- Giurisprudenza
- Ambiente ed energia, Urbanistica, territorio e infrastrutture
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Impianto per la distribuzione del carburante
Consiglio di Stato V sez.
2 agosto 2007, n. 4281
La realizzazione di un impianto per la distribuzione di carburante è subordinata al nulla osta dell’ente proprietario della strada.
Tanto dispone l’art. 22 del codice della strada, che subordina alla previa autorizzazione dell’ente proprietario la realizzazione di nuovi accessi alla sede stradale, accessi che devono essere distanti “almeno 12 metri dalle intersezioni”.
Allo stesso modo dispone la legge della Regione Veneto ( 497/05) nel caso di allocazione dell’impianto nei centri abitati.
Si discute della legittimità del provvedimento con il quale la Provincia di Verona, nella sua qualità di ente proprietario della strada, ha negato alla XXXXXXXX il nulla osta chiesto ai fini della realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti nel territorio del Comune di Cazzano di Tramigna.
Tale provvedimento è stato annullato dal TAR Veneto, Seconda Sezione, con sentenza n. 4088/06, resa in forma semplificata all’esito della Camera di Consiglio del 13 dicembre 2006.
Il TAR ha motivato la propria decisione con un triplice ordine di rilievi: il regolamento provinciale assunto a base del diniego di nulla osta è incompatibile con la disciplina statale in materia di circolazione e con la corrispondente disciplina regionale; la sopravvenuta disciplina statale ha comunque determinato l’abrogazione delle previgenti disposizioni del regolamento provinciale; in ogni caso, sono configurabili deroghe alla disciplina statale solo da parte di disposizioni regolamentari successive e congruamente motivate.
La sentenza è appellata dalla Provincia di Verona. Resiste il controinteressato.
Il Comune di Cazzano di Tramigna non si è costituito.
Alla Camera di Consiglio del 4 maggio 2007, verificata l’integrità del contraddittorio e datone avviso alle parti, la causa è passata in decisione.
L’appello è fondato.
L’art. 22 del codice della strada stabilisce che la realizzazione di nuovi accessi alla sede stradale è tuttora subordinata a preventiva autorizzazione da parte dell’ente proprietario. L’art. 46 del regolamento di attuazione, dal canto suo, precisa che l’accesso deve essere distante “almeno 12 metri dalle intersezioni”.
Le ricordate disposizioni sono lasciate intatte dalla disciplina statale in materia di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti (d.lgs. n. 32/98) poiché questa fa espressamente salva la normativa concernente “la sicurezza stradale”. Nessun indizio in senso contrario si ricava poi dalla legislazione regionale la quale, per quanto qui rileva, dispone che gli impianti da allocarsi all’interno dei centri abitati (come quello che costituisce oggetto della controversia) siano posti ad un “minimo” di 12 metri dalle intersezioni (art. 46 della d.g.r. Veneto n. 497/05).
Tale essendo il contesto normativo di riferimento, il Collegio ritiene che il regolamento provinciale n. 165/94 (secondo il quale, nei centri abitati, gli accessi alla rete stradale non possono distare meno di 30 metri dalle intersezioni) sia tuttora valido ed efficace e, quindi, che correttamente esso sia stato posto a fondamento del diniego impugnato.
Tanto a livello statale quanto a livello regionale ci si preoccupa infatti di stabilire soltanto una distanza minima e si lascia fermo il potere di autorizzazione da parte del proprietario della strada; il che sta appunto a significare (come è all’evidenza ragionevole) che il proprietario della strada (ossia colui che ne conosce nei dettagli la concreta fisionomia) può stabilire una distanza maggiore. Sarebbe d’altronde irragionevole che in una materia che coinvolge l’incolumità dei cittadini si neghi al titolare della strada il potere-dovere di fissare limiti più incisivi di quelli previsti come misura minima nella sede legislativa. E va da sé che non si tratta di esercizio di un potere di deroga (soggetto a particolari oneri di motivazione) ma della spendita di un ordinario potere di disciplina nel quadro del panorama normativo di riferimento.
La legittimità del provvedimento di diniego della Provincia (e a cascata di quelli che in tale diniego trovano il loro antecedente logico) non è poi smentita dai motivi dichiarati assorbiti. La circostanza che la Provincia, all’esito del contraddittorio previsto dall’art. 10 bis della l. 241/90, abbia rivisto la propria posizione originaria circa rilievi distinti da quello assunto a base del diniego non è sintomo di perplessità ma di imparzialità e buon andamento (motivo IIa); né, come si è detto, sussisteva nella specie un particolare onere di motivazione trattandosi di applicare una prestabilita e chiara disposizione regolamentare (motivo III), la cui vigenza non può esser messa in discussione da una nota di un ufficio provinciale (motivo IIb).
In conclusione, tutti i motivi assorbiti in primo grado risultano infondati e pertanto il ricorso ivi proposto va integralmente respinto.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunziandosi, accoglie l’appello e, per l’effetto, respinge il ricorso in primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
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