• Giurisprudenza
  • Cinture di sicurezza, sistemi di ritenuta a casco
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Mancato uso delle cinture di sicurezza e valore probatorio del verbale di accertamento dell'infrazione

Corte di Cassazione II sez. civile
4 novembre 2008, n. 26488

Infrazioni al Codice della strada – Mancato uso delle cinture di sicurezza – Art. 172 Cod. strada – Verbale di accertamento – Valore probatorio – Piena prova fino a querela di falso.

 

Il verbale di accertamento delle infrazioni al Codice della strada fa piena prova, fino a querela di falso, solo dei fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza, conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché della provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e delle dichiarazioni rese dalle parti. Conseguentemente, ai fini dell’accertamento dell’infrazione di cui all’art. 172, comma 10, Codice della strada (Mancato uso delle cinture di sicurezza), deve attribuirsi pieno valore probatorio al verbale redatto dagli agenti accertatori salvo che non emergano elementi sufficienti per ipotizzare un errore materiale da parte degli stessi: infatti, l’uso delle cinture di sicurezza non implica alcuna attività di valutazione o di elaborazione da parte degli agenti.   Svolgimento del processo 1. - Il dott. XXXX propose opposizione avverso il verbale, redatto dalla Polizia municipale di Parma, di accertamento a carico dello stesso della violazione dell’art. 172, comma 8, c.d.s. per aver circolato, in data 15 dicembre 2003, alla guida della propria autovettura senza far uso della cintura di sicurezza. Il ricorrente asserì di aver indossato la cintura. Si costituì il Comune di Parma, concludendo per il rigetto del ricorso, in quanto infondato. Con sentenza depositata il 6 maggio 2004, il giudice di pace di Parma accolse il ricorso, rilevando che il dott. XXXX aveva sempre affermato di aver fatto uso della cintura, ed aveva allegato alcune fotografie riproducenti i vetri bruniti della sua autovettura, e sottolineando la scarsa visibilità dell’interno della stessa. Il giudicante osservò che dalle fotografie prodotte risultava difficoltosa la visualizzazione, data anche la statura del ricorrente che copriva interamente la distanza che separava il punto di allaccio della cintura di sicurezza dalla spalla sinistra.  2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Comune di Parma affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso il XXXX  Motivi della decisione 1. - Con l’unico, articolato motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 2697,2699 e 2700 cod. civ., nonché 172 cod. strad. in relazione agli artt. 221 e segg. cod.proc.civ., nonché insufficienza di motivazione. Il ricorrente si duole che il giudicante non si sia affatto posto il problema del valore probatorio delle dichiarazioni rese dagli agenti accertatori, trascritte nel verbale di contestazione, collocandole sullo stesso piano delle dichiarazioni dell’opponente, e giungendo, così, alla conclusione che, essendo contrastanti le due versioni, la prova della trasgressione non fosse raggiunta. Inoltre, anche a voler ritenere che la opposizione ex art. 204 cod. strad. costituisca una forma speciale di proposizione della querela di falso nei confronti del verbale di contestazione, sarebbe comunque necessario, al fine del suo accoglimento, che, pur se l’accertamento verbalizzato sia il frutto di una percezione visiva del redigente, la valutazione dei pubblici ufficiali sia il risultato di situazioni contingenti che non garantiscano una visione sicura: situazione insussistente nella specie, in cui l’autovettura del XXXX e quella di servizio degli agenti sarebbero state affiancate al momento della trasgressione, e non distaccate, come sostenuto dall’opponente, con la conseguenza che i vetri bruniti non impedivano in alcun modo la percezione precisa della situazione rilevata. Né la sentenza avrebbe considerato che la verbalizzazione della trasgressione era stata compiuta da due agenti che avevano concordemente confermato la deposizione resa in giudizio.  2.1. — La censura è fondata. 2.2. - In tema di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, oppure da lui compiuti, nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti. Non può essere, invece, attribuita la fede privilegiata ne’ ai giudizi valutativi, ne’ alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali, perché mediati attraverso l’occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo (v., sul punto, tra le altre, Cass., sentt. n. 6565 del 2007, n. 20441 del 2006). L’uso delle prescritte cinture di sicurezza non implica alcuna attività di valutazione o di elaborazione da parte dell’agente accertatore; pertanto, se dagli atti di causa non emergono sufficienti elementi per ipotizzare un errore materiale da parte dei verbalizzanti, deve attribuirsi pieno valore probatorio al verbale da essi redatto. 2.3. — In applicazione dei richiamati principi, correttamente, nella specie, il giudicante ha escluso che costituisse elemento idoneo a porre in discussione le risultanze del verbale — per di più redatto da due agenti, le cui concordanti attestazioni appaiono puntualmente confermate nel corso del giudizio — la circostanza che i vetri dell’autovettura del XXXX fossero bruniti: circostanza che, di per sé, tra l’altro, non impediva la visualizzazione delle cinture di sicurezza all’interno dell’autovettura, avuto riguardo alle modalità dell’accertamento.  3. - Il ricorso va, dunque, accolto. La sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod.proc.civ., con il rigetto della opposizione proposta dal XXXX In considerazione della natura della controversia, ed agli interessi coinvolti, si ritiene equo compensare tra le parti le spese del presente giudizio.  P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione. Compensa tra le parti le spese del giudizio.

 

Documenti allegati