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Nulla da fare per gli automobilisti indisciplinati: la Cassazione ha stabilito che è compito del trasgressore dimostrare l’inidoneità della cartellonistica stradale a segnalare il rilevamento elettronico della velocità

Fabrizio Frongillo
20 Novembre 2017

Nulla da fare per gli automobilisti indisciplinati: la Cassazione ha stabilito che è compito del trasgressore dimostrare l’inidoneità della cartellonistica stradale a segnalare il rilevamento elettronico della velocità

di Fabrizio Frongillo 

I conducenti che ricevano una contravvenzione per eccesso di velocità elevata tramite autovelox e che facciano ricorso in opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa simultaneamente alla multa, sono gravati dall’onere di dimostrare che i segnali che indicano la presenza dell’autovelox o che avvisano che l’andatura dei veicoli è rilevata lungo la carreggiata da apparecchi elettronici, non siano adeguati alla loro funzione.

In detta ipotesi  emerge dunque l’applicabilità di due diverse normative:

-l’art. 142 C.d.S., comma 6 bis, il quale prevede che “le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del presente codice”;

-l’art. 3 del decreto del Ministro dei trasporti 15 agosto 2007, ove è previsto che “le postazioni di controllo per il rilevamento della velocità sulla rete stradale possono essere segnalate: a) con segnali stradali di indicazione, temporanei o permanenti, b) con segnali stradali luminosi a messaggio variabile, c) con dispositivi di segnalazione luminosi installati su veicoli. I segnali stradali di indicazione di cui al comma 1, lettera a), devono essere realizzati con un pannello rettangolare, di dimensioni e colore di fondo propri del tipo di strada sul quale saranno installati. Sul pannello deve essere riportata l’iscrizione “controllo elettronico della velocità” ovvero “rilevamento elettronico della velocità”, eventualmente integrata con il simbolo o la denominazione dell’organo di polizia stradale che attua il controllo. I segnali stradali luminosi a messaggio variabile di cui al comma 1, lettera b), sono quelli già installati sulla rete stradale, ovvero quelli di successiva installazione, che hanno una architettura che consenta di riportare sugli stessi le medesime iscrizioni di cui al comma 2. I dispositivi di segnalazione luminosi di cui al comma 1, lettera c), sono installati a bordo di veicoli in dotazione agli organi di polizia stradale o nella loro disponibilità. Attraverso messaggi luminosi, anche variabili, sono riportate le iscrizioni di cui al comma 2. Se installati su autovetture le iscrizioni possono essere contenute su una sola riga nella forma sintetica: «controllo velocità» ovvero «rilevamento velocità»; l’ultimo comma della norma citata afferma che: «Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 77,78,79,80,81,82,124,125 e 170 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495”.

La questione è giunta all’attenzione degli ermellini dopo che alcuni automobilisti avevano agito, innanzi al competente giudice di pace, nei confronti di un comune, presentando ricorso avverso i verbali di contestazione emessi dalla polizia municipale per eccesso di velocità. L’infrazione risultava infatti accertata da postazioni di controllo fisse, poste su entrambi i sensi di marcia di una strada provinciale che secondo i ricorrenti non erano adeguatamente segnalate a norma del sopracitato art. 142 del D.Lgs. n. 285 del 1992.

Il giudice adito aveva ravvisato la violazione e provveduto ad annullare tutti i provvedimenti sanzionatori impugnati, condannando inoltre il comune resistente al pagamento delle spese di lite in favore degli automobilisti. Il Comune impugnava la sentenza, ed il giudice d’appello ne confermava il dispositivo, motivando però diversamente la sua scelta.

Approdata all’esame della Suprema Corte questa ha invece ritenuto con l’ordinanza  09/10/2017 n° 23566 di annullare la pronuncia, rimettendo la causa innanzi al giudice d’appello. 

Per i giudici della Suprema Corte non è condivisibile il ragionamento operato nei precedenti gradi di giudizio, secondo cui sarebbe toccato all’amministrazione assolvere l’onere della prova relativamente alla correttezza delle segnalazioni predisposte in merito alle attività di rilevamento contestate. 

Secondo un consolidato orientamento infatti, in tema di opposizione a sanzione amministrativa per violazione dei limiti di velocità : “qualora l’opponente deduca non già la mancanza della segnalazione stradale relativa a tale limite, ma soltanto la sua inadeguatezza, incombe a lui di dare prova, attraverso la dimostrazione di circostanze concrete, della sussistenza dell’allegata inadeguatezza, per inidoneità od insufficienza della segnaletica, e non invece alla P.A. di provare l’adeguatezza della segnaletica stessa” (Corte di Cassazione, Sez. I Civile, Sentenza n. 6242 del 21/06/1999).

Secondo la Cassazione è a carico di colui che propone ricorso avverso l’ordinanza ingiunzione, e non della pubblica amministrazione convenuta, l’onere di provare che la segnaletica (di cui al d.m. 15 agosto 2007) sia inidonea ad operare la funzione di avviso circa la presenza di postazioni di controllo della velocità, in modo tale da garantire il rispetto dei limiti dì velocità, secondo un criterio che operi non in virtù della volontà di cogliere di sorpresa l’automobilista indisciplinato, ma volto alla tutela della sicurezza della circolazione stradale, della riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, nonché di fluidità della circolazione.

 

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