• Giurisprudenza
  • Ambiente ed energia, Economia dei trasporti e della mobilità
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Installazione impianti distribuzione carburante

Consiglio di Stato V sez.
9 ottobre 2007, n. 5528

Installazione impianti distribuzione carburante – decreto legislativo 8/09/1999 n. 346 – autorizzazione – tacito rilascio concessione edilizia – distanze impianti dal tratto stradale – distanza impianti metano e gpl

 

Con il rilascio dell’autorizzazione per l’installazione di impianti di distribuzione di carburanti, si intende rilasciata tacitamente anche la concessione per la realizzazione dell’impianto medesimo.
Tali impianti vanno collocati ad una certa distanza dagli accessi stradali, distanza che nel caso di distributori di gas metano e gpl è diversa rispetto a quella stabilita per l’installazione dei distributori di benzine e di gasolio.  

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Con la sentenza in epigrafe sono stati decisi quattro ricorsi, originati dal rilascio, da parte dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) dei Comuni di San Demetrio Ne’ Vestini e di Barisciano, del provvedimento n.1 in data 9 luglio 2004, con il quale, in esito all’istanza presentata il 28 novembre 2001, è stata autorizzata la Gas Service Abruzzo s.r.l., già titolare di un impianto di distribuzione carburanti gas metano a GPL, sito in una diramazione secondaria in Comune di Barisciano, al trasferimento del detto impianto,  con aggiunta di nuovi prodotti, e annesso fabbricato di servizio, al Km 46+535 della strada statale n. 17. Il provvedimento n. 1/2004 è stato impugnato con il primo (n. 556/04) dei quattro suddetti ricorsi dalla Ditta F.lli Cecala s.n.c. che, in data 28 dicembre 2001, aveva presentato al Comune di Barisciano istanza per l’apertura di un impianto di distribuzione di benzine e gasolio, su terreno di proprietà, sito anch’esso sulla S.S. n. 17, al Km 45+500, pressoché contiguo a quello interessato dal provvedimento ottenuto dalla Gas Service Abruzzo. Il ricorrente, in estrema sintesi, ha sostenuto che l’autorizzazione non poteva essere assentita alla Gas Service perché la F.lli Cecala aveva già acquisito l’autorizzazione nella forma del silenzio assenso, a norma dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. 11 dicembre 1998 n. 32, la cui formazione era stata accertata con sentenza del TAR Abruzzo n. 894 del 2002, passata in giudicato. All’annullamento del detto provvedimento n. 1/2004 tendeva anche il secondo ricorso (n. 636/04), proposto dalla signora Anastasia Pasqua, coniuge del sig. Gilmondo Cecala, amministratore della società F.lli Cecala, nella qualità di titolare della licenza di altro impianto di distribuzione di benzine e gasolio, di proprietà ESSO, sito sulla S.S. n. 17 a circa 1.500 ml dal punto in cui sarebbe sorto l’impianto della Gas Service. La signora Pasqua ha lamentato lo sviamento della clientela e il danno subito a causa dell’apertura dell’impianto Gas Service, che era stato autorizzato a vendere, oltre al GPL e al metano, anche  benzine e gasolio. Il terzo ricorso (n. 939/04) è stato proposto dalla Gas Service Abruzzo per l’annullamento della nota 28 settembre 2004 con la quale l’ANAS aveva comunicato di astenersi dal rilascio del permesso per l’apertura degli accessi sulla S.S. n. 17, necessari per il funzionamento dell’impianto, in quanto era pendente dinanzi al TAR il ricorso proposto dai F.lli Cecala. Il quarto ricorso (n. 96/05) è stato proposto avverso dalla F.lli Cecala avverso l’ordinanza di demolizione delle opere realizzate sul terreno destinato alla richiesta autorizzazione per il distributore, avendo il Comune ritenuto che il permesso di costruire insito nell’autorizzazione conseguita per silentium, fosse ormai estinta per mancati inizio e ultimazione delle opere nei termini di legge. Con la sentenza in epigrafe il TAR Abruzzo: - ha accolto il primo ricorso, ed ha quindi annullato il provvedimento n. 1 del 2004 ottenuto dalla Gas Service Abruzzo; -  ha dichiarato improcedibile il ricorso della Signora Pasqua, gestore dell’impianto ESSO, per sopravvenuto difetto di interesse per effetto del disposto annullamento dell’autorizzazione suddetta; - ha dichiarato improcedibile il terzo ricorso, anche in questo caso per sopravvenuto difetto di interesse, per lo stesso motivo; - ha accolto il quarto ricorso, e per l’effetto ha annullato l’ordine di demolizione impugnato dalla F.lli Cecala. La Gas Service Abruzzo ha proposto appello per la riforma della sentenza, previa sospensione dell’efficacia, limitatamente ai capi relativi all’accoglimento dei ricorsi proposti dalla F.lli Cecala. Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame la ditta F.lli Cecala, la signora Anastasia Pasqua, il Comune di Barisciano e il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture. La signora Pasqua ha anche interposto appello incidentale per la riforma del capo di sentenza che ha dichiarato l’improcedibilità del gravame dalla stessa proposto. Con ordinanza 5 dicembre 2006 n. 6335 la Sezione ha accolto la domanda cautelare. Tutte le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive ragioni. Alla pubblica udienza del 3 luglio 2007 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 1. L’appello principale tende alla riforma della sentenza nella parte in cui ha accolto i ricorsi della Ditta F.lli Cecala s.n.c., disponendo, per l’effetto, l’annullamento: a) dell’autorizzazione rilasciata alla Gas Service Abruzzo s.r.l. al trasferimento, con aggiunta di nuovi prodotti, dell’impianto per distribuzione di gas metano e GPL,  di cui la stessa era titolare, dalla località in cui era sito al Km 46+535 della strada statale n. 17, sempre in Comune di Barisciano; b) dell’ordinanza di demolizione delle opere realizzate dalla F.lli Cecala sull’area, contigua a quella utilizzata dalla Gas Service Abruzzo, destinata al distributore alla cui apertura la F.lli Cecala aveva chiesto di essere autorizzata. avendo il Comune ritenuto che il permesso di costruire insito nell’autorizzazione conseguita per silentium, fosse ormai estinta per mancati inizio e ultimazione delle opere nei termini di legge. La statuizione sub a) assume rilievo centrale nella vertenza, e pertanto appare opportuno trascrivere il passo saliente della motivazione della sentenza appellata.   “In ordine al ricorso 556/2004, si deve muovere dalla considerazione della sentenza breve n. 894/2002 di questo TAR, passata in giudicato e dall’esame  degli effetti che essa ha prodotto. Con tale sentenza, pubblicata l’11.12.2002 e trasmessa al Comune il giorno successivo,  si era accolto il ricorso della Ditta F.lli Cecala avverso il silenzio serbato dal Comune di Barisciano sulla istanza  del 28.12.2001 di autorizzazione per l’esercizio dell’attività artigianale di distribuzione di prodotti petroliferi con annesso punto di vendita di pezzi di ricambio auto e officina meccanica sulla SS 17, al km. 46+504. Tale sentenza, accogliendo il ricorso,  ha fatto applicazione dell’art. 1.3 del D.Lvo.  11.2.1998, n.32, che prevede un’ipotesi di silenzio legale tipico, nel senso che, trascorsi novanta giorni dal ricevimento degli atti, la domanda di autorizzazione all’esercizio dell’attività di distribuzione di carburanti si considera accolta se non è comunicato al richiedente il diniego. L’inutile decorso del termine di cui sopra da parte del Comune di Bariscaino ha comportato dunque  l’accoglimento, “per silentium”, della domanda presentata dalla Ditta Cecala. Il tacito assenso dell’autorizzazione comporta che si considera contestualmente rilasciata anche la relativa concessione edilizia qualora il progetto presentato sia conforme (problema questo che qui non si pone da nessuna delle parti) alle prescrizioni previste dagli strumenti urbanistici vigenti per quella specifica area, ai sensi dell’art.2-bis del D.Lvo 32/1998, introdotto dall’art.1 del D.Lvo 8.9.1999, n.346. Quest’ultima norma infatti  “considera contestualmente rilasciata anche la relativa concessione edilizia” in presenza dell’autorizzazione  “per l’installazione di impianti di distribuzione di carburanti, già tacitamente assentita ai sensi dell’art.1.3 del presente decreto”.  Il tacito rilascio della concessione edilizia è subordinato alla conformità del progetto allo strumento urbanistico asseverata mediante apposita perizia giurata allegata alla domanda, sulla quale “l’organo competente non si sia pronunciato entro il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda”. A questo punto non può non  darsi atto che è lo stesso comune, che, facendo  questione di decadenza della concessione edilizia per  l’asserito mancato inizio dei lavori entro l’anno,  presuppone tacitamente e contestualmente assentito anche il titolo edilizio. Così stando le cose, la richiesta della Società GAS SERVICE ABRUZZO, datata 28.11.2001, è diventata incompatibile con quella  della ricorrente tacitamente rilasciata, in relazione alle distanze richieste dalla legge e pertanto l’ANAS avrebbe dovuto tempestivamente  esprimere il proprio parere o nulla osta solo sulla richiesta della Ditta Cecala e in tal senso la stessa ANAS correttamente  si è espressa, tramite il proprio Ufficio legale centrale,  con la nota del 16.5.2003, n.2697. Le proposizioni dei primi giudici sono state contestate dall’appellante sotto quattro profili, che saranno separatamente esaminati sotto le lettere da A a D. 2. A) La sentenza sarebbe errata, in primo luogo, perché non ha rilevato la carenza di interesse della società F.lli Cecala all’annullamento dell’autorizzazione assentita alla Gas Service, in quanto la stessa impresa Cecala, anche a seguito dell’annullamento il provvedimento impugnato, non avrebbe mai potuto ottenere l’autorizzazione, e ciò per due ordini di motivi. Si assume, innanzi tutto, che l’Impresa F.lli Cecala, non svolgendo distribuzione di metano e GPL, abbia impugnato l’autorizzazione per la sola parte relativa alla vendita di benzine e gasolio, e che, pertanto, la sentenza appellata non abbia travolto anche l’autorizzazione assentita a Gas Service per i detti nuovi prodotti (Metano e GPL), con la conseguenza che Gas Service, nonostante la sentenza appellata, avrebbe conservato il titolo ad aprire il proprio impianto sulla SS n. 17 per metano e GPL. In tal modo, l’obbligo di osservare determinate distanze minime tra gli accessi stradali stabilito dalla normativa vigente (circolare ANAS n.73 del 1979 e art. 45 Regolamento codice della strada) avrebbe impedito che si autorizzasse un impianto, quale quello della F.lli Cecala, i cui accessi si sarebbero trovati a distanza inferiore ai 95 metri prescritti. In secondo luogo, e in ogni caso, l’autorizzazione dell’impianto della F.lli Cecala  avrebbe violato le norme regionali in materia di distanze tra impianti di distribuzione carburanti, venendo la nuova struttura a collocarsi a meno di 6 km da quella già gestito dalla Gas Service sulla strada di diramazione secondaria (località Le Pastine). Le censure dedotte sono infondate. Quanto al preteso difetto di interesse di cui sub A), non può aderirsi alla tesi che la F.lli Cecala, ricorrente in primo grado, abbia richiesto e conseguito un annullamento solo parziale del provvedimento autorizzatorio impugnato, cosicché la Gas Service avrebbe conservato  il titolo a trasferire  il proprio impianto metano e GPL sulla SS n. 17. Nessun argomento in tal senso è desumibile dalla sentenza, né dal ricorso di primo grado. Con riguardo alla sentenza, può rilevarsi che il dispositivo non reca alcuna limitazione alla statuizione annullatoria, e, in motivazione, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso  n. 636 del 2004 è motivata sulla circostanza che il provvedimento impugnato “non esiste più in quanto totalmente annullato” (pag. 20). Quanto al ricorso della F.lli Cecala, in esso è dedotto uno specifico mezzo di gravame, il 9°, volto a denunciare come la deroga alla normativa in materia di distanze tra impianti di distribuzione carburanti, disposta dalla legge finanziaria regionale n. 15 del 2004, art. 166, in favore degli impianti per metano e GPL, non fosse idonea ad esonerare dall’applicazione della normativa ANAS e del Regolamento del codice della strada in materia di distanze tra gli accessi. La ricorrente, quindi, ha espressamente tutelato lo specifico interesse ad impedire che venisse autorizzato un qualsiasi impianto di distribuzione, i cui accessi alla strada venissero a collocarsi a distanza inferiore ai 95 metri dalla posizione in cui sarebbe sorto quello per il quale aveva ottenuto la propria autorizzazione. La tutela di tale interesse, d’altra parte,  non poteva considerarsi impedita, come pretenderebbe l’appellante, dalla circostanza che la F.lli Cecala svolgeva distribuzione di sole benzine e gasolio, posto che anche tale attività sarebbe divenuta impossibile a causa  dall’impugnata autorizzazione di un impianto anche di solo GPL e metano, avente accessi alla strada a distanza inferiore a quella consentita. Con la seconda pretesa ragione di difetto di interesse all’impugnazione, di cui si è detto sub A), l’appellante sostiene che la F.lli Cecala non avrebbe tratto alcun vantaggio dall’annullamento dell’autorizzazione n. 1/2004 rilasciata alla Gas Service perché, anche rimuovendo il provvedimento,  l’apertura dell’impianto non sarebbe stata possibile senza violare la normativa regionale sulle distanze tra distributori di carburante, in quanto il nuovo impianto della F.lli Cecala si sarebbe trovato a meno di 6 Km dall’impianto Gas Service già esistente in località Le Pastine. Si cita al riguardo la normativa del Piano regionale per la rete di distribuzione di carburanti per autotrazione e funzioni amministrative (testo coordinato delle leggi regionali nn. 21 del 1979, 39 del 1984, 50 del 1985 27 del 1087 e 104 del 1987), nonché la normativa dettata con la legge regionale n. 10 del 2005, che, come afferma l’appellante, conferma le prescrizioni del detto Piano. Tale normativa imporrebbe il rispetto della distanza di 6 km tra impianti di qualsiasi tipo, quindi anche tra impianti eroganti benzine e impianti per metano e GPL. Anche questa tesi va disattesa. Dagli articoli 13, 20 e 21 della ricordata legge regionale n. 10 del 2005 emerge con sufficiente chiarezza che i distributori di metano e GPL soggiacciono ad una normativa sulle distanze che è diversa da quella enunciata  per i distributori delle benzine e del gasolio. Per i distributori di metano e GPL si è prescritto che non possono collocarsi a distanza inferiore da 7 km “rispetto al più vicino punto vendita erogante lo stesso prodotto” (art. 13, comma 2). Lo stesso limite minimo è tassativamente imposto, per metano e GPL, anche in caso di distributori siti in comuni confinanti, escludendosi il criterio della media aritmetica tra le distanze, fissato per le benzine (art. 13, comma 5); e cosi pure in caso di “aggiunta” di GPL o metano presso impianto che distribuisce benzine (artt. 20 e 21), al cui proposito è prescritto che si osservi la distanza di 7 km, “al fine di evitare concentrazioni in aree geografiche e di favorire una distribuzione omogenea sul territorio”. Ne consegue che la presenza di un impianto come quello della Gas Service in località Le Pastine, che gestiva solo metano e GPL, non poteva essere di ostacolo alla apertura di un nuovo impianto per benzine e gasolio a distanza inferiore ai 6 Km dal primo, risultando evidente che nessuna esigenza di osservare distanze è stata accolta dalla legge regionale in caso di erogazione di carburanti diversi. La conclusione cui perviene il Collegio risulta indirettamente confermata dalla autorizzazione rilasciata nel 2004 alla signora Anastasia Pasqua per un distributore di benzine e gasolio sito a distanza inferiore ai 4 Km dall’impianto Gas Service. 3.1. B) L’appellante contesta poi che il TAR ha accolto il ricorso basandosi sul titolo che si sarebbe formato per silenzio assenso a favore della F.lli Cecala, senza considerare che anche in capo alla Gas Service di era formato un provvedimento autorizzatorio per silentium, in quanto la stessa aveva presentato la domanda di trasferimento del proprio distributore un mese prima di quella avanzata dalla F.lli Cecala; né il provvedimento tacito era mai stato impugnato o annullato invia di autotutela. La censura si risolve nella tesi che la sentenza impugnata, erroneamente, non avrebbe rilevato una serie di vizi che affliggerebbero la sentenza n. 894 del 2002, passata in giudicato, con la quale lo stesso TAR aveva dato atto della formazione del silenzio assenso in favore dell’Impresa F.lli Cecala. La censura risulta inammissibile perché i vizi della sentenza n. 894 del 2002 avrebbero dovuto essere fatti valere dalla parte odierna appellante mediante gli ordinari mezzi di impugnazione, che non sono stati esperiti, determinando il passaggio in giudicato della predetta pronuncia. Con la conseguenza che non può rinvenirsi in questa sede alcuno spazio per riaprire il discorso sulla legittimità del silenzio assenso conseguito dalla F.lli Cecala. 3.2. Né la conclusione può mutare per il fatto che la F.lli Cecala non abbia proposto azione per l’esecuzione del giudicato. Va considerato che il titolo abilitativo all’apertura dell’impianto, di cui il giudicato ha dichiarato la formazione, era in sé perfezionato ope legis, e l’eventuale azione di esecuzione del giudicato non avrebbe offerto alcun ulteriore vantaggio, potendo al più pervenire all’emissione di un ordine al Comune di emettere un provvedimento formale, peraltro meramente riproduttivo di una determinazione già esistente ed esecutiva. 3.3. Il relazione all’efficacia dell’intervenuto giudicato sulla formazione del silenzio assenso l’appellante avanza anche la tesi che l’emissione del provvedimento favorevole alla Gas Service doveva essere inteso come annullamento implicito dell’autorizzazione conseguita per silentium dalla F.lli Cecala, dovendo valorizzarsi la circostanza che il Comune  avrebbe inteso transitare dalla disciplina del silenzio a quella del procedimento autorizzatorio formale, adottato in base ad una completa istruttoria che ha potuto verificare la sussistenza di tutti i presupposti formali di ammissibilità e di maggior convenienza della domanda della Gas Service. Si allega, a sostegno dell’argomentazione, la giurisprudenza (TAR Lazio, Latina 25 marzo 1991 n. 260 e Cons. CSt., Sez. V, 17 marzo 2003 n. 1381) secondo cui la formazione del silenzio assenso, anche se riconosciuta con sentenza, non priva il sindaco del potere di annullare il provvedimento tacito ove riscontri che le opere assentite risultino in contrasto con la normativa sovraordinata. Pur condividendo il principio giurisprudenziale richiamato dell’appellante, il Collegio deve osservare che, nella specie, lo stesso risulta inapplicabile, perché è mancato da parte del Comune alcun riferimento a vizi sostanziali del provvedimento tacito, sicché il preteso annullamento implicito del silenzio assenso, in disparte la omissione di ogni forma di partecipazione del soggetto interessato a norma della legge n. 241 del 1990, risulterebbe totalmente immotivato. 4. C) Osserva ancora l’appellante come la sentenza impugnata non abbia avvertito che, anche ammesso che la F.lli Cecala avesse conseguito il titolo autorizzatorio giudizialmente accertato, la stessa era comunque decaduta dal relativo diritto non avendo dato inizio ed ultimato i lavori nei termini prescritti dalla legge n. 10 del 1977. Con la conseguenza che nessun ostacolo si frapponeva al rilascio dell’autorizzazione assentita alla Gas Service. Il motivo è infondato. La censura è affidata all’argomentazione che la decadenza della concessione edilizia per mancato rispetto dei termini di inizio ed ultimazione dei lavori opera ope legis e non deve essere preceduta dalla comunicazione dell’avvio del relativo procedimento. Ma la giurisprudenza afferma costantemente che sebbene la concessione perda efficacia al perfezionarsi della fattispecie legale che la prevede, nondimeno è necessario, perché i relativi effetti estintivi divengano operanti, un atto formale della p.a. che ne dichiari il venire in essere. (Cons. St., sez. V, 26.6.2000, n. 3612; 20 ottobre 2004, n. 6831, e implicitamente, Sez. IV, 26 maggio 2006 n. 3196, oltre le pronunce citate dalla stessa appellante). Da tale orientamento il Collegio non ha motivo di discostarsi, anche in base alla considerazione, di per sé assorbente,  che il procedimento autorizzatorio alla realizzazione dell’impianto della F.lli Cecala non poteva considerarsi perfezionato, e quindi, suscettibile di decadenza, fino a quando non è intervenuto, in data 8 luglio 2004, il nulla osta da parte dell’ANAS per entrambi i progetti concorrenti. E’ utile ricordare che, in fattispecie analoga, la giurisprudenza ha affermato come non possa assurgere a fatto addebitabile al titolare della concessione edilizia la circostanza della mancata ultimazione dei lavori nel prescritto termine, ove l'esecuzione della costruzione sia stata inibita dalla carenza dell'autorizzazione della Capitaneria di Porto prevista dall'art. 55 del codice della navigazione secondo cui l'esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri dal demanio marittimo o dal ciglio dei terreni elevati sul mare è sottoposta all'autorizzazione del Capo del Compartimento, nonché dalla sospensione sindacale dei lavori, per carenza dell'anzidetto atto permissivo, fatti questi che, in quanto impeditivi ed estranei alla volontà dell'interessato, dovevano essere rimossi ai fini dell'ultimazione dei lavori nei termini prescritti  ( Consiglio Stato , sez. V, 06 giugno 2001 , n. 3075). 5. Le considerazioni ora esposte consentono anche di respingere l’appello proposto avverso il capo della sentenza impugnata  che ha annullato il provvedimento comunale di demolizione delle opere realizzate sul proprio terreno dalla F.llii Cecala. Come correttamente affermato dai primi giudici, le opere in questione sono state eseguite in forza del titolo concessorio conseguito per silentium, del quale non era dichiarabile la decadenza. 6. Come accennato nella parte in fatto, la signora Anastasia Pasqua, titolare della gestione di un distributore di benzine e gasolio sito al Km 45,123 della SS n. 17, che, in primo grado aveva impugnato anch’essa l’autorizzazione n. 1/2004 rilasciata alla Gas Service, ha proposto appello incidentale autonomo avverso il capo con il quale la sentenza in epigrafe ha dichiarato improcedibile il proprio originario gravame. I primi giudici, pur esprimendosi, per completezza, nel senso della fondatezza del ricorso, hanno ritenuto che, stante l’intervenuto integrale annullamento del provvedimento impugnato in accoglimento del gravame proposto dalla F.lli Cecala, la signora Pasqua non aveva più interesse a coltivare la propria doglianza, dovendo ritenersi soddisfatta dal venir meno dell’autorizzazione all’esercizio che poteva incidere sulla redditività della propria impresa. La signora Pasqua ha osservato che la pronuncia di improcedibilità del proprio gravame non si accorda con il contestuale giudizio favorevole alla fondatezza delle censure svolte, e neppure con la condanna alle spese della parte soccombente anche in favore della stessa signora Pasqua. Ma il profilo nel quale prevalentemente si radica l’interesse all’impugnazione viene indicato, mediante la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., nella omissione di pronuncia sulla domanda risarcitoria, avanzata nel ricorso di primo grado, in relazione al possibile sviamento della clientela connesso all’esercizio del nuovo impianto, abilitato a distribuire, oltre metano e GPL, anche benzine e gasolio, domanda risarcitoria ribadita in sede di impugnazione con motivi aggiunti del provvedimento che ha autorizzato l’apertura dell’impianto Gas Service in via provvisoria nel marzo del 2006. La doglianza non può trovare accoglimento. Va osservato, in primo luogo, che l’esame nel merito della domanda della signora Pasqua è stato dichiaratamente svolto per scrupolo di completezza, nell’evidente intento di offrire una lettura corretta della normativa risalente all’art. 166 della legge finanziaria regionale n. 15 del 2004. Le considerazioni dei primi giudici sul punto, quindi, non essendosi  tradotti in una formale statuizione decisoria, assumono il circoscritto rilievo di una autorevole opinione, priva di concreti effetti processuali, della quale si è opportunamente omessa ogni menzione nel dispositivo. Quanto alla vittoria nelle spese, conseguita in primo grado dalla signora Pasqua, va preliminarmente ricordato che  la giurisprudenza amministrativa è pacificamente consolidata sul principio che la statuizione delle spese del giudizio costituisce espressione di un potere latamente discrezionale del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità se non per violazione del principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa ovvero in caso di compensazione disposta con motivazione inadeguata o contraddittoria (Consiglio Stato, sez. V, 12 settembre 2006 , n. 5272; Sez. IV, 30 giugno  2006 n. 4234; Sez. V, 20 marzo 2006, n. 1448; 18 gennaio 2006, n.112; 22 dicembre 2005 n. 7331; Sez. IV, 20 dicembre 2005 n. 7215; 13 dicembre 2005 n. 7077).   Inoltre, è costantemente affermato che la statuizione sulle spese di giudizio rientra nella valutazione discrezionale del giudice, che la può pronunciare non solo sulla base di motivazioni di ordine giuridico, ma anche con riferimento a ragioni di equità e convenienza (C. Stato, V, 21 febbraio 2005 n. 577; 5 dicembre 1991, n.1358; C. Stato, IV, 28 marzo 1994, n.299; Cassazione civile, I, 24 giugno 1997, n.5647). Nella specie, pertanto, nessun ostacolo poteva impedire ai primi giudici di attribuire alla signora Pasqua un limitato ristoro nelle spese di giudizio, anche se era venuto meno l’interesse alla decisione nel merito, ma non l’interesse alla proposizione del gravame. Con riguardo alla domanda risarcitoria è da osservare che, al tempo della proposizione del gravame originario, il distributore Gas Service non era ancora aperto, e dunque il danno lamentato doveva considerarsi meramente ipotetico ed eventuale. Ne consegue che l’impedimento all’apertura dell’impianto, derivante dall’annullamento dell’autorizzazione, veniva ad assorbire integralmente il capo relativo alla domanda risarcitoria. Circa il danno che si sarebbe verificato a seguito dell’apertura provvisoria del distributore Gas Service a partire dall’aprile 2006, la domanda appare sfornita di adeguati principi di prova. Occorre ricordare che secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, sebbene nel processo amministrativo il principio dell'onere della prova sia in parte attenuato ovvero completato dal metodo acquisitivo, onde rendere sostanziali i principi costituzionali di cui agli art. 24 e 113 cost., il potere-dovere del giudice amministrativo di disporre l'acquisizione d'ufficio di atti e provvedimenti necessari ai fini di causa che non sono nella disponibilità del ricorrente presuppone che quest'ultimo abbia fornito almeno l'indizio della ragionevole fondatezza delle proprie censure e dell'impossibilità di reperire altrimenti la documentazione necessaria, non potendo ammettersi che attraverso il potere acquisitivo del giudice amministrativo la parte possa sottrarsi all'onere probatorio in senso stretto (Consiglio Stato , sez. IV, 22 giugno 2006 , n. 3855; Sez. V, 18 settembre 2006 n. 5438; Sez. IV, 5 dicembre 2006 n. 7113; 16 luglio 2007 n. 4013). Nella specie l’appellante, ai fini della prova del danno, si è limitata a richiedere che questo giudice acquisisca presso un non meglio identificato  competente Ufficio Tecnico di finanza un “prospetto riepilogativo movimentazione prodotti petroliferi dell’impianto in oggetto sito il loc. Pastine del Comune di Barisciano, S.S.  17 tra il Km 46+535 e il Km 46à535”. Siffatta domanda contraddice platealmente i principi  giurisprudenziali appena richiamati che escludono che la parte possa addossare al giudice ogni onere probatorio. L’appellante, in prima persona,  deve possedere la verificata conoscenza del danno di cui chiede il risarcimento, e ciò deve risultarle in primo luogo dall’andamento della gestione  del proprio esercizio. Era quindi suo preciso onere processuale  documentare al giudice quanto abbia potuto constatare in termini di movimento commerciale e di ricavi, salva la verifica della relativa fondatezza, sentite le difese delle controparti, anche mediante acquisizione di elementi presso la pubblica amministrazione. Tale onere risulta totalmente inosservato con conseguente rigetto dell’appello. 7. La complessità della vicenda consente di individuare  valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,    rigetta l’appello principale; rigetta l’appello incidentale; dispone la compensazione delle spese; ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.        

 

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