• Giurisprudenza
  • Urbanistica, territorio e infrastrutture, Arresto, fermata e sosta
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Destinazione di aree a parcheggio

Corte di Cassazione II sez. civile
26 ottobre 2007, n. 22496

Art. 18 legge 765/67 – artt. 872 e 1117 c.c. – destinazione di aree a parcheggio – contratto di compravendita – alienazione dell’area –mancata destinazione – inadempimento costruttore-venditore – sussistenza

 

Nel caso di vendita di aree sulle quali non sia stata effettuata la destinazione a spazio destinato a parcheggio, ex art. 18 legge 765/67, la responsabilità si configura in capo al costruttore-venditore.
Infatti, pur avendo quest’ultimo dismesso con la vendita qualsiasi diritto sull’area vincolata, non è esonerato dall’obbligo di risarcimento del danno in forma equivalente conseguente ad inadempimento contrattuale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO I. Col primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 342 c.p.c. lamentando - per quanto è dato comprendere dalla confusa esposizione della censura - che il giudice di appello ha preso in esame il primo motivo di appello formulato dalla società Giametta (odierna resistente), benché questo fosse inammissibile per difetto di interesse in quanto rivolto contro una parte della sentenza di primo grado che non conteneva alcuna pronunzia sfavorevole alla società. La censura è inammissibile perché priva della specificità necessaria per consentire al Collegio il controllo di legittimità sull'operato del giudice di merito sottoposto a critica. Non è infatti indicato, neppure sommariamente, il contenuto del motivo di appello che si sostiene essere inammissibile, né sono specificati i capi della domanda attorea rispetto ai quali, secondo i ricorrenti, difettava l'interesse della società Giametta ad impugnare la sentenza di primo grado, né quale parte della detta decisione era stata impugnata con il primo motivo di appello.
II. Col secondo motivo si denunciano violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento agli artt. 18 legge 765/67 e 872 e 1117 c.c. per avere la sentenza impugnata respinto la domanda dei ricorrenti per difetto di titolarità passiva del rapporto in capo alla società Giametta (convenuta in primo grado), ritenendo presupposto necessario, ai fini dell'accoglimento della domanda, che la detta società fosse stata ancora proprietaria dell'area destinata a parcheggio o che se ne fosse riservata l'uso. In particolare, si censura la sentenza per non avere considerato che la domanda proposta dai ricorrenti contro la società Giametta era fondata sul contratto di vendita inter partes, con il quale, all'art. 4, la società venditrice si era riservata di determinare le parti comuni successivamente, redigendo un regolamento di condominio da depositare presso un notaio.
Tale pattuizione, rinviando la determinazione delle aree comuni al futuro regolamento, escludeva, secondo i ricorrenti, che l'area contemplata dalla licenza edilizia come parcheggio fosse stata loro venduta come "cortile comune" e, a maggior ragione, che i ricorrenti all'atto dell'acquisto potessero aver accettato la destinazione dell'area a cortile rinunziando implicitamente alla destinazione a parcheggio risultante dal titolo concessorio richiamato nel contratto.
Al contrario, proprio in virtù del richiamo alla licenza edilizia contenuto nel contratto, i ricorrenti avevano acquisito il diritto all'area di parcheggio in misura proporzionale all'unità abitativa acquistata.
Né si poteva fare riferimento, secondo i ricorrenti, al regolamento di condominio, il quale, essendo stato depositato 15 mesi dopo la stipula dell'atto di vendita, poteva spiegare la sua efficacia nei confronti dei condomini che avevano acquistato le loro unità immobiliari in epoca successiva al deposito, ma non nei confronti dei ricorrenti che avevano acquistato l’appartamento prima della redazione e del deposito del regolamento stesso.
Non è stato, inoltre, considerato che l'art. 18 della legge 765/67, quale norma imperativa, opera non solo sotto il profilo amministrativo, ma anche sotto il profilo dei rapporti privatistici.
Pertanto, la società Giametta, destinando l'area a cortile condominiale, anziché a parcheggio, aveva violato la norma, rendendosi inadempiente agli obblighi assunti con il contratto. Ne conseguiva la sua legittimazione passiva rispetto all'azione proposta nei suoi confronti dai ricorrenti, trattandosi di azione fondata sul contratto, di natura cioè personale, che solo contro il venditore poteva essere proposta, non certo contro i condomini, come erroneamente ritenuto dal giudice di appello.
La censura è fondata.
Risulta dalla sentenza che la domanda è stata respinta perché proposta nei confronti di un soggetto, la società Giametta, che, ad avviso della Corte di merito, non era passivamente legittimato, in quanto la detta società non era più proprietaria dell'area destinata dalla licenza edilizia a parcheggio, né se ne era riservato l’uso, avendola alienata ai vari acquirenti delle unità abitative come area comune, in regime di condominio di edificio ex art. 1117 c.c.
Legittimo contraddittore della pretesa attorea era, perciò, secondo la Corte territoriale, il Condominio, unico soggetto titolare dell'area, al quale gli attori dovevano rivolgersi per ottenere l'attuazione della destinazione prevista dalla licenza edilizia e, in caso di rifiuto, l'esecuzione forzata. Donde la conclusione, assunta dalla Corte di merito, secondo cui nessuna condotta contrattuale illecita poteva essere imputata alla venditrice, alla quale, tutt'al più, si poteva rimproverare “l'omissione puramente formale in sede di strumenti di vendita del dettaglio dell'esistenza della limitazione legale gravante sull'area, ma poiché questa è per legge reputata accessorio dell'unità venduta, sul piano del diritto sostanziale l'omissione è prova di rilevanza tanto più che l'acquirente si sarebbe potuto agevolmente rendere edotto della licenza edilizia e della destinazione a parcheggio da essa risultante”.
La decisione non può essere condivisa. Della mancata destinazione a parcheggio dell'area indicata nella licenza edilizia ex art 18 legge n, 765/67 risponde il costruttore-venditore nei confronti dell'acquirente della singola unità abitativa, anche se il detto costruttore-venditore, a seguito della vendita di tutte le unità abitative, non ha conservato più alcun diritto sull'area vincolata, rilevando quest'ultima circostanza soltanto ai fini dell'eventuale sentenza di condanna del soggetto in questione all'esecuzione in forma specifica del contratto da lui non esattamente adempiuto, ma non sull'accertamento dell'inadempimento contrattuale né sull'eventuale condanna dell'inadempiente al risarcimento del danno per equivalente. Ed infatti, una volta indicata dal costruttore, al fine di ottenere il rilascio della licenza edilizia, l'area destinata a parcheggio, questa, a seguito dell'atto di concessione ad aedificandum, rimane assoggettata al vincolo di destinazione, che non può essere modificato consensualmente dalle parti in sede di vendita delle singole unità abitative.
Nel caso di specie, quindi, il fatto che, a seguito e per effetto delle successive vendite delle unità immobiliari la Giametta non avesse mantenuto sull'area in questione alcun diritto e, di conseguenza, non potesse eseguire i lavori richiesti dai ricorrenti per adeguare l'area a parcheggio, essendo questa divenuta proprietà comune dei condomini, non rilevava ai fini dell'individuazione del soggetto responsabile dell'illecito contrattuale oggetto della domanda attorea.
Trattandosi di domanda fondata sul contratto di vendita ìnter partes, nel quale - come dalla stessa sentenza affermato - era richiamata la licenza edilizia da cui risultava il vincolo di destinazione dell'area, il soggetto passivamente legittimato non poteva che essere la società venditrice. In accoglimento del motivo la sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, altra sezione, per nuovo esame. Il giudice di rinvio provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
PQM  La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.  
 

 

Documenti allegati