• Approfondimenti e Articoli di dottrina
  • Patente di guida

Età, fattori di rischio e limitazioni all'abilitazione alla guida di autoveicoli nella prospettiva della patente europea

Pierpaolo Martucci
Maggio 2007

 

    Sommario:  1. Introduzione. Verso un modello europeo di patente di guida -  2. La classe di età del conducente come fattore vittimogeno. Giovanissimi e rischi stradali - 3. L’anziano e la guida. Una categoria in espansione - 4. La disciplina della patente di guida in rapporto all' età in Italia - 5. Anzianità e  disciplina della licenza di guida in alcune realtà estere  -  6. Un limite massimo di età  per le patenti di guida?                
Pierpaolo MArtucci
Docente di Antropologia Criminale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Trieste. Giudice esperto nel Tribunale di Sorveglianza presso la Corte d'appello di Trieste      

Introduzione. Verso un modello europeo di patente di guida      
Il  14 dicembre 2006 ha avuto luogo nel Parlamento europeo una votazione che sarà verosimilmente destinata ad influenzare direttamente aspetti importanti della vita di gran parte dei centinaia di milioni di cittadini del continente. Infatti, approvando a larga maggioranza la relazione dell’eurodeputato Mathieu Grosch (dei Popolari Europei) che raccomandava la ratifica di una posizione comune, l’assemblea di Strasburgo ha adottato la Direttiva che istituisce un modello unico europeo di patente di guida che avrà la forma di una carta di credito e potrà essere dotata di un microchip.  Si tratta di un percorso iniziato ormai più di 15 anni fa, quando il Consiglio d’Europa emanò la Direttiva 91/439/CEE del 29.7.1991 (G.U. n. L 237 del 24.8.1991), concernente, appunto, l’adozione di un modello comunitario di licenza di guida.[1]    In effetti al momento non esiste ancora una vera e propria patente di guida comunitaria. Ciò che è in uso dal 1° luglio 1996 è un “modello comunitario” di patente previsto dalla Direttiva 91/439/CEE per facilitare la comprensione e il riconoscimento reciproco delle autorizzazioni rilasciate dagli Stati membri.[2]  E’ infatti paradossale che la libera circolazione degli automobilisti nella UE non sia ancora una realtà a causa della mancata armonizzazione della disciplina delle licenze di guida.     La Direttiva mira a conseguire tre obiettivi principali: ridurre le possibilità di frode, grazie alla sostituzione del documento cartaceo (attualmente sono oltre 110 i modelli in circolazione) con un tesserino plastificato in formato carta di credito, eventualmente munito di microchip[3]; garantire la libera circolazione dei cittadini, con la stessa durata di validità amministrativa in tutti gli Stati membri; contribuire al miglioramento della sicurezza stradale, introducendo una nuova categoria di patenti per i ciclomotori, armonizzando la periodicità delle visite mediche per i guidatori professionisti e fissando requisiti minimi per la qualificazione iniziale, la formazione degli esaminatori di guida e gli standard degli accertamenti clinici.    Sotto il profilo della sicurezza, alcune misure assumeranno particolare rilievo per l’abilitazione al conseguimento ed al mantenimento della patente di guida, in particolare in termini di requisiti di età. La Direttiva infatti, lasciando un certo margine iniziale di manovra ai diversi Stati, fissa dei limiti d'età per l'abilitazione alla guida dei diversi veicoli e prevede misure per contrastare il fenomeno del c.d. "turismo delle patenti".      Per i veicoli a due ruote, sotto l’auspicio del Parlamento, è stato sostanzialmente definito il principio dell’accesso graduale il quale, pur attribuendo agli Stati membri una certa flessibilità per quanto riguarda l’età minima, prevede che per essere autorizzato a guidare motoveicoli di cilindrata superiore, il motociclista deve avere precedentemente acquisito esperienza su veicoli a due ruote di cilindrata inferiore. A tale riguardo, è fondamentale che vengano istituite categorie A1 e A2 attraenti e armonizzate a livello europeo, e che negli Stati membri, nella fase di passaggio alla categoria superiore, sia possibile introdurre corsi di formazione in alternativa alle prove d’esame. Inoltre, viene innalzato a 24 anni il limite di età qualora si intenda accedere direttamente alla guida di veicoli di cilindrata superiore (in assenza di esperienza preliminare).     E’ prevista anche l’uniformazione di un’età massima (si ipotizza la soglia di 65 anni), oltre la quale viene abbreviata la durata delle patenti di guida delle diverse categorie, la cui ordinaria validità amministrativa è fissata in un massimo di 10 anni per i conducenti di normali autoveicoli, 5 per quelli di autobus e trasporti pesanti. Si tratta dunque di introdurre nell’area europea una disciplina uniforme di aspetti estremamente delicati, quali quelli inerenti la possibilità di accedere alla guida di veicoli in rapporto alle diverse fasce di età e le modalità per i relativi accertamenti di ordine tecnico e clinico.  E’ infatti nota la correlazione che le ricerche crimino-vittimologiche e medico-legali hanno ampiamente evidenziato fra fasce di età e propensione alla sinistrosità e alla guida pericolosa. Si parla infatti di condizione giovanile e di anzianità dei conducenti come fattori vittimogeni in rapporto al rischio di determinare e/o subire incidenti stradali.  
2. Le classe di età del conducente come fattore vittimogeno. Giovanissimi e rischi stradali       E’ risaputo come l’incidentalità stradale costituisca la prima causa di morte per i giovani in tutti i Paesi europei, con un tasso di mortalità per sinistro che raggiunge il valore massimo per la classe fra i 15 ed i 24 anni.  La stessa giovane età costituisce, come è noto, un fattore di predisposizione vittimogena nella circolazione stradale[4], determinato essenzialmente dall’interazione fra fattori socio-culturali e mancanza di esperienza (in Italia i neo-patentati causano circa un terzo del totale degli incidenti).  Alla scarsa conoscenza delle norme della sicurezza stradale (solo da poco sottoposta a valutazione o a verifica per la guida di ciclomotori), all’inesperienza, alla sottovalutazione dei rischi connessi alla guida, al minor senso di responsabilità, alla propensione a sperimentare emozioni forti, si affiancano  altri aspetti personologici tipici dell’età (narcisismo, spirito di emulazione, protagonismo, aggressività, anticonformismo), i quali, rafforzati da stereotipi comuni, portano talvolta i giovani ad esprimere nella guida un atteggiamento trasgressivo e di sfida verso la società.  I conducenti più giovani commettono in maggior misura  delle trasgressioni stradali tipiche e particolarmente pericolose, quali l’eccesso di velocità e la guida contromano, mentre determinano in misura minore incidenti di altro tipo, ossia quelli dovuti al mancato rispetto delle precedenza, del segnale di stop e della distanza di sicurezza. Non bisogna poi dimenticare un fattore vittimogeno di grandissimo rilievo, direttamente collegato alle condizioni psico-fisiche,  costituito dalla guida sotto l’influsso dell’alcol o dell’assunzione di sostanze d’abuso, soprattutto se accompagnata da consumo di alcolici, condotte frequenti fra i più giovani, specialmente in certi contesti situazionali (c.d. “stragi del sabato sera”).     Tutto ciò chiarisce sufficientemente come mai, in controtendenza con ciò che avviene per la popolazione generale, con la riduzione progressiva (ma non ancora soddisfacente) della mortalità stradale,  nella fascia di età compresa tra i 21 e i 34 anni si riscontra una maggiore acquisizione di rischio rispetto al passato: all’incirca il 31% dei morti e il 38% dei feriti causati da incidenti stradali hanno infatti meno di 34 anni[5]. Occorre però ricordare che proprio in tale fascia di età sono presenti gran parte degli utenti stradali più vulnerabili soprattutto in ambito urbano, ossia ciclomotoristi e motociclisti. Fra gli ulteriori fattori di pericolo vanno poi considerati l’accresciuta diffusione di veicoli e motoveicoli tra le ultime generazioni, accompagnata dall’eccessiva potenza raggiunta dai veicoli più accessibili ad un target giovanile, in rapporto alle loro caratteristiche di sicurezza attiva e passiva, e il carattere e lo stato di manutenzione del nostro sistema infrastrutturale, particolarmente penalizzante per tali tipi di veicoli.   
3. L’anziano e la guida. Una categoria in espansione      Anche il rapporto fra età avanzata ed esposizione a rischi di sinistrosità stradale è ben documentato nella letteratura scientifica: l’indice di pericolosità dell’incidente secondo la classe di età del conducente responsabile raggiunge il massimo sopra i 64 anni, in conseguenza della maggiore mortalità dei guidatori in caso di sinistro.    Dati riferiti agli Stati Uniti, ed elaborati prendendo in considerazione le miglia percorse dai soggetti di età diverse, indicano che i guidatori ultrasettantenni provocano il doppio di incidenti rispetto a quelli di età compresa tra i 30 e i 60 anni. Il tasso di incidenti per miglia presenta un andamento esponenziale in età avanzata, analogo a quello dei soggetti di età inferiore ai 25 anni.[6]   Per quanto riguarda l’Italia, circa il 15% delle patenti appartengono a guidatori anziani, ossia di età superiore ai 65 anni. Si tratta di dati che assumono particolare significato alla luce dell’invecchiamento della popolazione, la cui dinamica demografica pone il nostro Paese fra le nazioni con la più elevata percentuale di anziani: in circa un secolo sono stati aggiunti oltre trent’anni alla vita media e per il 2020 si prevede che la popolazione anziana passerà dall’attuale 18% al 23% (quasi un quarto del totale), con una vita media di 78,3 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne. E’ dunque ipotizzabile che in un futuro prossimo almeno un guidatore su cinque avrà più di 65 anni.     Si tratta di un fenomeno destinato a creare oggettivi problemi per la sicurezza della circolazione considerando che il processo biologico dell’invecchiamento primario, anche quando non contaminato da stili di vita errati, comporta in ogni caso una perdita di strutture e di funzioni dell’organismo che modifica i parametri di normalità biologica e le usuali prestazioni. Occorre riconoscere, al di là delle idealizzazioni pubblicitarie, che l’anziano sano è comunque una persona fragile, le cui caratteristiche derivano dall’impatto dell’organismo con l’ambiente nel corso degli anni, per cui si invecchia in maniera differenziata: esiste il successfull aging descritto da Rowe e  lo usual aging, gravato di malattia. Quest’ultima condizione è purtroppo la più diffusa: secondo i dati Istat in Italia il 52% degli uomini e il 66% delle donne ultrasessantacinquenni dichiarano almeno due malattie croniche in atto, mentre, rispettivamente, il 44 ed il 51% ne dichiarano almeno tre: dunque l’assoluta maggioranza degli anziani è portatrice di pluripatologie, ma solo in una assai più ridotta percentuale esse sono tali da compromettere l’autosufficienza delle  persone.    Tuttavia le modificazioni fisiologiche legate all’invecchiamento interferiscono con la capacità di guida: fra di esse in particolare i deficit  visivi, quelli uditivi (perdita dei suoni ad alta frequenza) e l’allungamento dei tempi di reazione.  Dall' 80 al 90% delle informazioni necessarie per la guida vengono percepite dagli occhi; in quest’ambito i cambiamenti dovuti all'età si manifestano soprattutto nella limitazione della capacità visiva all'imbrunire (crepuscolo) e di notte. Infatti un automobilista sessantenne ha bisogno di una luce otto volte più intensa rispetto ad un ventenne per vedere distintamente anche al buio. Sopraggiungono anche un aumento della sensibilità all'abbagliamento, un  peggioramento della percezione dei movimenti nell'area periferica del campo visivo ed  un aumento del tempo necessario all'occhio per focalizzare un oggetto fissato.[7] Si tratta di compromissioni di cui spesso il guidatore non è totalmente consapevole e proprio per questo risultano più pericolose.     Per quanto riguarda la percezione dei suoni, circa il 30% delle persone di 65 e più anni ha un udito non perfetto.  Inoltre, l’artrosi, i reumatismi o l'afflusso insufficiente di sangue - in particolare alle gambe ed ai piedi - possono ostacolare la guida. di un automezzo. Se si manifesta un irrigidimento del collo, può essere doloroso girare la testa e per questo motivo le persone anziane spesso ne fanno a meno; in questo modo però esse non notano le manovre effettuate dagli automobilisti alla loro destra, alla loro sinistra  e dietro di loro.     In età avanzata, aumentano tanto il tempo di reazione fino al momento d'iniziare un movimento, quanto l’intervallo necessario per la vera e propria esecuzione dello stesso; un tempo di decisione limitato accresce la probabilità di effettuare valutazioni errate. Accanto ai mutamenti descritti, pure diverse malattie legate all’invecchiamento – quali i disturbi cardiaci e circolatori, quelli respiratori, i disturbi metabolici (ad esempio il diabete mellito) -  possono pregiudicare la sicurezza della guida, anche in conseguenza dei medicinali assunti nelle relative terapie.  Molto pericolose sono le patologie dementigene, in particolare il morbo di Alzheimer, in quanto alterano le funzioni indispensabili per una guida corretta e risultano particolarmente insidiose nelle forme pre-demenziali e lievi, quando i sintomi non sono eclatanti ed il malato non rinuncia a guidare.[8]   Un’interessante ricerca pilota sul tema è stata condotta recentemente dall’Ufficio Svizzero per la prevenzione degli infortuni (UPI).[9] In Svizzera vivono circa 850.000 persone di età superiore ai 70 anni e circa il 40% di esse è in possesso di una patente di guida. Tra il 1992 ed il 2004 in Svizzera 8.000 persone sono morte in incidenti stradali: il 20% di loro aveva 70 e più anni; poco più della metà è deceduta in qualità di pedone. Nella popolazione anziana – che costituisce l’11,2% della popolazione totale – la quota relativa ai decessi stradali raggiunge ben il 19,4%. Rispetto alle persone più giovani, gli anziani presentano dunque un rischio notevolmente più elevato di perdere la vita in un sinistro stradale, nonostante fra di essi siano assai più rari i comportamenti a rischio tipici dei guidatori giovani (eccesso di velocità, abuso alcolico, mancato uso delle cinture di sicurezza). Sono invece frequenti, nei conducenti in età, gli incidenti alle intersezioni (incroci e imbocchi) e il fatto di causare generalmente più sinistri, nei quali peraltro subiscono conseguenze spesso più gravi, in conseguenza della loro accentuata vulnerabilità fisica.    Ebbene, il saper guidare con sicurezza è una delle capacità che meglio definiscono l’autosufficienza dell’anziano[10], ma – si potrebbe parafrasare – è anche una delle presunzioni più ostinatamente coltivate, in difesa di una condizione – la capacità (e quindi la possibilità) di guida di un veicolo - che nella cultura attuale costituisce uno degli indicatori più forti di uno status di autonomia individuale. E’ quindi comprensibile l’estrema resistenza a rinunziare o anche solo limitare la guida di un’automobile: diverse ricerche cliniche hanno evidenziato la correlazione esistente negli anziani fra abbandono della guida e aumento dell’isolamento personale e dei sintomi depressivi.[11]     Dunque la privazione della patente è spesso percepita come una diminutio nello status sociale e nella stessa condizione esistenziale dell’individuo anziano, soprattutto in quanto incide sulla mobilità dello stesso. Nota il Comitato economico e sociale europeo che “la mobilità costituisce un dato di rilievo per un cospicuo numero di europei di tutte le età. La stragrande maggioranza della popolazione europea al di sopra dei 18 anni è titolare di una patente di guida, che le consente l’accesso a una forma di mobilità motorizzata. Soprattutto in un’Europa in cui l’età media della popolazione tende sempre più ad aumentare, il possesso della patente di guida assume un’importanza chiave, in quanto permette di avere contatti con il mondo esterno e persino di soddisfare le esigenze primarie di vita.”[12]    Tuttavia proprio l’inarrestabile invecchiamento demografico della popolazione europea pone un problema assai concreto destinato ad assumere sempre maggior rilevanza nel prossimo futuro: la presenza di una consistente fascia di anziani guidatori. Ne consegue un ribaltamento della situazione pregressa; se in un passato non lontano il caso dell’ultrasettantenne in possesso di autovettura e relativa patente era un eventualità rara, diviene ora assolutamente comune. La cosa pone un delicato problema sociale e giuridico in ordine alla gestione della sicurezza della circolazione stradale.  
4. La disciplina della patente di guida in rapporto all' età in Italia       Attualmente la normativa italiana prevede limiti di età minimi differenziati in relazione all’accesso a diverse abilitazioni di guida.  A 14 anni, con solo esame teorico scritto, si consegue il c.d. “patentino”, in realtà un semplice certificato di idoneità che abilita alla guida dei ciclomotori e dei tricicli e quadricicli leggeri; dal 11 luglio 2005 deve essere conseguito anche dai maggiorenni che vogliano condurre i veicoli suddetti e non siano già in possesso di un’altra patente (art.116, comma 1 ter, C.S.).   Dai 16 anni compiuti, sostenendo una prova teorica a quiz e una prova pratica su motociclo di potenza non superiore agli 11 kW, è conseguibile la patente A1, che abilita alla conduzione di motocicli leggeri (appunto fino a 125 cc e con potenza non superiore agli 11 kW), senza passeggero e di tutti gli altri motoveicoli di analoga potenza e senza passeggero.   La patente A prevede due modalità di accesso: quella graduale, per la quale vi è un periodo (3 anni) durante il quale il neopatentato non può condurre motocicli di potenza superiore ai 25 kW e che è la sola modalità percorribile da chi ha un’età compresa fra i 18 ed i 20 anni (art. 117, comma 1, C.S.). L’altra modalità, ad accesso diretto, con una prova pratica su motociclo di potenza uguale o superiore a 35 kW, è riservata a chi ha almeno 21 anni. Lo stesso limite di accesso è previsto per la patente D, che autorizza alla conduzione di tutti gli autoveicoli per il trasporto di un numero di persone superiore a 9.    Per le patenti più diffuse – la “B” , la “B+E”, la “C”, la “C+E”- il limite minimo di accesso è sempre fissato ai 18 anni, salva la particolare disciplina prevista per il titolare di patente “B” da meno di 3 anni, definito “neopatentato” (art.117, commi 1 e 2, C.S.)  Questo per quanto riguarda la disciplina delle età minime di accesso, che risulta sostanzialmente in linea con le linee-guida della Direttiva europea; in particolare, è già presente il principio dell’accesso graduale ai motoveicoli di potenza superiore e semmai si porrà la questione di un ulteriore innalzamento per l’ipotizzata soglia di 24 anni per l’accesso diretto alle cilindrate superiori in assenza di esperienze pregresse. E’ indubbiamente confortante constatare quello che appare essere – nella Direttiva UE - il definitivo abbandono delle ipotesi di abbassare a 16 anni l’accesso alle patenti B, il che avrebbe significato null’altro che una discutibile concessione agli interessi delle industrie automobilistiche.   Nella normativa italiana limiti di età massimi sono stabiliti in pratica  solo per le patenti di categoria  “D” ed “E”. Infatti il conducente di veicoli a motore non può aver superato:a) sessantacinque anni per guidare autotreni, ed autoarticolati, la cui massa complessiva a pieno carico sia superiore a 20 tonnellate; b) sessanta anni per guidare autobus, autocarri, autotreni, autoarticolati, autosnodati, adibiti al trasporto di persone. Tale limite può essere elevato, anno per anno, fino a sessantacinque anni qualora il conducente consegua uno specifico attestato sui requisiti fisici e psichici a seguito di visita medica specialistica annuale (art. 115, comma 2, C.S.) .    In tutti gli altri casi, ciò che varia con l’innalzarsi dell’età del guidatore è la durata del periodo di validità amministrativa del documento: 10 anni per chi rinnova o consegue le patenti A e B sino al 50° anno di età; 5 anni per chi rinnova o consegue le patenti A e B, oltre i 50 ed entro i 70 anni di età; 3 anni per chi rinnova o consegue le patenti  A e B oltre il 70° anno di età. Le patenti speciali di categoria A e B (previste per mutilati e minorati fisici) e quelle di categoria C hanno durata quinquennale, triennale dopo i 70 anni; la patente D è valida per 5 anni (art.126, commi 1 e 2, C.S.). Ovviamente – al di fuori dei limiti di legge - vi può essere la sospensione o la revoca della patente quando risulti la perdita  (temporanea o permanente)  dei requisiti fisici e psichici prescritti, all’esito della visita medica presso la commissione medica locale di cui all’art. 119, comma 4, C.S., disposta dagli uffici provinciali della M.C.T.C. qualora sorgano dubbi sulla persistenza dei suddetti requisiti (art.128 comma 1, C.S.).    Tale perdita può senz’altro determinarsi in conseguenza dei processi di senescenza; tuttavia, al di fuori dei rinnovi periodici, il provvedimento di revisione della patente ha un carattere di eccezionalità. Infatti esso costituisce un atto discrezionale adottato per ragioni di tutela dell’interesse pubblico alla sicurezza nella circolazione stradale, avente funzione cautelativa e non sanzionatoria e presuppone che l’irregolare condotta di guida sia tale da aver determinato un incidente o comunque sia di per sé intrinsecamente pericolosa, al punto da far sorgere dubbi sulla persistente idoneità psicofisica e tecnica del conducente, non bastando a tal fine qualunque violazione del Codice della strada.[13]   5. Anzianità e  disciplina della licenza di guida in alcune realtà estere      La Direttiva UE interviene su una situazione alquanto differenziata, in tema di regime dell’età di guida in rapporto alla concessione e al rinnovo della patente, che oscilla fra normative assai blande ed altre più circostanziate, rispetto alla nostra.    Nel primo caso rientrano certamente la Svezia, dove è previsto un semplice rinnovo amministrativo decennale, a prescindere dall’età e senza controlli medici, ed il Belgio dove la licenza non ha praticamente scadenza e la sussistenza dei requisiti di idoneità psicofisica viene autocertificata dagli interessati.    La Danimarca ha invece un sistema di rinnovo della patente, con un controllo medico obbligatorio all’età di 70 anni effettuato dal medico di famiglia; il conducente, dopo questa prima visita, all’età di 74 anni dovrà effettuarne una seconda. Dai 74 agli 80 anni sussiste l’obbligo di sostenere verifiche mediche ogni biennio e dopo gli 80 anni il controllo diviene annuale. In occasione delle visite il medico chiede al paziente se soffre disturbi legati all’età o se sta seguendo cure profilattiche. Negli ultimi tempi i controlli medici sono notevolmente migliorati e con i controlli è stato introdotto un esame cognitivo che si basa su due piccoli compiti che il paziente deve svolgere durante la visita (disegnare un orologio e ricordare tre parole). Questo strumento è utile per identificare disturbi legati alla perdita di memoria o stati confusionali legati all’orientamento spazio-temporale. Gli strumenti cognitivi non sono ancora obbligatori, ma nessun medico permette che il proprio paziente con demenza senile acuta guidi un autoveicolo. Quindi, circa la metà dei medici usa il test dell’orologio nel corso del controllo sui pazienti.[14]    Più severe sono le previsioni esistenti in altre Nazioni avanzate extraeuropee.  In Giappone la patente di guida va rinnovata ogni tre anni, a prescindere dall’età, con un controllo della vista obbligatorio; negli Stati Uniti ed in Canada la durata amministrativa di validità della licenza di guida per autoveicoli normali oscilla fra i due e gli otto anni, a seconda degli Stati.     6. Un limite massimo di età  per le patenti di guida?      La questione di un’eventuale “tetto” d’età per il mantenimento o il conseguimento di una patente di guida o per la graduale riduzione dei tempi di validità amministrativa della licenza, è particolarmente delicata per le indiscutibili ripercussioni che comporta per l’intera sfera esistenziale della persona,  particolarmente sotto il profilo dell’autonomia di spostamento.  La Direttiva sul modello unico di patente europea, contemplando una riduzione del periodo di validità della licenza sopra i 65 anni di età per uniformare la frequenza dei controlli, condurrà a limiti più severi rispetto a quelli oggi esistenti in taluni Paesi del continente e questo ha suscitato notevoli resistenze, in particolare da parte di associazioni rappresentative della terza età.    Vi è chi afferma che siano le condizioni psico-fisiche effettive di ciascun individuo e non l’età a dover essere valutate per stabilire se una persona, giovane o anziana, sia in grado di guidare l’automobile, anche considerando che proprio i guidatori anziani risultano mediamente più prudenti e meno soggetti ai fattori – quali l’alta velocità – che più incidono sulla pericolosità della guida.[15]    A sostegno di questa tesi viene richiamata una ricerca condotta recentemente in Francia dal Ministero dei Trasporti. Secondo le statistiche rese note, solo lo 0,9% dei soggetti con età compresa tra i 50 e i 60 anni e lo 0,4 % delle persone con età compresa tra i 60 e i 65 anni sono vittime di penalizzazioni nell’ambito assicurativo, comparato con il 4,1% delle persone tra i 25 e i 30 anni. In complesso, gli anziani oltre i 65 anni rappresentano solamente il 6% dei conducenti coinvolti in incidenti stradali.  Appoggiandosi a questa e ad altre indagini, alcune organizzazioni non governative si sono mosse per contrastare l’introduzione nella legislazione europea di limitazioni della guida legate all’età del conducente, denunciate come forme di discriminazione senza reale fondamento scientifico. Così la FIAPA (Federazione Internazionale di Associazioni per Anziani) si è  lamentata del fatto che la Commissione europea non avrebbe considerato l’aumento della speranza di vita degli europei quando ha elaborato la bozza delle proposte che avrebbero modificato la Direttiva europea sulle patenti di guida. Per la FIAPA il criterio dei 65 anni proposto dalla Direttiva non è più rilevante.[16] Una posizione analoga è stata assunta dal Consiglio di Sicurezza in materia di trasporto (ESTC) una organizzazione senza scopo di lucro con sede a Bruxelles che si dedica alla riduzione del numero e della gravità dei danni provocati negli incidenti stradali in Europa. Durante il dibattito sulla revisione della Direttiva sulle patenti, l’ ESTC ha reso pubblico il verbale elaborato dall’Istituto nazionale svedese di  ricerca sul trasporto e le strade circa “L’invecchiamento in Europa: le sfide e le opportunità per la sicurezza sulle strade”. Secondo il Consiglio la relazione dimostra che, contrariamente alla credenza popolare, i conducenti anziani che godono di buona salute non sono più propensi a incidenti rispetto ai più giovani. I conducenti anziani sani cercano di compensare le loro mancanze ad esempio guidando in modo prudente, evitando il traffico delle ore di punta e le condizioni di scarsa luminosità o, in generale, evitando i pericoli. Il Direttore Esecutivo del Consiglio di Sicurezza in materia di trasporto (ESTC), Jörg Beckmann, ha affermato che “è stato dimostrato che gli anziani possiedono le stesse o maggiori capacità o perizie al volante che i giovani” e   che  “Le visite mediche inefficienti discrimineranno senza necessità i conducenti anziani sani che non rappresentano nessun rischio per il resto dei guidatori”. [17]    Tuttavia, non si può tacere il fatto che tali affermazioni si pongono in stridente contrasto con le indicazioni di gran parte della letteratura scientifica, come si è ricordato in  precedenza. Vi sono ricerche estere che evidenziano anzi l’opportunità di una maggior frequenza delle verifiche per in conducenti anziani, con l’impiego anche di uno speciale questionario per testarne le condizioni fisio-psichiche.[18]   Il problema che si pone è semmai quello di rendere più efficaci e attendibili i controlli periodici sulle condizioni psicofisiche dei guidatori in età avanzata. Occorre infatti ricordare come attualmente – almeno nel nostro Paese - le verifiche previste in sede di rinnovo patente siano standard, uguali per tutti e senza alcuna prova su strada e come anche le certificazioni mediche di idoneità psico-fisica siano sovente rilasciate agli anziani con scarso rigore, in nome di una malintesa tolleranza che si sforza di non deludere le aspettative del vecchio guidatore, senza poi trascurare un più generale problema di un diffuso lassismo nella effettuazione degli esami di guida.[19]     Tuttavia, tornando al dibattito sollevato in sede europea, è fondatamente sostenibile la tesi che la previsione di più rigorose condizioni di rinnovo della licenza di guida per certe fasce di età possa costituire un fattore di discriminazione fra cittadini, in rapporto alla compressione della  libertà di circolazione e quindi di una manifestazione della libertà personale?    In Italia il problema della legittimità costituzionale di una limitazione alle condotte di guida per i maggiorenni in rapporto alle fasce di età è stato sollevato in relazione all’art. 117 C.S. nella parte in cui prevede limitazioni fino al raggiungimento dei  venti anni per la guida di motoveicoli di potenza superiore ai 25 kW. Il giudice amministrativo investito della questione ha ritenuto che non può ravvisarsi la violazione degli art. 3 e 97 Costituzione, prospettata in riferimento all’irragionevolezza di una limitazione nella guida nei confronti di soggetti dotati di capacità di agire, per il solo fatto di non avere compiuto venti anni e, quindi, in difetto di una specifica valutazione della maturità del singolo. Infatti il raggiungimento della maggiore età non comporta automaticamente la possibilità di compiere tutti gli atti giuridici, avendo lo stesso art. 2 del Codice Civile fatti salvi gli atti per i quali è prescritta una età diversa. Ne consegue che non è ravvisabile nessuna violazione del principio di uguaglianza posto che le limitazioni alla guida sono introdotte con legge e valgono per tutti i soggetti che si trovino nella medesima situazione anagrafica; nè è irrazionale ritenere che il legislatore possa, in relazione a determinati tipi di atti richiedenti un’abilità particolare (come la guida di motoveicoli di cilindrata superiore a 25 kW) e coinvolgenti una pluralità di interessi qualificati della collettività (quali quello alla sicurezza e alla salute), prevedere una diversa età quale indice di una maggiore adeguatezza psico-attitudinale.[20]    Lo stesso ragionamento può essere applicato per giustificare la richiesta di particolari e più frequenti accertamenti sui conducenti anziani, senza per questo menomare la loro libertà personale, posto che lo stesso art. 16 della Costituzione, affermando la libertà di circolazione e soggiorno del cittadino nel territorio nazionale fa salve “le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. A quest'ultimo proposito, ossia l'esigenza di tutela della sicurezza, è bene non scordare mai che la guida di un autoveicolo è in assoluto uno dei comportamenti potenzialmente più pericolosi.      Altra e diversa questione è quella che si porrebbe nel caso di un illegittimo diniego dell'idoneità psico-fisica alla guida, magari a soggetti con disabilità, il che finirebbe per costituire de facto una vera e propria limitazione della libertà personale.[21]  In effetti autorevole dottrina sostiene che, per quanto riguarda l'automobile, qualsiasi menomazione diventa rilevante non in astratto o in se stessa, bensì solo se effettivamente pericolosa per la guida  al punto da impedire in concreto di svolgere con sicurezza tale attività,[22] con conseguente illegittimità della tesi secondo la quale, di fronte a talune diagnosi, l'inidoneità alla guida si può dare per scontata ed è inutile qualsiasi ulteriore accertamento.    Tornando al problema della concessione o del rinnovo della patente di guida a persone molto anziane, non appare praticabile l'introduzione della previsione astratta di un “tetto massimo” di età oltre il quale la guida di un veicolo non sarebbe in alcun caso possibile. Da una parte, di una siffatta ipotesi non vi è traccia nella Direttiva Ue, dall'altra occorre considerare il fatto che il supremo principio di eguaglianza contenuto nell'art. 3,  comma 1, Cost., impone di regolare in maniera ragionevolmente diversa situazioni oggettivamente differenti. Non esistendo due persone della stessa età con condizioni psico-fisiche completamente identiche, non potrebbe venire stabilita alcuna presunzione automatica di incompatibilità fra età anagrafica della persona e patente di guida.    Una prospettiva ragionevole potrebbe essere quella di rafforzare i criteri medico-clinici di accertamento dell'idoneità alla guida, con particolare attenzione agli esami cognitivi sui disturbi neurologici legati all'invecchiamento ed agli effetti farmacologici di eventuali terapie seguite, magari con la riduzione ad un biennio della validità della patente oltre gli 80 anni di età.[23] Contestualmente andrebbe sviluppato al massimo l'aspetto preventivo basato sull'informazione e l'educazione dei conducenti della “terza età”, relative alla migliore conoscenza dei rischi specifici legati alla loro particolare condizione. E' infatti sorprendente la circostanza che se le campagne di sensibilizzazione sono state sinora rivolte soprattutto ai più giovani – e in misura certo non ancora sufficiente – la componente anziana sembra essere stata di fatto ignorata, nonostante si avvii a divenire sempre più consistente. Si tratta di una contraddizione che dovrà essere in ogni caso superata, nella aspettativa demografica della società europea del futuro prossimo.         [1]  Il provvedimento era stato in seguito ripetutamente modificato da Direttive del Consiglio e della Commissione Europei: Direttiva del Consiglio n.94/72/CE del 19.12.1994; Direttiva del Consiglio n. 96/47/CE del 23.7.1996; Direttiva  del Consiglio n. 97/26/CE del 2 giugno 1997; Direttiva della Commisione n.2000/56/CE del 14.9.2000; Direttiva della Commissione n. 2003/59/CE del 15.9.2003. Il risultato finale è stata la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle patenti di guida COM(2003) 621, trasmessa il 3.12.2003 al Parlamento europeo e al Consiglio e sulla quale si è espresso il Comitato economico e sociale europeo con parere del 31.3.2004   Il primo intervento europeo in materia di patenti risale al 1980: in quell’anno una Direttiva del Consiglio d’Europa consentì ai cittadini dell’Unione che si spostavano in uno Stato membro, di conservare la patente senza sostenere nuovi esami teorici, pratici e medici. Tuttavia la sua durata era limitata ad un anno. [2] Peraltro, secondo la Corte di giustizia europea (causa C-230/97 Awoyemi), il principio di riconoscimento reciproco produce effetti diretti ed è di conseguenza applicabile dalla data di applicazione della Direttiva (1° luglio 1996) (cfr. articolo 12 della Direttiva).   [3] Entro sei anni dall’entrata in vigore della Direttiva, il nuovo modello dovrà essere introdotto sia per le nuove emissioni sia nel caso di sostituzione per furto, smarrimento o similari. Inoltre, gli Stati membri dovranno garantire che entro ventisei anni dalla data di entrata in vigore della Direttiva, tutte le patenti in circolazione saranno conformi al modello unico. [4]  Si veda in merito CORRERA M., MARTUCCI P., PUTIGNANO C., La criminalità colposa del traffico stradale, Padova, 1996, pp. 48 ss. [5] Fino a qualche anno fa la fascia di età più colpita dall’incidentalità stradale era quella compresa tra i 21 e i 29 anni, con una percentuale di morti pari al 35% e di feriti pari al 49%. Ultimamente si riscontra il progressivo allargamento di tale fascia di età anche a quella compresa tra i 30 e i 34 anni.  Si veda in proposito MARTUCCI P.,  Il punto sulle “stragi del sabato sera”. Fattori socio-culturali e di personalità nell’eziologia del fenomeno, 2006, in Centro Studi Criminologici, Documenti (www.studicriminologici.it). [6] Cfr. Mc CARTHY D.P.,  Approaches to improving elders’safe driving abilities, in Physical & Occupational Therapy in Geriatrics, 2005, 2/3, pp. 21-38. [7] GONTHIER R., e coll., Bilan utile pour l’aptitude à la conduite du sujet âgé, in Psychologie et Neuropsichiatrie du Vieillissement, 2005, 1, pp. 27-42. [8] Cfr. ROCHE J., Conduite automobile et maladie d’ Alzheimer, in Psychologie et Neuropsichiatrie du Vieillissement, 2005, 3, pp. 163-168. [9] EWERT U., Senioren als motorisierte Verkehrsteilnehmer, Upi, Berna, 2006. [10] Cfr. SCHNEIDER E.L., Aging in the third millenium, in Science, 1999, pp. 796-797. [11] WANG C.C., CARR D.B., Older driver safety: a report from the older driver project, in Journ. American Geriatrics Society, 2004, 1, pp. 143-149. [12] Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la patente di guida (rifusione), n. 2004/C 112/09, Bruxelles, 31 marzo 2004. [13] Cfr. in tal senso, fra gli altri, T.A.R. Lazio Roma, sez.III, 10.7.2006, n.5748, in Foro amm. TAR,  2006, 7-8, p.2520 (solo massima); T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 29.6.2006, n.1350, in Foro amm. TAR, 2006, 6, p. 2238 (solo massima). [14]JENSEN S., La Danimarca e la guida,  in Bollettino AGE, Piattaforma Europea di Persone Anziane, n.46, dicembre 2004, p.10. [15]  PALLESCHI M., Fino a che età si può guidare l’automobile?, in LiberEtà, 2005, 2, pp. 66-67. [16] Vedi Dibattito sulla Direttiva riguardante la patente di guida europea, in Bollettino AGE, n.46, dicembre 2004, pp. 4-5. [17] Cfr. Il Consiglio di Sicurezza europeo in materia di trasporto sostiene i conducenti anziani, in Bollettino AGE, n.43, settembre 2004, p.5. [18] Cfr. STAMATIADIS N. e Coll., Driver license renewal for the elderly: a case study, in Journ. of Applied Gerontology, 2003, 1, pp. 42-56. [19] Segnaliamo a questo proposito che vi sono state recentissime pronunzie della giustizia amministrativa che hanno riconosciuto legittimo lo svolgimento delle prove d’esame per il conseguimento della patente di guida anche se, in luogo della prova pratica, era stata fatta sostenere al candidato una prova orale, di regola più semplice della prima (T.A.R. Basilicata Potenza, 24.8.2006, n. 534, in Foro amm., 2006, 7-8, p. 2688 (solo massima). Le cronache di questi giorni riportano la notizia del rinnovo della patente concesso ad un conducente centenario… [20] T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 17.1.2006, n.683, in Foro amm. TAR, 2006, 1, p. 309. [21] Si veda BELLI R., L'idoneità alla guida e la libertà (di circolazione) delle persone con disabilità, in Giur. cost., 1994, p. 4152 ss.; Id., Libertà inviolabili e persone con disabilità, Milano, 2000.  Si sottolinea il fatto che è certamente vero che, senza poter guidare l'auto, per molte persone con disabilità può essere molto difficile o impossibile usufruire pienamente della libertà di circolazione di cui all'art.16 Cost.   [22] Cfr. DEIDDA B., in Atti del Seminario "Patente e guida delle persone con disabilità", Firenze, 29-30 novembre 1991, pp. 103-104; cit. Si veda anche la sentenza n. 1539 del T.A.R. del Lazio, sez. 3, del 14 aprile 1994, , in Giur. cost., 1994, p. 4149 ss.,  secondo la quale qualunque sia la menomazione la commissione deve sempre valutare “le concrete possibilità di guida del soggetto pur menomato, non esistendo, secondo il dettato normativo, affezioni che per evidenza, gravità o tipologia, sottraggono automaticamente alla commissione (...) le sue competenze come tracciate dal legislatore”. [23] Ricordiamo che la Direttiva sul modello unico europeo di patente di guida prevede la facoltà dei singoli Stati di introdurre criteri più severi di accertamento dell'idoneità rispetto agli standard minimi raccomandati.