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I soggetti agenti della riscossione ed il ruolo dell'ACI

Di Lucia Vecere

 

(Relazione predisposta per il convegno "La legittimità del procedimento di riscossione coattiva" organizzato dalla Conferenza dei Giovani Avvocati presso l'Ordine degli Avvocati di Roma l’16 novembre 2012, presso il Palazzo di Giustizia in Roma)

 Per introdurre gli agomenti che verranno trattati in questa conferenza, mi è stato affidato il compito di descrivere l’evoluzione del ruolo dell’agente di riscossione e di valorizzare in tale contesto l’esperienza di ACI, nel settore di riscossione della tassa automobilistica. Per tale motivo, dopo aver sinteticamente descritto il passaggio dalla attività di riscossione privatistica a quella pubblicistica, soffermandomi sul ruolo assunto in tale ambito da Equitalia, dedicherò la seconda parte del mio intervento alla storia dell’attività della riscossione della tassa automobilistica da parte di ACI, Ente pubblico non economico, affidatario del pubblico registro automobilistico, che prima in regime di monopolio, regolato da Convenzioni con il Ministero delle Finanze ed oggi come affidatario di alcune Regioni, continua a esercitare il ruolo di agente di riscossione della tasse automobilistiche.

PRIMA PARTE

DALLA ATTIVITA' DI RISCOSSIONE PRIVATISTICA A QUELLA PUBBLICISTICA, IL RUOLO DI EQUITALIA.

 1) Gli agenti di riscossione privati

Il servizio di riscossione dei tributi, fino all'anno 1989 era affidato agli esattori delle imposte dirette, i quali erano incaricati di incassare, per conto dello Stato e degli altri enti impositori, tutti i tributi (erariali e non erariali). Per essere ammessi all'esercizio di tale attività, gli esattori dovevano superare un rigoroso esame indetto dal Ministero delle Finanze e percepivano un aggio di riscossione la cui misura massima era del 6,72%. Il D.p.r. 28 gennaio 1988, n. 43, attuativo della legge di delega 4 ottobre 1986, n. 657, riformò la riscossione dei tributi, affidando ai concessionari la riscossione coattiva di tutte le imposte erariali, con decorrenza dall'1/01/1990. Tale riforma, abolì le esattorie comunali e gli esattori privati, migliorando l'incisività dell'azione di riscossione sul territorio nazionale. I concessionari, in genere Istituti di Credito affidatari della riscossione, infatti si organizzarono per la riscossione in maniera più capillare. La L. 337/1988 permise l'abbandono della documentazione cartacea per ottenere il rimborso delle quote inesigibili e l'abolizione dell'obbligo propedeutico dello svolgimento della procedura mobiliare. Essa portò tra l'altro: l'abolizione del non riscosso come riscosso, la cartella unica sulla base del domicilio fiscale del contribuente, le procedure cautelative ed esecutive, l'accesso alle banche dati dell'anagrafe tributaria. Con la L. 248/2005 (che convertì, con modificazioni, il decreto legge 203 del 30 settembre 2005) infine è stato soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione ed è nata la figura dell'agente di riscossione, le cui funzioni sono state attribuite all’Agenzia delle Entrate che le esercita mediante la società "Riscossione spa" società per azioni, a totale capitale pubblico (51% in mano all'Agenzia delle entrate e 49% all'Inps).

2) La publicizzazzione del servizio di riscossione

2.1) Con il DL 203/2005, il Governo aveva apportato, nella speranza di ottenerne la conversione in Parlamento, una modifica radicale del sistema della riscossione, sostanzialmente riattraendolo alla mano pubblica. Prima di questo intervento, il sistema era articolato in due distinte fasi, gestite da due soggetti completamente diversi fra di loro:

1. la prima, diretta alla formazione del ruolo, era gestita dai singoli Enti impositori in collaborazione con il Consorzio Nazionale per i Concessionari della Riscossione (C.N.C.), ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico (anche se avente forma consortile);

 2. la seconda, volta alla materiale adprehensio dell’entrata, gestita in quasi totale libertà, salvo il doveroso controllo da parte degli enti impositori, dai singoli concessionari per la riscossione, ossia da soggetti privati rispondenti a particolari caratteristiche tipologiche ed iscritti ad un particolare albo “professionale” previsto dalla L. 446/1997. Questo sistema con la riforma del 2006 è stato da un lato mantenuto in ordine alla bifasicità dell’attività di riscossione e, dall’altro, completamente stravolto mutando i soggetti di riferimento.

2.2) Il nuovo concessionario unico per la riscossione: Riscossione S.p.A. poi Equitalia.

Per quanto riguarda la riscossione materiale dell’entrata tributaria, l’art. 3 c. 1 D.L. 203/2005 prevedeva che, a decorrere dal 1° ottobre 2006, fosse soppresso il precedente sistema di affidamento in concessione della riscossione e che le relative funzioni fossero attribuite direttamente all’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia delle Entrate, però, non avrebbe operato direttamente con i propri mezzi ed il proprio personale, anche perché, nonostante l’evoluzione organizzativa dell’Amministrazione Finanziaria avviata con la riforma del 1999 e la trasformazione dei suoi “bracci operativi” in agenzie, la stessa non presentava ancora una struttura adeguata; fu creato perciò un nuovo organismo di diritto privato, la Riscossione S.p.A., una società, con capitale iniziale di 150 milioni di euro, interamente partecipata da detta Agenzia (51%) e dall’I.N.P.S. (49%). Alla Riscossione S.p.A. furono affidate – ricevendo in cambio il previsto aggio riscossione (9%) - tutte le funzioni necessarie ed occorrenti per la materiale esecuzione del ruolo e la adprehensio ed il versamento nelle casse erariali delle entrate. In particolare, ai sensi di quanto prescritto dall’art. 3 c. 4 D.L. 203/2005, Riscossione S.p.A., senza obbligo di cauzione (a differenza dei concessionari e delle società che, acquistate da Riscossione S.p.A., continuarono a svolgere attività dopo il 1° ottobre 2006) procede a:

 1. svolgere attività di riscossione mediante ruolo (il core business - obbligatorio ex lege - della Riscossione S.p.A., secondo le disposizioni di cui al d.P.R. 602/1973 il quale, modificato dall’ art. 3 c. 28 D.L. 203/2005);

 2. effettuare le attività di riscossione spontanea, liquidazione ed accertamento delle entrate, tributarie o patrimoniali, degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate;

3. effettuare altre attività, strumentali a quelle dell’Agenzia delle Entrate, anche attraverso la stipula di appositi contratti di servizio e, a tal fine, potendo assumere finanziamenti e svolgere operazioni finanziarie a questi connesse.

Le sopra esposte funzioni dovevano essere svolte da Riscossione S.p.A, poi Equitalia, direttamente, per il tramite di proprie strutture e propri funzionari, per tale motivo la legge, prevedeva la possibilità di gestire “in proprio” la riscossione , inoltre disponendo in ordine ai dipendenti delle società concessionarie per la riscossione, non acquistate da Riscossione S.p.A., che (purché: 1)assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; 2) già in servizio alla data del 31 dicembre 2004 ed 3) ancora in servizio alla data del 1° ottobre 2006, data di entrata in vigore del nuovo sistema di riscossione) sarebbero stati trasferiti nei ruoli organici di Riscossione S.p.A., previa valuazione delle esigenze operative, senza alcuna soluzione di continuità e con garanzia della posizione giuridica, economica e previdenziale fino ad allora maturata. Tale disposizione conseguiva al fatto che tali società cessando iuris et de iure di esercitare attività di riscossione alla data del 1° ottobre 2006, divenuto impossibile il conseguimento dell’oggetto sociale, sarebbero state poste in liquidazione.

Nel 2007 Riscossione SPA ha dato vita ad Equitalia raggruppando i vecchi concessionari attraverso una campagna di acquisizioni e fusioni, al fine di ridurre il numero totale degli Agenti della riscossione, che nel 2011 sono confluiti in tre società, dal 31 dicembre 2011, alle quali se ne sono aggiunte due strumentali, nel dettaglio: Equitalia Nord S.p.a. Equitalia Centro S.p.a. Equitalia Sud S.p.a. Equitalia Servizi S.p.a. Equitalia Giustizia S.p.a. I

l Gruppo Equitalia esercita così la riscossione dei tributi sull’intero territorio nazionale, esclusa la Sicilia. In particolare, Equitalia esercita sia la riscossione non da ruolo, che riguarda, per esempio, le entrate pagate con F23, sia la riscossione a mezzo ruolo, che è effettuata sulla base della notifica di una cartella di pagamento. Il Gruppo Equitalia si compone delle società Equitalia S.p.a. (capogruppo), delle società da essa controllare e di altri tre agenti di riscossione presenti su tutto il territorio nazionale (Sicilia esclusa, la cui società si chiama Riscossioni Sicilia S.p.A.). Equitalia spa esercita funzioni prevalentemente strategiche, di indirizzo e controllo dell’attività degli agenti della riscossione, mentre gli agenti si occupano degli aspetti operativi della riscossione, gestendo gli sportelli e i rapporti con i contribuenti e con gli enti. Equitalia Servizi supporta gli agenti della riscossione sia come fornitore di soluzioni tecnologiche sia come interfaccia con gli enti. Equitalia Giustizia si occupa della riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie conseguenti ai provvedimenti giudiziari passati in giudicato o diventati definitivi dal 1º gennaio 2008.

Dal 1 gennaio 2012 la struttura degli agenti di riscossione, ossia delle filiali locali di Equitalia S.p.a., sono pressoché su tutto il territorio nazionale, organizzati su base regionale, con competenza provinciale, come di seguito riportato:

Equitalia Nord S.p.a., competente per tutto il territorio: Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Valle da Osta e Veneto;

Equitalia Centro S.p.a., competente per tutto il territorio: Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Sardegna, Toscana e Umbria;

Equitalia Sud S.p.a., competente per tutto il territorio: Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Puglia;

Riscossione Sicilia S.p.A., non facente parte del gruppo Equitalia S.p.a., ma 60% Regione Siciliana e 40% Agenzia delle Entrate, competente per tutto il territorio regionale della Sicilia.

3) la nazionalizzazione del servizio di riscossione (L. 248/2005, art.n.3;L.10/2011; DPCM 25/32011, L214 e DL 174/2012) il disimpegno di Equitalia ( permane la competenza su:stato, regioni e provincie)

Il completamento della fase di acquisizione del capitale azionario delle società private concessionarie del servizio di riscossione che consetirà ad Equitalia di rappresentare l’unico soggetto giuridico pubblico autorizzato a procedere alle entrate tramite ruolo si completerà, a seguito dei rinvii operati dalle leggi succedutesi in questi due ulimi anni ( ex L. 26/2/2011 n. 10, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 225/2010, e successivamente; ex L. 22/12/2011 n. 214, Conversione in legge, con modificazioni, del “decreto-legge 201/2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici ha stabilito”, modificato dal successivo D.L. 10/10/2012 n. 174, “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”) entro il termine al 30 giugno 2013. Inoltre, a seguito della riforma dell’estate 2011, Equitalia sarà tuttavia esclusa da ogni possibilità di affidamento nella riscossione delle entrate comunali, con conseguenze in ordine all’impossibilità di agire in via esecutiva tramite ruolo, dovendo perciò riesumare la vecchia procedura per ingiunzione fiscale, di cui al secolare R.D. 639/1910. Ciò comporterà che i Comuni potranno provvedere (ex Dlgs n.446 del 15/12/1997) con una delle tre forme di gestione delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione seguenti: - 1) gestione diretta o in forma associata; - 2) l'affidamento in house providing (mediante convenzione a società interamente pubblica - 3) affidamento a terzi mediante procedure ad evidenza pubblica, quando il ricorso all'in house non sia percorribile) Peraltro, in tale ambito, come dichiarato dal Consiglio di Stato (Sent. 3413/12), non sarà possibile applicare al meccanismo dell'ingiunzione fiscale lo stesso meccanismo previsto per Equitalia (aggio parzialmente o totalmente addebitato al contribuente, che invece deve essere riversato nel costo generale del servizio e perciò paradossalmente distribuito su tutti i contribuenti, anche i non morosi) In ultimo, con riferimento al Codice della Strada ed alla riscossione delle sanzioni ex art 27 L.689/1981, se la definizione di ingiunzione fiscale rimane immutata, parimenti non risultano invariate alcune disposizioni relative alla esecuzione dell'ingiunzione tenuto conto di quanto disposto dall''art 3 e ss RD 639/1910, dall'art 615 cpc opposizione all'esecuzione), dall'art.617 cpc ( opposizione agli atti esecutivi) e dall'art 32 L150/2011 che si riferisce all'opposizione all'ingiunzione e non fa riferimento agli atti esecutivi. Tali argomenti, tuttavia, importanti e specialistici, meritano una autonoma trattazione.

II PARTE

 IL RUOLO DI ACI NELL'ESENZIONE DEL TRIBUTO AUTOMOBILISTICO

1)La tassa automobilistica e l’ACI

La disciplina del tributo sugli autoveicoli e del relativo regime di riscossione può essere ripercorso in modo efficace e significativo esaminando il corrispondente sviluppo della materia pattizia tra l’Ente ACI e lo Stato (Ministero delle finanze) e tra ACI e le Regioni convenzionate, ripercorrendo in tal senso alcune delle tappe dello studio analitico realizzato in materia da Sebastiano Catalano e pubblicato sulla Rivista Finanza Pubblica, n.22 del 2006. In relazione alla natura del tributo, la «tassa» si distingue dagli altri prelievi fiscali poiché collega la domanda di un servizio dello Stato alla necessaria attività dell’Ente pubblico, ma in assenza di un rapporto sinallagmatico tra le due prestazioni. In particolare, l’attività pubblica a cui è ricondurre il tributo automobilistico è quella posta in essere per consentire ai cittadini fruire ed accedere alle vie di comunicazione del Paese in piena e perfetta efficienza e secondo anche i criteri non solo nazionali, ma ormai anche europei, di efficacia ed economicità, nonché di sicurezza per la personale ed altrui incolumità. Il D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39,T.U. sulle tasse automobilistiche, rappresenta la normativa originaria in materia, che correlò l’uso del bene pubblico (vie di comunicazione, stradali o marittime) al corrispettivo chiesto all’utente, rapportando la tassa alla cilindrata per i motocicli leggeri ed in CV (cavalli-vapore) per gli autoveicoli ed autoscafi, secondo i dati presenti sulla carta di circolazione. Il sistema di versamento del prelievo fiscale fu collegato alla diretta competenza dell’Ufficio del Registro devolvendo il controllo e la riscossione della tassa di locomozione all’ACI (Automobile Club d’Italia) per mezzo della costituzione degli Uffici Provinciali Esattori (U.P.E.), in regime di concessione esclusiva, negoziata, tra Ministero delle Finanze, per mezzo di apposita convenzione. La legge del 1953, produsse i propri effetti fino al 31 dicembre 1998, anno di cessazione dell’ultima convenzione, più volte prorogata, tra il Ministero e l’ACI. Per quanto concerne le modalità di corresponsione del tributo, il contribuente poteva corrispondere la tassa secondo una scadenza, articolata in rate o periodi, quadrimestrali o bimestrali, fatto salvo, il pagamento in unica soluzione, con diritto alla riduzione del tributo dovuto. Il provento del tributo versato affluiva all’apposito capitolo dello stato di previsione dell’entrata del Ministero delle finanze, una parte dell’entrata (1/3) medesima veniva successivamente assegnata a ciascuna Provincia (per metà in rapporto alla superficie e per metà in proporzione alla lunghezza delle strade). La tassa di circolazione rappresentava perciò una forma di finanziamento delle Provincie. All’epoca, l’utente aveva l’obbligo di esposizione sul proprio veicolo del talloncino, a prova dell’esecuzione dell’adempimento di natura fiscale, disposizione successivamente abolita. Con l’attuazione della previsione costituzionale dell’autonomia territoriale che prevedeva la costituzione dell’Ente Regione, L’art. 4 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (in G.U. 22 maggio 1970, n. 127), modificato dall’art. 5 della legge 14 giugno 1990, n. 158 (in G.U. 22 giugno 1990, n. 144), attribuì alle Regioni a statuto ordinario la titolarità dell’assegnazione di una parte della tassa automobilistica. Dagli anni settanta agli anni novanta, l’evoluzione normativa portò alla trasformazione della natura giuridica da tassa di circolazione in tassa di possesso del mezzo di trasporto. A tali fini impositivi, fondamentali risultavano le risultanze d’ iscrizione al P.R.A. (pubblico registro automobilistico), con la conseguenza che la cancellazione del veicolo comportava il venir meno del vincolo contributivo per tutti i periodi d’imposta successivi alla relativa formalità di annotazione (art. 5 del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito dalla legge 28 febbraio 1983). Con il D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 23), a decorrere dal 1° gennaio 1993, per le sole Regioni a statuto ordinario, si concluse il processo di devoluzione dell’intera tassa di possesso (e, non più, come in precedenza, di una sola quota) con il contestuale mutamento della denominazione del tributo in tassa automobilistica regionale. Le Regioni poterono esercitare così, per i tributi di nuova appartenenza, il potere di vigilanza sull’Ente concessionario, secondo le modalità stabilite dalla Convenzione a quell’epoca vigente, cioè quella approvata dal D.M. 26 novembre 1986 (in G.U. 22 dicembre 1986, n. 296) avvalendosi, però, ancora, degli uffici statali e non di organizzazione propria. . Per le Regioni a statuto speciale, fu mantenuta (e continua tuttora a permanere) la natura erariale della tassa in questione; in particolare, per quanto concerne la Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige, occorre ricordare che dal 1° gennaio 1999, con la costituzione delle province autonome di Trento e Bolzano, la gestione finanziaria e fiscale del prelievo automobilistico è stata devoluta interamente alle due province a titolo di tassa provinciale. Per quanto concerne l’aspetto normativo, per la Sicilia, in virtù dello statuto siciliano, tutte le entrate erariali riscosse entro il territorio della stessa erano già di spettanza della Regione, mentre per le rimanenti tre regioni a statuto speciale, Sardegna, Valle D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, era stato previsto - nei i rispettivi ordinamenti - la possibilità dell’attribuzione (o destinazione) di quote di tributi statali, introitati nel territorio regionale, quali le tasse automobilistiche. L’ultima, decisiva ed importante innovazione è stata stabilita, invece, con la legge 27 dicembre 1997, n. 449, in base alla quale a decorrere dal 1° gennaio 1999, l’accertamento, la riscossione, il recupero ed i rimborsi, nonché l’irrogazione delle sanzioni ed il contenzioso amministrativo delle tasse automobilistiche regionali, sono state definitivamente assegnate alle Regioni a statuto ordinario (art. 17, comma 10). Anche i parametri di riferimento del tributo hanno subito modifiche significative e, a decorrere dal 1° gennaio 1998, la tassa è misurata con riferimento alla potenza effettiva dei veicoli a motore, espressa in Kw (e non più, come in precedenza, in CV) (art. 17, comma 16) ed è stato abolito l’obbligo, per il contribuenteutente, di esporre sull’autoveicolo il disco contrassegno, comprovante l’ avvenuto assolvimento dell’obbligo. Con il D.M. 25 novembre 1998, n. 418, fu completato il procedimento amministrativo connesso alla nuova gestione del tributo, trasferendo le funzioni, con la delega dalle regioni stesse al concessionario del servizio (non più in regime di monopolio) per il controllo e la riscossione delle tasse automobilistiche (art. 2). A decorrere dal 1998 sono stati prescritti i nuovi versamenti tributari, su base annuale ed in unica soluzione (e non più, quindi, a scadenza bimestrale o quadrimestrale, come avveniva in precedenza) e dal 1° gennaio 1999, è cessato ogni effetto giuridico della convenzione del 26 novembre 1986 tra il Ministero delle finanze e l’Ente ACI, determinando la fine dell’attività di riscossione in monopolio delle tasse automobilistiche.

2) La gestione in concessione statale dell’attività di riscossione del tributo automobilistico all’ACI

I rapporti giuridici ed economici tra titolare del tributo e concessionario dell’imposizione veicolare furono regolati, fin dalla nascita della Repubblica, per mezzo di apposito contratto, approvato con decreto ministeriale. L’Amministrazione finanziaria si era dotata dello strumento operativo di servizio permanente di controllo contabile ed amministrativo presso l’ACI, istituito con D.L.vo 18 gennaio 1948, n. 69, di modo che l’Ispettore compartimentale del servizio tasse ed il personale ispettivo a lui medesimo delegato avessero accesso diretto presso le esattorie e le agenzie dell’ACI e presso il P.R.A. per le verifiche contabili ed i controlli di merito, anche per l’esatta assegnazione dell’aggio (o compenso contrattuale) e la corretta applicazione delle norme tributarie, da parte degli uffici ACI verso i contribuenti. La vigenza di tale norma è venuta meno con l’avvenuta cessazione del monopolio relativo alla riscossione del prelievo automobilistico (31 dicembre 1998). La prima convenzione ebbe la luce il 10 giugno 1950 e fu valida per il periodo 1° dicembre 1948-30 novembre 1951 (legge 7 marzo 1951, n. 206), con essa il Ministero delle Finanze demandava all’Ente la riscossione per conto dello Stato di tutte le tasse di circolazione sugli autocarri, motocarri, moto furgoncini, rimorchi ed autoscafi, adibiti al trasporto di cose, ma soprattutto l’ACI avrebbe dovuto costituire, in ciascun capoluogo di Provincia, un ufficio organizzato per la riscossione delle tasse (U.P.E.) con preposizione di un funzionario responsabile verso l’Ente. La riscossione (art. 4) dell’ACI avveniva per mezzo di bollettari di riscossione e di contrassegni metallici, autorizzati dal Ministero. A quel tempo, infatti l’automatizzazione non era ancora diffusa. La fornitura dei bollettari e la resa di quelli non utilizzati avvenivano mediante l’attuazione di una rigorosa procedura con redazione di un processo verbale, in ciascun anno e l’istituzione, presso la Direzione generale competente dell’Ente medesimo, di un registro di consistenza dei bollettari trasmessi agli uffici provinciali esattori; l’attività risultava infatti nel complesso fortemente burocratizzata. A prescindere dai controlli ispettivi sulla gestione, esercitati dall’allora Ministero delle Finanze per mezzo della Direzione generale tasse, o per mezzo dell’Ispettorato tasse, l’ACI provvedeva direttamente alla vigilanza ispettiva interna sui propri uffici per mezzo di funzionari tecnicamente idonei e, in caso di eventuali scoperte di irregolarità, abusi e/o malversazioni, vigeva l’obbligo di renderne immediata comunicazione al Ministero stesso, per il proseguimento delle indagini di sua competenza . La convenzione ACI/Ministero delle Finanze, evidenziando un modernità negoziale ancora non comune ad altri settori dei servizi, prevedeva, la sanzione della corresponsione degli interessi di mora dell’8% all’anno, la messa a disposizione di proprio personale di collaborazione per l’effettuazione delle verifiche contabili e delle operazioni di controllo, nonché anche della messa a disposizione dei locali e dei mobili per le necessità del servizio ministeriale, tradottosi nel distacco permanente del personale ispettivo ministeriale per le necessità istruttorie connesse. L’aggio percepito dall’ACI era computato in misura variabile a scalare in rapporto alla quantità di riscossioni affluite nel corso dell’anno (1° dicembre-30 novembre), nella seguente misura: - 8% sulle riscossioni non superiori a lire 1.500.000.000; - 6% sulle riscossioni non superiori a lire 2.250.000.000; - 4% sulle riscossioni fino a lire 6.000.000.000; - 3% per quelle superiori a lire 6.000.000.000. Con la convenzione successiva, valida dal 1° dicembre 1951 fino al 21 dicembre 1954, vennero apportati ai precedenti accordi, importanti innovazioni, quali: - una nuova autorizzazione, da concedere ex novo all’ACI, al fine di istituire collettorie permanenti o temporanee, dipendenti, sempre ai fini contabili ed amministrativi, dagli U.P.E. principali; - la comunicazione – da farsi dall’organo designato all’Amministrazione finanziaria entro il mese successivo a quello di riferimento – dei dati statistici, costituiti dal numero complessivo delle bollette rilasciate e dall’importo globale delle somme riscosse nel territorio nazionale; - l’istituzione, a cura dell’ACI, di un conto corrente presso l’istituto di credito scelto per l’afflusso delle somme, pervenute a titolo di tassa di circolazione; - la previsione di eventuali visite ispettive, disposte dagli organi ministeriali presso l’Istituto di credito, depositario dello strumento creditizio, sempre al fine del controllo delle attività di riscossione dela tassa in riferimento; - il versamento delle somme dovute allo Stato, da disporre non più entro i primi giorni del mese (il rendiconto doveva essere prodotto entro i quattro giorni del mese successivo, per cui le somme dovevano essere versate entro il giorno prima) ma nell’arco dei venti successivi a quelli d’incasso, dedotto l’aggio; - la modifica della misura dell’aggio di riscossione (sui particolari, per brevità, si sorvola). - Negli anni successivi, con l’avvenuto consolidamento dei rapporti contrattuali tra uffici finanziari ed Amministrazione delegata (ACI), le innovazioni apportate allo schema convenzionale per i periodi 1955-1966, furono molto limitate, ma non per questo meno significative. Le convenzioni approvate con D.M. 16 giugno 1958 (in G.U. 28 luglio 1958, n. 181) e con D.M. 12 giugno 1962 (in G.U. 1° ottobre 1962, n. 246), prevedevano la creazione di un doppio ufficio ACI, l’uno (ufficio contabilità e tasse) che provvedeva ai controlli di carattere contabile, l’altro (ufficio controllo e recuperi), il c.d. Ufficio per il precontenzioso, che si occupava della revisione di merito delle singole riscossioni e disponeva per gli eventuali recuperi di tasse, con il coordino dell’istruttoria dei rimborsi, al tempo assegnati alla competenza intendentizia. La convenzione resa esecutiva con D.M. 19 novembre 1965 (in G.U. 22 febbraio 1966, n. 47) dilatò il ventaglio delle opportunità di verifica, riservate all’Amministrazione fiscale, con l’attribuzione ad essa della facoltà di accertare presso l’ACI: - l’esecuzione degli obblighi assunti, con l’accordo stesso, per lo svolgimento del servizio; - la riserva delle eventuali nuove e maggiori entrate alla stretta organizzazione del servizio; - l’accertamento dell’adeguatezza delle spese, comprese quelle per il personale, alle esigenze del servizio. Già dal 1966, si guardava al controllo di gestione ed agli obiettivi connessi di economicità ed efficienza gestionale dell’organizzazione del servizio. Gli ultimi accordi che precedettero la fine del monopolio intervennero mentre la disciplina giuridica delle tasse automobilistiche mutava connotati e si trasformava – come abbiamo già visto – in tassa di possesso. Infatti, con le norme pattizie trasfuse nel D.M. 29 novembre 1969 (in G.U. 4 febbraio 1970, n. 30) venne decisa la predisposizione di un c/c postale intestato all’Ente stesso al fine di facilitare le operazioni dei contribuenti per il versamento tributario (art. 1). Altro fondamentale progresso riformatore allo scopo, questa volta, di evitare la maturazione di interessi attivi a favore del concessionario della riscossione fu la disposizione che rese possibile l’obbligo del riversamento giornaliero delle somme riscosse presso un c/c vincolato, intestato sempre all’ACI, fermi restando, ovviamente, i termini decadenziali (20 giorni) per l’invio della quota di pertinenza erariale alla tesoreria provinciale dello Stato. Nessuna penalità speciale (a differenza dei precedenti accordi) venne invece contemplata per i ritardati versamenti in tesoreria, onde è da ritenere che in quei casi si dovessero applicare le indennità di mora previste all’epoca in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, oltre agli interessi legali, prescritti nel tempo. Il penultimo contratto di concessione tra mandante e gestore, in tema di riscossione di tributo, risale al D.M. 20 marzo 1980 (in G.U. 20 ottobre 1980, n. 288) e non manca anch’esso di mettere in risalto chiare trasformazioni normative per rendere più trasparente il servizio. Intanto, occorre ricordare che da quella data (1980) la Sicilia stipulò accordi con l’Ente ACI per conto proprio e con separato atto, pur tenendo presente – come punto di riferimento – quello valido per tutto il settore nazionale . . L’ultimo contratto di concessione all’Ente gestore del tributo in argomento, scaduto il 31 dicembre 1998, dopo diverse proroghe, reca con sé anche la fine di un ciclo, in ossequio alle direttive comunitarie, cioè la scomparsa dell’organizzazione monopolistica dell’apparato di raccolta della tassa automobilistica, in un mercato chiuso, ed il passaggio ad un regime economico di libera concorrenza fra i servizi offerti in un mercato aperto. I Caratteri salienti e principali dell’ultima convenzione, meritevoli di particolare citazione, in quanto migliorativi, rispetto ai precedenti, furono: 1) la riaffermazione della responsabilità civile (nei confronti del contraente Ministero delle finanze) dell’ACI per i servizi di esazione e per la corretta applicazione delle leggi e dei regolamenti disciplinanti il servizio di riscossione (art. 2 del contratto); 2) il controllo mensile degli uffici finanziari, territorialmente competenti, sugli U.P.E. della Provincia per la verifica delle matrici di versamento, dei bollettini di convalida, utilizzati od annullati nel mese precedente e di quelli mancanti (art. 7); 3) la previsione espressa, in netta innovazione rispetto alle sanzioni moratorie precedenti, già previste, della corresponsione dell’interesse moratorio dell’1% per ogni giorno di ritardo sulle somme dovute dall’ACI agli organi destinatari e la tolleranza minima dei termini di versamento e cioè «non oltre il giorno lavorativo, immediatamente successivo, a quello della riscossione» (art. 1 del D.M. 8 agosto 1992); mentre venivano confermate le modalità del versamento dell’aggio secondo il già più volte provato sistema a scalare.

 3) La fine del monopolio e la gestione in affidamento da parte delle Regioni che hanno scelto come agente di riscossione l’ACI

Con la cessazione di efficacia della convenzione del 26 novembre 1986 più volte prorogata, l’ultima fino al 31 dicembre 1998, giunto al termine il «vecchio» regime monopolistico, pose il problema dell’ingaggio da parte dei nuovi contraenti. In verità, in precedenza, il D.L.vo n. 504 /1992 aveva già avviato il fenomeno della devoluzione alle regioni a statuto ordinario dell’intera (e non più di una sola parte) tassa automobilistica (che pertanto veniva definita regionale). Tuttavia, in prima battuta, non si ritenne di destinare alle medesime Regioni anche l’organizzazione dell’attività di controllo e si lasciò sopravvivere, per tale compito, l’Ispettorato centrale tasse ed il Servizio permanente di controllo presso l’ACI. I due organi avrebbero dovuto in pratica provvedere ai compiti ispettivi nell’interesse e su delega delle Regioni, con un sistema non privo di contraddizioni (art. 25 del D.L.vo n. 504/1992). Continuava ad avere, invece, natura erariale la tassa automobilistica accertata e riscossa nelle cinque regioni a statuto speciale. Per le Regioni a Statuto speciale, alla data del 1993, il Ministero delle Finanze continuava a riservare a sé stesso la competenza a procedere direttamente alla riscossione ed al controllo delle tasse automobilistiche. Detto potere è intatto a tutt’oggi, fatta eccezione per le province autonome di Trento e Bolzano. Per queste ultime, infatti, dal 1° gennaio 1999, il mutamento del regime giuridico istituzionale con la trasformazione della Regione autonoma T.A.A. in province autonome di Trento e Bolzano ha generato la tassa automobilistica provinciale, con conseguente assoggettamento al sistema giuridico introdotto per le regioni a statuto ordinario (vedere preambolo al D.M. n. 418/98). Con l’art. 10 della legge n. 449/97, le Regioni a statuto ordinario, completarono l’acquisizione in proprio della gestione finanziaria e fiscale del tributo automobilistico, in tutte le sue singole fasi dall’accertamento alla riscossione ed al recupero presso i contribuenti ritardatari, potendo così organizzare le strutture idonee allo scopo, avvalendosi del personale tecnicamente preparato e debitamente motivato (art. 1 del D.M. n. 418/98). Particolarmente innovativa, fu invece la previsione operata con il l’art. 17, co11 (DM 418/98) che inseriva i tabaccai fra gli enti delegati alla riscossione delle tasse automobilistiche. Il successivo comma 12 dello stesso articolo rinviava, a sua volta, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – sentita la conferenza permanente Stato-Regioni – per l’emanazione di un atto, disciplinatore in modo uniforme dei rapporti tra i tabaccai e le Regioni. Sennonché, mentre il decreto approvante lo schema tipo di convenzione per l’affidamento ai concessionari della gestione della tassa non è stato mai promanato, le Regioni hanno provveduto autonomamente, mentre, con il D.P.C.M. 25 gennaio 1999, n. 11 (in G.U., 28 gennaio 1999, n. 22) è stato infine disciplinato il rapporto tra i tabaccai e le Regioni. Ma l’attività del tabaccaio è stata limitata alla sola fase dell’introito con versamento delle tasse automobilistiche a favore degli enti deleganti. Inoltre, per ragioni di speditezza nei riversamenti, è stata prevista la procedura automatica di addebito dal conto corrente del singolo gestore all’Ente titolare dei versamenti attribuiti. In alternativa alla procedura di addebito automatico è stato previsto il riversamento su apposito c/c postale, intestato all’Ente interessato. Sono state previste sanzioni per il ritardo nei versamenti all’Ente, titolare dell’entrata, nella penale del 5% fino a 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza e per i ritardi più gravi, nell’incameramento della garanzia versata e nella sospensione dal servizio. Nell’ambito dei poteri di controllo e verifica (sulla riscossione delle tasse automobilistiche) è stata prevista la facoltà, riservata agli enti concedenti, di disporre ispezioni, nei confronti del tabaccaio, allo scopo di accertare la perfetta osservanza delle disposizioni normative. Per quanto concerne l’ACI, come fornitore del servizio di riscossione della tassa automobilistica, in prima battuta, allo scadere del regime transitorio, solo alcune Regioni a statuto ordinario hanno confermato l’ACI nella gestione dei servizi coinvolgenti la tassa regionale (ad oggi:Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Puglia, Toscana con le province autonome di Trento e Bolzano). Le altre regioni hanno disposto diversamente, gestendo il servizio direttamente, ovvero affidandolo ad altri enti di riscossione, quali tabaccai, banche, poste od altri consorzi. Per quanto concerne le convenzioni tra le regioni che hanno scelto come gestore del servizio l’ACI, il servizio è stato organizzato secondo modalità di piena garanzia e professionalità, secondo parametri qualitativi di efficienza ed efficacia e di economicità. E’ stata infatti prevista la possibilità di controlli e monitoraggi della Regione, «concordati» di volta in volta nel quadro delle rispettive esigenze operative ed anche attraverso la fornitura di specifici strumenti di rilevazione automatica delle prestazioni e della qualità dei servizi erogati. In linea di continuità con quanto già previsto nelle precedento Convenzioni con il Ministero delle Finanze, l’ACI anche nel rapporto convenzionale regionale risulta responsabile dei danni, «conseguenza immediata e diretta dei propri comportamenti», avvenuti per colpa grave o dolo. Per quanto riguarda le modalità di versamento, nel termine non superiore a 3 giorni, successivi non festivi, dall’incameramento delle somme versate dai contribuenti all’ACI, l’Ente riversa al concedente, sul c/c postale e sul conto del tesoriere regionale, con previsione di applicazione di specifica penalità per ciascun giorno di ritardo. Allo stato l’ACI, nell’ottica di migliorare i servizi offerti nel settore della riscossione, continua a promuovere nuove iniziative volte al miglioramento della qualità delle prestazioni offerte attraverso la predisposizione di soluzioni tecnologiche più avanzate, ma non solo, anche sviluppando servizi aggiuntivi, per esempio portando a fattor comune l’esperienza pluriennale maturata dall’Ente in altri settori, come quello statistico. Grazie a tali collaborazioni professionali interne sono in fase di rilascio nuovi prodotti di monitoraggio a supporto delle attività delle Regioni non esclusivamente connessi alle attività gestione delle fasi di riscossione del tributo, ma volti a realizzare stime e proiezioni utili per le attività di programmazione finanziaria dell’Ente stesso. In conclusione, in ragione dell’evoluzione delle politiche economiche e finanziare, l’attività di riscossione risulta sempre più dipendente dalla definizione delle politiche di programmazione di entrata e di spesa del territorio e l’ACI accettando questa nuova sfida, sta evolvendo il proprio ruolo nell’ambito della riscossione e studia e sperimenta nuoviservizi professionali all’altezza di soddisfare le mutate esigenze degli Enti terittoriali, offrendo strumenti sempre più rispondenti alle necessità ed alle attuali priorità della collettività.