- Giurisprudenza
- Illeciti penali, Guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di stupefacenti ed omicidio stradale
- Dott.ssa Maristella Giuliano

Il soggetto attivo del reato nell'omicidio stradale
Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza n. 9396 del 27 febbraio 2017
L’art 589, nella vecchia formulazione anteriore all’emanazione della legge 41/2016 sull’omicidio stradale, prevedeva l’aggravante dell’omicidio colposo a carico di chiunque avesse cagionato la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. La parola chiunque si riferiva a tutti gli utenti della strada e non solo dei conducenti dei veicoli, ma anche ad esempio ai pedoni e ai gestori della strada. Nella nuova formulazione ex art 589 bis comma 1 cp, la stessa previsione non costituisce più un’aggravante, bensì la fattispecie base dell’omicidio stradale.
Pertanto nel caso di specie, secondo la norma vigente all'epoca dei fatti, la circostanza aggravante è stata ravvisata anche a carico del direttore dei lavori, il quale, aveva omesso di effettuare il controllo tecnico dell'efficienza del tratto di strada sul quale era stato effettuato la stesura del nuovo manto stradale, prima della riapertura al traffico. Il riferimento della norma alla disciplina della circolazione stradale non riguarda soltanto coloro i quali impegnano, "circolando", le strade, bensì tutte le norme poste a garanzia della sicurezza nella circolazione stradale.
(…)
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza del 14 marzo 2013, il Tribunale di Cagliari condannava A. A. (ed altri), riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, alla pena di mesi 8 di reclusione, nonché - ritenuto nella misura del 50% il concorso di colpa della vittima del sinistro B. B. - al risarcimento del residuo danno in favore delle parti civili costituite (€ 35.000,00 in favore di ciascuna di esse), poiché giudicati colpevoli del reato di cui agli artt. 41, 589 c.p. commesso in Iglesias, il 20/9/2005.
1.1. AIl' A. A. (e agli altri coimputati) si contestava di aver cagionato, ciascuno con la condotta precisata e con il concorso della vittima, la morte di B. B., avvenuta a seguito di un sinistro stradale verificatosi sulla S.S. 130 al km. 48.300, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e nell'inosservanza delle norme in materia di costruzione e tutela delle strade, in quanto, in particolare, A. A., nella qualità di direttore dei lavori ai sensi dell'art. 124 D.P.R. 554/1999, e quindi responsabile della corretta esecuzione degli stessi a regola d'arte ed in conformità al progetto e al contratto, ometteva di effettuare il controllo tecnico dell'efficienza del tratto di strada sul quale la Impresa XXX (aggiudicataria dei lavori unitamente alla Impresa YYY con la quale aveva costituito una ATI) aveva effettuato la stesura del nuovo manto stradale prima della riapertura al traffico del tratto stradale interessato ai lavori, omettendo in tal modo di accertare la conformità del nuovo manto stradale ai requisiti di accettazione previsti nel contratto d'appalto. A causa degli omessi controlli il manto stradale perdeva di consistenza e compattezza e si sfaldava in più punti, tanto che B. B., che percorreva la S.S. 130 con direzione Cagliari ad una velocità di circa 125 km/h (superiore quindi a quella limite fissata in 80 km/h) alla guida dell'autovettura KKK targata XX000YY, giunto all'altezza del km 48,300, perdeva il controllo del mezzo che sbandava verso la propria destra ed impattava violentemente contro la barriera laterale del lato opposto della carreggiata e successivamente contro una JJJ che procedeva nella corsia di marcia con direzione Iglesias. A causa dell'urto contro la barriera, il B. B., che non indossava le cinture di sicurezza, veniva sbalzato fuori dall'abitacolo e proiettato ad una distanza di circa 32 metri nel sottostante cavalcavia, decedendo sul colpo.
1.2. Con la sentenza n. 51 del 19/01/2016, la Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena nei confronti di A. A. a mesi 6 di reclusione e, ritenuto il concorso di colpa della vittima B. B. nella misura del 70%, riduceva l'importo determinato a titolo di risarcimento danno in € 21.000,00 in favore di ciascuna parte civile costituita.
2. Avverso tale sentenza di appello propone ricorso per cassazione A. A., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett. b) c.p.p. in riferimento all'art. 40, comma 1, c.p. nella parte in cui la sentenza afferma che la bassa temperatura del bitume al momento della stesa sull'asfalto ha cagionato il disfacimento del manto stradale. Illogicità e/o contraddittorietà della motivazione risultante dagli atti di causa ex art. 606, lettera e), c.p.p.
Deduce che la Corte del merito non ha considerato che il tratto di strada realizzato con il bitume appartenente al medesimo carico (asseritamente steso a una temperatura ritenuta troppo bassa) non ha presentato i difetti in modo uniforme, ma tale fenomeno è stato riscontrato esclusivamente in alcuni isolati punti di esso, discontinui fra loro e separati da tratti in cui il manto stradale era (parole del perito) "compatto". Sostiene che, conseguentemente, non può sostenersi che la causa determinante delle tre buche sia da individuarsi nella temperatura del materiale steso, che se fosse stato il fatto generatore del fenomeno dello sfaldamento, avrebbe dovuto determinare il disfacimento dell'intera area realizzata con il carico in questione;
Il)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 40, comma 1, c.p. nella parte in cui si afferma che la eccessiva velocità nella stesa del bitume sia stata la causa del disfacimento del manto stradale. Deduce che è dato non controverso nel processo che il tratto stradale posto in opera durante la mattina non presentava alcun tipo di ammaloramento, sgranamento, imperfezione o altro, nonostante la velocità di stesa della mattina fosse di gran lunga superiore a quella del pomeriggio (6,84 m/min contro 5,06 m/min significa oltre il 30% di velocità in più). Sostiene che è, conseguentemente, evidente che una consimile infrequenza statistica nel fenomeno, in un quadro in cui addirittura la velocità di stesa è maggiore nel numero di carichi in cui il fenomeno non si è verificato, esclude totalmente il nesso causale tra il supposto antecedente e la supposta conseguenza;
III)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 40, comma 1, c.p. nella parte in cui si afferma che le caratteristiche granulometriche del bitume steso sull'asfalto e l'omessa realizzazione di un laboratorio mobile abbiano determinato il disfacimento del manto stradale. Deduce che lo stesso perito nominato dal Giudice, pur avendo rilevato una curva granulometrica lievemente superiore a quanto previsto in capitolato affermava che "il campione non presentava anomalie di rilievo", con ciò evidentemente concludendo per l'irrilevanza causale ai fini dell'ammaloramento del manto stradale. Sostiene che, in conseguenza di ciò, è espressamente contrastante con gli atti di causa l'assunto del giudice secondo cui vi sarebbe un legame causale tra la granulometria del conglomerato e il disgregamento del manto stradale;
IV)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 40, comma 1, c.p. nella parte in cui si afferma che l'omessa collocazione della cartellonistica stradale indicante la presenza di lavori in corso abbia avuto efficienza causale sulla morte di B. B. Deduce che la stessa sentenza di primo grado afferma con chiarezza che "l'unico cartello individuato dalla pattuglia dei carabinieri intervenuti sul posto era costituito da quello che segnalava il limite di velocità di 50 km/h, peraltro distante dal gradino trasversale e smentito da un altro di 80 km/h preesistente e non oscurato.".
Sostiene che, conseguentemente, la cartellonistica relativa ai limiti di velocità era quindi tutt'altro che nebulosa e contraddittoria, e - proseguendo in direzione del punto in cui la macchina del B. B. ha impattato contro il guard rail - prescriveva dapprima il contenimento della velocità di marcia entro gli 80 km/h, e poi l'osservanza del limite di velocità di 50 km/h;
V)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 41, comma 2, c.p. e illogicità e/o contraddittorietà della motivazione ex art. 606, lett. e), c.p.p. nella parte in cui si esclude l'applicabilità dell'art. 41, comma 2, c.p. Deduce che è incontroverso che la vittima B. B. viaggiava su una KKK non sottoposta a revisione ad oltre 125 km/h (superiore a quella limite fissata dal primo segnale stradale ad 80 km/h e da quello a circa 1 Km dal punto del sinistro a 50 km/h). Sostiene che in conseguenza dell'attuale assetto interpretativo, allorquando si verifichi positivamente la c.d. preponderanza causale si verifica l'effetto interruttivo e il fattore diviene causa autonoma dell'evento, con esclusione dei ritenuti altri antecedenti causali, posto che "è ragionevole affermare che una condizione sopravvenuta, in determinate circostanze, abbia assunto un ruolo talmente significativo che possa essere sensatamente considerata quale causa esclusiva, cioè "da sola sufficiente a determinare l'evento" (sent. 36920/2014); tali sono gli eventi cosiddetti "non dominabili", che prescindono totalmente dalla sfera di controllo dell'agente, tra cui senza dubbio l'esposizione volontaria al pericolo della vittima, caratterizzata dalla violazione deliberata di regole di condotta sulla stessa specificamente gravanti che, ove rispettate, avrebbero con certezza evitato l'evento. Afferma che si ha la prova positiva del fatto che il B. B., tra i conducenti transitati nell'area di nuova realizzazione successivamente alla sua riapertura al traffico (ore 19.00 circa), fu l'unico ad aver perso il controllo del mezzo dopo circa 3 ore dalla detta riapertura e ciò costituisce prova decisiva che, ove il B. B. avesse rispettato il limite di velocità (o forse anche lo avesse superato ma non si fosse spinto ad un limite così elevato in relazione alle caratteristiche della sua autovettura) non solo non sarebbe deceduto (ciò che è stato riconosciuto dallo stesso consulente del PM), ma avrebbe senza problemi superato il tratto di strada ammalorato: si ha dunque la conferma perfetta e diretta della autonoma e decisiva rilevanza causale della imprudente condotta di guida imprudente della vittima; pertanto la presenza di un ammaloramento stradale, lungi dall'essere antecedente causale, si pone a mente della giurisprudenza sopra richiamata, in termini di puro accidente occasionale;
VI)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 43, comma 3, c.p. nella parte in cui si afferma che la presenza del gradino longitudinale nel tratto di congiunzione tra il nuovo e il vecchio asfalto costituisca un profilo di colpa rimproverabile all'A. A. Deduce che la presenza del gradino è stata ritenuta perfettamente indifferente tanto dal perito nominato dal Giudice di primo grado quanto dal consulente del PM (espressamente richiesto di ricostruire la dinamica del sinistro);
VII)
Erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), c.p.p. in riferimento all'art. 40 c.p. nella parte in cui afferma che la presenza del gradino longitudinale nel tratto di congiunzione tra il nuovo e il vecchio asfalto abbia cagionato la perdita di controllo dell'automobile e la morte del B. B. Deduce l'illogicità della motivazione, che sfocia nella vera e propria omissione della stessa, posto che non vi è alcun atto processuale in cui emerga che l'autovettura del B. B. abbia perso il controllo in conseguenza del gradino;
VIII)
Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 606, lett. e), c.p.p. per violazione art. 522 c.p.p. e violazione dell'art. 111 della Costituzione. Deduce che la lettura dell'imputazione palesa che gli addebiti mossi all'A. A. sono specificamente perimetrati, sia quanto alle condotte omissive che egli avrebbe posto in essere sia quanto alle specifiche implicazioni; per contro la sentenza di primo grado e quella d'appello hanno ampliato il novero dei comportamenti oggetto di giudizio di rimproverabilità nei confronti dell'imputato includendovi rilievi non contenuti nella contestazione di cui al capo di imputazione, e segnatamente "l'omessa apposizione di cartelli indicanti una strada soggetta a lavori in corso";
IX)
Inesistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 589, comma 2, c.p. (ratione temporis vigente): violazione dell'art. 589, comma 2, c.p. ex art. 606, lett. b), c.p.p., dell'art. 25 Cost., 2 c.p., 14 disposizioni sulla legge in generale. Prescrizione del reato. Deduce che la terminologia utilizzata dall'art. 589, comma 2, c.p. vigente al momento della condotta è chiara e non si presta ad interpretazioni alternative, e richiama espressamente le norme che "disciplinano la circolazione stradale", ossia prescrivono le regole di condotta per coloro i quali impegnano, "circolando", le strade; ricordando che in materia penale vige il principio di stretta interpretazione, derivante dall'articolo 25 della Costituzione, dall'articolo 2 del codice penale e dall'articolo 14 disposizioni preliminari al codice civile, è evidente che la locuzione "norme che disciplinano la circolazione stradale" ben poco ha a che fare con l'insieme di norme "in materia di costruzione e tutela delle strade"; ne deriva che la sentenza deve essere annullata parzialmente con elisione della circostanza aggravante ritenuta contestata ed esistente in fatto. In conseguenza di ciò il reato deve essere dichiarato prescritto, essendo consumato il 20/09/2005 ed essendo trascorso il termine prescrizionale di cui all'art. 157 c.p.
Considerato in diritto
3. Occorre premettere che nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
3.1. Vale, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
3.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
3.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
3.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu aculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
3.5. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:
a)
l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;
b)
l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
3.6. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
3.7. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
4. Ciò posto, in replica ai motivi del ricorso, si dovrà solo osservare:
4.1. Le doglianze sub I), II), III), IV), V), VI) e VII), attengono esclusivamente al fatto e, pertanto, alla stregua dei principi in premessa, non trovano ingresso in questa sede di legittimità, restando escluso che tali censure possano risolversi nella richiesta a questa Corte di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.
4.1.1. È, in proposito, ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte di legittimità il principio secondo il quale, nella motivazione della sentenza, il giudice del gravame di merito non sia tenuto a compiere un'esplicita analisi di tutte le deduzioni delle parti né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l'omesso esame critico di ogni questione sottoposta all'attenzione del giudice di merito, qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice (cfr. Sez. 2, n. 9242 del 8/02/2013, Reggio, Rv. 254988; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià, Rv. 254107; Sez. 4, n. 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv. 253512; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv. 241907).
4.1.2. In ordine alla c.d. "preponderanza causale" evocata nel motivo sub V), deve, per completezza, precisarsi che il comportamento colposo del B. B. è stato ritenuto mera concausa dell'evento lesivo, tale da non escludere la responsabilità del ricorrente (ma, secondo i giudici del merito, da ridurla al 30%). Invero, la condotta della vittima può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile (cfr. sez. 4, n. 23309 del 29/04/2011, Rv. 250695). Nella specie la forte velocità tenuta dal B. B. e le altre circostanze a questi addebitabili, non sono state ritenute - dal giudice del merito - né eccezionali né atipiche né imprevedibili bensì rilevanti solo in sede di quantificazione dell'apporto causale, non escludendosi che tale complessiva condotta della vittima abbia costituito la causa prima (quantificata nel 70%) tra tutte quelle che hanno provocato il fatto (cfr. sez. 4, n. 1996 del 02/12/1993, Rv. 197557).
4.1.3. Mette conto, infine, evidenziare che la diversa giurisprudenza, citata dalla difesa (sez. 4, n. 36920 del 02/07/2014), si riferiva a ben diversa situazione nella quale la pericolosità del luogo non solo era ben nota ma addirittura accettata e per così dire voluta ovvero presupposta nel proposito sportivo o esibizionistico maturato dalla vittima. In quell'occasione la Corte regolatrice affermava, tra l'altro, che "la pericolosità del luogo può apprezzarsi, come fattore causale giuridicamente rilevante, solo nei confronti di chi non ne abbia conoscenza [...] non anche nei confronti di chi, ben conoscendo le caratteristiche del luogo, vi si avventuri liberamente e volontariamente proprio allo scopo di affrontarle e misurarsi con esse, nell'intento di dimostrare di poterle dominare e facendo improvvido affidamento sulle proprie capacità e sulle potenzialità dei propri mezzi". Nel caso che occupa, di contro, la vittima - benché imprudente - appariva del tutto ignara delle condizioni in cui versava quel tratto stradale.
4.2. Quanto al motivo sub VIII), relativo alla lamentata violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza, osserva il collegio - in adesione a talune considerazioni già argomentate da questa stessa sezione (v. Sez. 4, Sentenza n. 35943/2014) - come nella giurisprudenza di legittimità sia del tutto consolidata un'interpretazione teleologia del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 c.p.p.), per la quale questo non impone una conformità formale tra i termini in comparazione, ma implica la necessità che il diritto di difesa dell'imputato abbia avuto modo di dispiegarsi effettivamente, risultando quindi preclusi dal divieto di immutazione quei soli interventi sull'addebito che gli attribuiscano contenuti in ordine ai quali le parti - e in particolare l'imputato - non abbiano avuto modo di dar vita al contraddittorio, anche solo dialettico. Sia pure a mero titolo di esempio, può citarsi la massima per la quale "ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 c.p.p. deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione" (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013- dep. 29/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278).
4.2.1. In tal senso depone altresì l'indirizzo, fatto proprio dalle sezioni unite di questa corte di legittimità, secondo cui, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (cfr. Sez. Un., n. 36551 del 15/07/2010).
4.3. Quanto, infine, al motivo sub IX), relativo alla asserita inesistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 589, comma 2, c.p., dovrà ribadirsi che, in tema di responsabilità per omicidio colposo da sinistro stradale, la circostanza aggravante della violazione della normativa sulla circolazione stradale (anche secondo la norma vigente all'epoca dei fatti), è ravvisabile non solo quando la violazione della normativa di riferimento sia commessa da utenti della strada alla guida di veicoli ma anche nel caso di violazione di qualsiasi norma che preveda - come nel caso di specie - a carico di un soggetto, pur non impegnato in concreto nella fase della circolazione, un obbligo di garanzia finalizzato alla tutela della sicurezza degli utenti della strada (cfr. sez. 4, n. 44811 del 03/10/2014 Ud. (dep. 27/10/2014) Rv. 260643: Fattispecie in cui è stata ritenuta configurabile l'aggravante nei confronti del caposquadra incaricato di dirigere i lavori di manutenzione della strada, il quale, omettendo di apporre idonea segnaletica temporanea, determinava l'insorgenza di una situazione di pericolo, costituita dalla presenza di un dosso non visibile, a causa del quale si verificava il sinistro stradale in cui perdeva la vita un motociclista).
4.4. Di qui la complessiva infondatezza del ricorso.
5. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
5.1. Nella specie il ricorrente va altresì condannato al rimborso delle spese per questo giudizio di legittimità in favore della parte civile, liquidate in complessivi euro 2.018,25 oltre accessori come per legge.
Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese per questo giudizio di legittimità in favore della parte civile, liquidate in complessivi euro 2.018,25 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 24 gennaio 2017.
Il Presidente: BLAIOTTA
Il Consigliere estensore: TANGA
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017.