- Approfondimenti e Articoli di dottrina
- Sanzioni accessorie
Le ganasce «bloccaruote» sono incostituzionali?
Valerio Tallini
SOMMARIO: 1. Premesse normative: le ganasce « bloccaruote ». – 2. La violazione del principio di ragionevolezza. – 3. La lesione della libertà di circolazione ex artt. 16 Cost. e 18 Trattato U.E. – 4. Il contrasto con l’art. 41 Cost.
1. Premesse normative: le ganasce « bloccaruote ». – L’art. 159, d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada, d’ora innanzi breviter: C.d.S.) disciplina il blocco dei veicoli con ganasce (1). Esse consistono in un attrezzo a chiave di dodici chili di peso e di colore giallo; in termini giuridici, le ganasce sono delle sanzioni accessorie che vengono applicate su una delle due ruote sul lato di guida – in modo che l’autista, al suo ritorno, non possa non accorgersene – quando la sosta irregolare o vietata non rappresenta un intralcio alla circolazione dei veicoli (si pensi, ad esempio, ad un’automobile parcheggiata su un marciapiede). Per rientrare in possesso del veicolo (2) v’è solo un rimedio: occorre pagare, oltre alla multa per l’infrazione di divieto di sosta commessa, le spese di intervento per il bloccaggio e successiva rimozione (3).
Se, viceversa, il presunto trasgressore – vuoi perché non ha soldi sufficienti, vuoi perché reputa il provvedimento illegittimo – decidesse di farsi giustizia da sé – vale a dire sgonfiando la ruota per liberarla dalla ganascia – sarebbe, in ogni caso, soggetto alla sanzione. Ciò in ragione del fatto che la polizia municipale ha identificato, in ogni caso, l’automobile; e, pertanto, la contravvenzione gli sarà ugualmente recapitata.
Nel caso in cui la sosta vietata comporti un grave intralcio o pericolo per la circolazione dei veicoli non vengono applicate le ganasce « bloccaruote », bensì è prevista la rimozione dell’auto e (successivo) trasferimento della medesima in un luogo di custodia. In pratica, gli agenti effettuano la rimozione dell’auto; e per rientrarne in possesso è necessario pagare, oltre alla multa, le spese di intervento, rimozione e custodia.
Il blocco del veicolo con ganasce va poi tenuto distinto dal fermo amministrativo dell’automobile (le c.d. ganasce « fiscali ») (4): esso è un atto attraverso il quale le amministrazioni o gli enti competenti (nella specie, l’Agenzia delle entrate, l’Inps, le Regioni, i Comuni) provvedono, tramite enti esattori (5), alla riscossione coattiva di crediti insoluti “bloccando” un bene mobile dell’obbligato. Di solito, l’atto segue il mancato pagamento di una cartella esattoriale (6) entro i termini di legge (60 giorni), ed interessa beni mobili quali l’automobile e la moto.
2. La violazione del principio di ragionevolezza. – Orbene – tornando alle ganasce bloccaruote – esse contrastano, a mio modesto avviso, con il principio di ragionevolezza (7). Si pensi, ad esempio, ad un’automobile parcheggiata su un marciapiede: essa certamente non può essere rimossa, giacchè la sosta – per quanto vietata – non va, comunque, ad intralciare la circolazione degli altri veicoli. Tuttavia, nei confronti dell’autoveicolo – come detto (v. supra n. 1) – possono esser applicate le predette ganasce, stante appunto l’irregolarità della sosta. Ovviamente, in tal maniera, si ostacola la “parallela” circolazione dei pedoni, giacchè l’auto occupa abusivamente una parte della strada a loro riservata. Insomma, la circolazione dei veicoli è sempre garantita, mentre quella dei cittadini subisce una menomazione; ed, in ogni caso, detta limitazione si verificherebbe anche se le predette ganasce non venissero applicate.
Tuttavia, è proprio l’applicazione dei bloccaruote a destare qualche perplessità. Se è vero che la circolazione dei pedoni è, in ogni caso, resa più difficile dalla sosta irregolare, è altresì indubitabile che le ganasce comportano un aggravio della stessa (circolazione dei pedoni): ci vorrà, infatti, una maggiore quantità di tempo per rimuovere l’automobile. Ne consegue che laddove non fossero applicati i bloccaruote, si assisterebbe ad una limitazione della circolazione (dei pedoni) ma certamente di minore entità: il presunto trasgressore, infatti, potrebbe spostare l’autoveicolo in qualsivoglia momento, senza – come nel caso delle ganasce – dover attendere l’arrivo degli addetti allo sbloccaggio. Ciò implica che le ganasce medesime non (solo non) garantiscono la libertà di circolazione – come sembrerebbe viceversa far ritenere una disattenta lettura dell’art. 159 C.d.S. – anzi finiscono con l’aggravarla: non sarebbero cioè «coerenti» (8) e/o adeguate rispetto allo scopo della norma – garanzia della circolazione di tutti, non solo dei veicoli – e, pertanto, contrasterebbero con il parametro della ragionevolezza (9).
3. La lesione della libertà di circolazione ex artt. 16 Cost. e 18 Trattato U.E. – I sistemi bloccaruote potrebbero, inoltre, violare gli artt. 16 Cost. e 18 Trattato U.E. laddove si aderisse alla tesi secondo la quale nella garanzia costituzionale della libertà di circolazione, sarebbero ricompresi i mezzi – nella specie l’automobile – che rendono possibile ed effettivo l’esercizio di siffatta libertà.
Fermo restando che la libertà di circolazione si esercita nei luoghi (intesi dalla dottrina e dalla giurisprudenza come « mezzi » in senso lato – ma meglio sarebbe qualificarli « presupposti oggettivi » per l’esercizio della libertà di circolazione –: strade, piazze, autostrade, laghi, fiumi, vie aeree, ecc.) e con i « mezzi » in senso stretto (automobile, aeroplano, motoscafo, calesse e così via) giuridicamente disponibili, assai meno scontato è il problema se la disciplina di tutti tali mezzi (in senso lato e in senso stretto) risieda interamente, risieda in parte oppure non risieda affatto nell’art. 16 Cost. (10).
Secondo una prima ricostruzione il diritto all’utilizzo di un qualsiasi mezzo idoneo alla circolazione dovrebbe ritenersi del tutto libero « salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza (11)» (art. 16, primo comma, Cost.). Un altro orientamento è invece di contrario avviso giacchè si verificherebbero conseguenze pratiche inaccettabili dal momento che verrebbe riconosciuto a tutti il diritto a circolare nello stesso momento sulle stesse strade e con qualsiasi mezzo, quale che sia il danno che ciò possa provocare al patrimonio stradale e ambientale (12). V’è poi una tesi intermedia secondo la quale la garanzia dell’art. 16 Cost. si estenderebbe anche ai predetti mezzi, ma solo quando gli stessi siano, se non strettamente necessari, almeno assai difficilmente surrogabili per la circolazione (13).
Il problema, dunque, andrebbe affrontato con elastici criteri di ragionevolezza, che tengano conto della natura strumentale della libertà di circolazione, la quale serve a spostarsi da un luogo all’altro in tempi e modi ragionevoli per far ciò che si deve e si vuole fare, e della diversità delle situazioni in cui possono trovarsi soggetti diversi, in ragione delle aree in cui vivono e delle caratteristiche dei percorsi che hanno a disposizione per muoversi (14). La Corte costituzionale, del resto, nelle sentenze 66 del 2005 (15) e 264 del 1996 (16) ha avuto modo di ri-affermare che “(oltre) alle limitazioni stabilite solo dalla legge, in via generale, per motivi di sanità o di sicurezza…il rapporto fra il diritto alla libertà di movimento ed i limiti all'esercizio dello stesso va riguardato anche alla luce del criterio generale della ragionevolezza, ossia sotto il profilo del giusto rapporto dell’atto allo scopo”. In pratica, un provvedimento restrittivo del diritto ex art. 16 Cost. sarebbe ben legittimo anche laddove non riguardi “i motivi di sanità e di sicurezza”, sempre che, a detta della Corte, sia “ragionevole” (17).
Sempre in materia di libertà di circolazione, l’art. 18 del Trattato U.E. stabilisce che « ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso ». Una siffatta disposizione, come rilevato dalla dottrina, sembra portare al definitivo superamento della concezione mercantilistica del diritto di circolazione: non più, dunque, libertà di circolazione in funzione dello svolgimento di un’attività economica, ma libertà di circolazione in quanto cittadini europei (18).
Orbene – rimanendo alla problematica in esame – potrebbe ben succedere che Tizio (cittadino italiano o comunitario) si debba recare in una sperduta località di montagna (italiana o di un paese dell’U.E.) raggiungibile solo ed esclusivamente con un autoveicolo. Quid iuris se all’auto di Tizio venissero applicate le ganasce e, nel contempo, egli non disponesse delle necessarie risorse per lo sbloccaggio o per il pagamento di un taxi? E’ del tutto evidente che si assisterebbe ad un’indebita menomazione della libertà di circolazione di Tizio stesso, vale a dire aldilà dei “motivi di sanità e di sicurezza”, che, invece, sono gli unici che – come asserito – legittimano una restrizione della predetta libertà. Ed, inoltre, neanche si potrebbe sostenere che la limitazione sarebbe ragionevole, atteso che le ganasce – come già in precedenza specificato (v. supra n. 2) – contrastano proprio con il parametro in esame!
4. Il contrasto con l’art. 41 Cost. – Da ultimo, le ganasce violerebbero altresì la libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. (19). Si consideri, ad esempio, un autoveicolo utilizzato per l’esercizio del commercio ambulante: se allo stesso fossero applicati i bloccaruote, è giocoforza che il proprietario del medesimo – nonché titolare della licenza – non potrebbe esercitare la sua attività (per la quale la legge prevede un regime di autorizzazione (20), territorialmente delimitato). Ciò implica che le ganasce andrebbero a limitare in maniera del tutto illegittima un’attività – quella del commercio ambulante appunto – che, invece, trova il suo riconoscimento nell’art. 41 Cost., così come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 32 del 1959 (21).
I bloccaruote contrasterebbero infine con un ulteriore e preciso orientamento della giurisprudenza costituzionale. Nella già citata pronuncia 264 del 1996 la Corte costituzionale ha stabilito che “le limitazioni [della libertà di circolazione] devono far salvi gli altri diritti della persona costituzionalmente garantiti, come il diritto alla salute (pregiudicato anche dall'inquinamento o dal deterioramento ambientale), il diritto di riunione o quello di iniziativa economica” (22). Ergo: le ganasce non possono che essere illegittime, giacchè comportano – come detto – proprio una menomazione della libertà di iniziativa economica.
Alla luce di quanto asserito è evidente che i bloccaruote involgono una serie di problemi difficilmente risolvibili (vanno, cioè, a menomare diritti costituzionalmente garantiti (23)); e, pertanto, nel caso di sosta irregolare, si potrebbe – in luogo delle ganasce – prevedere, al massimo, un mero inasprimento della sanzione pecuniaria.
VALERIO TALLINI
(1) In argomento si v. F. C. SCOTTO, relazione Chiarezza e stabilità i presupposti per il rispetto della disciplina, in http://www.aci.it/fileadmin/documenti/studi_e_ricerche/monografie_ricerche/commissioni_2007/ScottoCG2007.pdf .
(2) Il presunto trasgressore si vedrà attaccato, sulla serratura della propria auto, un adesivo che lo avverte di non mettere assolutamente in moto il veicolo perché bloccato dalle ganasce, mentre sul parabrezza, oltre alla multa – che va da un minimo di €. 34 ad un massimo di €. 200 in caso di infrazioni più gravi come il parcheggio sulle strisce o sui marciapiedi –, troverà un volantino che specifica il provvedimento sanzionatorio e che (gli) comunica le informazioni necessarie (tra cui due numeri di telefono) per la fase di sbloccaggio.
(3) In particolare, il presunto automobilista indisciplinato deve versare immediatamente, in contanti o con carta di credito, €. 42,50 laddove richieda di far sbloccare la propria auto prima delle ore 20. Dopo tale fascia oraria e nei giorni festivi, il costo subirà, invece, un aumento del 30%; e, dunque, sarà di €. 55.
(4) L’art. 35, comma 26-quinquies, d.l. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), convertito nella l. 248 del 2006, ha attribuito alle commissioni provinciali tributarie la giurisdizione in materia di fermo amministrativo. Tuttavia in una recente pronuncia (Giudice di pace di Bari, n. 1825/2007, in www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=645 ) si è affermato che la giurisdizione in materia di fermo amministrativo va – indipendentemente dal decreto Bersani – ripartita nella seguente maniera: se il credito per il quale viene disposto il fermo ha natura tributaria, la giurisdizione spetterà al giudice tributario; ove, invece, il credito non abbia natura tributaria, la giurisdizione spetterà al giudice ordinario. Per approfondimenti in materia si v. G. ALIANO, Il fermo amministrativo di beni mobili registrati, Esperta, Forlì, 2006; V. AMENDOLAGINE, Fermo amministrativo di beni mobili registrati e giurisdizione, stop alle dispute, ci pensa il legislatore: tra i due litiganti decide il terzo!, in Arch. giur. circ. sin. strad., 2007, fasc. 1, p. 3 s.; L. NANO, Sul giudice competente in materia di fermo amministrativo l’ultima parola al legislatore, in Riv. dott. comm., 2006, fasc. 5, p. 1128 s.; U. PERRUCCI, Ganasce fiscali alle commissioni tributarie, in Boll. trib. d’inform., 2006, fasc. 22, p. 1784 s.; A. VOGLINO, Sugli spazi di tutela nell’espropriazione forzata tributaria non preceduta dalla cartella di pagamento, ivi, 2006, fasc. 18, p. 1482 s.; ID., Nuove competenze e vecchie questioni sul fermo amministrativo e sull’iscrizione d’ipoteca a tutela della riscossione, ivi, 2006, fasc. 17, p. 1360 s.; F. D’AYALA VALVA, Le ganasce fiscali ed il giudice tributario. Un porto sicuro, un attracco difficoltoso, in Riv. dir. trib., 2006, fasc. 9, p. 621 s.; M. V. SERRANO’, Fermo amministrativo: quale giurisdizione? , in Dir. prat. trib., 2006, fasc. 3, p. 521 s.; M. BRUZZONE, “Revirement” del Consiglio di Stato in tema di giurisdizione sulle ganasce fiscali, in Riv. giur. trib., 2005, fasc. 1, p. 19 s.; L. SPAGNOLETTI, Le “ganasce” fiscali: breve storia del fermo amministrativo dei beni mobili registrati in sede di riscossione di entrate mediante ruolo, tra problemi sostanziali e processuali (con qualche riserva sulla legittimità costituzionale dell’istituto), in Gius. amm., 2003, p. 392 s.
(5) Si tenga tuttavia presente che secondo la più recente giurisprudenza “il Comune può legittimamente affidare a soggetti esterni la gestione dell’accertamento e della riscossione dei soli tributi locali..e le sanzioni amministrative per violazioni del C.d.s. non possono essere certo incluse in tale categoria” (Cons. Stato, sent. 4635 del 2006 e Giudice di pace di Pisa, sent. 805 del 2007, in Sole-24 Ore Norme e Tributi, 30 aprile 2007, p. 47).
(6) Le cartelle esattoriali, che seguono una determinata procedura di emissione, possono riferirsi a tributi o tasse (canone Rai, contributi Inps, bollo auto, Ici, ecc.) ovvero a multe relative ad infrazioni al codice della strada (che, se non pagate entro 60 giorni dalla notifica del verbale, vengono iscritte a ruolo come avviene normalmente per le imposte). Le ganasce fiscali sono poi previste dal codice della strada come sanzione accessoria a determinati tipi di infrazioni, ad esempio, quelle compiute da minorenni o quelle per le quali e’ previsto il ritiro della carta di circolazione.
(7) Su cui si v. G. SCACCIA, voce Ragionevolezza delle leggi, in Diz. giur. dir. pubbl. (a cura di S. CASSESE), Giuffrè, Milano, 2006, p. 4806, secondo cui la ragionevolezza comporta “verifiche di coerenza, adeguatezza strumentale, congruità delle scelte legislative rispetto alle fattispecie regolate”. Si v., inoltre, le voci enciclopediche di A. CERRI, voce Ragionevolezza, in Enc. giur. Trec., XXV, aggiorn., Ist. Enc. it., Roma, 2006, p. 1 s.; J. LUTHER, voce Ragionevolezza (delle leggi), in Dig. disc. pubbl., UTET, Torino, p. 341 s. e L. PALADIN, voce Ragionevolezza (principio di), in Enc. dir., aggiorn., vol. I, Giuffrè, Milano, 1997, p. 898 s.; nonché i commenti di A. CELOTTO, sub art. 3 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di BIFULCO-CELOTTO-OLIVETTI), UTET, Torino, 2006, p. 80 s.; B. CARAVITA, sub art. 3 Cost. (commento), in Commentario breve alla Costituzione (a cura di CRISAFULLI-PALADIN), Cedam, Padova, 1990, p. 20 s.; A. S. AGRO’, sub art. 3 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di G. BRANCA), Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1975, p. 142 s.; nonché i contributi monografici di A. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, Giuffrè, Milano, 2002 e G. SCACCIA, Gli “strumenti” della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Giuffrè, Milano, 2000. Per maggiori approfondimenti si rinvia a M. CENTINI, Automatismi sanzionatori tra principio di non colpevolezza e principio di ragionevolezza, in Giur. cost., 2006, p. 2649 s.; G. SCACCIA, Eccesso di potere legislativo e sindacato di ragionevolezza, in Polit. dir., 1999, p. 387 s.; M. RUOTOLO, Un caso di “irragionevole” ragionevolezza (osserv. a sent. Corte cost., 8 aprile 1997, n. 84), in Giur. cost., 1997, p. 851 s.; A. CERRI, Di un'evidente lesione del principio di ragionevolezza ovvero dell'intollerabile contraddizione di un legislatore imprevidente in materia previdenziale (osservaz. a sent. Corte cost., 2 luglio 1997, n. 211), ivi, 1997, p. 2133 s.; A. MOSCARINI, Un buon uso della tecnica di ragionevolezza in tema di applicazione delle misure cautelari (osservaz. a sent. Corte cost., 28 marzo 1996, n. 89), ivi, 1996, p. 836 s.; R. BIN, Note sul controllo di ragionevolezza dei termini fissati dal legislatore (Nota a Corte cost., 7 novembre 1989, n. 489), ivi, 1989, I, p. 2289 s.; G. PITRUZZELLA, Provvisorietà del decreto legge recante benefici per il contribuente e controllo di ragionevolezza sulla legge di conversione modificatrice del regime di tali benefici (Nota a Corte cost. ord., 25 maggio 1989, n. 292), ivi, 1989, I, p. 1347 s.; A. PACE, Ragionevolezza abnorme o stato d'emergenza, ivi, 1982, I, p. 108 s.
(8) Sulla coerenza si rinvia a G. SCACCIA, voce Ragionevolezza delle leggi, cit., p. 4807 secondo cui « si possono definire convenzionalmente ipotesi di contraddittorietà interna o intrinseca quelle in cui la disciplina di un dato rapporto o fattispecie non è coerente con la qualificazione che di esso si dà in generale nel medesimo atto normativo; o sussiste contraddizione fra la regolazione normativa e la sua ratio o fra la previsione astratta e la sua concreta applicazione…si ha invece contraddittorietà esterna o estrinseca nei casi nel quali la qualificazione legislativa si mostri in dissonanza con lo spirito dell’istituto o con le logiche del settore normativo nel quale si inscrive ».
(9) Sull’applicazione di tale principio si permetta di rinviare a C. MEZZANOTTE, Relazione, in Unificazione e pluralismo giuridico in Europa, atti del seminario pubblico del 28 aprile 2006, Università Roma Tre, facoltà di giurisprudenza, in http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/site/_contentfiles/00015500/15507_unificazione%20e%20pluralismo.pdf , secondo cui « la Corte di Giustizia UE non utilizzerebbe il criterio di ragionevolezza, ma si limiterebbe al canone della proporzionalità, ossia ad un criterio che postula una disparità assiologia tra i diritti fondamentali. [detto criterio] nasce agli albori dello Stato di diritto in Francia e in Germania, il cui contesto è caratterizzato dalla preminenza dello Stato e da gerarchie sociali molto solide che non permettono lo svilupparsi di una dottrina che sia autenticamente liberale. Il principio di proporzionalità postula, quindi, la disparità tra valori e interessi, lasciando prevalere gli interessi dello Stato e, dunque, commisurando la posizione dei privati alla sua supremazia ». Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza la proporzionalità altro non sarebbe che una espressione della ragionevolezza: in tal senso G. MORBIDELLI, Il procedimento amministrativo, in A.A. V.v., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna, 1993, p. 1026; G. SALA, Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Giuffrè, Milano, 1993; P. M. VIVIANA, Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Cedam, Padova, 1993; G. SCACCIA, Gli “strumenti” della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, cit. nonché ID., voce Ragionevolezza delle leggi, cit., p. 4808 secondo cui « il controllo di proporzionalità (scomposto in tre diversi livelli di scrutinio: la verifica di idoneità; il controllo di necessità, infine il bilanciamento vero e proprio) rientrerebbe tra gli argomenti di ragionevolezza strumentale »; A. RUGGERI, Ragionevolezza e valori attraverso il prisma della giustizia costituzionale, in Ds, 2001, p. 567 s. Per una lettura autonoma dei due principi si v. invece G. LOMBARDO, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1997, p. 421 s.; D. U. GALETTA, Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1998; A. SANDULLI, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Cedam, Padova, 1998, p. 285 s. nonché ID., voce Ragionevolezza (dir. amm.), in Diz. giur. dir. pubbl. (a cura di S. CASSESE), Giuffrè, Milano, 2006, p. 4803 s. secondo cui « mentre, infatti, il principio di ragionevolezza implica un bilanciamento qualitativo tra gli interessi, che si traduce in una verifica di plausibilità e giustificabilità del bilanciamento, il principio di proporzionalità presuppone una valutazione molto più articolata (incentrata sui c.d. tre gradini: idoneità, necessarietà, adeguatezza) ed un sindacato più penetrante, incidente sulla corretta misura del potere amministrativo esercitato ».
(10) Così testualmente A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, parte speciale, Cedam, Padova, 1992, p. 274.
(11) In tal senso U. DE SIERVO, voce Circolazione, soggiorno, emigrazione (libertà di), in Dig. disc. pubbl., vol. III, UTET, Torino, 1989, p. 76 s., nonché ID., voce omonima, in Nov. dig. it., vol. XVII, UTET, Torino, 1970.
(12) Così A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, parte speciale,cit., p. 274 s. secondo il quale « i presupposti oggettivi e i mezzi (in senso stretto) per l’esercizio della libertà di circolazione possono, a loro volta, essere oggetto di distinte discipline costituzionali » (come ad esempio l’art. 42 Cost.) e, dunque, l’utilizzazione dei predetti mezzi potrebbe « essere limitata per motivi ulteriori rispetto ai motivi di sanità e sicurezza previsti dall’art. 16 Cost. »; nonché indirettamente G. DEMURO, sub art. 16 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di BIFULCO-CELOTTO-OLIVETTI), UTET, Torino, 2006, p. 376, secondo cui « la libertà di circolazione, coerentemente con la sua natura di diritto di libertà, si concretizza con la mera possibilità di determinarsi liberamente circa il trasferimento della propria persona da un luogo a un altro nell’ambito del territorio nazionale ». Secondo S. CASSESE, Beni pubblici. Circolazione e tutela, Milano, 1969, p. 156 la tutela di cui all’art. 16 Cost. non opererebbe affatto a favore delle vie di comunicazione; M. MAZZIOTTI, voce Circolazione (libertà di), in Enc. dir., VII, Giuffrè, Milano, 1960, p. 17 è invece dell’avviso che la « garanzia riguarda esclusivamente la persona, non anche i mezzi di cui questa può avvalersi per circolare o soggiornare, cosicché il legislatore rimane libero di regolarne l’uso, salvo il rispetto del principio di eguaglianza ».
(13) Così A. CERRI, Istituzioni di diritto pubblico, casi e materiali, Giuffrè, Milano, 2006, p. 470.
(14) Così testualmente G. AMATO, art. 16 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di G. BRANCA), Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1977, p. 124; nonché F. PETRANGELI, voce Circolazione e soggiorno (libertà di), in Diz. giur. dir. pubbl. (a cura di S. CASSESE), Giuffrè, Milano, 2006, p. 892, secondo cui « si dovrà tenere conto (anche)…dei diversi interessi collettivi meritevoli di tutela che possono essere coinvolti ».
(15) La si v. in Foro it., 2005, 1, c. 1307.
(16) La si v. in Giur. cost., 1996, p. 2354 s., con nota di F. PETRANGELI, Nuove problematiche della libertà di circolazione: il pedaggio stradale come misura di protezione dell’ambiente; nonché in Regioni, 1996, p. 1190 s., con nota di I. NICOTRA, Uso dei beni pubblici, tutela dell'ambiente e libertà di circolazione. Critico nei confronti di tale pronuncia A. CERRI, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 470 secondo cui « sarebbe stato forse più agevole rilevare la non estremamente difficile surrogabilità del mezzo automobilistico per la circolazione in città, anziché invocare per le strade specie con mezzi di trasporto…esigenze che attengano al buon regime della cosa pubblica; non si tratta, in sostanza, tanto di bilanciare la garanzia dell’art. 16 Cost. con altre esigenze innominate (il che sarebbe pericoloso), quanto di definirne i limiti ».
(17) Già V. CRISAFULLI, Questioni di costituzionalità di disposizioni di legge o questioni di legittimità del provvedimento applicativo? (in tema di libertà di circolazione), in Giur. cost., 1965, p. 118 s. e C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, I, Torino, 1976, p. 448 avevano sottolineato come, in relazione all’attuazione della libertà di circolazione, non potevano dirsi operanti i soli limiti previsti dall’art. 16 Cost., se non a pena di giungere a conclusioni aberranti prima di tutto sotto il profilo logico, quale quella secondo cui lo Stato, costruita una strada, non potrebbe più chiuderla al traffico; nonché C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Cedam, Padova, 1976, p. 1055 s. e U. GOLDONI, voce Circolazione e soggiorno (libertà di), in Enc. giur. Trec., vol. VI, Ist. enc. it., Roma, 1988 secondo i quali può ipotizzarsi la sussistenza di limiti ulteriori rispetto a quelli previsti nell’art. 16 Cost., ma che comunque da questi la libertà di circolazione non deve risultare violata in via indiretta.
(18) In tali termini si è espresso G. TESAURO, Diritto comunitario, Cedam, Padova, 2001, p. 401.
(19) In argomento si v. A. BALDASSARRE, voce Iniziativa economica privata, in Enc. dir., vol. XXI, Giuffrè, Milano, 1971, p. 582 s.; G. MORBIDELLI, voce Iniziativa economica privata, in Enc. giur. Trec., vol. XVII, Ist. enc. it., Roma, 1989; M. LUCIANI, voce Economia nel diritto costituzionale, in Dig. disc. pubbl., vol. V, UTET, Torino, 1990, p. 374 s.; S. NINATTI, voce Iniziativa economica privata (libertà di), in Diz. giur. dir. pubbl. (a cura di S. CASSESE), Giuffrè, Milano, 2006, p. 3142 s.; R. NIRO, sub art. 41 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di BIFULCO-CELOTTO-OLIVETTI), UTET, Torino, 2006, p. 851; G. SALERNO, sub art. 41 Cost. (commento), in Commentario breve alla Costituzione (a cura di CRISAFULLI-PALADIN), Cedam, Padova, 1990, p. 287 s.; F. GALGANO, sub art. 41 Cost. (commento), in Commentario alla Costituzione (a cura di G. BRANCA), Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1982, p. 1 s.; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, parte speciale, cit., p. 457 s.
(20) Non rientra, invece, nella previsione dell’art. 41 Cost. l’attività svolta in regime di concessione: in tal senso Corte cost., sent. 54 del 1964, in Giur. cost., 1964, p. 640.
(21) La si veda in Giur. cost., 1959, p. 394.
(22) Punto 6 del Considerato in diritto.
(23) F. C. SCOTTO, relazione Chiarezza e stabilità i presupposti per il rispetto della disciplina, cit. è dell’avviso che esse contrasterebbero (altresì) con il diritto di difesa ex art. 24, secondo comma, Cost.
Documenti allegati
- TALLINI_ganasce_02.pdf 84 KB