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L’efficacia della normativa attualmente vigente in tema di veicoli storici tra aspetti critici e prospettive di riforma
Dott.ssa Maristella Giuliano - Comitato di Redazione della Rivista Giuridica della Circolazione e dei Trasporti ACI
5.2.2015
Tra i principi fondamentali della nostra carta costituente si annovera la tutela e la promozione del patrimonio storico e artistico. I veicoli di interesse storico costituiscono un patrimonio nazionale di grande valore e in quanto circolanti, possono essere considerati alla stregua di un museo itinerante. Sono pertanto meritevoli di tutela secondo il dettato costituzionale. Tale orientamento non costituisce un fenomeno esclusivamente italiano, tanto che lo stesso Parlamento europeo nell'ambito del Programma di azione per la sicurezza sulle strade della Commissione europea, ha approvato il 29 settembre 2005 il testo dell'emendamento 26, stabilendo che: «Il Parlamento europeo intende tutelare il patrimonio culturale rappresentato dai veicoli storici; pertanto esorta affinché ogni futura legge consideri attentamente qualsiasi effetto non intenzionale, ma tuttavia potenzialmente negativo sull'uso, e di conseguenza anche sulla conservazione, dei veicoli storici».
Per accogliere l’invito del Parlamento europeo che esorta alla redazione di norme che non siano potenzialmente lesive della conservazione dei veicoli storici e che viceversa puntino alla tutela del loro patrimonio culturale e tecnologico, occorre partire dalla disamina del quadro normativo di riferimento attualmente vigente in Italia, per approdare ad un’analisi critica degli effetti derivanti dalla loro modifica. La disciplina giuridica dei veicoli storici attualmente vigente è contenuta nell’art. 60 del codice della strada, negli articoli 214 e 215 del Regolamento di attuazione del codice e nel Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 17 dicembre 2009 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 19 marzo 2010. L’art. 60 assimila i veicoli storici ai veicoli con caratteristiche atipiche, di cui all’art. 59 del codice della strada. Il legislatore però non fornisce una classificazione giuridica dei veicoli atipici e di conseguenza dei veicoli storici e non individua neanche quelli che dovrebbero essere i requisiti minimi per la circolazione degli stessi. Il codice della strada, infatti non stabilisce una vera e propria definizione dei veicoli da considerarsi atipici, individuando piuttosto per essi una categoria residuale.
L'articolo 59 al comma 2, rimanda ad un decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti la definizione sia della categoria alla quale assimilare i veicoli atipici, sia dei requisiti tecnici di idoneità alla circolazione dei medesimi veicoli. Ma tale individuazione e definizione della caratteristiche e dei requisiti tecnici dei veicoli storici, in realtà non è mai avvenuta, tanto che nel DM 19 dicembre 2009 si trova la disciplina relativa alle procedure per l'iscrizione dei veicoli di interesse storico e collezionistico nei registri, nonché per la loro riammissione in circolazione e la revisione periodica. Questa lacuna giuridica, questo silenzio normativo, rappresenta il punto di partenza e di fondamentale importanza per capire le conseguenze che si sono generate in 22 anni di vigenza del codice della strada e le storture applicative di una normativa che a conti fatti, non ha favorito la conservazione dei veicoli a rilevanza storica, allargando in modo disorganico le maglie di una categoria in cui troppo spesso sono rientrati anche veicoli che di storico hanno ben poco.
In base al disposto dell’art 60 cds si prevede che attualmente i veicoli storici sono divisi in due categorie:
- motoveicoli e autoveicoli d'epoca
- motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico
Il primo e il secondo comma dell’art. 60 cds e l’art. 214 del regolamento al codice della strada contengono la disciplina dei veicoli "d'epoca". In particolare si tratta di motoveicoli e di autoveicoli che per essere considerati d’epoca, devono essere cancellati dal P.R.A. e destinati alla loro conservazione in musei, locali pubblici e privati, ai fini della salvaguardia delle originarie caratteristiche tecniche specifiche della casa costruttrice. Inoltre si tratta di veicoli non adeguati nei requisiti, nei dispositivi e negli equipaggiamenti alle vigenti prescrizioni stabilite per l'ammissione alla circolazione ed iscritti in apposito elenco presso il Centro storico del Dipartimento per i trasporti terrestri. I veicoli d'epoca sono soggetti a particolari disposizioni per quanto concerne la loro circolazione, che può essere consentita soltanto in occasione di apposite manifestazioni o raduni autorizzati, limitatamente all'ambito della località e degli itinerari di svolgimento delle manifestazioni o raduni. Per poter circolare, questi i veicoli devono essere provvisti di una particolare autorizzazione rilasciata dal competente ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri nella cui circoscrizione è compresa la località sede della manifestazione. Anche il trasferimento di proprietà dei veicoli d’epoca deve essere comunicato al Dipartimento per i trasporti terrestri, per l'aggiornamento dell'elenco.
La disciplina degli autoveicoli e dei motoveicoli di interesse storico e collezionistico è contenuta nel terzo e quarto comma dell’art 60 CdS e nell’art 215 del Regolamento al codice della strada. Rientrano nella categoria i veicoli di cui risulti l'iscrizione in uno dei seguenti registri:
ASI
Storico Lancia
Italiano FIAT
Italiano Alfa Romeo
Storico FMI
Pertanto al di fuori delle auto d’epoca, con la terminologia “auto di interesse storico” si devono intendere tutti quei veicoli che hanno un valore storico intrinseco, mentre con la locuzione “auto di interesse collezionistico” ci si riferisce a quei veicoli che si può avere intenzione di collezionare per vari motivi, anche affettivi. Di conseguenza i veicoli di interesse collezionistico, non rappresentano necessariamente veicoli di particolare valore commerciale o di prestigio, bensì possono essere veicoli rilevanti dal punto di vista collezionistico per varie ragioni: sportive, industriali, di estetica, di costume o affettive. I veicoli di interesse storico o collezionistico, a differenza dei veicoli d’epoca, possono circolare, ma devono possedere i requisiti previsti dall’art. 215 del Regolamento, in particolare devono risultare costruiti da almeno 20 anni, devono conservare le caratteristiche originarie di fabbricazione e conservare le caratteristiche tecniche necessarie per la verifica dell’idoneità alla circolazione. La data di costruzione, nonché le caratteristiche tecniche sono attestate dalla certificazione di storicità rilasciata da uno dei registri suddetti. Eventuali modifiche e sostituzioni determinate dalla impossibilità di reperire i pezzi originali o non realizzabili ad un costo ragionevole, devono essere riconosciuti dalla Direzione generale della MCTC e riportate sulla carta di circolazione. L’eventuale successiva cancellazione del veicolo da uno dei predetti registri comporta la cessazione della circolazione dello stesso.
Dalla qualificazione di veicolo a rilevanza storica discendono varie agevolazioni come l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica o gli sconti sulle polizze assicurative, che le singole Assicurazioni sono libere di praticare, come ad esempio la classe di merito fissa al di fuori del sistema bonus malus; la guida libera inclusa nel prezzo che consente a chiunque di guidare l'auto; le cosiddette formule garage che consentono di assicurare tutto un parco macchine a condizioni vantaggiose. La disposizione relativa all’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica, prevista dalla legge ex art 63. 342/2000, che fino al 2014 era destinata a tutti i veicoli con più di 20 anni iscritti in uno dei registri ex art. 60, è stata recentemente modificata dalla legge di stabilità 2015 (legge 23.12.2014 n° 190). Di conseguenza tale agevolazione è applicabile soltanto ai veicoli con più di 30 anni, mentre i veicoli compresi tra i 20 e i 29 anni sono attualmente soggetti al pagamento della tassa automobilistica.
Negli atti preparatori della legge di stabilità 2015 si legge che “è opportuno procedere alla modifica della norma ex art 63 L. 342/2000, in quanto questa aveva la finalità di tutelare un parco auto e moto, precedente all’entrata in vigore della norma stessa, che per caratteristiche e qualità costruttive ed in ragione di un loro rilievo industriale o estetico, al compimento del ventesimo anno di età poteva essere definito di particolare interesse storico. Attualmente, con l’evoluzione delle tecniche costruttive da parte del mercato automobilistico, un autoveicolo o motoveicolo al compimento del 20 anni non può più essere assimilato ai veicoli di particolare interesse storico solo in ragione della sua vetustà. Per tale ragione è ormai venuta meno la stessa ratio che aveva giustificato il richiamato regime di speciale esenzione. A ciò si aggiunga che, nel corso degli anni, i controlli previsti dal comma 3 del citato art 63 finalizzati all’individuazione, da parte dell’ASI e della FMI mediante propria determinazione, dei veicoli di particolare interesse storico e collezionistico, sono risultati talvolta carenti,consentendo l’accesso all’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche ad autoveicoli e motoveicoli che, oltre ad aver compiuto venti anni, non avevano alcuno dei requisiti normativi”.
Nelle intenzioni del legislatore, quindi, tale normativa risponderebbe all’esigenza di non agevolare la conservazione di veicoli che hanno ben poco in termini di valore culturale ma che sono dichiarati tali solo al fine di godere agevolazioni fiscali. Ma in una simile ipotesi l’uso del verbo condizionale non è una formula di stile, perché nel caso di veicoli storici la valutazione sul valore culturale di un veicolo non può essere nettamente tranciata da disposizioni di legge categoriche, ma deve essere valutata a priori tramite l’analisi fatta da specialisti nel settore, delle effettive caratteristiche tecniche di un modello di fabbricazione piuttosto che di un altro, stratificando in una sorta di “lista chiusa” i requisiti e i modelli di veicoli che hanno un valore storico e un potenziale culturale. Solo la previsione di un elenco di veicoli potenzialmente storici, c.d. “lista chiusa”, potrebbe conferire certezza ad un settore, in cui l’alea della qualificazione di storicità è demandata ad un esame che, con il pretesto dell’analisi del caso concreto, nasconde esigenze economiche di affiliazione. Infatti ben poco ha di tutela effettiva del patrimonio storico e culturale una normativa che costringe all’iscrizione presso un registro, con esborsi economici, per ottenere il riconoscimento di storicità e di conseguenza, la tutela prevista dalla legge. La storicità di un veicolo è in re ipsa, nel suo valore intrinseco, che può ben essere accertato preventivamente.
Inoltre l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art 63 l. 342/2000 che ha comportato la soppressione dell’esenzione, oltre ad avere generato una maggiore entrata nel bilancio dello Stato, stimata in circa 78,5 milioni di euro, potrebbe comportare però anche una ulteriore conseguenza causata dalla diversificazione della normativa a livello regionale, generando una disparità di trattamento da Regione a Regione. Infatti in base alla disposizione di cui all’art. 7, comma 1 della legge n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale, la tassa automobilistica è un tributo proprio derivato, ossia un tributo istituito e regolato da leggi statali, ma il cui gettito è attribuito alle Regioni. L’art.7 comma 1, in merito a tali tributi, stabilisce che le Regioni “con una propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo i criteri fissati dalla legislazione statale”. Ed è proprio sul portato di questa disposizione che si è aperto un dibattito interno alla Regioni in riferimento alla considerazione della validità delle leggi regionali approvate precedentemente alla legge di stabilità che disponevano l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica. In particolare alcune Regioni, tra cui la Lombardia, ritengono che tale disciplina regionale relativa all’esenzione della tassa automobilistica sia ancora vigente per i veicoli iscritti in uno dei registri indicati dall’art. 60 del codice della strada. Altre Regioni, invece, allineandosi al disposto della legge 190/2014 hanno assoggettato al pagamento della tassa automobilistica i veicoli ultraventennali, argomentando dall’ultimo capoverso dell’art.7 comma 1, che delimita l’ambito di intervento regionale ai criteri fissati dalla legislazione statale. Di tale avviso anche la giurisprudenza costituzionale, che in particolare nella sentenza n. 288/2012, evidenzia che la Regione, con riferimento alla tassa automobilistica, qualificato come tributo proprio derivato “ a) non può modificarne il presupposto ed i soggetti d’imposta (attivi e passivi); b) può modificarne le aliquote nel limite massimo fissato dal comma 1 dell’art. 24 del d.lgs. n. 504 del 1992 (tra il 90 ed il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente); c) può disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti di legge e, quindi, non può escludere esenzioni, detrazioni e deduzioni già previste dalla legge statale.”
Le criticità illustrate e derivanti da una normativa complessa, disorganica e a tratti incompleta, necessitano ormai da tempo di un intervento legislativo statale. Una buona occasione può essere rappresentata dal provvedimento di modifica legislativa al codice della strada, attualmente allo studio del Senato. Si tratta del disegno di legge n. S 1638 recante “Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”. L’atto è stato approvato dalla Camera dei deputati e trasmesso al Senato della Repubblica il 13 ottobre 2014. All’VIII Commissione permanente “Lavori pubblici, comunicazioni” è stato assegnato il compito di svolgere l’esame in sede referente.
L’occasione prossima di modifica legislativa ci spinge a formulare alcune riflessioni e proposte: in primis l’esigenza di modificare la normativa vigente deve giungere al fine di favorire il pluralismo associativo, prevedendo la possibilità di costituire libere associazioni amatoriali di collezionisti di veicoli storici, fondate su base volontaria e senza vincolo di esclusiva, per le quali è prevista la registrazione al fine di essere autorizzate a certificare la storicità dei veicoli. E’ necessario poi prevedere l'istituzione di una commissione, composta dai rappresentanti delle associazioni, e da esperti del settore, tra cui in prima battuta l’ACI quale Ente referente degli automobilisti da oltre 100 anni, con il compito di identificare i veicoli di età inferiore a trenta anni di cui va promossa e incentivata la conservazione e di fissarli un una sorta di “lista chiusa” con valore ricognitivo del parco veicolare storico. La certificazione di storicità potrà essere rilasciata a questo punto sulla base anche di una semplice autocertificazione di conformità, redatta dallo stesso proprietario del veicolo, senza nessun obbligo di iscrizione presso un archivio, eliminando, in tal modo, il relativo e non secondario esborso economico.
Tale soluzione eviterebbe, pertanto, l'inopportuna classificazione tra i veicoli storici di moltissimi veicoli semplicemente “vecchi”, ai quali non è corretto riservare alcun beneficio sia perché si tratta di veicoli a forte impatto ambientale, sia perché si tratta di veicoli che invecchiano il parco auto circolante, e che non rispondono ai requisiti richiesti dalle norme in tema di sicurezza stradale, sia perché si tratta di veicoli che vengono bollati con il marchio della storicità soltanto al fine di godere di benefici economici.