbe intanto il citato art. 23, VII comma, e sarebbe altresì affetta da eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà.
Infatti, anche tenendo conto di quanto prescritto in materia dall’art. 47 del d.P.R. 495/92, non sarebbe dubbio che l’insegna de qua, individuando la sede aziendale, sarebbe d’esercizio e non pubblicitaria: il riferimento all’attività, contenuto nella stessa, non ne modificherebbe la funzione, poiché l’insegna, come segno distintivo dell’azienda, ben può contenere altri elementi, oltre alla ragione sociale.
2.3. Sempre con riferimento allo stesso capo, la determinazione sarebbe viziata da eccesso di potere per carenza di motivazione, irragionevolezza, illogicità e carenza d’imparzialità.
Se anche non si accogliesse il primo mezzo, opponendo che esso confligge con poteri discrezionali dell’Amministrazione, il provvedimento impugnato sarebbe in ogni caso affetto da carenza di motivazione circa la conclusione per cui l’insegna de qua sarebbe pubblicitaria e non d’esercizio.
3. Per quanto invece attiene al distinto profilo, secondo il quale l’insegna della ricorrente arrecherebbe disturbo visivo agli utenti (art. 23, I comma) egualmente sarebbe stata enunciata ma non adeguatamente giustificata la pericolosità dell’insegna; inoltre (violazione dell’art. 23, I comma, d. lgs. 285/92 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti) da nessun atto del procedimento risulterebbe che l’insegna sia pericolosa.
4.1. Per quanto poi concerne il provvedimento nella sua interezza, esso sarebbe intanto affetto da violazione dell’art. 3, IV comma, della l. 241/90, poiché non esplicita la possibilità d’impugnarlo, né indica innanzi a quale giudice il ricorso andrebbe proposto.
4.2. Ancora, la ricorrente osserva come Autostrade S.p.A. abbia assunto la sua decisione conformandosi al parere ANAS: tuttavia, l’art. 53, I comma, lett. b) del d.P.R. 495/92 disporrebbe che titolare del potere di assenso è soltanto la concessionaria: il parere sarebbe stato dunque posto indebitamente a base della propria determinazione.
4.3. Sempre con riguardo all’art. 3 l. 241/90, si osserva come, nell’istanza per il mantenimento dell’insegna, fosse stato rilevato che l’insegna di esercizio aveva funzione d’indicazione per gli utenti autostradali: ma nessuna motivazione sarebbe stata fornita nell’atto di diniego, in relazione al rigetto di tale prospettazione, senza che sia dunque possibile comprenderne le ragioni.
4.4. Infine, in una diversa interpretazione, per il combinato disposto dell’art. 23, IV comma, del d. lgs. 285/92 e dell’art. 53, I comma, d.P.R. 495/92, a regime autorizzatorio sarebbe soggetta soltanto la collocazione di cartelli ed altri mezzi pubblicitari, e non delle insegne d’esercizio.
Le autorità, pertanto, anziché istruire un procedimento autorizzatorio, avrebbero dovuto negare, perché non dovuta, tale autorizzazione, o, al più, “ricorrere ad un procedimento dichiarativo in ordine alla pericolosità per la circolazione dell’insegna in parola”; salvo ordinare la rimozione dell’impianto, dopo la sua realizzazione, ex art. 23, XIII comma.
5.1. Il precedente orientamento della Sezione, la quale ha in passato accolto una nozione assai estensiva d’insegna d’esercizio, a detrimento di quella d’insegna pubblicitaria, va opportunamente rimeditato dopo che, con sentenza 28 giugno 2007, n. 3782, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di questo Tribunale 3 maggio 2002, n. 1645, emessa in una fattispecie per più versi analoga a quella in esame.
Segnatamente, anche in quel caso l’insegna non era collocata presso l’ingresso principale dell’azienda, ma sul tetto dell’edificio ed era rivolta al tracciato autostradale; negando l’autorizzazione, anche allora Autostrade ed Anas avevano affermato che l’insegna stessa rivestiva connotazione prettamente pubblicitaria, arrecando inoltre disturbo e distrazione ai conducenti.
5.2. Orbene, secondo il giudice d’appello, rileva il fatto “che l’insegna non fosse collocata in prossimità dell’accesso all’impresa ma … su di una parte del tetto del capannone di produzione dell’impresa”.
Benché il sito di collocazione facesse capo all’impresa stessa, “non di meno detta collocazione lascia intendere che, in effetti, non si trattasse di semplice insegna di esercizio, necessaria ai fini della normale attività aziendale (in quanto atta a consentire alla clientela di individuare agevolmente il punto di accesso ai locali dell’impresa), bensì di elemento in grado di svolgere una funzione promozionale dell’attività imprenditoriale e, quindi, di carattere essenzialmente pubblicitario, dal momento che l’accesso agli uffici aziendali non poteva certamente avvenire direttamente dalla sede autostradale”.
5.3. Ne consegue, conclude la decisione, che “ragionevolmente l’impianto di cui si tratta non è stato ritenuto destinato ad indirizzare la clientela presso gli accessi agli uffici, quanto, essenzialmente, a svolgere una funzione pubblicitaria del marchio e dell’attività svolta; e, quale impianto con funzione pubblicitaria, lo stesso, del pari correttamente, è stato ritenuto, con valutazione discrezionale che non appare manifestamente irragionevole, in grado di arrecare disturbo visivo agli utenti dell’autostrada, potendone distrarre l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.
6.1. Orbene, come è evidente, la fattispecie in esame è del tutto sovrapponibile a quella ora esaminata.
In altre parole, cioè, anche in questo caso l’insegna in questione non svolge in via esclusiva, o almeno preponderante, la funzione di consentire l’individuazione dei locali dell’impresa a chi, trovandosi in prossimità della stessa, la deve raggiungere: sul punto, la determinazione della Società Autostrade, letta in correlazione con il parere ANAS, fornisce una motivazione più che adeguata.
Come confermato dalla documentazione fotografica in atti, l’insegna non è, infatti, collocata dal lato d’ingresso allo stabilimento e presso la strada attraverso cui vi si ha effettivamente accesso, ma è rivolta invece verso l’autostrada, dalla quale soltanto la stessa insegna può essere letta con chiarezza, sebbene non ne possano certo provenire direttamente gli autoveicoli di passaggio.
6.2. Escluso dunque che l’insegna “Ambrosi latte burro formaggi” sia d’esercizio, essa non può che ritenersi pubblicitaria, per il disposto dell’art. 47, VIII comma, del d.P.R. 495/92 («Si definisce “impianto di pubblicità o propaganda” qualunque manufatto finalizzato alla pubblicità o alla propaganda sia di prodotti che di attività e non individuabile … come insegna di esercizio»): da ciò la legittimità, sotto un primo profilo, del diniego.
6.3. D’altro canto, per quanto concerne il disturbo alla guida procurato dall’impianto, è da ricordare come il ripetuto art. 23, I comma, vieti di collocare insegne ed impianti di pubblicità o propaganda, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che, per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono “arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.
Orbene, è evidente che la norma deve trovare un’applicazione molto rigorosa nelle autostrade, dove l’alta velocità dei veicoli richiede un grado di concentrazione costante e molto elevato; sicchè l’Amministrazione deve selezionare con particolare severità l’ambito delle possibili fonti di disturbo da escludere.
Tra queste, sulla base di tali premesse, si può allora agevolmente far rientrare, secondo ragionevolezza ed esperienza, un’insegna pubblicitaria composta, come nel caso, da quattro parole e da un logo.
Il fatto che un messaggio così articolato essa sia presumibilmente idoneo ad attirare l’attenzione dei conducenti, è sufficiente a giustificare, senza necessità di una particolare motivazione, la decisione assunta e qui gravata.
7.1. Per quanto ancora concerne le censure sintetizzate al precedente §4, è anzitutto fuori questione che la mancanza del termine e dell’autorità cui ricorrere, non inerendo al provvedimento per tale, costituisce mera irregolarità dell’atto che può al più giustificare la rimessione in termini, ove il ricorso sia proposto tardivamente.
Quanto poi alla violazione dell’art. 53 del d.P.R. 495/92, la norma non vieta alla concessionaria di richiedere un parere ad ANAS e di uniformarsi alle indicazioni così ricevute.
Non appare ben chiaro il tenore della censura sub 4.3: è d’altronde evidente che, qualificando come pubblicitaria l’insegna, si è implicitamente ed univocamente escluso che questa avesse funzione d’indicazione agli utenti autostradali (tra l’altro, ben poco utile, per chi transita su di una strada ad accessi prestabiliti).
7.2. Infine, è vero che l’art. 23, IV comma, prevede l’obbligo d’autorizzazione soltanto “per la collocazione di cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse”, senza riferirsi alle insegne di esercizio.
Peraltro, l’estensione a queste ultime contenuta nell’art. 53, I comma, del regolamento – dopo la modificazione disposta dall’ art. 43 del d.P.R. 16 settembre 1996, n. 610 - non appare contrastare con alcuna prescrizione contenuta nella fonte primaria, la quale viene così opportunamente integrata con riguardo ad una fattispecie simile a quelle da essa espressamente disciplinate.
8. Il ricorso, in conclusione, è infondato in tutti i suoi motivi e va perciò rigettato.
Peraltro, l’incertezza degli orientamenti giurisprudenziali in materia conduce all’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M. il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio.

 

 

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