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- Dott.ssa Maristella Giuliano
Omesso dissequestro di autovetture: danno erariale e giurisdizione
Corte di Cassazione S.U. civ.
27 maggio 2009, n. 12248
Sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti l’accertamento della responsabilità per danni erariali colposamente arrecati da un magistrato che, nell’emettere sentenza penale in relazione al reato di guida senza patente, non si è pronunciato sul dissequestro del veicolo facendo così lievitare le spese di custodia giudiziale poi rifuse dall’Amministrazione di appartenenza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 2 luglio 2002 il Procuratore Regionale per la Regione Calabria della Corte dei Conti ha convenuto in giudizio, innanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Calabria, (omissis) per rispondere, nella qualità di Pretore di (omissis) di un danno patrimoniale, colposamente arrecato alla Amministrazione di appartenenza in relazione a un ritardato dissequestro di beni.
In particolare la (omissis) nel definire con sentenza 9 maggio 1996, passata in giudicato il 31 ottobre 1996, un processo penale a carico di un soggetto sorpreso, in epoche diverse, alla guida di due autovetture senza patente (sospesa e poi revocata) nulla aveva disposto in sentenza in ordine ai due autoveicoli che, sequestrati rispettivamente il 22 maggio 1994 ed il 25 settembre 1994 erano stati affidati in custodia giudiziale e tale custodia, nonostante una specifica segnalazione sollecitatoria ricevuta dal giudice con biglietto di cancelleria del 22 gennaio 1997, si era protratta fino al 24 settembre 1998, quando con due distinti provvedimenti il magistrato aveva ordinato il dissequestro, con un danno per l’Amministrazione, per spese giudiziali dal 31 ottobre 1996 (data di irrevocabilità della sentenza) al rilascio, di euro 3.839,42.
Con sentenza 27 febbraio 2003 - 29 maggio 2003, la Corte dei Conti ha considerato il comportamento del magistrato non appartenente alla giurisdizione della Corte dei Conti in quanto attinente alla funzione giurisdizionale atteso che il sequestro degli automezzi era avvenuto in applicazione di norme penali, ed il rilascio dei medesimi doveva essere disposto all’atto dell’emissione della sentenza, cioè di un provvedimento tipicamente giurisdizionale.
La prima Sezione centrale della Corte dei Conti, adita in sede di gravame, con ordinanza in data 30 maggio 2005 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 172 del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, trasfuso nell’art. 172 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, in riferimento agli artt. 3, 101, 102, 104 e 108 della Costituzione.
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 273 del 21 giugno - 6 luglio 2006, ha ritenuto erronee e contraddittorie le argomentazioni del remittente, affermando che la norma censurata non ha alcuna incidenza sulla questione della responsabilità dei magistrati per attività giudiziaria, oggetto del giudizio de quo, la quale trova la sua soluzione nell’interpretazione in ambito oggettivo e soggettivo della disciplina dettata in tema di responsabilità amministrativa, ovvero di disposizioni non fatte oggetto di censura da parte del giudice a quo.
Con sentenza 31 maggio 2007 la Corte dei Conti ha escluso la propria giurisdizione in materia, con conferma della pronuncia di primo grado, atteso che la causa petendi della pretesa risarcitoria si inquadra nella attività giurisdizionale, o stricto sensu giudiziaria, svolta dal magistrato, e costituisce estrinsecazione della stessa.
Per la cassazione di tale ultima pronunzia ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte dei Conti, affidato a un unico motivo.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la (omissis).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Come accennato in parte espositiva la Corte dei Conti ha escluso la propria giurisdizione a conoscere della domanda di danni proposta dal procuratore generale della Corte dei conti nei confronti di un magistrato ordinario per avere questo - nel definire un processo penale a carico di un soggetto sorpreso, in epoche diverse, alla guida di due autovetture senza patente - omesso di disporre in ordine ai due autoveicoli in sequestro e affidati in custodia giudiziale, sì che tale custodia, nonostante una specifica segnalazione sollecitatoria ricevuta dal giudice con biglietto di cancelleria del 22 gennaio 1997, si era protratta fino al 24 settembre 1998, allorché con due distinti provvedimenti il magistrato ha ordinato il dissequestro, con un danno per l’Amministrazione, per spese giudiziali dal 31 ottobre 1996 (data di irrevocabilità della sentenza) al rilascio, di euro 3.839,42.
2. Il difetto di giurisdizione - evidenzia parte ricorrente - viene incentrato, da parte della sentenza di appello, su di un solo argomento logico-giuridico, identico a quello adoperato dal giudice di primo grado e, in particolare, quello secondo cui l’attività “giudiziaria svolta da un magistrato, salvo il caso di commissione di reato è sempre e comunque insindacabile in sede contabile e, quindi, è in assoluto sottratta alla giurisdizione della Corte dei Conti, il che, di riflesso, e stante la specialità del rapporto di servizio, comporta la sottrazione a qualsiasi altra potestà cognitiva giurisdizionale”.
Espone, ancora, parte ricorrente che la legge n. 117 del 1988 (in tema di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati) non esaurisce e conchiude tutto il novero delle possibili responsabilità del magistrato sì che questa è inapplicabile in caso di danni patrimoniali che il magistrato, con la sua attività giurisdizionale cagioni ingiustamente, colposamente e direttamente allo Stato e non a un privato cittadino utente del servizio giustizia.
Formula il ricorrente, ex art. 366-bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: si chiede alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione di stabilire se spetta alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, ai sensi degli artt. 81, 82 e 83 del r.d. n. 2440/1923, dell’art. 52 del r.d. n. 1214/1934 e, infine, dell’art. 1 della legge n. 20/1994 e ss. modd., la potestà cognitiva e decisoria sulla responsabilità amministrativa dei magistrati, e se tale forma di responsabilità comprende, come nella fattispecie di cui è causa, anche ipotesi di responsabilità giurisdizionale che, non consistendo nell’interpretazione ed applicazione del diritto, ma integrando una condotta colposa tenuta in violazione di obblighi di servizio, provochi un danno patrimoniale antigiuridico e diretto all’Amministrazione di appartenenza del magistrato e se, conseguentemente, il giudice investito della giurisdizione può accertare l’antigiuridicità del danno, il suo essersi verificato per condotta violatrice di obblighi di servizio, il suo ammontare, l’imputabilità causale e soggettiva e può pronunciare sul risarcimento nella misura addebitabile all’agente in favore dell’Amministrazione della Giustizia.
3. Diversamente, rispetto a quanto affermato dalla pronunzia ora oggetto di ricorso - e in conformità, del resto, a un consolidato insegnamento della Corte costituzionale al riguardo - ritiene questa Corte che sussiste “la conciliabilità in linea di principio dell’indipendenza della funzione giudiziaria con la responsabilità nel suo esercizio, non solo con quella civile, oltre che penale, ma anche amministrativa, nelle sue diverse forme” (in termini, ad esempio, C. cost. 5 novembre 1996, n. 385, che evidenzia come gli art. 101, 102, 104 e 108, cost. non assicurano al giudice uno status di assoluta irresponsabilità, anche quando si tratti di esercizio delle sue funzioni riconducibili alla più rigorosa e stretta nozione di giurisdizione).
Tali principi sono stati, recentemente, ribaditi dalla Corte costituzionale proprio in margine alla presente vicenda (C. cost. 6 luglio 2006, n. 273), nonché da questa Corte (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6582, secondo cui non sussiste alcuna ragione - in mancanza di una diversa previsione - per escludere la responsabilità amministrativa dei magistrati qualora sia configurabile una correlazione della stessa con la commissione di fatti integranti reato, con la conseguenza che, sul relativo giudizio, la giurisdizione spetta alla Corte dei Conti).
A prescindere dalla previsione di cui all’art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, recante il t.u. delle leggi sulla Corte dei conti - secondo cui “sono sottoposti alla giurisdizione della Corte nei casi e modi previsti dalla legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato e da leggi speciali”, tra gli altri “i funzionari, impiegati ed agenti, civili e militari, compresi quelli dell’ordine giudiziario” “che nell’esercizio delle loro funzioni per azione od omissione imputabili anche a sola colpa o negligenza cagionino danno allo Stato e ad altra amministrazione dalla quale dipendono”, la più recente legislazione ha confermato la soggezione anche dei magistrati alla giurisdizione della Corte dei Conti (cfr., l’art. 172, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 112, contenente il t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia [che la Corte costituzionale nella pronunzia da ultimo richiamata ha escluso abbia natura innovativa], secondo cui “i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall’erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa”, nonché art. 5, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, quanto alla previsione di una equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, secondo cui “il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, di chi ha subito un danno per effetto della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragione del processo è comunicato a cura della cancelleria, oltre che alle parti, al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avviso del procedimento di responsabilità…”.
4. Pur così corretta la motivazione della sentenza impugnata, peraltro, il proposto ricorso non può trovare accoglimento.
Si osserva, infatti, che l’attribuzione alla Corte dei conti - da parte dell’art. 103, comma secondo, Cost. - della giurisdizione in materia di contabilità pubblica (comprensiva sia dei giudizi di conto che di quelli sulla responsabilità amministrativa patrimoniale), non ha carattere cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente generale, sicché la concreta attribuzione della giurisdizione in relazione alle diverse fattispecie di responsabilità amministrativa richiede l’interpositio del legislatore ordinario, cui competono valutazioni e scelte discrezionali (in questo senso, ad esempio, C. cost. 17 dicembre 1987, n. 641; C. cost. 12 gennaio 1993, n. 24; C. cost. 5 novembre 1996, n. 385, tra le tantissime).
Pacifico quanto sopra si osserva che nella specie il danno patito dalla Amministrazione a causa della condotta dalla intimata non solo non è riferibile a un fatto reato posto in essere dalla stessa, ma neppure deriva - contrariamente a quanto, sostanzialmente, invoca il Procuratore ricorrente - da un errore o da una irregolarità della liquidazione e dei pagamenti effettuati in favore del custode degli autoveicoli in sequestro.
Deve escludersi, di conseguenza, la insorgenza della giurisdizione della Corte dei conti.
5. Come non controverso nella specie la Procura della Corte dei Conti ha promosso il presente giudizio nei confronti della odierna intimata, all’epoca dei fatti pretore di (omissis), assumendo che per fatto della intimata - che ha omesso di provvedere sugli autoveicoli in sequestro sia nel definire [con sentenza passata in giudicato il 31 ottobre 1996], il procedimento penale nell’ambito del quale il sequestro stesso era stato disposto, sia a seguito di specifica segnalazione sollecitatoria ricevuta con biglietto di cancelleria del 22 gennaio 1997 - la Amministrazione della giustizia è stata onerata del pagamento della somma di euro 3.839,42 per la custodia giudiziale degli autoveicoli in sequestro nel periodo tra il 31 ottobre 1996 e il 24 settembre 1998.
In conclusione si prospetta, nell’atto introduttivo in primo grado di questo giudizio, che il danno patito dalla Amministrazione è conseguenza di una attività posta in essere dalla intimata o con “colpa grave”, in particolare per “grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile” o, comunque, con “diniego di giustizia” stante “il ritardo” della intimata “nel compimento di atti del suo ufficio”.
Certo quanto sopra è evidente - stante la tassatività delle ipotesi in cui è configurabile la giurisdizione, per danno erariale, della Corte dei Conti - che deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Sia in applicazione della regola generale espressa dall’art. 1 c.p.c. che “salvo speciali disposizioni di legge” attribuisce ai “giudici ordinari” “la giurisdizione civile” e, quindi, le controversie in tema di responsabilità civile, sia alla luce della legge 13 aprile 1988, n. 117 che in tema di “risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie” a soggetti diversi dallo Stato, cfr. C. cost. 2 gennaio 1990, n. 5 attribuisce le relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario.
6. Ritenuta - alla luce delle considerazioni che precedono - la giurisdizione del giudice ordinario, è palese - da ultimo - che è rimesso alla esclusiva valutazione di merito di quest’ultimo e non quindi della Corte dei conti accertare se, per ipotesi, quella posta in essere dalla intimata integri una “attività di interpretazione di norme di diritto” o di “valutazione del fatto e delle prove”, con conseguente impossibilità di configurare, a suo carico, una qualche responsabilità (ex art. 2, comma 2, legge 13 aprile 1988, n. 117) o, piuttosto, come invoca il Procuratore della Corte dei conti, una condotta posta in essere con “colpa grave” o di “diniego di giustizia”, fonte di danni oltre che nei confronti dei “terzi”, ai sensi, rispettivamente dell’art. 2, comma 3 e dell’art. 3, della stessa legge n. 117 del 1988, anche della Amministrazione statale, ex art. 28 Cost. [cfr. C. cost. 18 gennaio 1989, n. 18] e art. 2043 c.c.
7. Il proposto ricorso, in conclusione, deve essere rigettato, con declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.
Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di lite, anche atteso che la intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso;
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario;
nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.
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