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La competenza territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione per la violazione dell’art. 126 bis, comma 2, CdS
Attilio Carnabuci
aprile 2007
La competenza territoriale del Prefetto e del Giudice di Pace a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione per la violazione dell’art. 126 bis, comma 2, cod. str.
Attilio Carnabuci CONSIGLIERE DI PREFETTURA
SOMMARIO: 1. Posizione del problema. - 2. Prima tesi: il luogo dell’accertamento dell’illecito originario. – 3. Seconda tesi: il luogo della effettiva commissione dell’illecito di cui all’art. 180. 4. Argomentazioni a favore della seconda tesi.
1. Posizione del problema
L’art. 126 bis, comma 2, cod. str., come modificato dall’art. 1, comma 164, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, dispone che, in caso di mancata identificazione del responsabile di una violazione che comporti la decurtazione del punteggio attribuito alla patente di guida, l’organo accertatore deve darne notizia al proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro 60 giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della patente dell’effettivo conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo omette di fornirli senza giustificato e documentato motivo, si applica a suo carico una sanzione amministrativa pecuniaria. Poiché gli artt. 203 e 204 bis cod. str., come pure l’art. 22 L. 24 novembre 1981, n. 689 (così detta Legge generale di depenalizzazione), ravvisano, in generale, l’organo territorialmente competente a decidere i ricorsi, amministrativi e giurisdizionali, avverso i verbali di contestazione degli illeciti amministrativi, rispettivamente, nel Prefetto e nel Giudice di Pace del luogo in cui è stata commessa la violazione, ai fini della corretta applicazione delle norme prima citate, occorre individuare il luogo in cui è posta in essere la condotta illecita specificamente contemplata dalle stesse. 2. Prima tesi: il luogo dell’accertamento dell’illecito originario Secondo un primo orientamento, accettato finora dalla prassi amministrativa, il luogo in cui è posta in essere la condotta illecita contemplata dall’art. 126, comma 2, cod. str. sarebbe da ravvisare nel luogo dell’accertamento dell’illecito. Tale orientamento viene sostenuto, principalmente, dall’argomentazione secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, il luogo in cui è stata commessa l'infrazione - in base al quale deve essere individuata sia l'autorità amministrativa cui spetta di emettere il provvedimento sanzionatorio sia il giudice funzionalmente ed inderogabilmente competente in ordine al giudizio d'opposizione - si identifica con il luogo nel quale l'infrazione stessa è stata accertata dal competente ufficio di polizia[1]. Ne conseguirebbe, pertanto, la sostanziale identificazione tra il luogo della commissione, da parte del conducente, della violazione originaria e quello della commissione, da parte del proprietario del veicolo, della violazione dell’art. 126, comma 2, cod. str. Tuttavia, l’opzione ermeneutica sopra prospettata non appare pienamente soddisfacente, in quanto si rivela non tenere adeguatamente conto della peculiarità della fattispecie di cui all’art. 126 bis, comma 2, cod. str., che punisce il soggetto per non aver fornito le informazioni o esibito i documenti richiesti per l’accertamento di una violazione amministrativa commessa in precedenza non necessariamente dallo stesso soggetto e, pertanto, del tutto autonoma rispetto alla prima sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo.
3. Seconda tesi: il luogo della effettiva commissione dell’illecito di cui all’art. 126, comma 2, cod. str. E’ stata, pertanto, prospettata, sia nella giurisprudenza di merito che nella letteratura giuridica più recente, una seconda soluzione, secondo la quale l’illecito di cui all’art. 126, comma 2, cod. str. deve intendersi consumato nel luogo in cui il proprietario del veicolo ha perduto la possibilità di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti allo spirare del termine assegnatogli. La giurisprudenza di merito ha sostenuto, in particolare, che, essendo da ravvisare l’inizio della condotta omissiva relativa all’obbligo in questione nel momento del ricevimento della richiesta delle generalità da parte dell’organo accertatore e perdurando tale condotta fino alla scadenza dei sessanta giorni previsti dallo stesso articolo, l’illecito di cui trattasi non può ritenersi realizzato nel luogo dell’accertamento della violazione originaria, perché dovrebbe altrimenti presupporsi che il presunto trasgressore, nei suddetti sessanta giorni di inadempienza, abbia ininterrottamente dimorato nel territorio ricadente nella competenza del giudice al quale potrebbe essere sottoposta la questione relativa alla violazione suddetta. In realtà, è assai più probabile che, nell’intervallo temporale in questione, la persona abbia dimorato nel territorio in cui risiede e ciò anche in virtù della natura autonoma e non accessoria della violazione di cui all’art. 126, comma 2, cod. str. rispetto alla violazione originaria, per cui diventa ininfluente il luogo di accertamento di quest’ultima, prevalendo, invece, la competenza del giudice del luogo in cui è stata commessa la seconda violazione[2]. In altre parole, la mancata comunicazione delle generalità del conducente trasgressore concretizza una condotta illecita istantanea di natura omissiva (del tutto autonoma, come si è detto, rispetto alla condotta integrante la violazione originaria), che può essere realizzata, come tale, oltre che nella stessa località in cui è stata commessa la violazione originaria, anche in un luogo diverso dalla prima. Infatti, qualora l’autore della predetta condotta risulti avere la propria residenza in una località diversa da quella in cui si trovava quando ha commesso la violazione originaria, è in tale località che dovrà essergli notificata la richiesta di informazioni e che, decorsi vanamente i trenta giorni dalla avvenuta notifica, si perfezionerà l’illecito[3].
4. Argomentazioni a favore della seconda tesi Tale orientamento, a ben considerare, si fonda anche su un’attenta lettura degli artt. 203 e 204 bis cod. str., i quali – come pure ha rilevato, anche di recente, la giurisprudenza[4] - ravvisano l’organo territorialmente competente a decidere i ricorsi avverso i verbali di contestazione degli illeciti amministrativi in materia di circolazione stradale nel Prefetto e nel Giudice di Pace del luogo in cui è stata effettivamente commessa la violazione, piuttosto che del luogo dell’accertamento della medesima. In generale, l’adempimento agli obblighi di effettuare una comunicazione o una notifica si ha “nel momento della consegna all’ufficiale postale o ufficio delle notifiche. Gli effetti per il notificante maturano dal momento dell’inoltro, restando estranei al mittente gli eventuali effetti negativi delle operazioni materiali di trasporto e consegna della comunicazione” [5]. La comunicazione, inoltre, può essere inviata da qualunque luogo sul territorio nazionale, come dimostra pure la norma contenuta nell’art. 376, comma 1, del Regolamento per l’esecuzione del Codice della strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), il quale, in riferimento all’art. 180, comma 8, cod. str., testualmente dispone: “Quando, in ottemperanza all’invito dell’autorità, sono presentati i documenti o fornite le informazioni richieste a norma dell’art. 180, comma 8 del codice, entro il termine stabilito, il comando o l’ufficio di polizia stradale (…) presso il quale i documenti o le informazioni sono resi, ne prende atto redigendo apposito verbale e, se diverso dal comando o ufficio che ha formulato l’invito, ne dà comunicazione, senza ritardo, a quest’ultimo”. Nella fattispecie in questione, quella che viene in considerazione è l’astratta possibilità di ottemperare all’obbligo di effettuare la comunicazione richiesta e, quindi, è al momento dello spirare del termine in cui la stessa può essere inviata che può legittimamente presumersi che il soggetto interessato si trovi nel luogo principale dei suoi affari e interessi. Un’ulteriore argomentazione a favore della tesi in parola proviene dalle norme in materia di diritto processuale civile e penale. In particolare, l’art. 25 c.p.c. indica il giudice competente per le cause in cui è convenuta una P.A. in quello del luogo ove è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione: ebbene, per quel che concerne l’art. 180, comma 8 ed all’art. 126 bis cod. str., appare chiaro che l’obbligo sorge nel luogo in cui viene ricevuto l’invito e cioè nel luogo in cui l’obbligato ha la propria residenza. L’art. 9 c.p.p., invece, cristallizza il principio secondo cui, qualora la competenza del giudice non può essere determinata sulla base del luogo in cui l’illecito penale è stato consumato, deve ritenersi competente il giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, e qualora il luogo sopra indicato non sia noto, la competenza appartiene al giudice della residenza (e, successivamente, della dimora o del domicilio) dell’imputato. Alla luce delle considerazioni suesposte, non può non sostenersi, pertanto, che, al fine di fondare la competenza del Prefetto e/o del Giudice di Pace cui proporre ricorso avverso la condotta omissiva tenuta successivamente alla violazione contestata, ex art. 126 bis, comma 2, cod. str, il luogo della commissione di quest’ultima condotta non possa assumere alcun rilievo e che debba, piuttosto, farsi riferimento al luogo di residenza dell’interessato.
Attilio Carnabuci
[1] Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza. n. 4131 del 17 giugno 1988. [2] Cfr. Giudice di Pace di Taranto, sentenza 16 marzo 2006. [3] Cfr. Corte di Cassazione, Sezione Penale IV, 3 giugno 1995, secondo cui, in tema di fatti omissivi connessi alla mancata attuazione di una determinata condotta entro un termine prefissato, al fine di verificare se si tratti di reato istantaneo o di reato permanente è necessario considerare se, decorso inutilmente il termine penalmente sanzionato, la condotta prescritta non possa essere più tenuta utilmente, perché l'inosservanza del dovere ha cagionato in modo irreparabile e definitivo la lesione dell'interesse protetto dalla legge; ovvero se l'azione prescritta possa essere ancora utilmente tenuta, stante la persistenza dell'interesse giuridico sotteso alla norma penale incriminatrice. [4] Ex plurimis, Corte di Cassazione, Sezione Civile II, sent. n. 24876 del 23 novembre 2006 e Giudice di Pace di Taranto, sent. 20 maggio 2004. [5] AMOROSO R., Competenza per territorio per l’opposizione alla contestazione della violazione dell’art. 180 – 8° comma del Codice della Strada (omissione della indicazione del nome del conducente), in www. Altalex.com