• Giurisprudenza
  • Sanzioni accessorie, Guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di stupefacenti ed omicidio stradale
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Escluso il raddoppio della sospensione della patente nel caso di rifiuto di sottoporsi all'esame con etilometro

Cassazione Penale Sezioni Unite
Sentenza n.46624 del 24 novembre 2015

Sospensione della patente di guida - guida in stato di ebbrezza – rifiuto di sottoporsi all’accertamento con etilometro – veicolo appartenente a terzi – rinvio alle sanzioni di cui all’art 186, comma 2, lettera c) - raddoppio della durata della sospensione – non sussiste

 

Sospensione della patente di guida  - guida in stato di ebbrezza – rifiuto di sottoporsi all’accertamento con etilometro – veicolo appartenente a terzi – rinvio alle sanzioni di cui all’art 186, comma 2, lettera c) - raddoppio della durata della sospensione – non sussiste 

 

 

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno fornito l’interpretazione della norma di cui  all’art. 186,  comma  7, del codice della strada,  nella parte in cui rinvia  all'art.  186,  comma  2, lettera  c), al fine di risolvere la questione riguardante la durata della sanzione accessoria della sospensione della patente nel caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico. In particolare occorreva precisare se i termini del rinvio sono limitati al trattamento sanzionatorio previsto  per la fattispecie  più grave  di guida  in stato  di ebbrezza o sono estesi anche alla previsione  del raddoppio  della  durata  della sospensione  della patente di guida, nel caso il veicolo appartenga  a persona estranea al reato. Secondo il Collegio  decidente,  il legislatore  ha  espressamente  disciplinato  la  sospensione della patente  di guida con autonoma  cornice edittale  (tra  un minimo  di sei mesi ed  un  massimo  di  due  anni),  e  rinviato   solo  limitatamente alla  confisca  alle «stesse modalità  e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c),  salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione».

 

 

RITENUTO IN  FATTO
1.  Il Tribunale  di  Treviso,  con  sentenza  in  data  17  ottobre   2014,  resa  ai sensi dell'art. 444 cod. proc.  pen., applicava  la pena  concordata  dalle  parti  nei confronti    di   Luca   Bordin,   chiamato    a   rispondere    del   reato   di   rifiuto    di sottoposizione  ad esame alcolemico  di cui all'art. 186, comma  7, d.lgs  30 aprile 1992,  n.  285  (cod.  strada), con  l'aggravante ex  comma  2-sexies  dello  stesso articolo,  nella  misura   di  sei  mesi  di  arresto   e  3.000   euro  di  ammenda.   Il giudicante  sostituiva  la pena con il lavoro di pubblica  utilità  ai sensi dell'art.  186, comma  9-bis,  cod. strada, disponendo  la sospensione  della patente  di guida per 4 anni. Con riferimento a tale ultimo  profilo  il Tribunale  rilevava che, in considerazione dell'esistenza di cinque precedenti condanne per guida in stato di ebbrezza, la durata  della  sospensione  doveva  essere  determinata nel massimo (anni 2) e che andava disposto il raddoppio  della sanzione così determinata, appartenendo  l'autovettura  a persona estranea al reato.
2.  Avverso  detta  sentenza  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  l'imputato, che, nel  chiederne  l'annullamento, ha  dedotto  con  un  unico  motivo   l'erronea applicazione  delle legge penale con riferimento alla disposizione  di cui al comma 7 dell'art. 186, cod. strada.
Il ricorrente osserva  che  il  giudice  ha  erroneamente statuito   il  raddoppio della durata  della  sospensione della  patente  di guida, previsto  nel caso in cui il veicolo appartenga  ad un terzo, come nel caso in esame.
A fondamento  del ricorso si argomenta  che il richiamo  operato  dall'art. 186, comma  7 al precedente  comma  2, lett.  c), va interpretato come riferito alla sola misura  delle  sanzioni  penali,  ritenendosi  la sanzione  amministrativa  accessoria della  sospensione  della  patente   di  guida  sottoposta   ad  un  regime  autonomo rispetto  a quello previsto  dal precedente comma  2.
3. Il Procuratore  generale  aderisce, con  le conclusioni  scritte,  alla  tesi del ricorrente, specificando che la determinazione della sanzione accessoria amministrativa  della  sospensione  della  patente   di  guida  è  sottoposta   ad  un regime  autonomo  in considerazione  della  diversa  misura  del minimo  edittale  di sei mesi in caso di rifiuto  all'accertamento, rispetto  al periodo minimo  di un anno previsto  per la guida  in stato  di ebbrezza, di cui all'ipotesi  prevista  dall'art. 186, comma 2, cod. strada. La clausola di esclusione («salvo  che il veicolo appartenga a persona estranea  alla violazione»), legata  all'appartenenza a terzi  del veicolo, va stimata, pertanto, come collegata  direttamente alla  sola sanzione accessoria della confisca e non anche alla sospensione della  patente  di guida, per cui non è previsto  il raddoppio  della durata  di tale sanzione accessoria.
4. La Quarta Sezione penale, assegnataria  del ricorso, con ordinanza  in data 10 aprile  2015, depositata  il 24 aprile, ne ha disposto  la rimessione  alle Sezioni Unite, sulla  base di  un  ravvisato  contrasto  di  giurisprudenza nel  caso in  cui  il veicolo appartenga  ad un terzo.
4.1.   Secondo   un   primo   orientamento,  richiamato  dal   ricorrente  e  dal Procuratore  generale  in sede, nel caso di rifiuto  a sottoporsi  all'esame  alcolemico previsto  dall'art. 186, comma 7, cod. strada, il rinvio  operato  dalla norma all'art. 186, comma  2, lett.  c), è limitato al trattamento sanzionatorio ivi previsto  per la più grave delle fattispecie  di guida in stato  di ebbrezza, mentre, in relazione  alle sanzioni  amministrative accessorie, il  legislatore, nel corpo  del  citato  art.  186, comma   7,  ha  espressamente   disciplinato  sia  la  sospensione  della  patente   di guida, con autonoma    cornice edittale (tra  un minimo  di sei mesi ed un massimo di  due  anni),  sia  la confisca, rinviando, solo  limitatamente a quest'ultima, alle «stesse modalità  e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c),  salvo che il veicolo appartenga  a persona estranea alla violazione».
4.2  Secondo  l'opposta  linea  interpretativa, la durata  della  sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente  di guida trova  una sua autonoma  regolamentazione quanto  alla durata  (da sei mesi a due anni:  cfr. art. 186,  comma  7, richiamato   dall'art. 187,  comma  8),  ma,  in  forza  del  rinvio  al trattamento  sanzionatorio dell'art.   186,   comma   2,   lett.   c),  deve   ritenersi operante   il raddoppio   di  tale  durata   nel  caso  in  cui  il  veicolo  appartenga   a persona estranea  al reato e non possa procedersi  alla confisca.Tale  conclusione   è  fondata   sul  riconoscimento  della  natura   "formale" (o "dinamica")  del   rinvio   operato   dal   comma   7,   secondo   periodo   - dopo   la previsione   delle  sanzioni   accessorie   della   sospensione   della   patente   e  della confisca del veicolo  - «alle  modalità  e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c) del  medesimo   art.   186»,  con  la  conseguente   applicabilità  alla  fattispecie   del rifiuto della  disciplina  sanzionatoria   prevista  dalla  più  grave  ipotesi  di  guida  in stato di ebbrezza, sia con riferimento alla "pena  principale", sia con riguardo  alle "modalità e procedure" afferenti alla  sospensione  della  patente  di guida  ed alla confisca del veicolo.
5. Con decreto  in data  20 febbraio  2015 il Primo Presidente  ha assegnato il ricorso  alle Sezioni Unite  penali, fissando  per  la trattazione l'odierna  udienza  in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  La questione  della quale sono investite le Sezioni Unite è enunciabile  nei seguenti   termini:  "Se,   nel  caso  di  rifiuto   a  sottoporsi   all'esame   alcolemico previsto  dall'art. 186,  comma  7, del codice della strada,  il rinvio  operato  dalla norma  all'art.  186,  comma  2, lettera  c),  è limitato al trattamento sanzionatorio ivi previsto  per la più grave  delle fattispecie  di guida  in stato  di ebbrezza o sia esteso anche alla previsione  del raddoppio  della  durata  della sospensione  della patente di guida qualora il veicolo appartenga  a persona estranea al reato".
2. Sul  tema,  un  primo  orientamento  giurisprudenziale è  nel  senso che  il rinvio  operato  dall'art. 186, comma  7, cod. strada, all'art.  186, comma  2, lett. c),  dello stesso codice, è limitato al trattamento sanzionatorio  ivi previsto  per la più grave delle fattispecie  di guida in stato di ebbrezza, mentre, in relazione alle sanzioni  amministrative accessorie,  il  legislatore, nel  corpo  del  citato  articolo 186,  comma  7, ha  espressamente  disciplinato   la sospensione  della  patente  di guida, con autonoma  cornice edittale  (tra  un minimo  di sei mesi ed un massimo di due anni),  e la confisca, rinviando  limitatamente a quest'ultima ad altra disposizione  di  legge  solo  con  esclusivo   riferimento  alle  «stesse  modalità   e procedure  previste   dal  comma  2,  lett.   c},   salvo  che  il veicolo  appartenga   a persona estranea alla violazione».
In altri  termini, secondo  questa  tesi,  tale  rinvio,  contenuto   nel  secondo periodo  del comma  7 dell'art. 186, dopo  le previsioni  relative  alla  sospensione della  patente  di guida  ed alla  confisca del veicolo, dovrebbe  intendersi  limitato alle sole modalità  e procedure  che regolano  il sistema della confisca del veicolo, non  estendendosi  alla  disciplina   del  raddoppio  della  durata  della  sospensione della patente  di guida qualora  il veicolo appartenga  a persona estranea al reato. Conseguentemente, la  durata  della  sospensione  della  patente  di  guida,  quale sanzione  amministrativa  che  accede  al  reato  di  rifiuto, compresa,   ai  sensi dell'art. 186, comma 7, secondo periodo, tra il minimo  di sei mesi ed il massimo di  due  anni,   non  dovrebbe essere  raddoppiata   nel  caso  in  cui  il  veicolo appartenga   a  persona  estranea  al  reato  (Sez.  4,  n.  15184  del  24/03/2015, Vaglia, Rv. 263277; Sez. 6, n. 36396 del 10/07/2014, Farinelli, Rv. 263254).A tale orientamento se ne oppone uno di segno diametralmente contrario, inforza del quale il rinvio  al trattamento sanzionatorio  dell'art. 186, comma 2, lett. c), contenuto  nell'art. 186,  comma  7, legittima la conclusione  dell'applicabilità del raddoppio  della durata  della pena accessoria della sospensione della patente di guida, nel caso in cui il veicolo appartenga  a persona estranea al reato e non possa  quindi  procedersi  alla  confisca:   ciò  in  ragione  del  fatto  che  tale  rinvio sarebbe  da qualificare  come "formale" (o "dinamico") e ciò importerebbe la conseguenza  di dover  individuare la disciplina  applicabile  per relationem avendo riguardo  a quella  attualmente vigente  contenuta  nell'art. 186, comma  2, lett.  c), che   comprende     l'espressa    previsione    del    raddoppio    della    durata    della sospensione  della  patente   di  guida,  qualora   il  veicolo  appartenga   a  persona estranea al reato (Sez. 4, n. 46390 del 16/10/2014, Bianchi, Rv. 263275; Sez.4, n. 14169 del 16/10/2014, dep. 2015, De Berardinis, n.m.).
3.   In  via preliminare  è   opportuno    ricordare    il  quadro   normativa  di riferimento, costituito dagli  artt. 186,  commi  7  e comma  2, lett.  c)  e dall'art.187, comma 8, cod. strada .
L'art.  186,  comma  7, così recita:  «Salvo  che il  fatto  costituisca  più  grave reato, in caso di rifiuto  dell'accertamento di cui ai commi  3, 4, o 5, il conducenteè punito  con le pene di cui al comma  2, lettera  c).  La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta  la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente  di guida per un periodo  da sei mesi a due anni e della confisca  del veicolo  con le stesse  modalità  e procedure  previste  dal comma  2, lettera  c),  salvo che il veicolo appartenga  a persona estranea alla violazione».
L'art.   187,  comma   8,  dispone   che,  in  caso  di  rifiuto,  «il  conducente   è soggetto alle sanzioni di cui all'art. 186, comma 7», rinviando  quindi alla corrispondente fattispecie     contravvenzionale   di    rifiuto   di    sottoporsi    agli accertamenti previsti  agli effetti  della verifica  dello stato  di ubriachezza  per colui che si ponga alla guida di veicolo.
Entrambe  tali  disposizioni  fanno  rinvio, pertanto, "alle  pene"  di  cui all'art. 186,   comma    2,   lett.    c),  che   prevede,    quanto    alla   sanzione   principale, «l'ammenda  da euro 1.500  a euro 6.000  e l'arresto  da sei mesi ad un anno», e, relativamente a quelle  accessorie,  che  all'accertamento del  reato  consegue  in ogni caso la sanzione  amministrativa accessoria della  sospensione  della  patente di guida  da uno a due anni;  sanzione, quest'ultima, la cui durata  è raddoppiata se il veicolo appartiene  a persona  estranea  al reato.  La norma, poi, stabilisce  la confisca del veicolo  con il quale è stato  commesso  il reato, salvo  che lo stesso appartenga  a persona estranea  al reato.
4. Tanto  posto, vanno  esaminate  in dettaglio le decisioni  più significative a supporto  dei due distinti orientamenti che hanno originato il contrasto.
4.1.  In una  decisione  particolarmente articolata, conforme  alla  prima  linea interpretativa (Sez. 4, n. 15184  del 24/03/2015, Vaglia, Rv. 263277), si sostiene che a tale  conclusione  conducono  valutazioni  interpretative di natura  letterale, diacronica  e sistematica.
 Sotto  il profilo  letterale, la sentenza  in esame sottolinea che il legislatore, con la norma  incriminatrice in  esame, ha proceduto  alla  diretta  selezione  della condotta  penalmente  rilevante, che è stata  individuata nel rifiuto, opposto  dal conducente  del  veicolo,  all'invito a sottoporsi  all'accertamento  strumentale  del tasso alcolemico  rivolto  dagli organi di polizia stradale. E, per quanto concerne le pene  principali, da  applicarsi  alla  fattispecie   de  qua,   lo  stesso  legislatore  ha effettuato il riferimento alle  pene  di  cui  al comma  2, lett.  c),  cioè  a dire  al trattamento sanzionatorio  previsto  per la più  grave  delle  fattispecie  di guida  in stato di ebbrezza.
In relazione   alle  sanzioni   amministrative  accessorie,  invece,  secondo  il Collegio  decidente,  il legislatore  ha  espressamente  disciplinato  la  sospensione della patente  di guida con autonoma  cornice edittale  (tra  un minimo  di sei mesi ed  un  massimo  di  due  anni),  e  rinviato   solo  limitatamente alla  confisca  alle «stesse modalità  e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c),  salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione».
Il riferimento, operato  nel  comma  7, secondo  periodo,  dell'art. 186,  cod. strada  - dopo  la  previsione  delle  sanzioni  accessorie  della  sospensione  della patente  e della  confisca  del  veicolo  - alle  «modalità   e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c)»  del medesimo  art.  186,  risulterebbe  così limitato, secondo l'interpretazione letterale  del  testo  normativa, alla  sola  confisca, non  essendo presenti,  nella  norma  alla  quale  viene  fatto   il   rinvio,  "modalità  e  procedure" attinenti  alla  sospensione  della   patente   di  guida  ed  essendovi,  al  contrario, espresso riferimento a modalità  e procedure  che regolano la confisca del veicolo sia laddove  è stabilito  che «con la sentenza di condanna  ovvero  di applicazione della  pena  su  richiesta  delle  parti,  anche  se  è  stata  applicata  la  sospensione condizionale  della pena, è' sempre  disposta  la confisca del veicolo con il quale è stato  commesso  il  reato»,  sia  laddove  si dispone  che «ai fini  del sequestro  si applicano le disposizioni di cui all'articolo 224-ter».
Sotto un profilo  diacronico, la citata  sentenza si è soffermata  sulla tortuosa evoluzione   legislativa   cui  si  è  assistito   nel  corso  di  questi   ultimi   anni  con riferimento  alla  disciplina   dell'art.  186  cod.  strada   ed  ha  rilevato   l'infelice formulazione  dell'  art.  186, comma  7, derivante dalla  genesi legislativa  dei due testi  normativi:  il  vigente  testo  dell'art.  186,  comma  7, cod.  strada,  è  stato infatti  inserito   dal   decreto-legge   23   maggio   2008,   n.   92,   convertito,   con modificazioni,   dalla  legge  24  luglio   2008,   n.  125,  mentre   in  precedenza  la condotta    del rifiuto    di   sottoporsi    all'accertamento   strumentale   del   tasso alcolemico   aveva rilevanza   solo   amministrativa,  per   effetto    di modifiche introdotte  al  codice  della  strada  dal  decreto-legge   3  agosto  2007,   n.  117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre  2007, n. 170. sanzione  amministrativa accessoria  della  sospensione  della  patente  di  guida  - già   presente   nel  previgente   testo   normativa  e  rimasta   immutata  - che  il legislatore  del 2008, nell'attribuire nuovamente rilevanza  penale alla condotta  di rifiuto, ha escluso che il regime    sanzionatorio concernente le   sanzioni amministrative accessorie possa mutuarsi dall'art. 186, comma  2, lett.  c), cod. strada,   essendo   prevista   un'autonoma  disciplina    (su   cui   non   occorre   qui soffermarsi)  che  rinvia   a  quest'ultima  norma   con  esclusivo   riferimento  alle modalità  e procedure  stabilite  a proposito  della confisca.
4.2. In senso contrario  a questo indirizzo  si pone, oltre  Sez. 4, n. 14169  del 16/10/2014,  dep.2015,    De  Berardinis,  n.m.,   anche   Sez.  4,   n.   46390   del 16/10/2014, Bianchi, Rv. 263275,  in  cui si è ritenuto che nel caso di  rifiuto  a sottoporsi   agli  accertamenti  finalizzati  alla  verifica   dello  stato   di  alterazione derivante  dall'uso  di sostanze stupefacenti previsto  dall'articolo 187,  comma  8, cod.  strada  (e  lo  stesso  vale  per  il rifiuto   a  sottoporsi all'esame   alcolemico previsto   dall'articolo  186,   comma   7,   dello   stesso   codice),   la  durata   della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente  di guida, pur trovando  una sua autonoma  regolamentazione quanto  alla durata  (da sei mesi a due anni:  cfr. articolo  186, comma  7, richiamato  dall'articolo 187, comma  8), in forza del rinvio  al trattamento sanzionatorio dell'articolo 186, comma  2, lett.  c) (contenuto  nell'articolo  186,  comma   7,  richiamato, a  sua  volta,  dall'art.187, comma  8), deve  ritenersi  operante  il raddoppio  di tale  durata  nel caso in cui il veicolo  appartenga   a  persona  estranea  al  reato  e  non  possa  procedersi  alla confisca.
La sentenza, in via preliminare, a sostegno  della  tesi interpretativa  esposta procede  ad un'analisi  della  lettera  della  norma  incriminatrice e, con riferimento alla individuazione delle sanzioni amministrative accessorie da applicarsi alla fattispecie  in esame, afferma  che il legislatore  ha adottato  una tecnica  mista:  il comma  7  dell'art.  186  cod.  strada,   oltre   a  prevedere   espressamente   sia  la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente  di guida, con la  relativa  cornice  edittale, sia  la confisca  del  veicolo,  contiene  - nel  secondo periodo  - un ulteriore rinvio  ad altra  disposizione  di legge, concludendosi  con il riferimento alle  «stesse  modalità  e  procedure   previste  dal  comma  2, lett  .c), salvo che il veicolo appartenga  a persona estranea alla violazione».
La Corte  si interroga  sulla  natura  del rinvio  operato  dalla  norma,  alla  luce della distinzione  tra rinvio  recettizio  (o statico)  e rinvio  formale  (o dinamico)  che ha trovato  riconoscimento nella giurisprudenza di legittimità (v. Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255582): il primo  recepisce per intero, senza che ne sia  prodotto  il  testo,  il contenuto   di  un  altro  articolo, vale  a  dire  la  stessa ispirata  al principio  di "economia  redazionale"); il secondo, invece, fa riferimento alla norma  in sé, cioè al principio  contenuto  nella  formula  verbale  dell'articolo e ne segue, inevitabilmente la eventuale  evoluzione, di talché, mutato  il contenuto della  norma  di  riferimento, muta  inevitabilmente il  significato   della  norma  di rinvio.
Ciò  premesso,   la  sentenza,   dopo   aver   ripercorso   il  travagliato iter  di formazione  delle norme oggetto  di interpretazione,  ritiene  che i rinvii, inseriti  nel primo  e nel secondo periodo  del comma  7 dell'art. 186 cod. strada  alle «pene di cui al comma  2, lett.  c}»  ed alle «modalità  e procedure», previste  dal comma  2, lett.   c)   del  medesimo   art.   186,  rientrino  nell'ambito  della  nozione  di  rinvio formale  (dinamico), atteso  che il legislatore, nel reintrodurre la rilevanza  penale della  condotta  di rifiuto, ha richiamato  la disciplina  sanzionatoria  prevista  dalla più  grave  ipotesi  di guida  in  stato  di ebbrezza, sia con  riferimento alla "pena" principale,  sia con riguardo  alle "modalità e procedure" afferenti  la sospensione della patente di guida ed alla confisca del veicolo.
Sul tema  specifico  della  durata  della  sospensione  della  patente  di guida, è stato  così rilevato  che  la disposizione  normativa richiamata  non  risulta "cristallizzata", nel corpo  della  fattispecie  di rifiuto  di cui al comma  7, dell'art. 186 cod. strada, nei termini testuali  vigenti  al momento  di entrata  in vigore del d.lgs  285/1992, con  il  quale  il  legislatore  ha  inserito,  nel  secondo  periodo  del comma  7, il rinvio  di cui si tratta; e che le modifiche  che hanno  interessato  le "modalità" e "le  procedure" previste  dal  comma  2, lett.   c)  dell'art.  186  cod. strada, intervenute successivamente, risultano, pertanto  a loro volta  oggetto  del richiamo   operato  dalla  norma   di  rinvio   e  concorrono   a  delinearne   il  portato normativo.
5.  La  soluzione   indicata   dalla  sentenza  Bianchi  non  può  essere  accolta, dovendosi privilegiare l'opposta  soluzione ermeneutica.
Per un  corretto   approccio  interpretativo, occorre  prendere  le  mosse  dalla lettura  delle modifiche  apportate  all'originaria formulazione  dell'art. 186, comma 7, cod. strada e del comma 2, lett. c), alla quale lo stesso rinvia. E',  innanzitutto,  il  caso  di  evidenziare   la  faticosa   lettura   delle   norme richiamate  a causa dei reiterati interventi del legislatore  che hanno modificato  la disciplina  normativa della  materia  negli  ultimi  anni,  in  assenza  di  un coordinamento testuale  degli articoli  oggetto  di modifiche  ed integrazioni.
Già  immediatamente  dopo  l'emanazione   del  d.l.   3  agosto  2007,  n.  117 (Disposizioni  urgenti  del codice della strada  per incrementare i livelli  di sicurezza della  circolazione  stradale), convertito, con modificazioni, dalla  legge  2 ottobre 2007, n. 160, la dottrina  stigmatizzava  il ricorso alla decretazione d'urgenza, che in  materia  penale  pone  sempre  delicatissimi  problemi  di  diritto   transitorio   - soprattutto nella materia in esame, quando le norme vengono poi convertite  con significative   modifiche   - apparendo   tale   strumento    in   realtà   avulso   dalla ricorrenza  di quei casi straordinari  di necessità e d'urgenza, richiesti dall'art.  77

Cost., e  piuttosto  riconducibile all'onda emotiva sollevata dalle notizie di cronaca di alcuni eclatanti incidenti stradali.E'  pienamente  condivisibile   il  dubbio,  infatti, che  l'estemporaneo inasprimento sanzionatorio connesso alle violazioni che comportino maggiore incidenza  di rischio  per la sicurezza stradale  sia davvero  idoneo  ad avere  una qualche  efficacia  preventiva,   in  mancanza  di  un  disegno  razionalizzatore  del sistema.La scarsa efficacia dissuasiva di questa politica  sembra aver determinato  il legislatore  ad  un  mutamento   di  strategia,   concretizzatosi   con  l'introduzione nell'art.  186, ad opera dell'art.  33 della legge n. 120 del 2010, del comma 9- bis, che attribuisce  al giudice il potere di sostituire  per non più di una volta la pena (sia detentiva  che pecuniaria) applicata per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza  con  quella  del  lavoro  di  pubblica  utilità,  salvo  nel  caso  in  cui  il conducente abbia provocato un incidente.Ai sensi del comma  in  esame l'effettivo svolgimento  del lavoro  sostitutivo non comporta  la mera espiazione della pena, ma costituisce  una vera e propria causa di estinzione del reato. Ed in tal senso al giudice viene imposto di fissare una  "nuova  udienza"  proprio   per  dichiarare   l'avvenuta   estinzione  del  reato, riducendo  obbligatoriamente  della  metà  la  sanzione  della  sospensione  della patente  di guida e revocando quella della confisca del veicolo, che deve essere restituita  al suo proprietario.
6. Ebbene, limitando  l'indagine  alla modifiche di rilievo ai fini della soluzione del caso in esame, va rilevato  che la fattispecie di cui all'art.  186, comma 7, cod. strada,   è   stata   depenalizzata   dal   decreto-legge   3   agosto   2007,   n.   117, convertito,   con  modificazioni,   dalla  legge  2  ottobre   2007,   n.  160,  che  ha introdotto in  luogo  della  contravvenzione  previgente  un  illecito  amministrativo punito con la sanzione pecuniaria  (da euro 2.500 a euro 10.000;  da euro 3.000 ad  euro  12.000  se  la  violazione  era  commessa  in  occasione di  un  incidente stradale)  e la sanzione amministrativa della sospensione della patente  di guida per un periodo  da sei mesi a due anni e del fermo  amministrativo del veicolo, con  la  clausola  di  salvaguardia   «salvo  che  il  veicolo  appartenga  a  persona estranea  alla  violazione»,   da  intendersi  chiaramente   riferita   all'inapplicabilità stato di alterazione  psico-fisica  per uso di sostanze stupefacenti, il comma ottavo previsto   dall'art. 5  del  citato   decreto-legge  rinviava   alla  nuove  previsioni  del comma  7  dell'art.  186  e, dunque,  anche  il  rifiuto di  sottoporsi   alle  verifiche finalizzate  all'accertamento dell'uso  di sostanze  stupefacenti integrava  un mero illecito amministrativo.L'art.  4 del decreto-legge 23 maggio  2008, n. 92, convertito dalla  legge 24 luglio  2008, n. 125, modificava  nuovamente l'art. 186 (oltre  agli artt.  187, 189 e222)   cod.  strada   e  ripristinava,  tra   l'altro,  la  sanzione   penale  per  il  rifiuto opposto  dal  guidatore   all'accertamento alcolimetrico, parificando  nella  risposta sanzionatoria   il  rifiuto   dell'accertamento alla  più  grave  violazione  delle  ipotesi contemplate nell'art. 186,  comma  2, vale  a dire  quella  contenuta  nella  lett.  c) della  disposizione.   In quell'occasione   il legislatore   si  limitava   ad  adattare   il regime   delle  sanzioni  accessorie  alla  nuova  incriminazione  della  condotta   di rifiuto, con la  seguente  previsione: «La condanna  per  il reato  di cui al periodo che precede  comporta   la sanzione  amministrativa accessoria  della  sospensione della patente  di guida  per un periodo  da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo  con  le  stesse  modalità   e  procedure  previste   dal  comma  2, lettera  c), salvo che il veicolo appartenga  a persona estranea alla violazione>.Il citato   decreto-legge  rafforzava   ulteriormente  l'apparato   sanzionatorio della  più grave  delle  fattispecie  di guida  in stato  di ebbrezza   di cui alla lett.  c) dell'art. 186, comma  2.Infatti, l'art. 4, comma  1, lett.  b),  ha imposto  che alla condanna  o al patteggiamento della  pena  per  tale  fattispecie   consegua  obbligatoriamente  la confisca del veicolo «con il quale è stato commesso il reato».La norma  ha richiamato il disposto dell'art. 240, secondo comma, cod. pen., prevedendo   altresì  che  la  confisca  dovesse  essere  disposta  anche  in  caso  di sospensione  condizionale  della  pena.  Precisazione  invero  superflua,  atteso  che già l'art.  164, terzo comma, cod. pen. esclude che questa causa di estinzione  del reato possa influire sull'applicabilità della misura  di sicurezza patrimoniale.L'unico  limite  previsto  alla  confiscabilità  del veicolo  riguardava   (e riguarda) l'ipotesi  che quest'ultimo appartenesse  a persona  estranea  al reato.  In tal caso era  previsto  che  lo stesso  fosse comunque  sottoposto al fermo  amministrativo per  il  periodo  di centottanta giorni,  misura  che poteva  essere anticipata   a fini cautelari   per  sessanta  giorni  su  iniziativa  dell'organo che  aveva  accertato   la violazione  attraverso un provvedimento di fermo  provvisorio reclamabile  dinanzi al tribunale.La patente  di guida  è raddoppiata  nella  ipotesi  che il veicolo  appartenga  a persona estranea al reato.L'art.  33  della legge n. 120 del 2010 modificava  anche la lett.  c)  del comma 2  dell'art. 186,  con  riferimento al  trattamento  sanzionatorio per  la  più  grave delle  tre  contravvenzioni di  guida  in  stato  di  ebbrezza,  innalzando   il  minimo edittale  da tre a sei mesi di arresto, lasciando  però immutati il limite  massimo  di un anno e la misura  dell'ammenda (da 1.500 a 6.000 euro)  introdotti dalla citata legge n. 125/2008.E' da sottolineare, altresì, che la nuova  disposizione  contenuta  nell'art. 186- bis,  inserita  dall'art. 33,  comma  2,  della  legge n. 120 del 2010 - con la quale  il legislatore  ha inteso  accentuare  la repressione  nei confronti di alcune  particolari categorie  di conducenti  ivi  indicati  - prevede  il  trattamento  sanzionatorio della contravvenzione di  rifiuto  di sottoporsi agli  accertamenti alcolimetrici - in  gran parte  mutuato  dal  comma   7  dell'art. 186  - in  termini più  rigorosi, essendo previsto  l'aumento da un terzo  alla  metà  delle  pene previste  dal comma  2,  lett. c), dello  stesso  art.   186 e, soprattutto, con  immediata  rilevanza   ai  fini  della presente  decisione, stabilisce  che, qualora  non sia possibile  confiscare  il veicolo perché  appartenente a  persona  estranea  al  reato,  la  durata  della  sospensione della  patente   di  guida  (da  sei  mesi  a  due  anni)  è  raddoppiata  (art.   186-bis, comma 6).Ben  più  rilevanti  le  modifiche   apportate  dalla  legge  n.  120 del  2010  in materia   di  confisca  del  veicolo  con  cui  è  stato  commesso  il  reato,  previsione introdotta nella lett.  c) dell'art. 186 dal d.l. n. 92/2008.Rimane  fermo  che  la  misura   debba  essere  obbligatoriamente disposta  in caso di  condanna  ovvero  di  patteggiamento per  la  contravvenzione di cui alla disposizione  in commento, anche nel caso in cui venga  concessa la sospensione condizionale  della  pena e salvo  che il veicolo  appartenga  a persona  estranea  al reato  (per  tale  dovendosi  intendere chi non sia concorso  nel reato  e, rispetto al medesimo,   sappia   dimostrare  l'insussistenza   di  profili   di  colpa  dai  quali   sia derivata   la  possibilità   di  uso  illecito   del  veicolo:   cfr.  in  proposito, Sez.  4,   n. 15898  del 18/12/2012,' dep. 2013,   Janusz, n.m.;  Sez.4, n. 16553   del26/01/2011, Pasolini, n.m. sul punto; Sez. 4,  n. 11230 del 14/01/2010, Pagano, n.m).È  stato,   invece,  eliminato  l'inciso  secondo  cui   la  confisca  doveva  essere disposta  ai sensi del  secondo  comma  dell'art. 240   cod.  pen, modifica  imposta dall'intervento della Corte Costituzionale, che, con la sentenza  4 giugno  2010, n.violazione  dell'art. 117 Cost. in riferimento all'art. 7 CEDU.In particolare - per quanto  riguarda  la confisca del veicolo  appartenente alla persona  cui sia addebitato il reato  previsto  dall'art. 186,  comma  2, cod.  strada (guida  in stato  di ebbrezza)  o quello  previsto  dall'art. 187  del medesimo  codice (guida  sotto  l'effetto di sostanze  stupefacenti) - l'art. 33, comma  l, della  legge 120  del  2010  ha  modificato l'art. 186,  comma   2, lett.  c)  inserendo   un  ultimo periodo  che  contiene  la  previsione che, ai  fini  del  sequestro  (disciplinato  della medesima   norma  che  prevede  anche  la  confisca  del  veicolo), si  applichino   le disposizioni  di cui all'art. 224-ter cod. strada. L'art.  224-ter, introdotto dalla  medesima  legge, qualifica  espressamente  la confisca  come  "sanzione  amministrativa accessoria".  La stessa  norma  prevede che nelle  ipotesi  di reato  cui consegue  tale  sanzione  (e quindi  non solo artt. 186 e 187  ma, per esempio,  l'art. 9-ter in  tema  di divieto  di gareggiare in  velocità con veicoli  a motore)  l'agente  o l'organo  accertatore, procedano  al sequestro  ai sensi dell'art. 213 cod. strada.
7.  Tanto   premesso   non  convince   nella  sentenza  Bianchi,  innanzitutto,  la premessa  che  richiama   la  distinzione tra  rinvio   recettizio (o  statico)   da  quello formale  (dinamico), arrivando alla conclusione  che i rinvii, inseriti  nel primo  e nel secondo periodo  del comma  7 dell'art. 186 cod. strada, alle pene di cui al comma 2, lett.  c)  ed "alle  modalità   e  procedure", previste   dal  comma  2, lett.  c)  del medesimo  art.   186,  rientrino nell'ambito del  rinvio  formale  (dinamico), atteso che il legislatore, nel reintrodurre la rilevanza  penale della condotta  di rifiuto, ha inteso  richiamare la  disciplina   sanzionatoria prevista   dalla  più  grave  ipotesi  di guida in stato  di ebbrezza, sia in riferimento alla pena principale sia con riguardo alle "modalità e procedure" afferenti alla  sospensione  della  patente  di guida  ed alla confisca del veicolo.Proprio il dato letterale dell'art. 186, comma  7, come introdotto dal decreto­ legge 92/2008-convertito dalla legge 125/2008 - nella parte  in cui tiene distinti i rinvii, inseriti  nel primo  e nel secondo  periodo  del  comma  7 dell'art. 186, cod. strada,   rispettivamente  alle   «pene   di  cui   al  comma   2,   lettera   c)»   ed  alle«modalità e procedure  previste  dal comma  2, lett.  c)»  del medesimo  art.  186  - non consente di ritenere che il regime  sanzionatorio concernente la sanzione accessoria  della  sospensione  della  patente  di guida  possa mutuarsi dall'art. 186, comma   2,  lett.   c), cod.  strada,  essendo   prevista   un'autonoma  disciplina   che rinvia  a quest'ultima norma  con esclusivo  riferimento "alle  modalità  e procedure" previste   a  proposito della  confisca.  In tal  senso  va  precisato   che  il  comma  7 della  pena  su  richiesta  delle  parti,  anche  se  è stata  concessa  la  sospensione condizionale  della  pena, è sempre  disposta  la confisca del veicolo  con il quale è stato  commesso  il reato  e dispone, altresì, che ai fini del sequestro  si applicano le disposizioni  di cui all'art. 224-ter stesso codice. Va  rimarcato,  invece,  che  la  norma   alla  quale  viene  fatto   il  rinvio   non contiene  alcun riferimento alle "modalità e procedure" attinenti alla sospensione della patente  di guida. In altri  termini, per il  reato  di cui all'art. 186,  comma  7, cod. strada,  con riferimento  alla   sanzione   amministrativa  accessoria   della   sospensione   della patente  di guida,  non  può  parlarsi  né di  rinvio  formale  né  ricettizio, giacché  il legislatore   ha  espressamente   disciplinato tale  sanzione  con  autonoma   cornice edittale.  E'  da   escludere,   pertanto,  una   cristallizzazione  della   disposizione normativa recepita,  come  pure  l'adeguamento della  stessa  all'evoluzione  della norma  richiamata. Ne consegue che non è applicabile  all'ipotesi  del reato  di cui all'art. 186, comma  7 (ed  a quella  di cui all'art. 187, comma  8, che rinvia  alla prima  per le sanzioni ), la sanzione del raddoppio  della sospensione della patente di guida, introdotta, come sopra precisato, con la legge n. 94 del 2009.
7.1.  Il rinvio  che l'art. 186,  comma  7, effettua al comma  2, lett.  c), dello stesso  articolo, sia  con  riferimento alla  pena   principale   sia  con  riguardo   alle "modalità   e   procedure"  afferenti   alla   confisca   del   veicolo    deve,    invece, qualificarsi, come rinvio  formale  (o dinamico). Si è già accennato il significato  normativa da attribuirsi alle diverse  tecniche di rinvio. Il rinvio   recettizio   (o   statico)    recepisce   per   intero,   senza  che   ne  sia riprodotto il  testo,  il  contenuto   di  un  altro  articolo, vale  a dire  la  disposizione normativa; quello  formale  (o dinamico), al contrario, fa riferimento alla norma  in sé, cioè al principio  contenuto  nella formula  verl:>ale dell'articolo del codice e ne segue, dunque,   inevitabilmente la eventuale  evoluzione, di talché,  mutato  il contenuto   della  norma  di  riferimento, muta  inevitabilmente il  significato   della norma di rinvio  (v., tra le altre, Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, cit.). La Corte Costituzionale, con la sentenza  n. 315 del 2004, ha affermato che, in  presenza  di  un  rinvio   recettizio   (o  statico), il  contenuto   della  disposizione richiamata   diviene  parte  del  contenuto   della  norma   richiamante, restando   le successive vicende  della  norma  richiamata  prive  di effetto  ai fini della esistenza ed efficacia della norma  richiamante. E' stato  altresì  precisato  (v.  la citata  sentenza  delle  Sezioni Unite)  che, in mancanza  di  formule   chiarificatrici, il   rinvio   operato  a  diversa  disposizione  di legge  deve  intendersi  come  rinvio  statico.  Il rinvio  operato  da  una  norma  può essere considerato  dinamico  (formale) solo qualora  esso si riferisca,  non già ad una disposizione determinata, ma  a un  istituto o a una normativa complessivamente considerati, oggetto  di un separato  atto  normativa e dotati  di una  propria  autonoma   rilevanza. In  questo  senso  è  stato  ritenuto, in  tema  di processo  minorile, l'applicabilità della  custodia  cautelare  in carcere  in  ipotesi  di furto  in abitazione  in quanto  l'art. 23 del d.P.R. n. 448 del 1988  - ancorché  non preveda  tra i casi in cui può essere applicata  la custodia  cautelare  in carcere nei confronti di  minorenni, l'ipotesi   di  cui  all'art.  380,  comma  2, lett.  e-bis,  cod. proc. pen. - richiama, tuttavia, l'art. 380, comma  2, lett.  e),  cod. proc. pen., che prevede  l'ipotesi  di  furto  aggravato,  ex  art.   625,  primo  comma,   n.  2, prima parte,  cod. pen., che corrisponde esattamente all'ipotesi di cui all'art. 624-bis, terzo  comma,  cod. pen.  (furto in abitazione  o con strappo  aggravato  da una  o più  delle  circostanze  di  cui  all'art. 625,  primo   comma,  cod.   pen.),  introdotta quale  autonoma  figura  di  reato  dalla  legge  26  marzo  2001,  n. 128  (v.,  tra  le altre,  Sez. 4, n.  48436  del 17/10/2012, V., Rv. 255010; Sez. 4, n. 19680  del 09/04/2009, G., Rv.243509).
7.2.  La diversa  disciplina  della  sanzione  amministrative della  sospensione della  patente  afferente al reato  in esame trova,  del resto, la sua giustificazione, come  rileva  la  sentenza  Vaglia,  nell'intento del  legislatore   di  mantenere entro limiti  edittali più contenuti, in ragione  della distinta  oggettività giuridica  dei reati contemplati dall'art. 186, comma  2, e dall'art. 186, comma  7 (nonché  dall'art. 187,  comma  8)  la durata  della  stessa  nell'ipotesi in  cui la condotta    criminosa non sia strettamente correlata  all'utilizzo del veicolo  ma si sostanzi nella frapposizione di un ostacolo all'accertamento di altro  reato. Come chiaramente indicato  nella relazione  di accompagnamento al d.l. n. 92 del  2008,  il  legislatore   ha  inteso  intervenire con  decretazione   di  urgenza  per fronteggiare l'incremento   "esponenziale"  delle   vittime  di   incidenti    stradali cagionati  dall'abuso  di alcool e stupefacenti; e, in tale  prospettiva finalistica, ha voluto  introdurre significative modifiche  agli artt.  186, 187 e 222 cod. strada, tra le quali  il  ripristino della  rilevanza  penale  delle  condotte  di rifiuto di sottoporsi agli  accertamenti relativi  allo  stato   di  ebbrezza  alcolica  od  all'assunzione   di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nella  relazione, sul punto  di interesse, si osserva  che «la  depenalizzazione delle   condotte    in   parola   ha   infatti  portato    alla   materiale    impossibilità  di addivenire   a  condanne  per  il  reato  di  cui  all'art.  187  cod.  strada,   risultando impossibile  accertare  aliunde  la circostanza  che il soggetto  controllato sia sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope  e rendendo,  inoltre, molto  difficile ed  in  ogni  caso  suscettibile  di  contestazioni altrimenti  evitabili   il  medesimo accertamento in relazione  ai soggetti  postisi alla guida in stato di ebbrezza». Il perseguimento  dei   richiamati  obiettivi  è   stato   quindi   tecnicamente realizzato   già  con  la  previsione,  contenuta  nel  primo   periodo   dell'art.  186, comma  7, cod. strada,  relativa  alla applicazione, in caso di rifiuto, come sopra si è evidenziato, delle  «pene  di  cui  al comma  2, lett.  c)», lasciando  immutato il regime  della sanzione accessoria in questione. L'art.   4,   lett.   d), del  decreto   non  si  è  peraltro  limitato  a  ristabilire  la rilevanza  penale della  fattispecie, ma ha altresì  recuperato la filosofia  che aveva ispirato  l'incriminazione fino alla depenalizzazione con il decreto-legge 117/2007, e cioè quella  di parificare nella  risposta  sanzionatoria il rifiuto  dell'accertamento alla violazione  del divieto  di guidare  in stato  di ebbrezza, prevenendo in tal modo potenziali  sacche  di  impunità. Ed in  tal  senso  per  la  "nuova"  contravvenzione viene  previsto  lo stesso  trattamento  sanzionatorio riservato alla  più  grave  delle ipotesi  contemplata nell'art. 186,  comma  2, vale  a dire  quella  contenuta   nella lett.  c) della disposizione. In tal modo  viene  rovesciata  la situazione  creatasi  a seguito  del precedente intervento normativa: mentre  il conducente  prima  poteva  vantare  un interesse  a rifiutare di sottoporsi al test alcolimetrico, accettando  l'irrogazione della sanzione amministrativa nella  consapevolezza  che senza  la misurazione strumentale  egli poteva  essere  al  più  riconosciuto   colpevole   della  meno  grave  delle  ipotesi  di guida  in stato  di ebbrezza,  ora lo stesso conducente  ha esattamente l'interesse contrario, giacché  se  non  si  sottopone   agli  accertamenti si  vedrà  applicare   la sanzione  penale  più elevata  e perderà  così l'opportunità di veder  eventualmente dimostrato  che  il  suo  tasso  alcolemico   è  inferiore  agli  1,5  grammi   per  litro, circostanza   che  gli   garantirebbe  invece   l'irrogazione  delle   più   miti   sanzioni previste   dalle   lett.   a)   e  b)  dell'art. 186,   comma   2   (la   prima   di   natura amministrativa).
8. Tale soluzione  trova  ulteriore conforto nell'art. 186-bis, inserito  dall'art. 33,   comma   2,   della   legge   n.   120  del   2010,   con   il quale il   legislatore, nell'accentuare  la  repressione   nei  confronti  di  alcune   particolari categorie   di conducenti  ivi  indicati, non  solo  ha  previsto   il  trattamento  sanzionatorio della contravvenzione di  rifiuto  di sottoporsi agli  accertamenti alcolimetrici - in  gran parte  mutuato dal  comma  7  dell'art. 186  - in  termini più  rigorosi, essendosi stabilito l'aumento da un  terzo  alla  metà  delle  pene previste  dal comma  2, lett. c), dello  stesso art.  186, ma, con immediato rilievo  in questa  sede, ha stabilito che,   qualora   non  sia   possibile   confiscare   il  veicolo   perché   appartenente  a persona  estranea  al reato, la durata  della sospensione  della  patente  di guida  (da sei mesi a due anni)  è raddoppiata (art. 186-bis, comma  6). Ciò  significa  che  quando  il  legislatore   ha  inteso  determinare la  sanzione amministrativa  della   sospensione   della   patente   di   guida   con   limiti  edittali superiori   rispetto   a  quelli  indicati   nell'art.  186,  comma  7,  cod.  strada,  lo  ha esplicitamente previsto. Il che lascia  ragionevolmente presumere che lo   stesso legislatore   nella  fattispecie   in  esame  abbia  operato   una  precisa  scelta  e  non abbia inteso procedere  ad un rinvio  ad altra  norma.
9. Da tale impostazione costruttiva discende  il seguente  principio di diritto: "Il rinvio  alle  «stesse  modalità e procedure previste  dal  comma  2, lett.  c), salvo  che il  veicolo  appartenga a persona  estranea  alla  violazione», contenuto nel  secondo  periodo  del  comma  7 dell'art. 186   cod.  strada, dopo  le  previsioni relative  alla sospensione  della patente  di guida  ed alla confisca del veicolo,  deve intendersi   limitato  alle  sole   'modalità  e  procedure', contenute nell'art.  186, comma  2, lett.  c),  cod. strada,  che regolano  il sistema  della confisca del veicolo, con   esclusione   del   rinvio    alla   disciplina    del   raddoppio    della   durata   della sospensione  della  patente   di  guida,  qualora   il  veicolo  appartenga  a  persona estranea  al reato;  conseguentemente, la durata  della sospensione  della  patente di guida, quale sanzione amministrativa che accede al reato  di rifiuto, compresa, ai sensi dell'art. 186, comma  7, secondo  periodo, tra  il minimo  di sei mesi ed il massimo  di  due  anni,  non  deve  essere  raddoppiata nel  caso  in  cui  il  veicolo appartenga a persona estranea al reato".                            10.  Le considerazioni che precedono  comportano, pertanto, l'accoglimento del ricorso. Applicando  i richiamati principi  di diritto al caso di  specie, deve  osservarsi che la  durata  della  sospensione  della  patente  di  guida  ex art.  186,  comma  7, cod. strada,  risulta  compresa  tra  il minimo  di sei mesi al massimo  di due anni, non avendo  rilievo, ai fini della  determinazione della  durata  della sanzione, alla luce delle considerazioni sopra esposte, la circostanza  che l'autovettura utilizzata dall'imputato, autore  del rifiuto, risulta  appartenere a persona estranea  al reato. Deve ritenersi, pertanto, fondato  il rilievo  attinente all'erroneità della determinazione della  sanzione  accessoria, applicata  dal giudice  nella  misura  del doppio  del  massimo, in  ragione  dell'erronea interpretazione  del  duplice  rinvio contenuto  nella  disposizione   incriminatrice di  cui  all'art.  186,  comma  7,  cod. strada,  alle  «pene  di cui al comma  2, lett.  c)»     ed alle  «modalità e procedure previste  dal comma  2, lett.  c}»,   cod. strada. E' dato  quindi  procedere  all'annullamento senza rinvio  della sentenza impugnata     limitatamente   alla    sanzione     amministrativa    accessoria    della sospensione  della  patente  di guida, contestualmente determinandone la durata nella misura  di anni due. La predetta  sanzione  va direttamente applicata,ai sensi dell'art.620, comma 1, lett.  /), cod. proc.  pen., in  misura  corrispondente al massimo  legale  previsto per la fattispecie  in esame, giacché il giudicante, nel raddoppiare la durata  della sanzione, era partito dal massimo  edittale di anni due.
P.Q.M.
Annulla  senza rinvio  la sentenza  impugnata limitatamente alla  durata  della sanzione amministrativa accessoria della sospensione  della patente  di guida, che determina in anni due.
Così deciso il 29/10/2015.
Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2015