- Atti preparatori
- Sanzioni pecuniarie
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Commisurazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alla potenza del veicolo quale indice della condizione economica del trasgressore
Camera dei deputati
Atto n C 1537
PROPOSTA DI LEGGE n 1537
d'iniziativa dei deputati
DELL'ORCO, NICOLA BIANCHI, CATALANO, CECCONI, CIPRINI, COMINARDI, DE LORENZIS, GAGNARLI, GALLINELLA, CRISTIAN IANNUZZI, L'ABBATE, LIUZZI, LOREFICE, NESCI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SARTI, TERZONI
Modifiche all'articolo 195 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di commisurazione delle sanzioni amministrative pecuniarie alla potenza del veicolo quale indice della condizione economica del trasgressore
Presentata il 9 agosto 2013
Onorevoli Colleghi! La funzione delle sanzioni amministrative pecuniarie del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, di seguito «codice della strada», è quella di dissuadere i conducenti dei veicoli da comportamenti che possano arrecare disturbo e pericolo alla circolazione, nonché danni per se stessi e per gli altri. La loro natura è dunque essenzialmente afflittiva ossia diretta a punire il trasgressore soprattutto con fini di prevenzione.
Nei fatti, però, il meccanismo sanzionatorio congegnato dal codice della strada sembra non riuscire a svolgere adeguatamente la sua funzione deterrente. In media infatti, negli ultimi tre anni, sono state staccate ogni anno circa 14 milioni di multe, 1.600 ogni ora. È evidente che qualcosa non funziona e bisogna indagarne seriamente le cause senza cadere nella tentazione di semplificare la questione rimandando ad un generale malcostume o furbizia italica. Il legislatore deve assumersi la responsabilità di riflettere realmente sul sistema adeguandolo o forse ripensandolo in toto perché non tutte le colpe possono essere attribuite agli utenti della strada.
È innegabile, infatti, che una parte delle colpe ricada sull'apparato pubblico perché effettivamente sempre più spesso il sistema viene sfruttato per fare cassa da amministrazioni sempre più economicamente in affanno. Un'analisi condotta da AdnKronos sui bilanci di previsione per il 2012 dei comuni italiani evidenziava come, considerata la riduzione dei trasferimenti statali, la voce di entrata extratributaria delle sanzioni fosse importante e, con una tendenza senza eccezioni, grandi e piccole città prevedevano di incrementare gli introiti da questa voce in media del 20 per cento. A fare da eco a questi dati c’è anche un'indagine condotta da «Il Sole 24 Ore» su oltre 8.000 comuni, da cui risulta che fra il 2001 e il 2005 le multe sono salite del 52 per cento. Si evidenzia inoltre che se in media il rapporto tra sanzioni e tributi locali si situa a quota 6,92 per cento, sono ben 7 i comuni in cui le entrate da infrazioni al codice della strada fruttano il doppio e 23 quelli in cui rappresentano più del 100 per cento.
Dunque, in una prospettiva nazionale, i numeri sono inequivocabili: una tolleranza zero sulle infrazioni al codice della strada non a scopo sicurezza stradale ma a favore delle casse comunali. Sommando i ricavi assicurati dalle polizie locali (circa 1,6 miliardi di euro) con quelli derivanti dall'azione della polizia stradale e dei carabinieri (circa 400 milioni di euro), nelle casse dello Stato entrano circa 2 miliardi di euro all'anno. Gli importi si riferiscono, tra l'altro, solo agli incassi e non all'accertato. A tanto accanimento e affanno burocratico non corrisponde infatti un effettivo introito per le amministrazioni. Probabilmente l'atteggiamento vessatorio non paga e crea, per di più, un problema ai bilanci comunali. Ad esempio, il comune di Roma nel 2012 aveva messo in bilancio un incasso di 281 milioni di euro dalle vecchie multe per le infrazioni stradali. Ne sono stati incassati appena 14 milioni di euro, tanto che la Corte dei conti ha imposto ai comuni, per fare fronte al prevedibile buco di bilancio dovuto alle mancate riscossioni, un fondo di svalutazione crediti che a Roma ha raggiunto i 350 milioni di euro. Probabilmente eliminare la possibilità per i comuni di far quadrare i bilanci preventivi con incassi da infrazioni stradali aiuterebbe a restituire al sistema sanzionatorio del codice della strada la sua reale valenza di sistema a favore della fluidità di circolazione e della sicurezza stradale e il codice non sarebbe più sentito dal cittadino come un sistema vessatorio o un ennesimo tributo, una sorta di tassa occulta che è stata quantificata in 35 euro per ogni italiano, 100 euro a testa nelle grandi città.
Facendo un passo avanti nell'analisi, va evidenziato anche un altro aspetto: il problema non è solo nel modo in cui viene applicato il sistema ma è nel sistema stesso. Se infatti la dissuasione è in funzione dell'elemento economico, allora il meccanismo sanzionatorio non è dissuasivo allo stesso modo per tutti perché la sanzione comminata per una stessa infrazione, in proporzione, sarà una pena maggiore per un soggetto con un reddito basso e inferiore per un soggetto dal reddito più alto. Questa macroscopica evidenza era tra l'altro già presente al legislatore che nel dettato normativo riguardante le sanzioni amministrative pecuniarie, di cui all'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, poi ripreso dal comma 2 dell'articolo 195 del codice della strada, stabilisce che il pagamento di una stessa infrazione attualmente è sanzionato con una tariffa fissata tra un minimo e un massimo, il cui importo effettivo viene determinato con «riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità del trasgressore e alle sue condizioni economiche».
Il principio dell'adeguamento alla condizione economica del trasgressore, seppure enunciato, di fatto però non trova riscontro nella determinazione dell'importo della sanzione, con la conseguenza che la stessa ha un peso diverso a seconda di chi la paga e genera, conseguentemente, vari tipi di distorsioni. Il primo effetto si ha, senza dubbio, sotto l'aspetto della sicurezza in quanto se, come abbiamo visto, in linea generale il sistema è già di per sé poco efficace sotto l'aspetto dissuasivo, in tal modo risulta particolarmente inefficace nei confronti dei trasgressori con redditi più alti per i quali gli importi comminati risultano per lo più irrisori.
Un secondo importante effetto distorsivo si ha nei pagamenti. Il sistema attuale ha infatti un grave blocco a livello di incasso per le amministrazioni. La Corte dei conti nel 2010, a chiusura di un accertamento sulle entrate sanzionatorie extratributarie i cui proventi derivano dal controllo e dalla repressione delle irregolarità e degli illeciti, mediante multe, ammende e sanzioni, evidenziava che, nel rendiconto generale dello Stato, il capitolo di entrata 2302 denominato «Oblazioni e condanne alle pene pecuniarie per contravvenzioni alle norme per la tutela delle strade e per la circolazione» mostrava scostamenti rilevanti del 60 per cento fra il dato dell'accertato e quello del riscosso, pari a 252 milioni di euro a fronte di 631 milioni di euro.
Tutto ciò genera senza dubbio un appesantimento e ulteriori costi per l'apparato amministrativo nonché un danno erariale quando l'amministrazione non riesce comunque a riscuotere. Oltretutto, se non si ha riguardo alla solvibilità, la sanzione diviene inefficace. Ricordiamo sempre però che una multa non pagata, prima ancora che un danno per l'amministrazione, è un problema serio per il soggetto che si vedrà raggiungere da una serie di lettere di ingiunzione e cartelle esattoriali che, come la stampa spesso ci racconta, possono arrivare a creare tragedie familiari. Anche in questo caso il fenomeno è talmente ampio che ci impone una riflessione: possibile che il popolo del «e io pago» si sia trasformato in un popolo di morosi? Non è forse la norma stessa che genera l'inadempienza? Bisogna infatti andare alla radice del problema e distinguere innanzitutto chi non vuole pagare da chi non può pagare. Soprattutto in una fase di crisi economica qual è quella attuale, in cui sono sempre più le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese e che non riescono a sostenere spese impreviste quale appunto potrebbe essere una multa di importo elevato. Le soluzioni cercate finora dal legislatore a questo stato di cose si sono invece limitate a puntare il dito sulla difficoltà d'incasso e a cercare soluzioni a questo problema senza scendere mai più a fondo e i rimedi trovati sono stati peggiori del male. Basti pensare alle nuove modalità di presentazione dei ricorsi che hanno accorciato i tempi e alzato i costi, creando così anche una disparità di accesso alla giustizia, oppure alla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) che in pratica ha solo allungato i tempi burocratici stabilendo che per i crediti di importo fino a 1.000 euro (forse il 90 per cento dei ruoli emessi dai comuni non supera questa soglia) è eliminata l'esecutività immediata degli atti di accertamento. Il recupero coatto non è possibile se prima non sono passati centoventi giorni dal ricevimento di un avviso bonario con l'illustrazione dettagliata del debito che si chiede di saldare e gli avvisi bonari possono essere recapitati al contribuente solo «per posta ordinaria».
Tornando al punto, dunque, il sistema sanzionatorio necessita di una riforma in modo da non creare le distorsioni descritte. Bisogna ripartire dal riflettere sugli obiettivi della norma, ossia la dissuasione del comportamento illecito, e sui princìpi ispiratori dell'intero sistema sanzionatorio delle violazioni amministrative, che sono focalizzati sul tipo e sulla gravità dell'illecito commesso, ossia sanciscono che tutti devono essere puniti allo stesso modo per una stessa infrazione commessa perché tutti sono uguali di fronte alla legge. Il nostro sistema costituzionale non si limita però a sancire solo il principio di uguaglianza formale ma, al secondo comma dell'articolo 3, sancisce il principio di uguaglianza sostanziale. Nel caso in esame ciò significa che il legislatore deve fare in modo che elementi secondari come la condizione economica non vadano al'effettività e l'efficacia del sistema sanzionatorio. Solo attraverso l'applicazione alla sanzione di un coefficiente correttivo indicativo della condizione economica si avrà infatti un sistema veramente centrato sul tipo e sulla gravità dell'illecito e dunque effettivo e dissuasivo per tutti allo stesso modo.
È da ricordare, inoltre, che il principio di adeguamento di una sanzione in base alla condizione economica per tutelarne l'aspetto di efficacia è già stato introdotto in Italia nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, dove, all'articolo 164-bis, comma 4, si stabilisce che «Le sanzioni possono essere aumentate fino al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore».
A tale fine, con la presente proposta, si introduce un parametro induttivo della condizione economica, valutata in base al tipo di veicolo guidato o per la precisione alla sua potenza. In linea generale, infatti, tale fattore incide sul costo di base del veicolo e dunque può essere considerato indicativamente un elemento valido per fornire indicazione sulle possibilità economiche del suo proprietario.
In questo modo, dunque, le sanzioni amministrative pecuniarie diverrebbero proporzionali al kilowattaggio indicato sul libretto di circolazione. I kilowatt, tra l'altro, sono un elemento già utilizzato nel sistema tributario locale che grava sui veicoli, ossia sul cosiddetto «bollo», ma sono anche un parametro già riconosciuto dallo stesso codice della strada, che all'articolo 117 prevede che i neopatentati, nel primo anno dal conseguimento dell'abilitazione alla guida, non possano mettersi al volante di automobili che superino un certo kilowattaggio.
Per l'applicazione pratica di tale criterio, le autovetture vengono distinte in cinque categorie in base alla potenza del motore:
a) city car (fino a 60 kw);
b) utilitarie e medie (da 61 a 100 kw);
c) medie superiori (da 101 a 120 kw);
d) superiori (da 121 a 180 kw);
e) alta di gamma (oltre i 180 kw);
Al fine di calcolare l'importo effettivo della sanzione comminata, l'importo base della sanzione previsto dal codice della strada per ogni specifica infrazione commessa viene moltiplicato per un coefficiente tra 0,8 e 1,6, aumentando progressivamente dalla categoria di veicoli meno potenti a quella dei veicoli più potenti.
I ciclomotori e i motocicli vengono invece distinti in cinque categorie a cui corrispondono altrettanti coefficienti di proporzionalità da 0,8 a 1,4.
Questo nuovo sistema sanzionatorio avrebbe, tra l'altro, anche il merito di penalizzare in maniera inferiore gli autoveicoli meno potenti e dunque meno inquinanti, contribuendo pertanto a disincentivare la circolazione dei mezzi meno ecologicamente compatibili.
In conclusione, la presente proposta di legge vuole rendere effettivo quanto già previsto dal legislatore in materia di sanzioni amministrative pecuniarie, prevedendo un reale adeguamento degli importi alle capacità economiche del trasgressore e alla sua personalità. In tal modo si limiterebbero distorsioni a livello amministrativo e sociale e si verrebbe a creare un sistema complessivamente maggiormente effettivo ed efficace sotto l'aspetto inflittivo e deterrente. L'articolo 1 disciplina dunque il sistema di proporzionalità in base alla potenza del veicolo guidato dal trasgressore stabilendo anche i coefficienti da applicare sulla tariffa base legata al tipo di infrazione. L'effetto complessivo sarà quello di un alleggerimento degli importi sanzionatori sulle fasce di reddito più basse e un progressivo innalzamento per i redditi maggiori.
L'articolo 2 reca la copertura finanziaria.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Proporzionalità del sistema sanzionatorio in base al reddito).
1. All'articolo 195 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«3-ter. La sanzione amministrativa pecuniaria per autovetture, motocicli e ciclomotori è determinata in maniera proporzionale alla potenza del motore del veicolo secondo le modalità previste dai commi 3-quater e 3-quinquies.
3-quater. Per le autovetture l'importo base della sanzione amministrativa pecuniaria fissato dalla singola norma ai sensi del comma 1 è moltiplicato per un coefficiente pari a 0,8 qualora i kw motore del veicolo risultino inferiori o uguali a 60. Qualora la potenza del veicolo risulti compresa nelle fasce di potenza tra 61-100 kw, tra 101-120 kw, tra 121-180 kw od oltre 180 kw, l'importo base è moltiplicato, rispettivamente, per i seguenti coefficienti: 1; 1,2; 1,4; 1,6.
3-quinquies. Per motocicli e ciclomotori l'importo base della sanzione amministrativa pecuniaria fissato dalla singola norma ai sensi del comma 1 è moltiplicato per un coefficiente pari a 0,8 qualora i kw motore del veicolo risultino inferiori o uguali a 20. Qualora la potenza del veicolo risulti compresa nelle fasce di potenza tra 21-90 kw, tra 91-120 kw od oltre 120kw, l'importo base è moltiplicato rispettivamente per i coefficienti 1; 1,2; 1,4.
3-sexies. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con proprio decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, determina i parametri e le modalità di riscontro ad uso dei soggetti accertatori per l'attuazione di quanto previsto dai commi 3-ter, 3-quater e 3-quinquies».
Art. 2.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministro dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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