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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Danno da insidia stradale: responsabilità penale del Sindaco

Corte di Cassazione, IV sez. penale
23 settembre 2008, n. 36475

Danno da insidia o trabocchetto – Omessa manutenzione strade comunali – Inerzia sui controlli – Art. 590 cod.pen. – Lesioni personali colpose – Art. 110 cod. pen. – Responsabilità del Sindaco e del responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale.

 

In caso di danno da insidia stradale il Sindaco, con delega assessoriale ai lavori pubblici, risponde, in concorso con il responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale, del reato di cui all’art. 590 cod. pen. (Lesioni personali colpose) per non aver attivato i necessari controlli sulla manutenzione delle strade. Infatti, la posizione di garanzia che il Sindaco e il responsabile dell’UTC assumono in considerazione del ruolo da essi svolto all’interno dell’amministrazione comunale, impone loro di vigilare nell’ambito delle rispettive competenze al fine di evitare ai cittadini situazioni di pericolo quali quelle derivanti da una non adeguata manutenzione delle strade e dalla inerzia nei controlli.   Premesso in fatto - Il Tribunale di Messina, sezione distaccata di  XXXX il 30/11/2006 pronunziava in sede di appello contro sentenza del giudice di pace di  XXXX del 21/4/2006, sentenza con la quale riteneva gli odierni ricorrenti responsabili del delitto di cui agli artt. 110 590 CP per avere omesso, nelle rispettive qualità di Sindaco [……] titolare di delega assessoriale al lavori pubblici e di responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale adeguati controlli e interventi sulle condizioni di un tratto di via Bandiera, cosi cagionando a YYYY che inciampava su un dislivello privo di segnalazione (un tappetino di piastrelle di cm 120x40) lesioni personali. La sentenza di appello confermava così la sentenza di condanna già pronunziata in primo grado. Contro così fatto provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione il  ***** al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato. All’udienza pubblica del 15/1/2008, la Corte, compiuti gli adempimenti prescritti dal codice di rito, ha deciso il ricorso proposto. Ritenuto in diritto - Il ricorso del ***** all’epoca dei fatti Sindaco  [….] con delega assessoriale ai lavori pubblici, denunzia: 1) violazione dell’art. 606 co 1 lett. e) cpp in relazione all’art. 590 cp; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza risultante dal testo della stessa e dagli atti già indicati in appello. In particolare sottolinea contraddizioni nella individuazione del colore delle piastrelle tappetino; nega il carattere di insidia, evidenzia la scarsa attenzione della parte lesa che non camminava con la necessaria attenzione 2) violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cpp in relazione agli artt. 40, 42 e 590 cp; violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento Impugnato e dal motivo di gravame. Il ricorrente in particolare afferma di non essere mai stato informato della condizione di quella strada nega un obbligo del sindaco di perlustrare le strade. Il ricorso del Direttore dell’Ufficio Tecnico Comunale all’epoca dei fatti, denunzia: violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cpp., In relazione agli artt. 40 42, 590c.p. violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza e dai motivi di appello del ricorrente. In particolare il ricorrente nega di essere stato informato dello stato della strada, come egualmente nega di avere un obbligo di perlustrazione delle strade. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. La motivazione impugnata dà ragionata contezza del fatto che la caduta e le conseguenti lesioni della parte offesa siano state cagionate da un dislivello creato da una sorta di tappeto di mattonelle posto davanti a un pubblico esercizio ma sulla pubblica via e precisamente sulla scalinata di via [……..] La motivazione ha avuto cura di riportare circostanze relative alla solidità e alla tenuta delle calzature senza tacchi indossate dalla parte lesa, alle condizioni di luce al momento del fatto, alla instabilità dell’improprio zerbino, alla circostanza che altre persone fossero cadute nello stesso luogo e che il tappeto di piastrelle fosse stato rimosso dopo l’incidente. La motivazione impugnata correttamente ha ritenuto di affermare la responsabilità dei due imputati per causa della loro qualità. Quanto alla asserita disattenzione o imprudenza della viandante si tratta di tesi alternativa in fatto totalmente incompatibile con la ricostruzione ragionatamente operata dalla sentenza impugnata, smentita dalle precise ricognizioni della dinamica dei fatti e dello stato del luoghi effettuate in sentenza e in ogni caso non suscettibile di provocare nel giudizio di legittimità un ulteriore fase di giudizio sul fatti. Tutti i motivi di censura risultano per le ragioni fin qui esposte infondati e i ricorrenti devono essere condannati in solido tra loro al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione in favore della parte civile, costituita anche in questa fase processuale, delle spese sostenute per questo grado in ragione di € 2.000,00 oltre spese generali al 12,50%, Iva e CPA nella misura di legge. PQM Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione alla parte civile delle spese di questo grado di giudizio liquidate in, € 2.000,00 oltre spese generali al 12,50%, IVA e CPA nella misura di legge.

 

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