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Corte Suprema di Cassazione - II sezione civile - Sentenza n. 4219/2011

Fabio Piccioni

 

  sul ricorso proposto da: COMUNE DI …, in persona del Sindaco protempore, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Passagnoli Marco e Fabio Piccioni, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell'Avv. Alfredo Iorio,

- ricorrente -

contro

S.R.L.…, in persona del legale rappresentante pro tempore; 

- intimata -  

avverso la sentenza del Tribunale di …, sezione distaccata di …, n. 142 del 16 giugno 2009. Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

  Fatto

RILEVATO IN FATTO  

che il Consigliere designato ha depositato, in data 2 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.: "La s.r.l. …, proprietaria dell'autovettura Citroen Saxo tg. (OMISSIS), ha proposto opposizione al verbale, elevato dalla Polizia municipale di …, con cui era stata ad essa contestata, quale responsabile in solido, la violazione dell'art. 173 C.d.S., commi 2 e 3 (utilizzo del telefono cellulare durante la guida). Il Giudice di pace di … ha accolto l'opposizione. Il Tribunale di …, sezione distaccata di …, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 giugno 2009, ha rigettato l'appello del Comune. Ha rilevato il giudice del gravame che non bastava richiamare la fede privilegiata rivestita dal verbale di accertamento redatto dai vigili urbani per sostenere la fondatezza della contestazione, giacché nella specie la visione della condotta era avvenuta da parte di agenti della polizia municipale procedenti in senso contrario, che si trovavano a loro volta su un'autovettura in movimento, di talché il loro punto di osservazione era passibile di errore. Per la cassazione della sentenza del Tribunale ha proposto ricorso il Comune, con atto notificato il 23 ottobre 2009, sulla base di due motivi. L'intimata non ha resistito. Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ., e pone il quesito di diritto se, ai fini dell'accertamento dell'infrazione di cui all'art. 173 C.d.S., commi 2 e 3, alle dichiarazioni del verbalizzante in merito all'uso del telefono cellulare da parte del conducente del veicolo possa essere attribuita fede privilegiata anche in caso di legittima mancata contestazione immediata. Il motivo è manifestamente fondato alla luce della recente pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 17355 del 24 luglio 2009), secondo la quale nel giudizio di opposizione a verbale è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova, la proposizione e l'esame di ogni questione concernente l'alterazione nel verbale, pur se involontaria e dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell'effettivo svolgersi dei fatti. Tale pronunzia, superando il precedente e già prevalente indirizzo che ammetteva la contestabilità delle risultanze del verbale, ove aventi ad oggetto accadimenti repentini, rilievi a di distanza di oggetti o persone in movimento e fenomeni dinamici in genere, ha sancito la fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ., in ordine a tutto quanto il pubblico ufficiale affermi avvenuto in sua presenza, con la conseguenza che anche nelle ipotesi in cui, come nella specie, si deducano sviste o altri involontari errori o omissioni percettivi da parte del verbalizzante è necessario proporre querela di falso (cfr., in termini, Cass., Sez. 2^, 11 gennaio 2010, n. 232). Resta assorbito l'esame del secondo mezzo, relativo al vizio di motivazione. Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio".

  Diritto

 CONSIDERATO IN DIRITTO  

 che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., alla quale non sono stati mossi rilievi critici; che il ricorso deve essere accolto; che, cassata la sentenza impugnata, la causa - non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - può essere decisa nel merito con il rigetto della proposta opposizione; che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.  

 P.Q.M.  

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la proposta opposizione al verbale. Condanna la s.r.l. … al pagamento delle spese processuali sostenute dal Comune, che liquida, per la fase dinanzi al Tribunale, in Euro 600,00 di cui Euro 280,00 per diritti, Euro 220,00 per onorari ed Euro 100,00 per anticipazioni, oltre a spese generali e ad accessori di legge, e, per il giudizio di cassazione, in Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 novembre 2010. Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011   Infrazione all'art. 173 C.d.S., alle dichiarazioni del verbalizzante in merito all'uso del telefono cellulare può essere attribuita fede privilegiata anche in caso di mancata contestazione immediata.   La sentenza che si annota si inserisce nel filone interpretativo inaugurato dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità con la nota sentenza 17355 del 24/7/2009  

 Il fatto.

La Polizia Municipale notificava un verbale di accertamento per violazione dell’art. 173 c. 2 e 3 C.d.S. al proprietario del veicolo il cui conducente «utilizzava durante il transito un apparecchio radiotelefonico». La contestazione non era potuta avvenire immediatamente perché accertata da agenti a bordo di auto di servizio che transitava in direzione opposta.

Il ricorso in opposizione

 Avverso il predetto verbale, il destinatario proponeva ricorso in opposizione davanti al Giudice di Pace, deducendo il seguente motivo: - “(il conducente) si avvale di un telefono cellulare dotato di viva voce ed ha provveduto ad installare nella autovettura un adeguato supporto per cellulari”. Il Giudice, concessa la sospensiva della esecutorietà del provvedimento impugnato, fissava l’udienza di comparizione. Il Comune, in ottemperanza dell’ordinanza, provvedeva a costituirsi mediante deposito in cancelleria, degli atti relativi all’opposizione in oggetto, con tutta la documentazione fornita dalla Polizia Municipale, e rapporto di servizio redatto dal verbalizzante. Alla prima udienza il giudice, ritenuto di ammettere la prova per testi richiesta dal ricorrente, rinviava la causa per l’espletamento dell’incombente. All’esito dello sfogo della prova il G.d.P., trattenuta la causa in decisione, ha ritenuto il ricorso fondato e meritevole di accoglimento, procedendo ad annullare il verbale impugnato. L’appello

Il Comune proponeva appello avverso la suddetta sentenza deducendo: I) l’errata valutazione delle risultanze processuali - violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c. e 115 c.p.c.; II) l’omessa e insufficiente motivazione circa i motivi proposti a sostegno della memoria di risposta dell’Amministrazione resistente; III) la nullità della sentenza - violazione dell’art. 163-bis c.p.c. L’appellante, dopo aver ricordato che il verbale redatto dall’agente accertatore con le richieste formalità, gode - ai sensi dell’art. 2700 cod. civ. - di fede privilegiata in relazione ai fatti che il pubblico ufficiale rogante attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, affermava l’esistenza di una prova legale, assistita da efficacia probatoria assoluta e incondizionata, che vincola il giudice al risultato probatorio. In altri termini, la “piena prova” riguarda la constatazione di un fatto avvenuto e conosciuto in presenza del pubblico ufficiale senza alcun margine di apprezzamento, tanto che l’eventuale prova contraria da articolarsi mediante audizione testimoniale risultava inammissibile. Per confutare le risultanze del documento pubblico, infatti, non risulta sufficiente l’allegazione di prove contrastanti o contrarie, ma deve essere esperita quella speciale azione disciplinata dagli artt. 221 e ss. cod. proc. civ., il cui nomen iuris è “querela di falso”, mediante la quale si impugna la corrispondenza alla realtà di ciò che è consacrato nel documento, assistito da fede privilegiata. Nel caso di specie, il fatto riportato a verbale - uso di radiotelefono all’orecchio durante la marcia - era caduto sotto la diretta percezione del pubblico ufficiale, senza margini di valutazione soggettiva. Conseguentemente, lo stesso non poteva essere smentito da una testimonianza di valore contrario. Secondo l’appellante, il giudice di prime cure non avrebbe, allora, potuto (rectius dovuto) ammettere la richiesta prova per testi.  Peraltro, dalla mera lettura delle - pur inammissibili - dichiarazioni rese dal teste (figlio del contravventore), si evinceva come le stesse non concernessero affatto l’(in)esistenza della violazione. Anzi, lo stesso, richiesto se fosse a bordo del veicolo il giorno dell’infrazione, rispondeva di non essere in grado di ricordare.   L’intero contesto motivazionale aveva, quindi, reso incomprensibile il passaggio logico-deduttivo-induttivo sotteso alla conclusione cui era pervenuto il giudicante. Il teste si era limitato a fornire dichiarazioni di scienza circa le abitudini del padre: “utilizza spesso l’autoveicolo …”; “si avvale di un telefono cellulare dotato di viva voce e sulla autovettura è installato un supporto per il fissaggio dei cellulari”. Da ciò il Giudice aveva ritenuto l’inconsistenza della violazione contestata. In altre parole, era come sostenere l’impossibilità di utilizzare il cellulare senza viva voce, nonostante fosse stato installato l’apposito impianto.  Ma il Giudice di Pace, secondo l’appellante, era andato oltre. Poiché non risulta dagli atti di causa che l’Amministrazione resistente abbia fornito le prove di tale responsabilità, l’opposizione deve essere accolta. In corrispondenza del sistema dettato dal combinato disposto degli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., ogni parte deve provare l’assunto dal quale intende far discendere conseguenze giuridiche a sé favorevoli. Osservava il Comune che è pur vero che nel giudizio di opposizione spetta all’amministrazione fornire la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della sanzione amministrativa, ma era altrettanto vero che, nel caso di specie: - il verbale impugnato risultava sottoscritto da ben due agenti che avevano accertato la violazione; - l’Amministrazione resistente si era costituita nel giudizio di opposizione allegando specifico rapporto servizio di uno dei due pubblici ufficiali verbalizzanti, ove si legge “con il collega … veniva notato il veicolo … alla cui guida un uomo … stava facendo uso di radiotelefono cellulare. Facevo uso del clacson per richiamare il conducente ma lo stesso non si avvedeva della nostra presenza continuando a circolare, con il telefono all’orecchio”; - inoltre, davanti al Giudice di pace ebbe a presentarsi, proprio l’Agente, il quale ribadiva, in udienza, davanti al giudice, che il conducente aveva effettivamente un telefono. Detto in altri termini, rilevava l’appellante, aveva errato il primo giudice nel ritenere che il ricorso meritava accoglimento, partendo da un’inammissibile, inconferente, oltre che priva di pregio giuridico, testimonianza a controprova. In udienza si costituiva in giudizio l’appellato il quale, nel contestare la fondatezza dell’appello, chiedeva la conferma della sentenza impugnata. Il tribunale, dopo aver concesso alle parti i termini per le relative comparse conclusionali, all’esito della discussione, respingeva l’appello con conferma della sentenza impugnata. Il ricorso in Cassazione. Per la cassazione della sentenza del Tribunale ha proposto ricorso il Comune, sulla base di due motivi volti a confutare le rationes decidendi del giudice d’appello. L'intimato non ha resistito. Con il primo motivo di impugnazione, si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c. - 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.) Infatti il giudice d’appello aveva ritenuto che l’efficacia di prova legale del verbale di accertamento … permea … solo quegli atti caratterizzati da una particolare precisione e attendibilità intrinseca. Il ricorrente ricordava, ancora una volta, che ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., è la legge stessa che attribuisce, per definizione, a quei fatti - che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti - sol perché tali, una “intrinseca attendibilità”. Più precisamente, mentre i fatti che il pubblico ufficiale rogante attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (elemento estrinseco del verbale) godono di pubblica fede; è solo l’eventuale riconducibilità dei fatti ad una determinata violazione, l’apprezzamento personale o il giudizio valutativo del pubblico ufficiale (elemento intrinseco del verbale), unitamente alla verità sostanziale delle dichiarazioni eventualmente rese dalle parti, che resta fuori dell’efficacia di prova legale e, perciò, rientra nella normale valutazione affidata al giudice, secondo il suo prudente apprezzamento, ex art. 116 cod. proc. civ. L’attività valutativa di “percezione sensoriale” può attenere alla ricostruzione della dinamica di un sinistro, attraverso l’elaborazione critica di elementi di conoscenza personali; ai fatti dedotti in base a presunzioni o personali considerazioni logiche, e anche, in determinati casi, alla lettura degli elementi alfanumerici della targa. Di tutta evidenza, invece, come l’accertamento dell’uso di radiotelefono all’orecchio durante la marcia non implichi alcuna attività di valutazione, ma solo la constatazione di un fatto avvenuto e conosciuto, senza alcun margine di apprezzamento, da parte di ben due agenti - la qual cosa sembra idonea a superare anche la possibilità di errore, evidenziata dal giudice di appello - che hanno accertato la violazione e sottoscritto il relativo verbale. In conclusione del motivo, il Comune, formulava il seguente quesito di diritto: “se, ai fini dell’accertamento dell’infrazione di cui all’art. 173 c. 2 e 3 c.d.s., alle dichiarazioni del verbalizzante in merito all’uso del telefono cellulare da parte del conducente del veicolo, possa essere attribuita fede privilegiata anche in caso di legittima mancata contestazione immediata”. Il ricorrente, rilevava, poi, che fin dall’atto di appello, aveva già osservato come la “piena prova” non consentiva di procedere a prova contraria da articolarsi mediante audizione testimoniale. Per confutare le risultanze del documento pubblico, infatti, si sarebbe dovuta esperire “querela di falso”, impugnando la corrispondenza alla realtà di ciò che è consacrato nel documento.  Sul punto, il giudice dell’impugnazione non aveva compiuto alcun accenno; ciò, oltre alla palese violazione dell’art. 2700 c.c., integrava anche gli estremi del vizio di omessa motivazione. Il Comune chiedeva, quindi, che l’errore di diritto compiuto dal giudice di merito venisse cassato dal giudice di legittimità allo scopo di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge” e di garantire “l’unità del diritto oggettivo nazionale”. Tale error in iudicando risultava, infatti, causam dans dando luogo ad una decisione erronea ed ingiusta. Con il secondo motivo, l’Amministrazione ricorrente - ribadito che sulla base di quanto già osservato, il ricorso de quo avrebbe dovuto essere senz’altro respinto - lamentava, poi, l’omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) Il Giudice d’appello, infatti, concludeva argomentando che l’autorità che ha emesso il provvedimento … non ha provato con carattere di certezza oggettiva, gli assunti di fatto sui quali ha irrogato la sanzione amministrativa in oggetto. Tuttavia, opinando come il primo e il secondo giudicante, si arriverebbe all'assurdo di poter accettare sempre la versione proposta dall’interessato, a sua semplice richiesta. L'abnormità di questi risultati risultava già sufficiente ad inficiare le apodittiche conclusioni del giudice di pace che finiscono con lo scadere in mero possibilismo giuridico. Il giudice ha ritenuto fondato il ricorso omettendo di evidenziarne il contenuto e senza spiegare le ragioni della sua decisività. Infatti, non è dato verificare se le ragioni poste a base della decisione e dell’iter logico adottato in relazione ai motivi di impugnazione, siano effettivamente sufficienti a sostenerla stante il dovere del giudice di merito, non solo di spiegare le basi della propria decisione, ma anche di risolvere la questione di fatto secondo canoni metodologici espressi dall’ordinamento giuridico o da esso ricavabili, in modo tale da consentire l’apprezzamento della base di legittimità del suo convincimento.             In sostanza, la motivazione non analizza le questioni di fatto proposte e non rende possibile la verifica o il riscontro del processo logico seguito, né la comprensione della ratio decidendi. In sede di conclusioni, il ricorrente chiedeva che la Suprema Corte di Cassazione, accolto il ricorso per le denunciate violazioni di legge, volesse, per l’effetto, procedere a: - in tesi, ritenuto che non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, cassare la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito della causa, respingere il ricorso in opposizione, regolando in conseguenza le spese; - in ipotesi, annullare la decisione impugnata, con ogni consequenziale provvedimento di legge anche in ordine alle spese ed agli onorari del giudizio. La sentenza. La Suprema Corte, investita dell’impugnazione avverso l’errata sentenza del giudice d’appello ha ritenuto - sulla base della relazione svolta dal Consigliere relatore - la (manifesta) fondatezza dei motivi di ricorso proposti dalla difesa dell’amministrazione comunale. Il giudice di legittimità, richiama la pronunzia delle Sezioni Unite n. 17355/2009, che osserva che la questione dell’efficacia probatoria dei fatti attestati nel processo verbale di accertamento delle violazioni amministrative, e dei suoi limiti, nel giudizio di opposizione promosso ai sensi dell’art. 23 L. 6589/81, è stata già esaminata dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza n. 12545/1992 che ha posto in rilievo che: - il processo verbale costituisce un atto pubblico, in quanto forma necessaria dell'esternazione dell'atto di accertamento che il pubblico ufficiale compie sulla base dell'attribuzione normativa di uno specifico potere di documentazione, con effetti costitutivi sostanziali, prima che processuali, perchè soltanto attraverso il veicolo necessario di detto atto di accertamento può essere determinato il credito della sanzione pecuniaria che l'autorità competente dovrà riscuotere con l'ordinanza-ingiunzione; - l'art. 2700 c.c. attribuisce all'atto pubblico l'efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti; - il giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione, benchè formalmente costruito dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e segg., come giudizio d'impugnazione del provvedimento ed investa innanzitutto la legittimità formale dell'atto, tende all'accertamento negativo della pretesa sanzionatoria della p.a. e si configura da un punto di vista procedimentale come un giudizio civile, del quale vanno applicate le regole generali, salvo espressa contraria disposizione; - l'esercizio del diritto di difesa nel procedimento di opposizione all'ordinanza-ingiunzione non è pregiudicato dalla fede privilegiata del verbale di accertamento, potendo l'interessato impugnare l'atto con la querela di falso e fare ricorso nel relativo giudizio ai normali mezzi di prova; - l'efficacia di prova legale del verbale non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale ed alla menzione di fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali, "perché mediati attraverso la occasionale percezione sensoriale di accadimenti, che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento. La correlazione tra il dovere di menzionare nel verbale in modo preciso e dettagliato, anche se sommario, l'elemento fattuale della violazione e l'efficacia che l'art. 2700 c.c., attribuisce ai fatti che il pubblico ufficiale attesta nell'atto pubblico essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, comportano che tale efficacia concerna inevitabilmente tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alla violazione menzionati nell'atto, indipendentemente dalle modalità statica o dinamica della loro percezione, fermo l'obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell'accertamento, giacché egli deve dare conto nell'atto pubblico non soltanto della sua presenza ai fatti attestati, ma anche delle ragioni per le quale detta presenza ne ha consentito l'attestazione. Conseguentemente, nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà, mentre è riservato al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell'operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l'esame di ogni questione concernente l'alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell'effettivo svolgersi dei fatti. Tale pronunzia, superando il precedente e già prevalente indirizzo che ammetteva la contestabilità delle risultanze del verbale, ove aventi ad oggetto accadimenti repentini, rilievi a di distanza di oggetti o persone in movimento e fenomeni dinamici in genere, ha sancito la fede privilegiata ex art. 2700 c.c. in ordine a tutto quanto il pubblico ufficiale affermi avvenuto in sua presenza, con la conseguenza che anche nelle ipotesi in cui, come nella specie, si deducano sviste o altri involontari errori o omissioni percettivi da parte del verbalizzante necessario proporre querela di falso (cfr. Cass. Civ., sez. 2, 11/1/2010 n. 232 che ha ritenuto non provabile la circostanza che l'apparecchio telefonico, che secondo il verbale era nella circostanza usato durante la guida, fosse di tipo consentito dall'art. 173 C.d.S., a viva voce o munito di auricolare). Sul tema anche la sentenza n. 13118 pronunciata l’8/6/2009 dalla seconda sezione della Suprema Corte dalla quale si evince che: Ai fini dell’accertamento dell’infrazione di cui all’art. 173 c.s., comma 2 e 3, deve essere attribuita fede privilegiata alle dichiarazioni del verbalizzante in merito all’uso del telefono cellulare da parte del conducente del veicolo. Conseguentemente, l’affermazione circa l’eventuale errore di percezione da parte dell’agente accertatore non potrà essere basata su una valutazione meramente presuntiva della distanza del punto di osservazione rispetto al luogo in cui si sarebbe verificata la violazione. Né si ritiene sufficiente dedurre la lontananza dell’agente dal luogo della infrazione sulla base della omessa contestazione immediata, infatti, l’accertamento può essere effettuato anche da distanza che non consente, per svariati motivi, il fermo del veicolo. E ancora la sentenza  n. 13766 del 27/5/2008 sempre della seconda sezione civile secondo la quale: E' legittima l'irrogazione della sanzione amministrativa per la violazione di cui all'art. 173 comma 2, cod. strada, a carico del conducente di veicolo che usa il telefono cellulare durante la guida anche solo per consultare le funzioni dell'apparecchio (come, nella specie, per visualizzare la rubrica memorizzata), poiché tale comportamento rientra nel precetto previsto dalla suddetta norma, la quale deve intendersi nel senso che non vieta solo la condotta relativa all'esecuzione di conversazioni telefoniche con il telefono mobile privo di apparato a "viva voce" o di sistema con auricolare nel corso della guida, bensì anche quei comportamenti che implicano, in ogni caso, un'utilizzazione del telefono cellulare in grado di provocare una situazione di pericolosità nella circolazione stradale che impegni almeno una delle due mani e che induca il guidatore a distrarsi e a non consentire, pertanto, di avere con certezza il completo controllo del veicolo in movimento. Così, accolto il ricorso, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettato l’opposizione e condannato il proprietario alle spese di entrambi i gradi di giudizio.  

 

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