- Atti preparatori
- Economia dei trasporti e della mobilità
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Piano nazionale della mobilità e didposizioniper lo sviluppo della mobilità sostenibile
Camera dei deputati
Disegno di legge n. C 2827
PROPOSTA DI LEGGE N. 2827
d'iniziativa dei deputati
SCOTTO, PAGLIA, PELLEGRINO, ZARATTI, NICCHI, FRANCO BORDO, RICCIATTI, FERRARA, FRATOIANNI, PANNARALE, MELILLA, ZACCAGNINI
Disposizioni per promuovere lo sviluppo della mobilità sostenibile, nonché modifica all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, in materia di predisposizione del Piano nazionale della mobilità
Presentata il 19 gennaio 2015
Onorevoli Colleghi! La mobilità sostenibile, come noto, è un sistema di mobilità urbana in grado di conciliare il diritto alla mobilità con l'esigenza di ridurre l'inquinamento e le esternalità negative, quali le emissioni di gas serra, lo smog, l'inquinamento acustico, la congestione del traffico urbano e l'incidentalità.
Queste esternalità hanno un costo sociale che grava su tutti e possono essere rimosse soltanto con un'adeguata regolamentazione sostenuta dall'intervento pubblico.
In Italia la mobilità sostenibile è stata introdotta con il decreto del Ministro dell'ambiente 27 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 3 agosto 1998.
Tale normativa, tuttavia, non ha però raggiunto i risultati sperati e i problemi relativi alla mobilità sono stati spesso demandati alle amministrazioni locali, senza un vero e proprio piano di intervento a livello nazionale e sovranazionale.
Attualmente gli interventi di mobilità sostenibile possono considerarsi ancora alla fase sperimentale ma vale la pena rammentarne gli esempi più significativi.
Il trasporto pubblico locale, innanzitutto, che rappresenta la prima storica forma di mobilità sostenibile, in quanto i veicoli adibiti al trasporto di massa consentono di ridurre sensibilmente l'utilizzo dei mezzi privati.
Le corsie preferenziali che, autorizzate soltanto per i mezzi pubblici (autobus, taxi, mezzi di emergenza), permettono di creare due forme di scorrimento, congestionata per i mezzi privati e scorrevole per quelli pubblici o di pubblico intervento.
Le piste ciclabili che, in alcune città del nord Europa rappresentano la vera alternativa all'automobile. Città come Amsterdam dimostrano come questa scelta sia praticabile e a basso costo soprattutto nelle città pianeggianti o con bassi dislivelli.
Il pedaggio urbano, cioè l'accesso a pagamento a strade o zone urbane, che trova la sua massima applicazione nel road pricing con cui si estende il pagamento del ticket a tutte le automobili in entrata nella città, come ad esempio a Londra.
Il park pricing (o parcheggio a pagamento), dove l'applicazione di ticket orari sui parcheggi tende ad aumentare il costo di utilizzo dell'automobile privata e facilita l'accesso al parcheggio per soste di breve periodo. In Italia sono conosciute come «strisce blu». Questa forma di intervento è adatta soprattutto nelle aree centrali della città, creando invece malcontento nelle aree sub-urbane e periferiche.
Il car sharing e il car pooling, che sono servizi basati sul principio dell'automobile privata per uso collettivo. Nel caso del car sharing l'automobile è noleggiata per poche ore presso le apposite società e riconsegnata al termine del suo utilizzo. Nel caso del car pooling l'automobile è di proprietà di un privato che la mette a disposizione per compiere tragitti da casa a lavoro e viceversa insieme ad altre persone, spesso conoscenti o colleghi, con la stessa esigenza di orario e di percorso.
Un altro esempio tipico è quello del mobility manager che, tuttavia, rimane una figura quasi mitologica. Essa è stata introdotta nel 1998 con la funzione di analizzare le esigenze di mobilità dei dipendenti delle aziende pubbliche e private, agevolare il car pooling e sincronizzare gli orari lavorativi con quelli del trasporto pubblico. I mobility manager partecipano a riunioni e incontri con le amministrazioni locali per migliorare la viabilità e il trasporto, ma la nomina di un mobility manager nelle aziende private è soltanto facoltativa e pertanto la norma è rimasta inattuata.
E infine il blocco del traffico. Il momentaneo blocco del traffico urbano rappresenta, infatti, una misura di emergenza per ridurre il traffico veicolare e le emissioni inquinanti. Tuttavia questa misura non risolve il problema, anche se l'intervento mira a vietare l'uso dell'automobile per far provare forme di mobilità alternative e più sostenibili (ad esempio trasporto pubblico).
Con la presente proposta di legge si cerca di offrire uno strumento utile per promuovere la mobilità sostenibile che verte intorno a quattro assi principali:
1) ricostituire il Fondo per la mobilità sostenibile;
2) introdurre specifiche agevolazioni per le spese sostenute ai fini dell'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale;
3) imporre la redazione di un Piano nazionale della mobilità che diventi parte integrante del Piano generale dei trasporti apportando le opportune modifiche alla legge n. 443 del 1991, legge obiettivo;
4) finanziare le suddette misure attraverso l'abrogazione di alcune norme recentemente introdotte dalla legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) che, in particolare, stanziano 270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 (ovvero 1 miliardo e 80 milioni di euro complessivi) solo per la categoria degli autotrasportatori al fine di prevedere il ripristino al 100 per cento delle agevolazioni sulle accise per le quali dal 1 gennaio 2015 sarebbe stata applicata la riduzione del 15 per cento in virtù dell'applicazione dell'articolo 1, commi 577 e 578, della legge n. 147 del 2013. Inoltre, si propone l'abrogazione della previsione relativa all'istituzione di un fondo presso lo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di 20 milioni di euro annui per
il periodo dal 2017-2031, prioritariamente finalizzato alla realizzazione di opere di interconnessione di tratte autostradali per le quali è necessario un concorso finanziario per assicurare l'equilibrio del Piano economico-finanziario che, raggiungendo la considerevole cifra di 300 milioni complessivi, sembrerebbe aver voluto fortemente l'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, per realizzare l'autostrada Brescia-Bergamo-Milano (BREBEMI), come peraltro si evince dalla stampa nazionale e locale, nonostante si trattasse di un'opera a totale finanziamento privato, per la quale viene oggi prevista addirittura la possibilità di erogazione diretta di risorse pubbliche aggiuntive da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica.
L'articolo 1 della presente proposta di legge prevede il rifinanziamento di 150 milioni di euro all'anno per ciascun anno del triennio 2015, 2016 e 2017 del Fondo per la mobilità sostenibile, già istituito con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). Tale Fondo è finalizzato a sostenere le politiche di incentivazione della mobilità sostenibile soprattutto nelle grandi aree urbane, attraverso – tra l'altro – il potenziamento e l'aumento dell'efficienza dei mezzi pubblici, l'incentivazione dell'intermodalità e la promozione di reti urbane di percorsi destinati alla mobilità ciclistica.
All'articolo 2 si ripropone, inoltre, una disposizione introdotta dal Governo Prodi nell'ambito della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e non più rifinanziata dai successivi Governi che consiste nella possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Si tratta di uno strumento che si è rivelato utile all'epoca e che contribuisce a incentivare il trasporto pubblico locale e la riduzione progressiva del trasporto privato, a tutto vantaggio di una mobilità alternativa più sostenibile, con evidenti effetti positivi in termini di riduzione delle emissioni dei gas inquinanti, soprattutto nelle aree urbane più grandi e maggiormente inquinate.
All'articolo 3 si propone che sia redatto finalmente il Piano nazionale della mobilità e che esso diventi parte integrante del Piano generale dei trasporti.
In un Paese normale sembrerebbe ovvio che le grandi opere siano decise attraverso un piano capace di stabilire gli obiettivi di funzionalità ed equità territoriale del sistema, le priorità e le condizioni di fattibilità economico-finanziaria delle opere e, non da ultimo, le condizioni di sostenibilità ambientale per la realizzazione delle opere stesse: in buona sostanza un piano elaborato, deciso e attuato attraverso un processo di valutazione ambientale strategica com’è obbligatorio nei Paesi dell'Unione europea.
La legge obiettivo e le modifiche e integrazioni intervenute successivamente alla legge stessa hanno cancellato tutto questo.
Le modifiche strutturali introdotte nella normativa e nella regolamentazione in materia di lavori pubblici e di valutazione d'impatto ambientale si pongono in deciso contrasto sia con gli indirizzi e gli obiettivi indicati dai documenti di pianificazione comunitari (ad esempio il Libro bianco per una politica europea dei trasporti) sia con le regole di pianificazione che, faticosamente, il Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) aveva tentato di avviare.
È appena il caso di ricordare, infatti, che il nostro Paese all'inizio del 2001, dopo una discussione durata quasi due decenni, era arrivato a concepire un PGTL che denunciava, pur nei suoi limiti, il forte squilibrio verso la strada, riconoscendo che «la crescita del traffico e la prevalenza del modo stradale sono all'origine di esternalità negative in termini di impatto ambientale e di incidentalità» e proponendo il superamento delle incrostazioni monopolistiche dei costruttori e dei gestori di infrastrutture insieme a una forte logica pianificatoria di integrazione tra i piani alle diverse scale territoriali, con una positiva e inedita attenzione al problema centrale delle
brevi-medie distanze, delle città e delle aree metropolitane, considerate una delle emergenze prioritarie del Paese.
Le norme e le procedure speciali introdotte dalla legge obiettivo, al contrario, sono finalizzate a individuare e realizzare le cosiddette infrastrutture strategiche al di fuori di qualunque disegno di piano, con procedure iper-semplificate e con criteri basati unicamente sul favore politico conquistato da questa o quella amministrazione locale o accordato a questo o a quel potere forte connesso alla produzione e gestione di infrastrutture.
Tutto ciò ha reso paradossalmente più difficile conseguire il principale obiettivo degli investimenti infrastrutturali, ovvero quello di rendere più efficiente il sistema dei trasporti del Paese.
In compenso le scelte effettuate fino ad oggi hanno continuato a privilegiare ulteriormente le lunghe distanze e a incidere pesantemente sull'indebitamento del Paese, contribuendo a peggiorare il già elevato rischio idrogeologico, con il conseguente e significativo impatto sulle aree di maggior pregio ambientale e naturalistico e con l'incontrollato aumento del consumo del suolo.
Con i provvedimenti approvati durante la XIV legislatura (2001-2006) si è operato in definitiva uno slittamento concettuale dalla logica pianificatoria – inscritta in un quadro di compatibilità ambientali, economiche, sociali e trasportistiche – verso una logica di realizzazione della singola opera, che diviene priorità incontestabile poiché etichettata di «superiore interesse strategico nazionale» formalmente pubblico.
L'etichetta assicura la realizzazione dell'opera comunque, o meglio, «con qualsiasi mezzo» e ciò a prescindere dal contesto territoriale e ambientale, dagli strumenti pianificatori esistenti, dalle compatibilità economico-finanziarie, dalla volontà delle comunità coinvolte, dall'utilità, fattibilità e compatibilità economica e, infine, a prescindere da qualunque valutazione ambientale strategica dell'insieme delle opere e degli esiti ambientali che la loro realizzazione comporta.
Da queste valutazioni e considerazioni emerge con chiarezza che il Paese si deve emancipare dal Programma sulle infrastrutture strategiche, finalizzato a realizzare le opere al di là della loro utilità trasportistica e da un calcolo costi-benefici di carattere economico-finanziario, sociale e ambientale, per redigere finalmente un Piano nazionale della mobilità, che parta, quindi, appunto dall'analisi della domanda di mobilità espressa da semplici cittadini e dagli operatori economici per realizzare le opere veramente utili.
L'articolo 4 reca, infine, la copertura finanziaria del provvedimento che ammonta a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 a valere sulle risorse rinvenienti dall'abrogazione di alcune norme recentemente introdotte dalla legge di stabilità 2015 in favore della sola categoria degli autotrasportatori e ai fini della realizzazione, attraverso il contributo pubblico nonostante l'opera dovesse essere finanziata solo da privati, della autostrada BREBEMI, come peraltro si evince dalla stampa nazionale.
In data 31 dicembre 2014 Il Fatto Quotidiano.it ha, infatti, pubblicato un articolo dal titolo: «Brebemi, in legge di stabilità 300 milioni per l'autostrada senza soldi pubblici» ove si legge: «Il Ministro dei trasporti Maurizio Lupi non aveva voluto confermare le indiscrezioni sull'intenzione di concedere un aiutino alla A35, il cui piano economico-finanziario è a rischio a causa dei transiti molto inferiori alle attese. Nel testo della manovra è spuntato però un “fondo per la realizzazione di opere di interconnessione di tratte autostradali”. I soldi pubblici che a metà dicembre il Ministro dei trasporti Maurizio Lupi diceva di “non sapere” se sarebbero stati stanziati per l'autostrada Brebemi alla fine sono spuntati. Come ha rilevato L'Eco di Bergamo, nella legge di stabilità appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale al comma 299 è disposta l'istituzione di un fondo da 300 milioni complessivi (20 all'anno dal 2017 al 2013) per la realizzazione di opere di interconnessione di tratte autostradali per le quali è necessario un concorso finanziario per assicurare l'equilibrio del Piano economico e finanziario”. Esattamente la situazione della A35, inaugurata in pompa magna l'estate scorsa dal Premier Matteo Renzi ma le cui sei corsie restano ampiamente sottoutilizzate. Con il risultato che i mancati introiti da pedaggi, uniti a costi di costruzione più alti del previsto, mettono a rischio la sostenibilità dell'opera di cui sono soci Gavio e Intesa Sanpaolo, Di qui la necessità di un “aiutino” pubblico, nonostante, appunto, solo poche settimane fa, Lupi si sia rifiutato di confermare l'ipotesi e abbia ricordato che i vertici della BREBEMI avevano spesso sottolineato di aver costruito la prima autostrada “senza soldi pubblici”. Affermazione di per sé lontana dal vero, considerato che a finanziarla sono state in gran parte la Cassa depositi e prestiti, controllata all'80 per cento dal Tesoro, e la Banca europea degli investimenti. Peraltro al Ministro aveva subito replicato a muso duro Roberto Maroni, secondo il quale in caso di mancato intervento il Governo avrebbe dovuto “assumersi la responsabilità delle conseguenze”. Semplicemente, aveva fatto presente il governatore della Lombardia, bisogna decidere “se questa opera resta o chiude”. Ora la palla è nelle mani di Lupi. Nel testo della manovra si legge infatti che “alla ripartizione delle risorse” stanziate “si provvede con delibera del CIPE su proposta del ministero delle infrastrutture e dei trasporti”».
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Ricostituzione del Fondo per la mobilità sostenibile).
1. Al fine di sostenere le politiche di incentivazione della mobilità sostenibile attraverso il potenziamento e l'aumento dell'efficienza dei mezzi pubblici, l'incentivazione dell'intermodalità, la valorizzazione degli strumenti del mobility management e del car sharing, la riorganizzazione e la razionalizzazione del settore di trasporto e di consegna delle merci, nonché la realizzazione di centri direzionali di smistamento che permetta una migliore organizzazione logistica e la promozione di reti urbane di percorsi destinati alla mobilità ciclistica, sono rese disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare risorse per 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 per la ricostituzione e per il rifinanziamento del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 1121, della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
Art. 2.
(Detrazione per le spese sostenute ai fini dell'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale).
1. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo alle detrazioni per oneri, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera i-novies) è aggiunta la seguente:
«i-decies) le spese, per un importo non superiore a 250 euro, sostenute per l'acquisto di ciascun abbonamento a servizi
di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12, che si trovino nelle condizioni indicate dal comma 2 del medesimo articolo 12»;
b) al comma 2, primo periodo, le parole: «c), e), f), i-quinquies) e i-sexies)» sono sostituite dalle seguenti: «c), e), f), i-quinquies), i-sexies) e i-decies)».
Art. 3.
(Piano Nazionale della Mobilità).
1. All'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001 n. 443, e successive modificazioni, il quarto e il quinto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Il programma è parte integrante del Piano nazionale della mobilità, che aggiorna il Piano generale dei trasporti sulla base della domanda di mobilità esistente e con l'obiettivo di perseguire le modalità di trasporto che rispondano alla domanda di mobilità dei cittadini e producano minori costi esterni per la salute, l'ambiente e il consumo del suolo. Il Piano nazionale della mobilità ha validità decennale ed è redatto entro il mese di giugno 2015 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero dell'economia e delle finanze. Il programma è sottoposto a valutazione ambientale strategica e a valutazione economico-finanziaria, relativamente agli impegni pluriennali di spesa pubblica».
Art. 4.
(Copertura finanziaria).
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge,
pari complessivamente a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, si provvede mediante quanto previsto dai commi 2 e 3.
2. I commi 234 e 299 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono abrogati. Il comma 579 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si applica nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della citata legge n. 190 del 2014.
3. Le risorse rinvenienti dall'attuazione del comma 2 del presente articolo, opportunamente rendicontate, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate all'attuazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 2.
Documenti allegati
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