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Inottemperanza all’ordine di fermarsi impartito da pubblico ufficiale durante la circolazione sulla strada
Vincenzo Romis
Può capitare, mentre si è alla guida di un veicolo, di vedersi intimare l’ “Alt” da Vigili Urbani, Agenti di P.S., Carabinieri, e quant’altri hanno compiti di Polizia stradale, per un ordinario controllo dei documenti di circolazione (ovvero per la contestazione di un’infrazione appena commessa e rilevata dai tutori dell’ordine). In tale situazione, il conducente del veicolo ha l’obbligo di arrestare la marcia ed attendere le determinazioni del pubblico ufficiale procedente (è appena il caso di sottolineare che l’obbligo di fermarsi in simili frangenti trova fondamento, oltre che in un precetto normativo come appresso si preciserà, anche nel rispetto verso le istituzioni e nel buon senso). Quali sono le conseguenze giuridiche, se il conducente del veicolo non ottempera a tale intimazione? Ove il soggetto destinatario del segnale di “Alt” ponga in essere manovre o condotte caratterizzate da violenza o minaccia per sottrarsi al controllo (ad esempio eseguendo manovre di guida tali da porre in pericolo l’incolumità del pubblico ufficiale, magari costringendo questi ad acrobatici movimenti per evitare l’investimento) è certamente configurabile il grave delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 del codice penale (punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni); nella giurisprudenza di legittimità è stato infatti precisato che “commette il delitto di resistenza a pubblico ufficiale il conducente di un'autovettura che, invitato a fermarsi da un agente di polizia, gli dirige contro il veicolo, costringendolo ad evitarlo repentinamente: infatti, l'atto costituisce grave minaccia volta ad impedire al pubblico ufficiale di compiere il suo dovere di assicurarsi della regolare circolazione del veicolo stesso” (Cass. Sez. 6, n. 110126/1984, RV. 166716) In mancanza degli elementi costitutivi del reato di resistenza, i giudici di merito a volte hanno ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 650 del codice penale in forza del quale è punito con l’arresto fino a tre mesi oppure con l’ammenda fino ad euro 206,00 (si tratta, pertanto, di un reato contravvenzionale) “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene”. La Cassazione è stata recentemente chiamata ad occuparsi di un caso in cui, esclusa la configurabilità del reato di resistenza, il conducente di una motocicletta - al quale era stata mossa l’accusa di aver proseguito la sua marcia nonostante l’intimazione a fermarsi rivoltagli dai Carabinieri in relazione all’elevata velocità rilevata - era stato condannato dal Tribunale perchè ritenuto colpevole, appunto, di violazione dell’art. 650 del codice penale. Nella circostanza, la Suprema Corte (Prima Sez. Penale, sent. n. 27112/06, ud. 11 luglio 2006, dep. 1 agosto 2006), in accoglimento del ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza di condanna, ha ritenuto non applicabile l’art. 650 c.p. bensì, in virtù del principio di specialità previsto dell’art. 9, comma primo, della legge n. 689/81, l’art. 192 del codice della strada che punisce, con sanzione amministrativa, l’inosservanza all’invito a fermarsi impartito (da Carabinieri, Polizia, Vigili Urbani, e quanti hanno compiti di Polizia stradale) al conducente di un veicolo. Tale decisione è stata dal Supremo Collegio motivata con il richiamo all’orientamento consolidato della Cassazione secondo cui l’art. 650 c.p. è una norma a carattere sussidiario che si applica ogniqualvolta la condotta in essa contemplata (quale sopra ricordata) non sia sanzionata da una specifica norma e, comunque, non rappresenti la base per provvedimento e sanzione da pronunciarsi in conseguenza. Proprio sulla base di detto indirizzo interpretativo, è stato dunque affermato il seguente principio di diritto: non integra gli estremi del reato previsto dall’art. 650 c.p. la inosservanza all’invito a fermarsi impartito da un pubblico ufficiale con compiti di Polizia stradale al conducente di un veicolo, in quanto, trattandosi di condotta sanzionata in via amministrativa dall’art. 192 del codice stradale, è applicabile il principio di specialità previsto dall’art. 9, comma primo, della legge n. 689/81. La decisione in commento (di cui hanno dato notizia anche gli organi di informazione) non rappresenta una novità nell’ambito della giurisprudenza di legittimità e consolida un indirizzo interpretativo che già in precedenza si era delineato attraverso plurime decisioni: in termini, tra le altre, Sez. 6, n. 23824/03 (RV. 225688) secondo cui “l’inottemperanza di un conducente di un veicolo all’invito a fermarsi da parte di un agente in servizio di polizia stradale integra gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 192 comma 1 cod. strad., dovendo escludersi l’applicabilità della fattispecie criminosa di cui all’art. 650 cpd. pen. per effetto del principio di specialità di cui all’art. 9 comma 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689, trattandosi di uno stesso fatto punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa”.
DICEMBRE 2006
V i n c e n z o Ro m i s
(Magistrato Corte di Cassazione - Componente Commissione Giuridica Aci Napoli)