• Approfondimenti e Articoli di dottrina
  • Economia dei trasporti e della mobilità

Federalismo fiscale e bollo auto

Antonella Palumbo

Sommario: Premessa. 1. Le fonti del diritto tributario e il sistema di riparto di competenze Stato/Regioni 2. Autonomia finanziaria dopo la legge n. 3 del 2001 2.1 Un caso particolare: il bollo auto 3. La legge n. 42 del 2009

 

Premessa
Il presente contributo mira ad analizzare, in particolare, il sistema di tassazione del bollo auto, attraverso una analisi dei principi generali in materia tributaria, con particolare riferimento alle competenze delle Regioni, alle quali il tributo in questione si riferisce, alla luce dei principi del federalismo fiscale.
Prodromica alla trattazione della fattispecie del bollo auto è, pertanto, una introduzione generale in materia di fonti del diritto tribuatrio, nonché un attento esame dei rapporti tra normativa statale e regionale, tenendo conto degli sviluppi legati al processo di federalismo.

1. Le fonti del diritto tributario e il riparto di competenze Stato/Regioni

L’art. 23 della Costituzione dispone che nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
La norma, come è evidente, enuncia una riserva di legge in materia tributaria, ponendosi come limite all’esercizio di attività autoritativa dei pubblici poteri nei confronti della libertà personale e patrimoniale del privato cittadino.
Per vero, alla luce di orientamenti più recenti, tale riserva, espressione del principio di legalità, si pone a tutela di interessi generali, garantiti dal fatto che le leggi sono espressione dell’organo direttamente rappresentativo della nazione, il Parlamento.
Il problema immediato che si pone all’interprete è quello di chiarire quale sia la natura e la portata della riserva di legge contenuta in questa disposizione.
E’ pacifico  che si tratta di una riserva relativa, che cioè ammetta l’operatività della normazione secondaria a specificazione dei precetti generali imposta dalla legge, alla quale è riservata la determinazione degli elementi essenziali connessi al sistema tributario: indicazione dei soggetti passivi, presupposti e misura del tributo.
Il principio costituzionale, secondo cui l'imposizione di prestazioni patrimoniali è autorizzata solo "in base alla legge", impone semplicemente che siano preventivamente indicati, ed in modo sufficiente, i criteri direttivi di base o le linee generali da seguire per delimitare la discrezionalità nella produzione di fonti secondarie della disciplina.
Verificandosi questa condizione, è da ritenere rispettato il principio di legalità dell'imposizione e sono altresì da ritenere soddisfatte quelle esigenze pratiche che il sistema palesa meritevoli di considerazione.
Chiarita la natura della riserva, per quel che attiene la portata della stessa la Costituzione fa sicuramente riferimento alla legge statale, a quella regionale, e a quella delle Province autonome di Trento e Bolzano.
Sulla base di quanto sancito dall’art. 117 Cost., così come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, rientra nella competenza esclusiva dello Stato la disciplina del sistema tributario nazionale  e la perequazione delle risorse finanziarie.
Rientra nella competenza regionale concorrente, che si esercita nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato, il coordinamento della finanza e del sistema tributario complessivo.
Nel ripartire le competenze legislative Stato/Regioni, l’art. 117 Cost., non menziona i tributi regionali e locali.
Ciò, non implica, secondo l’ormai pacifica interpretazione fornita dalla giuriprudenza della Corte Costituzionale , l’immediata riconduzione alla competenza esclusiva delle Regioni, quale competenza residuale.
Ciò posto, possiamo affermare che le Regioni sono titolari di potestà legislativa tributaria ai sensi dell’art. 23 e che tale potestà  è funzionale all’autonomia riconosciuta agli enti territoriali e all’attribuzione agli stessi della generalità delle competenze amministrative sulla base del principio di sussidiarietà.
Pertanto, è necessaria una analisi combinata delle disposizioni di cui all’art. 119 della Costituzione e del recente decreto legislativo n. 49 del 2009 in materia di federalismo fiscale.


2. Autonomia finanziaria dopo la legge n. 3 del 2001

Con la legge costituzionale n. 3 del 2001, sono state modificate diverse norme del Titolo V della Carta Costituzionale.
Tale riforma si è resa necessaria dopo che le leggi Bassanini , avevavo riconosciuto ed introdotto nel nostro ordinamento il principio di sussidiarietà. Quest’ultimo previsto dal Trattato di Maastrict, stabilisce che le decisioni devono essere assunte dagli organi più vicini alla comunità, essendo giustificato l’intervento degli organi superiori solo ove risulti inadeguata l’organizzazione dell’ente territoriale, ovvero si tratti di interessi che per loro natura debbano essere gestiti a livello centrale.
Tra le modifiche introdotte, significativa è quella relativa alla autonomia finanziaria riconosciuta agli enti locali, così come delineata dall’art. 119 della Costituzione.
In particolare, diviene necessaria, in seguito alla attribuzione generalizzata delle funzioni agli enti locali, il riconoscimento di una effettiva autonomia finanziaria.
A differenza del passato la norma riconosce autonomia alle Regioni, ma anche agli enti locali; inoltre, è espressamente attribuita autonomia di spesa ( come in passato) e di entrata.
Infatti, prima del 2001 era attribuita alle sole Regioni la facoltà di disporre liberamente dei finanziamente ottenuti dallo Stato; oggi, è attribuita anche agli enti locali la possibilità non solo di disporre dei finanziamenti ( autonomi di spesa) ma anche la possibilità di stabilire e applicare “tributi ed entrate proprie, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”.
A tal proposito si osserva che l’autonomia normativa tributaria degli enti locali è di “qualità diversa” perché si svolge, ex art. 23 cost., nell’ambito della potestà legislativa regionale e si esercita solo con lo strumento normativo secondario del regolamento. In questa ottica è probabilmente discutibile l’aver posto, con l’art. 119, commi 1 e 2, formalmente sullo stesso piano, regioni ed enti locali ai fini dell’autonomia tributaria. Per le regioni l’autonomia tributaria infatti, si accompagna alla potestà legislativa loro attribuita in via primaria dall’art. 117, co. 4  e dall’art. 23 Cost.. Per gli enti locali, invece, l’autonomia tributaria si colloca (ed altrimenti non poteva essere vigente l’art. 23 Cost.) all’interno della potestà legislativa delle regioni e, quanto ai principi fondamentali, di quella dello Stato.
All’indomani della legge Costituzionale n. 3 alcune regioni hanno ritenuto, in tal senso di potere modificare la disciplina dei tributi regionali regolati da norme statali. Tale orientamento, però, ha trovato la censura della Corte Costituzionale, la quale ha negato l’immediata operatività della nuova normativa, ritendo, al contrario, necessaria, l’adozione di una norma che regolamentasse il passaggio dal vecchio al nuovo sistema.
E’ quanto accaduto, in particolare, con riferimento al bollo auto e all’Irap.
Ci occuperemo del primo, nel successivo paragrafo.

2.1 Un caso particolare: il bollo auto

Il gettito della tassa automobilistica è stato attribuito con decreto legislativo 504/1992 alle Regioni a statuto ordinario, cui a partire  dalla legge 449 del 1997 è stato demandato l’accertamento, la riscossione, il recupero, i rimborsi nonché l’applicazione di sanzioni ed il contenzioso amministrativo relativo alla stessa.
Inoltre, è concessa, seppur in via limitata la possibilità di determinare con propria legge gli importi nella misura compresa tra il 90% e il 110%.
Come sopra detto, proprio con riferimento a tale tassa sono sorte questioni di legittimità costituzionale relative al nuovo riparto di competenze legislativo come delineato dall’art. 117 cost.
Infatti diverse regioni, alla luce dei nuovi poteri riconosciuti hanno ritenuto di poter adottare modifiche alla disciplina statale in materia di bollo auto.
La premessa è che in base al nuovo ordinamento delineato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 le regioni sono titolari di una potestà normativa tributaria primaria e non secondaria. Inoltre, secondo questo orientamento, si è affermato che l’art. 119 comma 2 quando recita che “ le regioni stabiliscono tributi propri secondo i principi del coordinamento della finanza pubblica”, fa riferimento al comma terzo dell’art. 117 della Costituzione che disciplina la potestà legislativa regionale complementare, nella quale allo Stato è riconosciuta la facoltà di stabilire solo i principi fondamentali.
Tanto premesso, diamo atto di alcuni dei provvedimenti legislativi regionali adottati in questi anni, e poi caduti sotto la scure della pronuncia di illegittimità costituzionale.
Una delle norme sottoposte a censura da parte della Corte Costituzionale è la legge n. 20 del 2002 della regione Piemonte .
La regione allo scopo di limitare l’inquinamento atmosferico ha previsto ( ex art. 2 legge n. 20 del 2002) l’esenzione permanente dal pagamento della tassa automobilistica oltre che per gli autoveicoli elettrici, anche per quelli a gas metano, dotati di impianti di dispositivo per la circolazione con tale alimentazione all’atto dell’immatricolazione.
La normativa contrasterebbe con quella nazionale, in base alla quale è possibile, in ragione delle caratteristiche dell’impianto di alimentazione del veicolo, prevedere delle riduzioni o esenzioni temporanee ma mai permanenti della tassa in questione.
Altro profilo di contrasto con la disciplina statale ( art. 3 legge 27 luglio 2000, n. 212, Statuto dei contribuenti) è ravvisato all’art.4 della suddetta legge regionale.
La norma regionale, infatti, disponendo una proroga per il recupero delle tasse automobilistiche, contrasta con la previsione citata dello Statuto dei contribuenti, in base al quale i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Parimenti è stata censurata la legge della regione Piemonte n. 14 del 2006.
Questa legge modifica, in parte, il criterio di tassazione stabilito dal legislatore statale in materia di tassa automobilistica.
Dispone, infatti l’art. 3 della legge in parola che l’ammontare della tassa va stabilito in funzione unicamente del numero dei Kw, senza alcun riferimento alla tipologia del veicolo quale indicata dalla normativa statale .
Questa, infatti, (art. 17 comma 16 legge 449 del 1997) dispone che i criteri ai quali occorre fare riferimento ai fini della determinazione dell’ammontare della tassa automobilistica sono, non solo il  numero dei Kw del veicolo, ma anche il tipo e la categoria (autovetture ed autoveicoli per trasporto promiscuo, autobus, autoveicoli speciali), nonché, a partire dal gennaio 2007 il livello delle emissioni inquinanti secondo quanto stabilito dalle direttive comunitarie.
Analoga situazione si è verificata in Veneto, dove è caduta sotto la censura di legittimità costituzionale la legge n. 18 del 20002.
Quest’ultima, proprio come la normativa del Piemonte ha previsto la possibilità di postergare il termine di scadenza per il recupero delle tasse automobilistiche.
La regione era ricorsa all’adozione di  tale normativa allo scopo di evitare che, per la inidoneità della documentazione in suo possesso, divenisse impossibile il recupero del credito.
A detta della Regione il divieto di proroga dei termini di prescrizione e di decadenza non costituirebbe un valore assoluto e disposizione inderogabile.
La deroga operata, sarebbe nel caso in questione giustificata da ragioni di certezza del diritto altrimenti eluse ove divenisse impossibile l’esercizio dell’attività di riscossione da parte dell’autorità amministrativa a ciò deputata, ma la Corte Costituzionale non è stata dello stesso avviso.
Infine, per far fronte ad una situazione di incompletezza e di non aggiornamento dei dati, anche la regione Campania  ha previsto un rinvio del termine per il recupero delle tasse, relativamente all’anno 1999, allo scopo di evitare che la descritta situazione vanificasse il tributo relativo all’anno di riferimento.
In particolare la norma deroga a quanto stabilito dalla legge 28 febbraio del 1983, n. 53 che fissa entro il terzo anno da quello in cui doveva avvenire il pagamento il termine per effettuare il recupero.
Tale termine, che sarrebbe scaduto entro il 31 dicembre 2002, è stato ritenuto dalla Regione inidoneo a permettere la messa a punto dei dati informatici concernenti la tassa, che in tal modo sono risultati incompleti e non aggiornati.
Nelle citate sentenze la Corte motiva la propria censura, muovendo dall’assunto della natura del tributo.
La tassa automobilistica è, infatti,  un tributo “attribuito” alle Regioni cui ne è demandata la relativa attività amministrativa, ma non può essere considerato tributo proprio ai sensi dell’art. 119 comma 2 della Costituzione.
Tale norma, infatti, fa riferimento soltanto alle norme che la regione, nei limiti del coordinamento con il sistema tributario statale, istituisce con proprie leggi.
Tale tassa non essendo divenuta oggetto di legislazione concorrente ex art. 117 comma 2 lett. e) della Costituzione, non può essere sottoposta a modifica legislativa da parte della regione.
Da ciò consegue che è concesso alle regione operare solo sul quomodo del tributo ( ovvero sulla disciplina amministrativa) mentre contrasta con i principi costituzionali l’eventuale attività normativa finalizzata a variarne gli elementi essenziali (an ed il quantum).
Inoltre con riferimento alle censure operate con riguardo alla modifica dei termini di decadenza e di prescrizione, la Corte rileva un ulteriore aspetto di illegittimità costituzionale dato dalla violazione della potestà legislativa esclusiva statale.
L’assunto è che le cause di estinzione dei diritti per prescrizione o decadenza rientrano nell’ambito della materia dell’ordinamento civile, che la lettera l) dell’art. 117 cost. ascrive nelle residue materie di competenza esclusiva statale.

 

3. La legge n. 42 del 2009

La legge n. 42 del 2009 recante “delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione” è intervenuta a colmare il vuoto normativo seguente alla riforma costituzionale del titolo V del 2001 e a dare attuazione ai principi del federalismo soprattutto dal lato dell’autonomia fiscale ed impositiva di regioni ed enti locali.
Dispone l’art. 7 della legge n. 42 del 2009 che sono tributi regionali propri sia quelli istituiti dalle regioni con proprie leggi, sia quelli derivati, cioè quelli istituiti e regolati con legge statale il cui gettito è attribuito alle regioni.
Nella fase successiva alla modifica dell’art. 119 della Costituzione, come visto, la giurisprudenza costituzionale ha continuato a sottolineare come in attesa di una normativa specifica di coordinamento non potesse prospettarsi una operatività immediata del sistema di autonomia finanziaria regionale.
La legge delega del 2009, nel definire tributo proprio regionale anche le compartecipazioni al gettito di tributi statali, espressamente delinea i poteri riconosciuti alle regioni in tale ambito, colmando il vuoto normativo su cui si erano basate alcune delle censure poi, accolte, dalla Consulta.
Dispone, infatti, l’art. 7 della citata legge che con riferimento ai cosiddetti tributi propri derivati, alle regioni è attribuita la possibilità di intervenire con propria legge a modifica della disciplina relativa.
In particolare è riconosciuta la possibilità di modificare le aliquote, di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni.
Naturalmente tale potestà dovrà esplicarsi entro i limiti dei principi generali stabiliti dal legislatore nazionale, e ciò, potrà comportare verifiche di costituzionalità.
Infatti, pur dopo l’importante riforma costituzionale, l’Italia resta un ordinamento unitario, ma nel quale può scorgersi una maggiore autonomia, anche nell’ambito specificatamente affrontato nel presente contributo, a vantaggio delle Regioni e degli altri enti più vicini alla compagine sociale.

 

 

Documenti allegati