- Giurisprudenza
- Guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di stupefacenti ed omicidio stradale
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Guida in stato di ebbrezza - Elementi probatori
Corte di Cassazione, IV sez. penale
20 marzo 2008, n. 12387
Ai fini dell’accertamento del reato di cui all’art. 186 cod. strada (guida sotto l’influenza dell’alcool) possono essere utilizzati come elementi di prova i referti degli accertamenti diagnostici eseguiti - secondo i criteri e gli ordinari protocolli sanitari di pronto soccorso - durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale e non preordinati all’accertamento del reato di cui trattasi, senza che al fine sia necessario il consenso del soggetto interessato.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione.
Il Tribunale di Belluno condannava S. L., all’esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, alla pena di Euro 1200,00 di ammenda per il reato di guida di una bicicletta in stato di ebbrezza (fatto avvenuto il (OMISSIS)). Il giudicante motivava il suo convincimento, circa la ritenuta colpevolezza dell’imputato, evidenziando che gli accertamenti sanitari eseguiti presso l’ospedale in cui lo S. era stato ricoverato a seguito di incidente stradale, avevano evidenziato la presenza nel sangue dello S. stesso di un tasso di etanolo pari a 2,19 g/l, dunque ben superiore a quello stabilito dalla legge. Ha proposto gravame l’imputato denunciando violazione di legge, nonché vizio motivazionale sui seguenti rilievi: inutilizzabilità del referto sanitario per asserita mancanza di consenso al prelievo del sangue nonché per omesso deposito dell’atto ed avviso al difensore. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché basato su doglianze manifestamente infondate. Quanto al prelievo ematico, correttamente il Tribunale ha ritenuto utilizzabile il referto sanitario, in quanto relativo ad accertamenti diagnostico-terapeutici indispensabili per verificare le condizioni dello S. a seguito dell’incidente. In materia si sono registrati ripetuti interventi della Corte di Cassazione il cui orientamento si è consolidato nel senso che, ai fini della utilizzabilità probatoria dei risultati di un prelievo ematico, è necessario che l’esame sia stato eseguito nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso. É stato precisato infatti che, per l’accertamento del reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza, sono utilizzabili i risultati del prelievo ematico che sia stato effettuato - così come è avvenuto nella concreta fattispecie - secondo i criteri e gli ordinari protocolli sanitari di pronto soccorso, durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, trattandosi, in tal caso, di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica, con conseguente irrilevanza, a questi fini, della mancanza di consenso. É stato così enunciato il seguente principio di diritto: “i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale, e non preordinate a fini di prova della responsabilità penale, sono utilizzabili per l’accertamento del reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi l’assenza di consenso dell’interessato” (così Sez. 4, n. 22599/05). Per quel che riguarda l’omesso deposito del referto sanitario, questa Corte, con la più recente ed ormai in tal senso consolidata giurisprudenza (con decisioni antecedenti al proposto ricorso), ha precisato che l’omesso deposito del verbale relativo all’“alcooltest” - ma evidentemente lo stesso è a dirsi per il referto ospedaliere concernente l’esito del prelievo ematico - non determina alcuna nullità (così: Sez. 4, n. 31333/04 del 16/7/2004 - ud. 22/4/04 - P.M. in proc. Siciliano, RV. 228958; Sez. 4, n. 18610 del 22/4/04 - ud. 17/12/2003 - imp. Perugini, RV. 228339; Sez. 4, n. 43376 del 12/11/2003 - ud. 22/10/2003 - imp. De Sannio, RV. 226033; cfr. anche Sez. 4, n. 21738 del 7/5/2004 - ud. 11/3/2004 - imp. Elgharras, RV. 229114 secondo cui il verbale relativo al cd. “alcooltest” non rientra tra gli atti soggetti all’obbligo di deposito per il difensore). Alle suesposte considerazioni deve poi aggiungersi, “ad abundantiam”, che nel caso in esame il giudizio si è svolto nelle forme del rito abbreviato, con tutte le conseguenti limitazioni circa la deducibilità di ipotesi di inutilizzabilità non patologica. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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