- Giurisprudenza
- Patente di guida
- Dott.ssa Maristella Giuliano e Dott.ssa Tiziana Santucci
Nulla-osta al conseguimento di una nuova patente di guida
TAR Puglia, sezione II
Sentenza 16 marzo 2021, n. 469 - massima a cura della dott.ssa Maristella Giuliano
In caso di revoca della patente di guida per mancanza dei requisiti morali dovuta all’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale ed in assenza di un provvedimento di riabilitazione, è sufficiente la constatazione del decorso del termine dei tre anni, ai fini del rilascio del nulla-osta al conseguimento dei una nuova patente, perché tale requisito temporale è stato previsto dal legislatore nell’ambito dell’art. 120 cds. Inoltre a sostegno di questa tesi c’è anche la considerazione che nel codice della strada, quando il legislatore ha inteso subordinare la possibilità di ottenere una nuova patente di guida al conseguimento di un provvedimento riabilitativo lo ha sempre specificato testualmente.
Fatto e diritto
1.- Con ricorso depositato come in rito, l’istante ha impugnato il provvedimento di diniego del nulla-osta al conseguimento di una nuova patente di guida, motivato in ragione della pregressa applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., poi revocata, senza che sia sopraggiunta la misura della riabilitazione, ai sensi dell’art. 120, comma 1, del codice della strada.
In particolare, in fatto, veniva evidenziato che il ricorrente, con provvedimento del 13 febbraio 2017, aveva ottenuto dal Tribunale di Foggia un provvedimento di autorizzazione a potersi recare fuori regione per motivi lavorativi; inoltre, in esito al “percorso di trattamento e di rieducazione” valevole ad escludere “la pericolosità sociale del prevenuto”, in data 2 maggio 2018, veniva revocato anche il provvedimento di sorveglianza speciale. Infine, era assolto da ogni contestazione penale.
Indi, con richiesta protocollata il 17 febbraio 2020 presso la Prefettura di Foggia, chiedeva il rilascio del nulla-osta, indispensabile per il conseguimento di un nuovo titolo abilitativo alla guida, che però veniva rigettato per assenza della predetta misura di riabilitazione.
In diritto, venivano censurate la violazione di legge (artt. 27 e 97 Cost.; art. 12 preleggi; art. 120 e 219 del codice della strada), nonché svariati profili di eccesso di potere, per contrasto con la circolare ministeriale del 17 marzo 2003 n. 6454, per contraddittorietà, difetto di motivazione, omesso valutazione dei presupposti di fatto e di diritto e erroneo apprezzamento dei presupposti considerati, infine per sviamento e illogicità.
2.- Alla fissata camera di consiglio, veniva concessa la sospensione cautelare del provvedimento di diniego, con positivo apprezzamento del fumus, come da giurisprudenza della Sezione.
3.- Depositate brevi note, alla successiva udienza pubblica, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
4.- Il ricorso è fondato.
Come contestato nel ricorso proposto e rilevato dalla giurisprudenza preferibile (Cons. St., sez. III, ord. 22 gennaio 2017 n. 5642; T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, 1° febbraio 2019 n. 73), nella fattispecie della revoca della patente di guida già conseguita, l’art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (“Nuovo codice della strada”) non prevede la necessità di conseguire alcuna forma di riabilitazione, né per l’estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali, né per la cessazione degli effetti pregiudizievoli e di quelli ulteriori preclusivi riferiti alle misure di prevenzione.
Invero, nel codice della strada, quando il legislatore ha inteso subordinare la possibilità di ottenere una nuova patente di guida al conseguimento di un provvedimento riabilitativo lo ha sempre specificato testualmente.
Sul punto, va richiamata la fondamentale distinzione tra colui che domandi il conseguimento della patente di guida della categoria richiesta, una volta raggiunti i requisiti previsti (articoli 115, 116, 119, 120, comma 1, 121 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285) e colui che, successivamente, perda il solo requisito morale (articolo 120, comma 2, del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285).
In primis, il rilascio della patente di guida costituisce un diritto correlato alla verificazione da parte dei preposti uffici del possesso in capo al soggetto istante dei requisiti morali, di salute psico-fisica e di capacità tecnica alla guida, come previsti dal codice della strada.
Riscontrati cioè ex ante i predetti tre requisiti, attraverso la disamina dei documenti amministrativi, apposita visita medico-legale e prove d’esame teorico-pratiche, è conseguito il titolo abilitativo alla guida, a seconda della classe di veicoli per cui è stato richiesto, e ne è indi acclarata positivamente la capacità tecnica (abilitazione alla guida).
In secundis, va però considerato che affatto diversa è la situazione che viene a configurarsi nel caso di commissione di taluni specifici reati, o di intervenuta dichiarazione di delinquenza (abituale, professionale o per tendenza) o di applicazione di misure di sicurezza, o di sottoposizione a misure di prevenzione, che hanno invece la conseguenza di incidere ex post sul profilo dei requisiti morali, comprimendone dunque il pieno possesso.
In tale ultimo caso, infatti, v’è un sicuro esercizio dei poteri discrezionali del prefetto, attribuiti dalla legge, nell’interesse pubblico alla prevenzione dei reati, correlato alla verifica della permanenza dei requisiti morali. La competenza è stata ascritta dalla legge all’autorità amministrativa prefettizia. Nella materia, non v’è indi alcuna competenza dell’autorità giudiziaria, neanche sotto il profilo della necessità di ottenere una preventiva riabilitazione.
Dunque, solo per il primo rilascio del titolo abilitativo, il legislatore del codice della strada ha inteso richiedere il possesso della pienezza dei requisiti morali, talché il soggetto deve possederli ab origine, oppure deve conseguirli accedendo al beneficio della riabilitazione (penale e/o di prevenzione).
In tema, va pure chiarito che l’art. 178 del codice penale prevede la riabilitazione (concessa dal tribunale di sorveglianza, su richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 683 del codice di procedura penale) quale misura generale di sanatoria che determina l’estinzione delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale derivante dalla condanna. Mentre, l’art. 70 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 contempla la riabilitazione (concessa dalla corte di appello, sempre su richiesta dell’interessato) come misura speciale di sanatoria, che comporta la cessazione degli effetti pregiudizievoli e degli effetti preclusivi (art. 67 del decreto legislativo n. 159 citato) derivanti dall’applicazione delle misure di prevenzione.
Successivamente, ossia durante la validità dell’abilitazione alla guida, laddove subentrino condanne penali per specifici reati, la dichiarazione di delinquenza (abituale, professionale o per tendenza), l’applicazione di misure di sicurezza, o la sottoposizione a misure di prevenzione, la patente “può” essere revocata dall’autorità prefettizia, nell’esercizio di peculiari poteri discrezionali riconosciuti nella sostanza quale autorità di P.S. (art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e Corte costituzionale, sentenze 9 febbraio 2018 n. 22, 20 febbraio 2020 n. 24, 27 maggio 2020 n. 99).
Infatti, la commissione di taluni fatti delittuosi o la sussistenza di indizi di comportamenti antisociali, con richiamo alla peculiarità della “circolazione stradale”, per come ponderati dall’autorità prefettizia nella propria funzione di prevenzione, possono comportare la perdita dei predetti requisiti morali, cui si correla l’interesse legittimo ad un corretto apprezzamento, sia in sede di atto di revoca sia in sede di rilascio del nulla-osta, decorso il tempo impeditivo al riacquisto di una nuova patente.
Più specificamente, mentre l’art. 120 del codice della strada (più volte modificato e integrato), sotto la rubrica «Requisiti morali […]», al comma 1, elenca i fattori che determinano la perdita dei requisiti morali per poter conseguire la patente di guida, tra i quali, per quanto riguarda il caso di specie, v’è la condizione di “coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione […]”.
L’art. 120 del codice della strada, al comma 2, specifica che «se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida». La Corte costituzionale, con le sentenze 9 febbraio 2018 n. 22, 20 febbraio 2020 n. 24, 27 maggio 2020 n. 99 ha censurato come illegittima la predetta disposizione, nella misura in cui prevedeva un automatismo tra la constatazione del fattore ritenuto ostativo dalla norma e il diniego del titolo abilitativo alla guida (patente) in astratto.
Ciò in quanto la disposizione, nel testo originario, precludeva all’autorità prefettizia di poter valutare motivatamente in concreto la sussistenza degli elementi ostativi al rilascio o tal da importare la revoca della patente, in correlazione con la varietà delle situazioni, che ben possono venire in evidenza.
Difatti, potendo simili provvedimenti restrittivi riguardare soggetti condannati o solo indiziati di fatti di diversa gravità e valenza delittuosa, essi richiedono un apprezzamento discrezionale in concreto sull’utilizzazione del titolo abilitativo alla condotta di veicoli, anche in ragione della circostanza per la quale, la patente di guida può ben contribuire al reinserimento sociale, permettendo o facilitando lo svolgimento di un’attività lavorativa.
Pertanto, il dato testuale dell’art. 120, comma 2, del codice della strada non esige expressis verbis la riabilitazione nella fattispecie in discussione, che, peraltro, specie quanto alle misure di prevenzione, ben potrebbe non essere richiesta dal soggetto già sottopostovisi.
Ciò in quanto in ipotesi non interessato alla cessazione degli effetti preclusivi di cui all’art. 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (impedimento al rilascio di licenze e autorizzazioni di P.S., concessioni demaniali, appalti di lavori e forniture, autorizzazioni allo svolgimento di attività imprenditoriali e commerciali, licenze alla detenzione o porto d’armi) oppure perché persistano altre cause ostative, tali da non rendere ancora conseguibile la concessione della riabilitazione.
La fruizione della patente di guida invece può ex se inserirsi in un percorso rieducativo, magari volto a rendere effettiva l’occupazione lavorativa subordinata, laddove non ostino altre considerazioni.
Sono, all’evidenza, tutte valutazioni, quelle relative alla revoca e al nulla-osta al conseguimento di una nuova patente, che l’autorità prefettizia svolge nell’esplicazione della propria e tipica primigenia funzione di prevenzione di P.S. Ai sensi dell’art. 1 del r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) infatti l’autorità di P.S. «veglia al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni».
Segnatamente, con peculiare riferimento all’applicazione delle misure di prevenzione – concernente invero la fattispecie in trattazione – la Corte costituzionale nella sentenza del 27 maggio 2020 n. 99 ha sottolineato l’importanza di una verifica puntuale della necessità o dell’opportunità della revoca della patente di guida in via amministrativa, a fronte della specifica misura di prevenzione, cui nel caso concreto sia stato sottoposto il suo titolare, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.
Sul punto, il codice della strada prevede che, decorso un certo lasso di tempo dall’intervenuta revoca della patente di guida, il soggetto interessato possa chiedere il rilascio di un nuovo titolo (art. 120, comma 3, del codice della strada).
Il testo di legge, a tal proposito, non richiede espressamente il rilascio della riabilitazione, bensì indica direttamente, quale elemento-chiave, il lasso di tempo ostativo al rilascio, ossia l’impossibilità di rinnovare il documento prima che intercorra un dato periodo; ma, allo stesso tempo, tale elemento assume una valenza permissiva, indi concedendo la possibilità di richiedere il nuovo rilascio della patente di guida, sulla base della semplice constatazione del tempo trascorso. Null’altro aggiunge o specifica (lex ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit).
Peraltro, il dato lasso di tempo costituisce anche limite all’esercizio del potere di revoca, in quanto la disposizione consente al prefetto la revoca della patente di guida, purché comunque non siano trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione (art. 120, comma 2, del codice della strada).
Dunque, l’adozione del provvedimento restrittivo non è vincolato, bensì discrezionale, non sempre è adottato, ma solo al riscontro motivato di elementi che lo giustifichino; inoltre, quando siano decorsi in ogni caso tre anni non è più consentito revocare la patente; inoltre, allo stesso tempo, il decorso del triennio legittima la richiesta di un nuovo titolo di guida.
Ciò che pertanto la Prefettura deve riscontrare è se è stato adottato un provvedimento che abbia inciso sulla patente di guida e se sia trascorso il tempo previsto dalla legge come ostativo per poter presentare una nuova domanda tesa al conseguimento di una nuova patente.
Ne esce pertanto confermata la tesi preferibile e prevalente, secondo la quale non risulta necessario il rilascio di alcun provvedimento di riabilitazione, nei consimili casi di revoca della patente, assumendo il limite temporale prescritto fondamento e termine di misura del potere discrezionale in questione.
In ultima analisi, in ipotesi di revoca della patente già conseguita, non occorre alcuna pronuncia di riabilitazione ed è sufficiente la constatazione del decorso del termine dei tre anni, ai fini del rilascio del nulla-osta al conseguimento dei una nuova patente, perché in tal senso si è espresso il legislatore.
Viene dunque distinta, da un lato, la condizione di colui che, raggiuta l’età prevista, mai in possesso del titolo abilitativo, si appresta per la prima volta a richiedere la patente di guida del tipo (distinto a seconda della classe del veicolo) anelato, imponendo i requisiti della piena idoneità morale (originaria o per via della riabilitazione), il cui riscontro può originare il diritto al rilascio della patente di guida.
In tal caso, la verifica dei requisiti, anche nella porzione tecnico-discrezionale (esame di guida), è comunque operata nell’interesse del privato e v’è giurisdizione del giudice ordinario.
Dall’altro lavo, v’è invece la condizione di colui che, più in là nel tempo, fruito del titolo abilitativo alla guida, abbia subito un provvedimento motivato discrezionale di revoca e, di seguito, presenti una domanda per il rilascio di un nuovo titolo abilitativo, essendone consentito il riacquisto dei requisiti morali alla constatazione oggettiva del decorso del tempo, sempreché poi sia riscontrata la cessazione dei fatti o dei provvedimenti ostativi, apprezzabili nell’ambito della legislazione di prevenzione di P.S., in correlazione ai quali v’è l’interesse legittimo al corretto apprezzamento.
In quest’ultimo caso, la verifica dei requisiti, segnatamente circa la perdita, la permanenza oppure il riacquisto dei requisiti morali è fatto dalla prefettura discrezionalmente nell’interesse pubblico e nell’esercizio dei poteri di prevenzione e v’è sicura giurisdizione del giudice amministrativo (art. 103, comma 1°, della Costituzione, art. 7 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104).
5.- In conclusione, appurato, in base ai documenti prodotti in causa, che sono decorsi, nella fattispecie concreta, ben oltre i tre anni previsti dall’art. 120, comma 2, del codice della strada e cessati i fatti in un primo tempo ostativi, l’impugnato provvedimento di diniego del nulla-osta va annullato, non occorrendo il rilascio di alcuna forma di riabilitazione.
6.- Data la peculiarità delle questioni interpretative e della controversia, le spese vanno compensate.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente