- Giurisprudenza
- Assicurazioni e responsabilità civile
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Falsa attestazione di rischio
Corte di Cassazione sez. II pen.
09 ottobre 2009, n. 39301
Non può essere contestata l’aggravante di cui all’art. 61 n 10 c.p. al soggetto che, sulla base di una falsa attestazione di rischio, abbia stipulato un contratto di assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore così truffando la compagnia di assicurazione.
Infatti, poiché in questi casi il rapporto giuridico che intercorre tra la compagnia di assicurazione e i suoi clienti è riconducibile nell’ambito dell’attività di diritto privato da essa svolta, non può essere attribuita la qualifica di pubblici ufficiali, o di incaricati di pubblico servizio, a coloro che collaborano con la compagnia di assicurazione o che da essa dipendono.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
(omissis), per il tramite del proprio difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 23.10.2008 con la quale la Corte di Appello di Bari, confermando la decisione del Tribunale di Trani 27.3.2007 lo ha condannato alla pena di anni uno di reclusione e 600,00 euro di multa siccome ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 61, n. 2, 485, 489, 640, 61 n. 10 c.p. (fatti commessi in data xx. x. 2001 – xx. xx. 2001).
La difesa del ricorrente richiede l’annullamento della sentenza impugnata rilevando:
1) la insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 10; c.p.;
2) la violazione dell’art. 336 c.p.p.;
3) la erronea indicazione della data della pronuncia della sentenza di primo grado.
Il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto.
L’imputato è accusato di avere stipulato con la “(omissis) assicurazioni e (omissis) spa”, la polizza di assicurazione per la responsabilità civile conseguente alla circolazione degli autoveicoli, n. (omissis) sulla base di una falsa attestazione di rischio, relativa al veicolo tg. (omissis).
All’imputato è stata altresì è stata contestata l’aggravante di cui all’art. 61 n. 10, c.p. per avere commesso il fatto nei confronti di un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio.
Nella specie il rapporto giuridico intercorso fra l’imputato e la compagnia di assicurazione (parte offesa nel presente procedimento) si inquadra nell’ambito dell’attività di diritto privato da quest’ultima svolta, con la conseguenza che i suoi dipendenti e/o collaboratori non rivestono, nell’ambito della stipulazione dei contratti di assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.
Infatti, come già affermato in precedenti decisioni (v. Cass., sez. V, 14.6.1995 Lari ove è negata la qualifica di pubblico ufficiale all’agente di assicurazione ) “la legge 24 dicembre 1969, n. 990, non ha modificato la natura giuridica delle compagnie di assicurazione, che resta eminentemente commerciale, anche se ad uno dei rami in cui tale attività si esplicita (assicurazione della responsabilità civile connessa alla circolazione dei veicoli a motore) è collegato un interesse di carattere generale”.
Di qui deriva che in fatto l’azione dell’imputato non si è rivolta nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio.
Pertanto la contestazione della aggravante in parola costituisce ipotesi di violazione di legge di cui all’art. 606 1° comma, lett. b) c.p.p., e la sentenza sul punto deve essere annullata.
Con un secondo motivo il ricorrente lamenta che i rati contestati sono perseguibili a querela di parte e che la stessa è stata proposta da soggetto munito di procura concretamente inidonea, risultando rilasciata dalla società di assicurazioni, in epoca antecedente alla commissione dei reati.
Il motivo dedotto è infondato.
Infatti l’art. 37 disp. att. c.p.p. consente che la procura speciale per la proposizione di una querela, possa essere legittimamente rilasciata dall’amministratore delegato di una società, in via preventiva per la eventualità in cui si verifichino i presupposti per il compimento dell’atto al quale la procura si riferisce (v. in tal senso Cass. sez.V^ 6.7.2007 in Ced Cass. Rv 237594).
Con un ultimo motivo il ricorrente deduce che nel dispositivo della sentenza è stato fatto riferimento ad una sentenza di condanna emessa dal tribunale di Trani (sezione di Molfetta) in data 23.7.2007, essendo invece annullata quella pronunciata in data 27.3.2007.
Nel caso di specie si verte in un evidente errore materiale, come tale emendabile, non costituendo, tale irregolarità contenuta nel dispositivo, motivo di nullità della decisione, come sostenuto dalla difesa.
L’accoglimento del primo motivo di gravame comporta, ferme restando le statuizioni civili, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto i reati ascritti al prevenuto sono ormai estinti per sopravvenuta prescrizione.
Il dispositivo della sentenza impugnata deve essere altresì corretto nel senso che là ove è scritto “in data 23.7.2007” debba leggersi “27.3.2007”, mandandosi alla cancelleria per le conseguenti annotazioni.
P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione, ferme le statuizioni civili.
Dispone correggersi il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che là ove è scritto “in data 23.7.2007” debba leggersi “27.3.2007”.
Manda alla cancelleria per le conseguenti annotazioni.
Documenti allegati
- 39301_.pdf 52 KB