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Mediazione anche in caso di vertenze R.C. auto. Il D.LGS 4 marzo 2010, n. 28.
Di Maura Fraschina
1. Premessa.
In tema di semplificazione dei riti, l’art. 60 della L. 18 giugno 2009, n. 69 prevedeva una delega in favore del Governo affinché lo stesso, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, emanasse uno o più decreti legislativi “in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”. In attuazione di tale delega, il Governo ha emesso il d.lgs 4 marzo 2010 n. 28. La conciliazione, nelle sue diverse forme, è istituto di grande rilievo e in continua espansione. Come è stato autorevolmente osservato, l’importanza della conciliazione emerge, anzitutto, ex se: “la conciliazione e più in generale i mezzi alternativi di risoluzione delle controversie non devono essere considerati un ripiego a fronte di una situazione drammatica della giurisdizione statale: quasi che, se quest’ultima funzionasse bene, dei mezzi alternativi si potrebbe benissimo fare a meno”[1]. Tuttavia si consideri che la conciliazione nel nostro ordinamento assume un rilievo sempre maggiore anche in ragione della situazione di congestione che affligge gli uffici giudiziari. Questa è una considerazione che si fonda sul principio di sussidiarietà, alla luce del quale l’intervento autoritativo-giurisdizionale, deve essere valutato come l’ultima tra le chances a disposizione, alla quale si dovrebbe ricorrere in mancanza di raggiungimento dello scopo per altra via. Il valore aggiunto che la conciliazione possiede rispetto alla giustizia civile statale, del resto, è nota e sovente enfatizzata anche dalla dottrina[2], che ravvisa proprio nell’incapacità dello Stato a rispondere adeguatamente alla domanda di giustizia una delle principali cause del ricorso a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie[3]. E’, pertanto, da ritenere utile qualsivoglia iniziativa volta ad estendere l’ambito di operatività dell’istituto in funzione deflativa del contenzioso, in sede giudiziale e non.
2. La mediazione civile definita dal D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
Si tratta di una novità che è destinata a modificare la struttura del processo civile. E’ definita mediazione l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti:
- sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d. mediazione compositiva);
- sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (c.d. mediazione propositiva).
La mediazione è lo strumento per addivenire alla conciliazione; per arrivare a ciò, vi è il supporto degli organismi, ovvero enti pubblici o privati, abilitati a svolgere il procedimento di mediazione (senza l’autorità per imporre una soluzione), iscritti in un registro istituito con decreto del Ministro della Giustizia.
2.1 Libertà di forme.
Chiunque può accedere alla mediazione, purché si pongano questioni inerenti diritti disponibili, senza escludere aprioristicamente forme di negoziazione. Non sono previste formalità particolari ed è possibile utilizzare anche modalità telematiche. E’ sufficiente presentare un’istanza presso l’organismo competente, indicando:
- l’organismo;
- le parti;
- l’oggetto;
- le ragioni della pretesa (c.d. causa petendi).
E’ prevista una sorta di litispendenza: in caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda (il tempo della domanda si individua con la data della ricezione della comunicazione). Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, ex art. 17. Tuttavia, va evidenziato che vi è un nuovo obbligo per l’avvocato, che deve informare l’assistito in modo chiaro e per iscritto, nel primo colloquio, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione; il documento così formato e sottoscritto dal cliente dovrà essere allegato all’atto introduttivo nell’eventuale giudizio; diversamente, sarà il giudice ad informare la parte della facoltà di intraprendere un procedimento di mediazione.
2.2 Tipologie di mediazione e ambito di applicazione.
Sono stati previsti, essenzialmente, tre tipi di mediazione:
1) facoltativa, quando viene liberamente scelta dalle parti;
2) obbligatoria (entrerà in vigore decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, di cui si discorre, ex art. 24), quando è imposta dalla legge. Il procedimento di mediazione deve essere esperito, a pena di improcedibilità, nei casi di controversie relative a:
- condominio
- diritti reali;
- divisione;
- successioni ereditarie;
- patti di famiglia;
- locazione;
- comodato;
- affitto di azienda;
- risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti;
- risarcimento del danno derivante da responsabilità medica; - risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità;
- contratti assicurativi, bancari e finanziari; 3) giudiziale, quando è il giudice ad invitare le parte ad intraprendere un percorso di mediazione (con ordinanza); l’invito potrà essere fatto in qualunque momento, purchè prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Sono escluse della mediazione obbligatoria le seguenti fattispecie:
- i procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; - i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento di rito di cui all’art. 667 c.p.c.;
- i procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’art. 703 c.p.c., comma 3, c.p.c.;
- i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione, relativi all’esecuzione forzata;
- i procedimenti in camera di consiglio;
- l’azione civile esercitata nel processo penale.
2.3 Gli organismi di mediazione.
Tutti gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà e di efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione. Gli organismi di conciliazione devono essere iscritti in un apposito registro istituito presso il Ministero della Giustizia. Per iscrizione a tale registro occorre presentare domanda, allegando il regolamento dell’organismo di mediazione. E’ inoltre previsto l’istituzione di un apposito albo dei formatori per la mediazione. Si prevede poi la facoltà di istituire, previa autorizzazione, organismi di mediazione anche presso i consigli degli altri ordini professionali: ciò risponde all’esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile o simili). Anche tali organismi, così come quelli istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, saranno iscritti a semplice domanda. La natura pubblicistica degli enti che istituiscono gli organismi offre, infatti, una garanzia di serietà ed efficienza. Anche in questo caso l’iscrizione a semplice domanda non priva l’amministrazione, che detiene il registro del potere di verificare l’esistenza dei requisiti minimi, dei poteri di vigilanza successivi.
2.4 Il procedimento di mediazione.
Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire. Presentata la domanda presso l’organismo di mediazione, è designato un mediatore, e fissato il primo incontro tra le parti (non oltre quindici giorni dal deposito della domanda). La domanda e la data dell’incontro sono comunicate all’altra parte, anche a cura dell’istante. Il mediatore cerca un accordo amichevole di definizione della controversia. Se la conciliazione riesce, il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore. Se l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. Nel verbale, contenente l’indicazione della proposta, si dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. In qualunque momento del procedimento, su concorde richiesta delle parti, il mediatore formula una proposta di conciliazione.
2.4.1 La tutela della riservatezza.
Il procedimento di mediazione non è soggetto ad alcuna formalità ed è protetto da norme che assicurano alle parti del procedimento l’assoluta riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti, e il mediatore sarà tenuto al segreto professionale su di esse.Quando il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non potrà rivelare alcuna informazione, acquisita durante tali sessioni, all’altra parte. La finalità della previsione, propria di tutte le esperienze comparate a livello internazionale, è finalizzata a consentire alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza timore che poi possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima. I soggetti coinvolti si sentiranno così liberi di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto dotato di professionalità per comporli.
2.4.2 L’efficacia del verbale di mediazione.
Dal punto di vista dell’efficacia esecutiva, qualora l’accordo venga raggiunto, dovrà essere omologato dal tribunale, che ne verificherà regolarità formale e rispetto dei principi di ordine pubblico. Il conseguente verbale costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica, oltre che per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta del mediatore, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti o per il ritardo nel loro adempimento.
2.4.3 Le spese processuali.
All’esito del processo civile, se il provvedimento del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamente al periodo successivo alla stessa, e la condanna al pagamento delle spese processuali della parte soccombente riferite al medesimo periodo, nonché al pagamento del contributo unificato. Se il provvedimento non corrisponde al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può escludere dalla ripetizione le spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese.
2.4.4 Agevolazioni fiscali.
Sono inoltre previste agevolazioni fiscali. Tutti gli atti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. In particolare, il verbale di conciliazione sarà esente dall’imposta di registro sino all’importo di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente. In caso di successo della mediazione, le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a un massimo di euro 500 per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all’organismo di mediazione. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.
2.5 I rapporti tra il procedimento di mediazione e il processo civile.
Importanti sono le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 28/2010 relative ai rapporti tra procedimento di mediazione e l’eventuale processo civile. Infatti affinché l’obiettivo della deflazione del contenzioso possa essere concretamente perseguito, è indispensabile che la mediazione possa spiegare taluni effetti anche sul procedimento instaurato davanti all’autorità giudiziaria. I tratti essenziali della normativa sono i seguenti:
- all’atto di conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare il cliente chiaramente e per iscritto di avvalersi del procedimento di mediazione: in caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile.
- Il documento che contiene le predette informazioni deve essere sottoscritto dal cliente e allegato all’atto introduttivo del giudizio.
- L’esperimento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale: si precisa, però che tale disposizione acquista efficacia decorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs 28/2010 e si applica a tutti i procedimenti instaurati successivamente a tale data.
- L’improcedibilità della domanda deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, ovvero rilevata dal giudice non oltre la prima udienza.
- Dal momento della comunicazione alle parti, la mediazione produce gli stessi effetti sulla prescrizione della domanda giudiziale.
- La mediazione è sottoposta all’obbligo di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (d.lgs. 21.11.2007, n. 231).
3. Conclusioni.
Per concludere è opportuno sottolineare che, sulla scorta delle precedenti riforme, l’istituto della conciliazione è risultato di difficile realizzazione concreta. Come ci mostra l’esperienza pratica, se la conciliazione ha qualche possibilità di riuscita nel processo del lavoro – di norma perché il datore di lavoro teme di incappare nel c.d. favor verso la parte più debole, ossia il lavoratore –, pochissime possibilità vi sono negli altri contesti, atteso che quando si è ormai dinnanzi al Giudice è, forse, troppo tardi per pervenire ad un’ipotesi conciliativa. Il disagio con cui l’istituto è applicato in sede giudiziale ha spinto il legislatore del 2005 a trasformare il tentativo di conciliazione nel rito ordinario di primo grado da obbligatorio a meramente facoltativo. Recenti tentativi di riforma, in una prospettiva deflativa del contenzioso, hanno successivamente cercato di ampliare lo spazio dedicato alla conciliazione, arrivando ad investire il Giudice di un ruolo attivo in tal senso – come ipotizzato nel d.d.l. Mastella – ma con esiti poco convincenti e ciò non certo a causa di una mancanza di fiducia nei giudicanti, quanto per la sede ed il momento, ormai avanzato e caratterizzato da un alto grado di litigiosità, in cui la conciliazione giudiziale si svolge. Ne consegue che la via da seguire al fine di pervenire al risultato di deflazione delle controversie in sede giudiziaria sia, probabilmente, un'altra: anzitutto, la creazione, negli operatori giuridici e commerciali, di una cultura della conciliazione, che li porti a prevedere il predetto istituto quale metodo alternativo di risoluzione delle eventuali controversie, in modo da semplificare le operazioni in caso di concretizzazione della lite; quindi, la previsione, da parte del legislatore, ma anche dietro semplice iniziativa di organismi rappresentativi di centri di opposti centri di interesse, di protocolli che prevedano procedure conciliative in ambito stragiudiziale[4]. Il Legislatore ha introdotto il tentativo obbligatorio di conciliazione anche nelle vertenze relative a contratti assicurativi e al risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. Con specifico riferimento a tale settore, si avvalora la necessità di:
- gestire e rafforzare sia la relazione con il danneggiato, sia il rapporto con le assicurazioni, predisponendo un doppio binario di mediazione;
- inserire nel “consenso informato”, consegnato al danneggiato-paziente, la clausola che prevede il ricorso obbligatorio ad uno o più organismi di conciliazione;
- la validità dello strumento della mediazione per ridurre il peso economico dei singoli casi/sinistri e per garantire una buona relazione con le assicurazioni; - di predisporre una normativa ad hoc per le conciliazioni nel settore;
- di informare correttamente i danneggiati, molto spesso ignari, dell’utilità del ricorso alla mediazione.
In tale contesto, occorre quindi garantire al cittadino la possibilità di scegliere lo strumento più idoneo a tutelare i propri interessi, valutando i costi, i tempi, le opportunità e la qualità, senza preclusione alcuna per l’accesso alla giustizia.
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[1] Luiso, La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti cit., 1203 ss. [2] Cfr. già Caponi, La conciliazione stragiudiziale come metodo di ADR, in Foro It., 2003, V, 172 ss. [3] Conf. Taruffo, Adeguamenti delle tecniche di composizione dei conflitti di interesse, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1999, 779 ss.; Chiarloni, Stato attuale e prospettive della conciliazione stragiudiziale, ivi, 2000, 447 ss. [4] Vedasi sul punto M. Giorgetti, Semplificazione e accelerazione del processo, Materiale Convegno IPSOA, Milano, luglio 2009.