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Patente a punti: la decurtazione dei punti e l'eventuale pena pecuniaria accessoria sono legittime?
Mauro Coni
Maggio 2007
PATENTE A PUNTI: LA DECURTAZIONE DEI PUNTI E L’EVENTUALE PENA PECUNIARIA ACCESSORIA SONO LEGITTIME?
di Mauro Coni
La Corte costituzionale, occupandosi della legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2[1], Nuovo Codice della Strada, intervenne[2] su una materia importante, quella concernente la libertà di circolazione dei cittadini, affrontando perciò la problematica sulla legittimità della decurtazione dei punti e dell’eventuale pena pecuniaria accessoria.
La Corte dichiarò l'illegittimità costituzionale parziale, per violazione dell'art. 3 Cost., dell'art.126-bis, comma 2, Nuovo Codice della Strada, in quanto, da tale disposizione emergevano due gravi motivi discriminatori: in primo luogo, ai fini della decurtazione del punteggio, l’art. 126-bis, comma 2, eliminava l'obbligo dell'identificazione inequivocabile, da parte degli organi di polizia, del conducente che aveva commesso l'infrazione; tale sanzione personale, unitamente alla sanzione pecuniaria prevista per la specifica infrazione, veniva applicata al proprietario del veicolo qualora egli senza giustificato e documentato motivo non avesse comunicato i dati necessari per l'identificazione del conducente, indipendentemente dalla circostanza che egli non fosse stato materialmente in grado di fornirli, eventuale giustificazione considerata non pertinente.
Ad una fattispecie basata sul principio della responsabilità personale se ne sostituiva, pertanto, un'altra caratterizzata da una sorta di responsabilità oggettiva.
In secondo luogo, s'introduceva una norma del tutto nuova relativa alle persone giuridiche proprietarie di autoveicoli, addossandosi al legale rappresentante della stessa, o ad un suo delegato, l'obbligo di comunicare i dati necessari per l'identificazione del conducente; tuttavia, diversamente dall'ipotesi precedente, in caso di mancata comunicazione degli stessi, non si procedeva a decurtazioni di punteggio poiché intestatario dell'autoveicolo non era il legale rappresentante della persona giuridica bensì quest'ultima e la patente di guida non poteva essere ovviamente prevista per le persone giuridiche. In questo caso, pertanto, mentre l'obbligo di comunicare i dati richiesti gravava su una persona fisica - il legale rappresentante della persona giuridica - la sanzione per il mancato assolvimento dell'obbligo, che in questo caso sarebbe stata inevitabilmente di tipo pecuniario, gravava su un soggetto diverso, e cioè sulla persona giuridica.
Quindi, la discriminante di maggiore rilievo era data, secondo la Corte, dal diverso impatto delle sanzioni amministrative di natura personale rispetto a quelle di natura pecuniaria, come ebbe modo di ribadire nella motivazione della sentenza[3] proprio per giustificare la dichiarazione d'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 126-bis.
Il ragionamento compiuto dalla Corte Costituzionale partiva, infatti, da un'analisi della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) che, dettando la disciplina generale delle sanzioni amministrative[4], prevedeva il principio della solidarietà passiva esclusivamente in materia di sanzioni pecuniarie[5].
L'art. 126-bis invece, intervenendo in materia diversa dalla responsabilità per il pagamento di somme, prevedeva un'ipotesi di sanzione di carattere schiettamente personale - la sottrazione dei punti dalla patente - ponendola a carico del solo proprietario persona-fisica[6] del veicolo. Da ciò conseguiva l'irragionevolezza della scelta legislativa e conseguentemente l'illegittimità parziale dell'art. 126-bis per violazione dell'art. 3 Cost.
Con la sentenza n. 27/2005 (24/01/2005) la Corte Costituzionale, dichiarò perciò l’illegittimità costituzionale dell’art 126 bis, comma 2, del Nuovo Codice della Strada, in tema di omessa identificazione del conducente del veicolo che abbia commesso la violazione.
Con tale decisione, la Corte Costituzionale ritenne espressamente assorbiti nell’accertamento del contenuto irragionevole della disciplina, per contrasto con il principio di uguaglianza enunciato dall’art 3 della Costituzione, diversi profili di incostituzionalità, costituiti dalla asserita violazione del carattere personale della pena previsto dall’art. 27 della Costituzione, e dalla violazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione, in quanto si imponeva al proprietario di autodenunciarsi o di denunciare il presumibile conducente del veicolo “responsabile” della violazione, attribuendogli impropriamente, in quest’ultimo caso, un potere esclusivo dello Stato, e cioè, la capacità investigativa e “inquisitoria”, e per tali motivi rischiando di incorrere in reati quali la falsa dichiarazione e la violazione della legge sulla privacy.
La sentenza n. 27, se è stata condivisa in ordine alla dichiarazione d'illegittimità costituzionale contenuta nel dispositivo, lo è stata meno rispetto all’'interpretazione del testo dell'art. 126-bis, così come risultante dalla pronuncia della Corte, contenuta nell'ultimo punto[7] della motivazione.
Diversamente da quanto fu diffusamente riportato dalla stampa non specializzata, all'indomani della pubblicazione della sentenza n. 27, si doveva ritenere che l'affermazione della Corte di cui al punto 10 non era vincolante né per i giudici, né per gli organi della Pubblica Amministrazione, poiché essa era contenuta, incidenter tantum, soltanto nella motivazione della sentenza, senza che di essa vi fosse alcuna traccia o riferimento nel dispositivo[8].
Possiamo allora affermare che l'interpretazione dell'art. 126-bis contenuta nel punto 10 fu certamente legittima, poiché la facoltà per la Corte costituzionale d'interpretare le disposizioni sottoposte al suo giudizio è una facoltà esercitabile senza alcun limite; tuttavia, la sua efficacia vincolante, come già spiegato, andava negata, non trattandosi nella specie di una sentenza interpretativa ma di una sentenza di accoglimento parziale secco, che eliminava una parte dell'art. 126-bis e ve ne sostituiva un'altra, così rendendo legittima la disposizione nel suo complesso. Quell'interpretazione, pertanto, doveva avere nei confronti dei giudici e degli organi amministrativi un valore puramente indicativo, anche se autorevolissimo dato l'Organo dal quale proveniva.
Nonostante l’impegno profuso dalla Corte per giungere a una soluzione di equità[9], mi sento di poter affermare che la soluzione indicata dalla corte nella motivazione andava respinta in quanto generatrice di iniquità. Infatti, se da un lato venne eliminata una situazione di discriminazione determinata dalla diversa natura della sanzione cosiddetta aggiuntiva (persona fisica: sanzione pecuniaria più decurtazione di punti-patente; persona giuridica: sanzione pecuniaria più sanzione pecuniaria ex art. 180, comma 8), dall'altro si determinò tra gli stessi soggetti una nuova situazione di discriminazione, ponendo a carico di entrambi una eventuale e identica sanzione accessoria di tipo pecuniario.
Proprio l'estensione automatica, affermata dalla Corte, alle persone fisiche proprietarie di autoveicoli della sanzione ex art. 180, comma 8, (nonostante essa sia testualmente prevista dall'art. 126-bis soltanto per le persone giuridiche proprietarie di autoveicoli) determinava, nei fatti, una situazione di discriminazione sotto l'aspetto patrimoniale. Come si può facilmente intendere, ben diverso è l'effetto della sanzione in oggetto, a fronte di un identico comportamento omissivo da parte di due soggetti diversi (persona fisica proprietaria dell'autoveicolo ed il legale rappresentante della persona giuridica proprietaria dell'autoveicolo). Nel primo caso, la sanzione pecuniaria accessoria, grava esclusivamente sulla persona fisica, mentre nel secondo grava non sulla persona fisica del legale rappresentante (salvo il caso di colpa o dolo di quest'ultimo) ma sulla persona giuridica in quanto dotata di capacità finanziaria. E’ indubbio che la diversità del soggetto passivo differenziando l'efficacia della sanzione patrimoniale, determina, o comunque può determinare, una situazione di discriminazione[10] con conseguente violazione dell'art. 3 Cost.
Infatti la persona fisica che non avrebbe avuto la possibilità economica di pagare la doppia sanzione pecuniaria, o comunque avrebbe ritenuto troppo oneroso tale pagamento in relazione alla propria situazione finanziaria, avrebbe scelto di subire in ogni caso la decurtazione dei punti-patente e dunque, paradossalmente, anche quando, in perfetta buona fede, non fosse stato in grado di fornire i dati di chi era alla guida dell'autoveicolo. La persona giuridica invece oltre a non subire la decurtazione dei punti si sarebbe trovata a pagare una sanzione pecuniaria avendo però una situazione economica di vantaggio rispetto alla persona fisica. Insomma si determinava una discriminazione tra chi fosse più abbiente e chi non lo fosse o lo fosse meno, in tal modo violandosi l'art. 3 Cost. nella parte in cui specificamente esclude che le condizioni personali e sociali del cittadino possano costituire elementi di discriminazione di fronte alla legge.
A seguito di tale sentenza, il Ministero dell’Interno, emanò una circolare[11], con la quale fu prevista una correzione, nella procedura di applicazione della patente a punti, al fine di garantire il corretto funzionamento del meccanismo stesso.
Secondo il Ministero dell’Interno, in tutti i verbali notificati a partire dalla data di pubblicazione della sentenza 27/2005, qualora il conducente non fosse stato identificato, al proprietario del veicolo, al locatario, all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio si doveva:
a) chiedere di fornire all’organo di polizia procedente, entro 30 giorni, le generalità della persona alla guida al momento del fatto;
b) precisare che, se i dati non venivano forniti entro i previsti 30 giorni, sarebbe stato notificato un altro verbale per l’applicazione, a suo carico, della sanzione prevista dall’art. 180, comma 8, del codice della strada (pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433).
La circolare cercò, poi, di mettere ordine anche in relazione agli effetti della sentenza sulle procedure pendenti relative agli illeciti già accertati[12].
Successivamente, il legislatore, tenendo conto dei rilievi costituzionali, mise mano sulla materia della patente a punti con due ulteriori interventi legislativi che hanno apportato rispetto alla circolare[13] importanti novità:
prima il d.l. n. 184/2005 (Decreto salvapunti) e poi il comma 164 dell’art 2 del d.l. n. 262/2006 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito nella relativa legge di conversione, la L. n. 286/2006, hanno così modificato il comma 2 dell’art. 126 bis, riformulandolo nel quarto e nel sesto periodo: “L'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro 30 giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di 30 giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questo, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'art.196, deve fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente, al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette senza giustificato e documentato motivo di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000.”
Insomma la decurtazione interessa il conducente quando identificato al momento della contestazione; quando questi, invece, non è identificato, il proprietario del veicolo, entro il termine di 60 giorni dalla notificazione del verbale di contestazione, deve fornire le generalità di chi era alla guida. Quando il veicolo non è intestato a una persona fisica ma a una persona giuridica, l’obbligo di indicare chi era effettivamente alla guida al momento dell’accertamento spetta al legale rappresentante o a un suo delegato. Nel caso in cui il proprietario del veicolo, o il legale rappresentante della persona giuridica, ometta di fornire i dati senza giustificato e documentato motivo, l’art. 126 bis del codice della strada impone all’organo di polizia stradale che non ottenga le informazioni entro il termine fissato, di procedere all’applicazione della sanzione prevista dall’art. 196 del codice della strada, e cioè una sanzione amministrativa accessoria, consistente nel pagamento di una somma variabile tra 250/1000 euro.
Emerge chiaramente come nel nuovo articolo 126 bis, la problematica non del tutto risolta, consiste proprio nella definizione ancora mancante delle ipotesi nelle quali far rientrare i cosiddetti “giustificati e documentati motivi”.
La nuova norma sostanzialmente non cambia, infatti, per quanto riguarda la parte più farraginosa, cioè quella inerente la sanzione accessoria, pur richiamandosi ad articoli diversi, non più all’art. 180, comma 8, ma all’art. 196, Nuovo Codice della Strada, resta aperta la problematica di come il cittadino possa considerarsi adempiente alle richieste della Pubblica Autorità, circa le indicazioni necessarie per l’attribuzione in caso di violazione del Codice della strada, della sanzione[14]. Se il legislatore non definisce, in modo sufficientemente chiaro, quando e come si possa invocare il giustificato motivo - e, quindi evitare la sanzione - potrebbe accadere che la persona fisica, anche rispondendo all’invito della pubblica autorità tramite la comunicazione, a mio avviso, motivata e giustificata ma semplicemente di segno “negativo”[15] pur non rifiutandosi, quindi, di fornire le informazioni richieste ma - ed è cosa ben diversa - dichiarando di non essere in grado di fornirle per evidenti ragioni di impossibilità, si troverebbe a subire l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 196 del Nuovo Codice della Strada.
Al riguardo è necessario evidenziare come nessun proprietario è giuridicamente tenuto ad annotarsi giorno per giorno chi sia alla guida del proprio autoveicolo ed inoltre l'allungamento del termine (da 60 a 150 giorni) per la notifica del verbale di accertamento dell'infrazione rende quasi impossibile per il proprietario dell'autoveicolo ricordare chi fosse alla guida in un giorno così lontano nel tempo. Insomma non si può giuridicamente obbligare un cittadino a “ricordare”.
Il punctum crucis sta quindi nel comprendere se sia sufficiente una semplice dichiarazione di scienza per ritenere adempiuto l’onere rinveniente dall’art. 196, C.d.S., o sia necessario indicare obbligatoriamente il conducente dell’autovettura al momento della trasgressione contestata. La questione assume allora risvolti preoccupanti dal momento che il legislatore non pretenderebbe dal cittadino un comportamento conforme alle regole del vivere civile, ma finisce, di fatto, per coartare il cittadino a un determinato comportamento passivo - autodenuncia - che perciò è illegittimo.
In quest’ultimo caso il proprietario si dovrebbe autodenunciare nell’ipotesi in cui non conosca il conducente e quindi per qualcosa che non ha o non sa di aver commesso, in violazione del principio nemo tenetur se detegere, dichiarando, pertanto, la propria responsabilità, pur di evitare di incorrere nella sanzione pecuniaria accessoria.
A tal riguardo già il Giudice di Pace di Taranto[16] si pronunciò, con sentenza il 16/03/2006, stabilendo che l’applicazione automatica dell’art. 180, comma 8, oggi sostituito dall’art 196, del C.d.S. “andrebbe a sancire il difetto di memoria di una persona fisica, illecito inesistente nel sistema giuridico italiano, in quanto una interpretazione del genere sarebbe da considerarsi semplicemente aberrante e incostituzionale”.
Il Giudice di Pace, inoltre affermò che “se effettivamente il proprietario dell’autovettura, non essendo stato presente al momento del compimento della violazione, in buona fede (principio fondamentale, che è presunto nel sistema giuridico italiano, fino a prova contraria) non ricorda chi fosse alla guida dell’autovettura al tempo della commessa infrazione al C.d.S., (in forza al suddetto principio), non può soggiacere ad alcuna sanzione amministrativa, commessa in conseguenza dell’azione di altri, sia essa dolosa o colposa, in quanto lo stesso proprietario ha adempiuto, come nel caso di specie, comunque, all’invito dell’autorità, inviando al comando la dichiarazione ex art. 126 bis”.
Sarebbe quindi sufficiente una mera dichiarazione, con la quale si comunichi che, decorso un notevole lasso di tempo dall’evento in questione, il proprietario del veicolo in buona fede non rammenti chi potesse condurre il mezzo, nelle stesse condizioni di luogo e di tempo verbalizzate.
In tale alveo giuridico “il privato cittadino non può essere titolare del potere inquisitorio e investigativo (prerogativa dello Stato), né può rischiare una querela per falsa dichiarazione, o violare il diritto della legge sulla privacy, soprattutto quando determinate notizie le deve fornire dopo qualche centinaio di giorni dall’evento, non essendo stato presente alla commissione della violazione principale, come spesso può accadere”[17].
Tutto ciò premesso, resta evidentemente, la facoltà per l'organo di polizia di dimostrare successivamente la non veridicità delle affermazioni del proprietario dell'autoveicolo. Tuttavia, poiché tale prova, per essere certa, dovrebbe dimostrare che proprio quest'ultimo era alla guida dell'autoveicolo, si ritorna al punto di partenza: la certezza della prova è determinata soltanto dalla contestazione immediata dell'infrazione. Solo in tal modo si esce completamente dall'illegittimo meccanismo di cui all'art. 126-bis e si rientra per la porta principale in una situazione di piena legittimità.
Infine, restano in piedi i vecchi problemi di legittimità inerenti le discriminazioni sostanzialmente economiche tra persone fisiche e tra queste e le persone giuridiche, rispetto alle quali forse la problematica potrebbe trovare una soluzione, anche se questa richiederebbe un grandissimo sforzo, solamente modulando la sanzione pecuniaria, alla capacità di reddito del contravventore.
[1]Il comma 2, dell'art. 126-bis disponeva: "…La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all'organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Se il proprietario del veicolo omette di fornirli, si applica a suo carico la sanzione prevista dall'art. 180, comma 8. La comunicazione al Dipartimento per i trasporti terrestri avviene per via telematica".
[2] Sentenza n. 27/2005.
[3] (motivazione, punti 9.2, 9.2.1, 9.2.2),
[4]L'art. 3 della legge sopracitata collega inscindibilmente la possibilità d'irrogare sanzioni amministrative al carattere personale della condotta commissiva o omissiva del contravventore ("... ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ..."). In questi casi è importante evidenziare come la colpa, sufficiente a integrare l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo, sia da considerarsi assente nel caso specifico dell’ignoranza inevitabile (a tal proposito la Corte Cost. 24/03/1988 n. 364, in Foro it., 1990, I, 415, ha dichiarato illegittimo l’art. 5 Cod. pen. nella parte in cui non escludeva dall’inescusabilità della dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile), che chiaramente non può essere richiamata a giustificazione della propia condotta, allorché il trasgressore si sia limitato ad affermare di aver violato la legge per dimenticanza o per disattenzione (si veda al riguardo, Cass. civ. sez. III, 18/07/2000, n. 9445, in Gius. civ. mass., 2000, 1564).
[5] L’art. 6 prevede la cosiddetta solidarietà passiva ("... tra il proprietario .... e l'autore della violazione") per le sole sanzioni pecuniarie e non anche per le sanzioni personali. L'art. 196 Nuovo Codice della Strada., ricalcando quasi testualmente il citato art. 6, dispone che il principio di solidarietà passiva, per infrazioni delle norme previste dal codice della strada, vale soltanto per le sanzioni amministrative di tipo pecuniario. Inoltre, è importante sottolineare che il principio di solidarietà passiva di cui all’art. 6, L. n. 689/1981, non riguarda la sanzione pecuniaria accessoria ma, si riferisce alla sanzione pecuniaria principale, stabilendo la possibilità, nel caso in cui non sia stato possibile individuare il conducente del veicolo che ha commesso l’infrazione, di comminare la sanzione pecuniaria al proprietario dello stesso. Al riguardo è importante sottolineare come l’obbligazione inerente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in caso di morte dell’autore del fatto, diventa intrasmissibile nei confronti degli eredi. A tal proposito si veda Cass. civ. sez. I, 13/08/1996, n. 7515, in Gius. civ. mass., 1996, 1173.
[6]Nel caso di mancata identificazione del conducente, per il proprietario persona-fisica era prevista sia la sanzione pecuniaria, sia la sanzione di carattere personale cioè la decurtazione dei punti patente. Per il proprietario persona-giuridica era invece prevista la doppia sanzione di tipo pecuniario caratterizzata cioè dalla sanzione pecuniaria principale e da quella accessoria.
[7] Infatti secondo la Corte (punto 10), "L'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza, rende, tuttavia, necessario precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'art. 180, comma 8, del codice della strada. In tal modo viene anche fugato il dubbio - che pure è stato avanzato da taluni dei rimettenti – in ordine ad un'ingiustificata disparità di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente. Resta, tuttavia, ferma – ovviamente – la possibilità per il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto."
[8]Per maggiore chiarezza è necessario accennare alla differenza tra sentenze interpretative e sentenze di puro accoglimento. Nelle sentenze interpretative il rinvio a parte della motivazione è contenuta nel dispositivo delimitando gli effetti di questultimo. Tale rinvio viene compiuto mediante la locuzione - contenuta nel dispositivo - “nel senso e nei limiti di cui in motivazione”, locuzione che non si rinviene nel dispositivo della sentenza n. 27/2005. La sentenza in quanto qualificabile come sentenza di puro accoglimento vale soltanto per ciò che dispone e non per l’interpretazione.
[9]L'affermazione di cui al punto 10 nasceva soprattutto dalla preoccupazione di evitare di creare una disparità di trattamento tra persone fisiche proprietarie di autoveicoli e persone giuridiche egualmente proprietarie di autoveicoli. Infatti, in caso di mancata inequivocabile individuazione del conducente e di omessa indicazione dei dati identificativi di quest'ultimo da parte del proprietario dell'autoveicolo, mentre il proprietario-persona fisica avrebbe pagato, tenendo conto del solo dispositivo della sent. 27/2005, soltanto la sanzione amministrativa prevista per la specifica infrazione, il proprietario-persona giuridica avrebbe pagato, oltre a quest'ultima, anche l'ulteriore sanzione pecuniaria accessoria di cui all'art. 180, comma 8, codice della strada.
[10]La persona fisica, infatti, a fronte dell'intimazione a fornire i dati necessari per l'identificazione del guidatore di un autoveicolo di sua proprietà, avrebbe avuto due possibilità di scelta, nel caso in cui egli stesso fosse stato alla guida dell'autoveicolo o non fosse in grado di ricordare chi altri lo fosse stato: autodenunciarsi e subire la decurtazione dei punti-patente, oltre alla sanzione pecuniaria per l'infrazione commessa, oppure dichiarare di non essere in grado d'identificare il guidatore e pagare la doppia sanzione pecuniaria.E' evidente che sulla scelta tra queste due possibilità avrebbero pesato le condizioni economiche del soggetto, tenuto conto dell'entità della sanzione ex art. 180, comma 8, (da E. 357 a E. 1.433) che in concreto sarebbe stata comminata e che si sarebbe andata ad aggiungere alla sanzione per l'infrazione commessa.
[11] N. 300/A/1/41236/109/16/1, Roma, 04/02/2005.
[12] In primo luogo fu disposto che, dalla data della pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - I Serie Speciale – Corte Costituzionale, n. 4 del 26 gennaio 2005), gli effetti della sentenza si estendevano a tutti i verbali di contestazione di illeciti amministrativi, per i quali non fosse stata ancora effettuata, la comunicazione all’Anagrafe Nazionale degli Abilitati alla Guida gestita dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di decurtazione già registrati nell’Anagrafe Nazionale degli Abilitati alla Guida di cui all’art 226, comma 10, codice della strada, sono tuttora in corso valutazioni congiunte tra il Ministero dell’Interno e il Ministero dei Trasporti, per definire le procedure operative necessarie a dare attuazione alla sentenza.
In secondo luogo, si ritenne che gli effetti della sentenza dovessero ricomprendere tutte quelle ipotesi per le quali il procedimento di contestazione della violazione, oggetto dell’accertamento, non risultava ancora definito (lo stesso art. 126 bis, aiuta a precisare i casi in cui il procedimento di contestazione della violazione deve dirsi, al contrario, definito, e cioè i casi in cui “sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi”), alla data della pubblicazione della sentenza (procedimenti pendenti).
[13] N. 300/A/1/41236/109/16/1, Roma, 04/02/2005.
[14]Il presupposto per l’applicazione dell’art. 196, rimane sostanzialmente identico a quello che veniva richiesto dall’art. 180, e cioè la mancanza di una valida giustificazione, nel caso di incapacità a fornire la documentazione richiesta dalla pubblica autorità, ai fini dell’attribuzione dell’illecito e quindi per l’applicazione della sanzione.
[15] Dichiarazione della persona fisica di non essere stata personalmente alla guida del proprio autoveicolo in quella determinata occasione e di non essere in grado di ricordare chi fosse il guidatore nell'ambito dei propri familiari o dei propri collaboratori, nonché di eventuali terzi quali ad es. meccanici, carrozzieri o, in generale, custodi, ai quali viene talvolta affidata la disponibilità dell'autoveicolo.
[16] Il Giudice di Pace di Mesagne, inoltre, con sentenza 05/07/2006 ha escluso - in forza dell’interpretazione letterale del disposto normativo di cui all’art. 126 bis, comma 2, C.d.S., così come reinterpretato alla luce della sentenza della Corte Cost., sentenza 24/01/2005, n. 27 - per le persone fisiche, l’applicabilità dell’art. 180, comma 8, previsto nei casi di mancata comunicazione alla Pubblica Autorità, dei dati del conducente dell’autoveicolo al momento della violazione al C.d.S., prevedendo l’applicabilità della sanzione accessoria unicamente alle persone giuridiche. Per un approfondimento sul punto si veda L. BARDARO, Codice della strada: omissione delle generalità e competenza, in Altalex, 10/08/2006; R. AMOROSO, Omessa indicazione del nome del conducente: la competenza per l’opposizione, in Altalex, 11/09/2006.
[17] Giudice di Pace di Taranto, sentenza 16/03/2006.
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