- Giurisprudenza
- Contestazione, verbalizzazione e notificazione
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Inesattezze al verbale di accertamento
Corte di Cassazione II sez. civile
3 luglio 2007, n. 15030
In caso di ricorso al prefetto, il termine di dieci giorni per la costituzione dello stesso non è un termine perentorio.
Non è, pertanto, comminata decadenza alcuna in caso di sua inosservanza.
Eventuali inesattezze grafiche presenti sul verbale di accertamento, non possono considerarsi lesive del diritto di difesa della parte e dunque sono irrilevanti, nel caso in cui lo stesso sia comunque pervenuto al reale destinatario.(Nel caso di specie contestata era l’inesattezza relativa al numero civico del trasgressore).
Inoltre, anche in materia di sanzioni amministrative relative al codice della strada, l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione introduce “un ordinario giudizio di cognizione regolato, a secondo dei casi, dalle norme del procedimento davanti al Tribunale o al Giudice di Pace (ipotesi che qui interessa) con il solo limite dell'inapplicabilità dell'art. 113 secondo comma cod. proc. Civ”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Con ricorso depositato il 28 marzo 2002 presso la cancelleria del Giudice di Pace di Bologna S. Maria ebbe ad opporre il verbale n. 324988V, elevato apparentemente in data 26 gennaio 2001 ed immediatamente contestato, per l'accertata violazione dell'art. 172 comma 1° e 8° Codice della Strada.
A motivi della prospettata illegittimità del provvedimento sanzionatorio la ricorrente dedusse «la non conformità dell'atto all'art. 383 C.d.S. testualmente e ripetutamente così citato, per via dell'asserita errata indicazione della residenza, e la data errata, in quanto faceva ritenere avvenuta nel 2001 la violazione».
In contraddittorio della Polstrada e del Prefetto che si erano costituiti con rispettive comparse del 19 aprile 2002 e 4 luglio 2002, all'esito dell'istruttoria, il Giudice di Pace adito, con sentenza in data 19 settembre 2002, rigettò l'opposizione.
Avverso tale sentenza la S. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Il Prefetto, cui il ricorso è stato notificato, non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «Violazione dell'art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ in relazione alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23 co. II L. 24.11.1891 n. 689,» per essersi il Prefetto di Bologna costituito oltre il termine di gg. 10 indicato nella disposizione di legge richiamata e cioè il 4 luglio 2002 mentre l'udienza di comparizione era fissata per il 5 luglio 2002, senza neanche depositare in cancelleria i documenti necessari, trasmessi tramite telefax.
La censura è inammissibile perché prospetta un eccezione non sollevata nel procedimento innanzi al competente Giudice di Pace. Rileva poi la Corte, ma solo ad abundantiam che il ricorso è infondato in quanto il richiamato termine non è perentorio e non è comminata decadenza alcuna in caso di mancato rispetto (cfr. Cass. 15324/06 e 21491/04).
Da ciò ne deriva l'irrilevanza della censura circa le modalità di invio dei documenti a mezzo fax, peraltro non sorretta da sufficiente indicazione circa il momento in cui tale aspetto sia stato oggetto di contestazione nel giudizio di merito.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia «violazione dell'art. 360 comma I° n. 5) cod. proc. civ., in relazione alla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia», per avere la sentenza ritenuto una semplice svista e quindi irrilevante il fatto che sul verbale di contravvenzione il numero civico dell'abitazione della ricorrente era indicato come 6 anziché come 26.
La censura è infondata non solo perché sul punto il giudice ha argomentato, plausibilmente, circa i segni grafici che hanno spinto la ricorrente ad ipotizzare una numerazione inesatta, ma anche perché nessuna influenza sul piano delle garanzie difensive può comportare una simile questione, essendo il verbale pervenuto alla reale destinataria, e non essendo, peraltro, emersi o dedotti casi di omonimia. In definitiva, non avendo la ricorrente prospettato conseguenze negative per la sua difesa dall'erronea indicazione nel verbale del civico della sua abitazione, la censura oltre che infondata, appare inammissibile per mancanza d'interesse.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia «violazione dell'art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. – in relazione alla violazione ed alla falsa applicazione degli artt. 200 D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, 383 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e 156 c.p.c.», per aver erroneamente la sentenza ritenuto applicabile l'art. 156 cod. proc. civ. al procedimento di opposizione e per aver ritenuto che i motivi di opposizione erano due anziché quattro.
Anche il terzo motivo è infondato in quanto, in tema di sanzioni amministrative anche per la violazione del C.d.S. l'opposizione all'ordinanza ingiunzione introduce un ordinario giudizio di cognizione regolato, a secondo dei casi, dalle norme del procedimento davanti al Tribunale o al Giudice di Pace (ipotesi che qui interessa) con il solo limite dell'inapplicabilità dell'art. 113 secondo comma cod. proc. civ. (art. 23 legge 24 novembre 1981 n. 689). Nel caso di specie in definitiva l'evocazione del richiamato art. 116 cod. proc. civ., pur potendo astrattamente configurarsi come un argomento emendabile ex art. 384 cod. proc. civ., non incide sulla statuizione conclusiva che resta valida e legittima.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia «violazione dell'art. 360 comma 1° n. 4) c.p.c. in relazione alla nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. omessa pronuncia su due motivi di opposizione-», per non avere la sentenza esaminato gli altri due motivi di opposizione oltre quelli dell'errata indicazione, nel verbale di contravvenzione, dell'esatta residenza della ricorrente e della data dell'infrazione, e cioè la questione dell'inesatta indicazione della somma da pagare e la questione della non conformità del verbale al modello regolamentare, quanto alla numerazione del registro cronologico annuale (art. 383, comma 3, Regolamento).
La censura è infondata in quanto reitera in parte questioni già poste nei motivi che precedono come l'esattezza della residenza (sul punto vi è pronuncia) e l’esatta indicazione del giorno dell'infrazione (accertato correttamente e ammesso dall'interessata in corso di giudizio) ed, in parte, attiene questioni di nessun rilievo come le altre prospettate, tenuto conto che l'indicazione specifica della facoltà del pagamento ridotto era presente nel verbale e che la pretesa non conformità al modello, anche a trascurare che sono invocate norme dettate ai fini organizzativi non aventi funzione diretta di garanzia della contestazione, stante la mancanza nello stesso modello del numero di registro cronologico annuale, non sono dalla norma considerate ipotesi di nullità della contestazione e la giurisprudenza (cass. 199979/04) ha esplicitamente rilevato la totale ininfluenza della mancata indicazione del numero cronologico di registrazione.
Per quanto sin qui rilevato nessuno degli esaminati motivi merita accoglimento ed il ricorso va, dunque, respinto. Nulla per le spese processuali non avendo la Prefettura di Bologna preso parte al giudizio di legittimità.
PQM La Corte rigetta il ricorso.
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