- Giurisprudenza
- Ambiente ed energia, Autotrasporto, trasporto ferroviario, marittimo ed aereo, Economia dei trasporti e della mobilità
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Provvedimenti di limitazione della circolazione
Consiglio di Stato sez. V
11 dicembre 2007, n. 6383
Ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett) a e b del codice della strada, i sindaci delle zone nelle quali siano superati o vi sia il rischio del superamento dei valori limite stabiliti dalla normativa comunitaria in materia di inquinamento, possono adottare provvedimenti limitativi della circolazione.
Tali provvedimenti, fondati sulla base della normativa europea, non comportano alcuna discriminazione relativa alla libertà dei singoli cittadini e delle imprese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - le sentenze impugnate, in accoglimento dei ricorsi proposti dagli attuali appellati, hanno annullato i seguenti provvedimenti adottati dal comune di Padova:
1 - ordinanza del Sindaco del Comune di Padova n. 5 di data 30 gennaio 2004 Prot. Gen n. 24913, con cui sono stati assunti provvedimenti ambientali permanenti, relativi alla circolazione per i veicoli commerciali nell'intero centro abitato, disponente che questi veicoli sarebbero stati assoggettati alla limitazione potendo circolare in Padova nei soli giorni di domenica e lunedì e tutti i giorni dalle ore 18,30 alle ore 08,00 del mattino, con esclusione di tutti gli altri giorni ed orari;
2 - deliberazione di C.C. n. 39 del 31.03.2003 del Comune di Padova di recepimento dell'accordo 31.01.2003 con i Sindaci dei Comuni dell'area urbana “Interventi per ridurre l'inquinamento atmosferico” e del "Protocollo d'intesa per il rinnovo del parco dei veicoli commerciali ai fini del miglioramento della qualità dell'aria in Padova e nei comuni contermini prot. 32 128 del 25.2.2003" e ai sensi del quale (protocollo) a partire dal 1.12.2003 viene vietata la circolazione ai veicoli utilizzati per finalità economiche nei centri abitati dei territori comunali e l'esposizione del contrassegno identificativo di cui all'art. 4 che sono condizione per la concessione dei periodi di proroga nei termini sopra descritti;
3 - deliberazione di G.C. n. 2003/0770 del 14.10.2003, avente ad oggetto Protocollo d'intesa 18.2.2003 approvato con delibera di C. C. n. 39/2003 autorizzazione alla circolazione dei veicoli commerciali ed introito di Euro 25,00 per ciascuna autorizzazione rilasciata a veicoli non ecocompatibili e di delega delle Associazioni di Categoria sottoscrittrici del protocollo di intesa a rilasciare le autorizzazioni in deroga per conto del Comune di Padova, a firma del Comandante della Polizia Municipale entrambe (2 e 3) in principalità nella parte in cui stabiliscono di assoggettare a limitazione della circolazione nel territorio comunale, per il solo fatto della decorrenza del termine 1. 12.2003 (prorogato al 15.01.2003 e poi al 2.2.2003) tutti indistintamente i veicoli " utilizzati per finalità economiche, pesanti leggeri e leggerissimi (leggi automobili ad uso commerciale) in mancanza di atto di impegno del proprietario alla sostituzione e conversione del mezzo ovvero, in via subordinata, nella loro interezza.
4 - ordinanza n . 30 dd. 11 .11.2003 prot. n. 241747 con cui il Sindaco di Padova ha ordinato l'istituzione del divieto di circolazione nelle giornate di giovedì e venerdì dal 13.11.2003 al 26.03.2004, in via principale nella parte in cui, al punto 2) lettera r), dispone che la non applicazione del divieto ai veicoli appartenenti alle categorie L 2 ed L 5 riferite al trasporto merci e alla categoria " N di cui all'art. 47 del D.Lgs 285/1992 " Nuovo codice della strada `` (veicoli commerciali) valga solo fino alla data di avvio dell'applicazione dell'accordo sul rinnovo dei mezzi commerciali approvato con delibera di C.C. n. 39 /2003 del 31.03.2003 e previsto per il giorno 1.12.2003; ovvero, in via subordinata z nella sua totalità .
5 - delibera di G.C. n. 936 dd. 25.11.2003, in via principale nella parte in cui si ritenga disponga che la non applicazione del divieto ai veicoli appartenenti alle categorie L 2 ed L 5 riferite al trasporto merci e alla categoria " N di cui all'art. 47 del D.Lgs 285/1992 " Nuovo codice della strada " (veicoli commerciali) valga solo fino alla data di avvio dell'applicazione dell'accordo sul rinnovo dei mezzi commerciali approvato con delibera di C.C. n. 39 /2003 del 31.03.2003 e rinviato per il giorno 15.01.2003; ovvero, in via subordinata, nella sua totalità .
6 - deliberazione di G.C. n. 40 del 27.1.2002 di riadozione di un addendum al Protocollo di Intesa 18.2.2003 e di pretesa migliore specificazione " dei contenuti del Protocollo stesso "
1. Il comune appellante contesta la fondatezza degli originari gravami.
2. Alcune delle parti intimate si sono costituite in giudizio per resistere all’appello.
1. I tre ricorsi, pur proposti contro diverse sentenze, sono stati riuniti con ordinanza n. 266/2007, considerata la loro connessione oggettiva e soggettiva.
2. I ricorrenti di primo grado sono operatori commerciali di Padova, della provincia, delle zone limitrofe e si oppongono ai provvedimenti comunali che limitano alla circolazione nell’ambito di tutti i centri abitati, a meno che non vi sia la sottoscrizione di un impegno alla sostituzione ovvero conversione di tutti autoveicoli utilizzati per finalità economiche. La limitazione di circolazione priverebbe la categoria di sicure entrate economiche.
Fanno presente come vi era stato un protocollo d’intesa tra i comuni della zona di Padova e le associazioni di categoria inteso a limitare l’inquinamento atmosferico e a rinnovare progressivamente il parco dei vicoli commerciali. In questo ambito bisognava altresì prevedere una piattaforma logistica per la movimentazione delle merci; veniva altresì stabilito che i veicoli commerciali non potevano circolare nei centri abitati, salvo sottoscrizione di un impegno per la conversione o sostituzione del veicolo.
Inoltre, il comune ha fissato valori limite inquinanti inferiori a quelli stabiliti dalla normativa precedente senza considerare che la riduzione dell’inquinamento è prevista per un periodo dal 2005 al 2010. Inoltre non è ancora entrato in vigore il piano regionale di risanamento dell’atmosfera.
Fanno poi presente che le misure sono del tutto generiche e affatto idonee a diminuire in concreto l’inquinamento atmosferico.
3. In via di diritto, hanno dedotto i seguenti motivi:
1. violazione di legge con riferimento agli artt. 39 e 38 del DM 2 aprile 2002, n. 60, del DPCM 28 marzo 1983 come modificato dall’articolo 20 del DPCM 24 marzo 1988 n. 203; violazione di legge con riferimento agli artt. 7 e 8 del DLT 4 agosto 1999 n. 351, illogicità, carenza e falsità del presupposto, sviamento, inefficacia, perplessità, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà.
Il provvedimento impugnato fa riferimento a limiti di inquinamento che dovranno essere raggiunti nel 2005 ovvero nel 2010, per cui è stata erroneamente applicata una normativa non ancora vigente; inoltre, il raggiungimento dei valori limite è avvenuto unicamente nella stagione invernale o all’inizio di quella primaverile, ed è stato causato da impianti di riscaldamento a non dai vicoli commerciali. Inoltre mancano ancora i piani regionali di programmazione degli interventi.
La normativa vigente prevede inoltre la sospensione del traffico veicolare e non già il blocco totale. L’ordinanza ha carattere permanente e strutturale, obbligando le parti a consentire a un impegno solamente per ridurre l’eventuale e non provato inquinamento futuro.
Non sarebbero stati poi considerati tutti gli elementi per valutare l’inquinamento, confrontando tra di loro sacrifici imposti ai privati e i benefici da ottenere. La mancanza di un’istruttoria adeguata in particolare sull’efficacia di un blocco permanente renderebbe illegittimo il provvedimento.
Non esistono poi possibilità concrete di convertire i veicoli. Va poi osservato come negli ultimi tre anni è calato il parco veicolare commerciale pesante e anche quello leggero. Si tratta quindi di un mero esperimento che grava esageratamente sulle aziende senza che venga garantita la sua efficacia. Il blocco del traffico non garantirebbe un significativo adeguamento dell’inquinamento atmosferico, alla luce degli studi più corretti. Va poi considerato come già oggi all’interno di Padova non sono ammessi i veicoli con stazza superiore a 35 quintali. La motivazione quindi non è logica e non dimostra la necessità del provvedimento così drastico.
2. violazione degli articoli 16 e 17 DLT 30 marzo 2001 n. 165 e degli articoli 50 e 107 DLT 18 agosto 2000 n. 267, incompetenza, contraddittorietà ed illogicità.
Il provvedimento doveva essere adottato dal dirigente del servizio e non dal sindaco; non può poi essere considerato un’ordinanza contingibile ed urgente, in quanto presenta contenuti permanenti.
3. violazione ed elusione delle normative sull’ambiente, violazione degli artt. 39 del DM 2 aprile 2002 n. 60, 3 e 4 del DM 21 aprile 1999 n. 163, 7 lettere a) e b) D Lgs 9 aprile 1992 285 e 7 8 del D Lgs 4 agosto 1999 n. 351. Falsità del presupposto, carenza di presupposto, illogicità, contraddittorietà, incompetenza, travisamento dei fatti, impossibilità dell’oggetto, violazione dei principi di opportunità, carenza di motivazione, falsità del presupposto violazione della normativa regionale del Veneto di cui alla legge regionale 35 del 2001, in particolare artt. 3, 5 e 6.
Secondo i ricorrenti il protocollo d’intesa volto a creare una deroga di massa costituisce una violazione delle normative statali e comunitari sulla qualità dell’aria in quanto consentirebbe di immettere inquinante senza limitazione alcuna. La normativa europea e nazionale di attuazione prevedono invero limitazioni alla circolazione per gli autoveicoli che non abbiano effettuato il controllo annuale, ma non prevedono deroghe e limitazioni in senso permanente.
Inoltre la sospensione del traffico non risulta affatto correlata all’inquinamento dell’aria. Infine si ignora la necessità di una programmazione pluriennale del traffico mentre l’impegno richiesto attualmente non appare affatto giustificato. L’errore logico dell’impostazione comunale consiste nel bloccare oggi la circolazione in ragione di una ipotetica e insussistente necessità futura. L’esistenza di una deroga riguarda solo coloro che si impegnano, con ciò contraddicendo la necessità di diminuire l’inquinamento.
Inoltre il contenuto dell’impegno appare in violazione del principio della tutela della dignità della persona previsto dalla stessa costituzione. In attesa dei limiti che entreranno in vigore nel 2005 il comune poteva solo adottare misure contingenti ovvero programmi a lungo termine, ma non imporre il divieto generalizzato sopra previsto; spetta poi alla regione pianificare nel futuro la riduzione dell’inquinamento non già al comune.
Manca quindi una visione globale di insieme che solo un piano regionale potrebbe prevedere.
4. violazione di legge e falsità e difetto di presupposto, illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà rispetto a precedenti atti di indirizzo programmatori e amministrativi. Violazione dell’articolo 4 del DM 21 aprile 1999 n. 163 e del DM 23 ottobre 1998 allegato 3, comma 8.
In realtà il decreto ministeriale prevede misure alternative che assicurano il soddisfacimento alla domanda di mobilità delle merci, e quindi bisognava attuare delle misure diverse prima di prevedere un blocco totale del traffico.
5. violazione degli articoli 629 e 323 del codice penale, violazione dei principi contenuti negli articoli 3, 13, 16, 97, 42, 41, 1, 35, 36 della costituzione, illogicità e ragionevolezza, contraddittorietà, violazione degli articoli 4 del DM 21 aprile 2002 n. 60, violazione degli articoli 11 e 13 della legge 241 del 1990, degli articoli 1372 e 2043 del codice civile, creazione di un inutile servizio pubblico, carenza di motivazione, invalidità derivata.
I soggetti che non aderiscono all’impegno, si trovano assoggettati a una limitazione gravosa mentre la stessa deroga appare eccessiva. Non esiste poi alcuna motivazione né previsione di un’analisi. Appare eccessiva la distanza tra il premio per coloro che si impegnano e la dissuasione per coloro che non si impegnano.
La violazione della libertà personale e di quelle economiche appare alle ditte ricorrenti palese. Quando si parla poi di mezzi utilizzati per finalità economiche non c’è alcun riferimento alle emissioni inquinanti.
6. violazione di legge con riferimento ai principi del diritto comunitario di proporzionalità, progressività, solidarietà, e ripartizione del carico, sostenibilità, tecnologia disponibile, eccessività del costo, rapporto tra contributo e costo del risanamento, esigenza sociale, e quindi delle direttive europee n. 91/441, 94/12, 93/59, 96/69, 91/542, 96/1, 99/30, 2000/69, 97/01, e della decisione n. 2001/744, violazione del principio di progressività e del principio di eguaglianza, falsità del presupposto.
Le normative europee si limitano a porre limiti alle immissioni dei nuovi veicoli, per cui tutti i principi comunitari sarebbero stati violati dall’ordinanza sindacale impugnata, in relazione in particolare al principio di proporzionalità tra i sacrifici e il risultato ottenuto.
7. violazione dei principio di economicità di cui all’articolo 97 della costituzione, di congruità e proporzionalità, di certezza e affidamento dell’azione, dei principi fondamentali di programmazione di cui alla legge regionale n. 35 del 2001 violazione degli artt. 3 e 9 del DM n. 60 del 2002, 3 e 4 del DM 163 del 1999, del D Lgs 285 del 1992, 7 e 8 del D Lgs 351 del 1999, illogicità e violazione dei principi di buona amministrazione, dell’articolo 41 della costituzione, illogicità e imparzialità, violazione delle norme sui servizi pubblici, del limite di competenza del comune, difetto di presupposto e carenze di motivazione e di istruttoria.
Il sistema di deroghe per chi aderisce all’impegno non introduce un piano né un programma, prevedendo solamente una deroga generalizzata e una penalizzazione eccessiva per chi non aderisce; manca ogni programmazione.
Gli stessi dati su cui si è fondata la amministrazione comunale appaiono del tutto superati.
8. Violazione degli articoli 7, 8 e 9 della legge 241 del ’90 mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Con motivi aggiunti viene in particolare impugnata l’ordinanza di convalida dell’ordinanza sindacale 5 del 2004, stabilita con ordinanza del dirigente del 9 marzo 2004. I motivi ricalcano sostanzialmente quelli già indicati nel ricorso introduttivo.
Viene poi osservato che la convalida non sarebbe valida in quanto non viene indicato l’atto che s’intende sanare e non viene manifestata la volontà di rimuovere il vizio.
Viene inoltre aggiunto come sarebbe stato violato il divieto fondamentale di distorsione del mercato di cui agli articoli 2, 3, 81, 82, 86 e 89 del trattato comunitario.
4. Le sentenze appellate hanno accolto i ricorsi, svolgendo le seguenti motivazioni.
“Venendo alle questioni principali esse attengono, come appare evidente, ai poteri comunali in siffatta materia. L’ordinanza impugnata nel limitare il traffico agli autoveicoli utilizzati per ragioni economiche, quindi sostanzialmente per trasporto merci, impone un divieto di circolazione in determinati orari e in determinate zone salvo deroga in caso di impegno del titolare di sostituire il veicolo commerciale o perlomeno di modificarlo per raggiungere i limiti di emissioni nell’atmosfera.
Va innanzitutto osservato che appare pacifico in causa come i comuni abbiano indubbiamente la potestà di limitare il traffico per ragioni di tutela dall’inquinamento, per cui il problema giuridico riguarda le modalità con cui nel caso concreto tale potere è stato esercitato.
Va innanzitutto osservato come il decreto ministeriale n. 163 del 21 febbraio 1999 e il successivo n. 60 del 2 aprile 2002, entrambi di recepimento di direttive europee, fissano tra l’altro i limiti di inquinamento che dovranno essere raggiunti rispettivamente nel 2005 e nel 2010. Sennonché il comune ha voluto anticipare l’applicazione di detti limiti sulla base di alcune indagini e imponendo un limite alla circolazione, a meno che l’interessato non sottoscriva un impegno all’aggiornamento e adattamento dei veicoli ai suddetti parametri europei.
Ad avviso di questo collegio risulta evidente la fondatezza di due fondamentali censure proposte da parte ricorrente: innanzitutto l’amministrazione comunale ha anticipato, sia pure a determinati fini, l’applicazione di direttive europee e delle corrispettive norme italiane di recepimento relative alle emissioni di autoveicoli commerciali, il che non risulta rientrare nei poteri comunali. Il comune può solamente tenere conto dei parametri europei per valutare il raggiungimento o meno di una certa soglia di inquinamento, ma non imporre agli operatori un’anticipazione di una scadenza adottata per l’intera unione europea. Inoltre, trattandosi di pericolo di inquinamento e non di inquinamento in atto, era necessaria un’istruttoria più accurata di quella cui il comune stesso fa riferimento.
Va poi osservato come di fatto l’imposizione di un vincolo particolare agli autoveicoli transitanti per il comune di Padova, vincolo che si sostanzia o in un divieto di circolazione o in alternativa nell’assunzione di un impegno di modificare nel senso indicato l’autoveicolo, trasborda in una violazione del principio di libera circolazione all’interno dell’Unione Europea. Tale principio può subire limitazioni nell’interesse pubblico, ma non limitazioni discriminatorie rispetto al territorio degli altri comuni che non siano strettamente collegate ad una particolare situazione di inquinamento o in atto o prevedibile. Quello che sicuramente un comune non può fare è imporre o anticipare i limiti previsti con determinate scadenze a livello europeo ovvero dettare una disciplina di circolazione dei veicoli commerciali difforme da quella comunitaria.
Va a questo punto fatta applicazione di un concetto di portata generale, sintetizzabile nelle regole comunitarie della proporzionalità, dell'adeguatezza e della ragionevolezza (Consiglio Stato, sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294).
Nel caso in discussione sussiste altresì il cosiddetto vizio di proporzionalità tra interesse pubblico perseguito e mezzi utilizzati, mezzi che nel caso in esame impongono più o meno coartatamente un obbligo in capo ai soggetti, non semplicemente un obbligo di adeguarsi, ma di modificare i veicoli entro un determinato termine, pena l’inapplicabilità di una generosa deroga. Il comune in tal modo pone surrettiziamente vincoli di diritto privato, sia pure a fini pubblicistici.
L’interesse pubblico alla tutela ambientale poteva e doveva essere perseguito da un lato tenendo conto delle specifiche potestà comunali in materia, e d’altro lato senza indirettamente limitare alcuni diritti di libertà, compresi quelli di circolazione, impliciti nella normativa europea e anche nella costituzione italiana. Lo strumento adottato da comune di Padova, il quale addirittura impone una sottoscrizione di un obbligo da parte dei soggetti privati, per poter usufruire di una deroga, tra l’altro alquanto ampia, appare sproporzionato rispetto all’interesse pubblico perseguito e comunque esulante dalle potestà comunali come visto limitate alla tutela dell’inquinamento nel territorio comunale.
In sostanza, il ricorso va accolto per la fondatezza dei principali motivi dedotti, concernenti la proporzionalità, il difetto di istruttoria, e il sostanziale travalicamento da parte del comune dei poteri che la legge gli affida in tale materia. Per tale ragione il ricorso va accolto con l’annullamento di tutti gli atti impugnati, tra di loro collegati dal punto di vista logico, ivi compresi quelli impugnati con i motivi aggiunti.
5. Il comune contesta analiticamente le decisioni di primo grado, deducendo l’infondatezza degli originari ricorsi.
6. Gli appelli sono fondati.
7. Contrariamente a quanto ritenuto dalle pronunce impugnate, il vigente quadro normativo attribuisce alle amministrazioni locali il potere di adottare le necessarie misure di limitazione della circolazione, allo scopo di contenere l’inquinamento atmosferico.
8. Gli atti contestati risultano pienamente compatibili con la disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 351/1999 e con le regole racchiuse nel decreto del Ministro dell’ambiente n. 60/2002, di recepimento delle direttive 99/30/CE e 00/69/CE.
9. L’allegato 3 al citato D.M. stabilisce i valori limite per il materiale particolato (PM10) e la data entro la quale detti valori devono essere raggiunti, senza soglie di tolleranza (1 gennaio 2005).
10. L’articolo 39 del citato D.M., poi, modificando il D.M. 21 aprile 1999, n. 163: stabilisce che:
“2. I sindaci dei comuni appartenenti agli agglomerati ed alle zone di cui agli articoli 7 e 8 del decreto legislativo n. 351 del 1999, in cui sussiste il superamento ovvero il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme previste dalla vigente normativa, adottano, sulla base dei piani e dei programmi di cui ai medesimi articoli, le misure di limitazione della circolazione di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, fermi restando i poteri attribuiti al Sindaco da altre disposizioni del decreto legislativo n. 285 del 1992 ed i poteri previsti dell'articolo 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dall'articolo 54, comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267”.
11. Dunque, il potere delle amministrazioni locali in materia di limitazione della circolazione, in funzione del contenimento dell’inquinamento atmosferico, secondo i severi parametri fissati dalla normativa comunitaria, è sicuramente sussistente. Si tratta, allora, di verificare, in concreto, se le decisioni adottate siano compatibili con le regole particolari e generali che governano la materia.
12. In primo luogo, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, le determinazioni adottate dal comune di Padova si basano su dati istruttori adeguati, approfonditi e documentati.
13. Anche sul piano strettamente istruttorio, gli atti dell’amministrazione comunale si basano sui dati forniti dall’ARPAV, con particolare riguardo alla qualità dell’aria e alla presenza di polveri fini. Tale analisi indica in modo chiaro il rilievo dei veicoli commerciali nella produzione di emissioni.
14. Sulla base di tali elementi istruttori, non è condivisibile l’affermazione secondo cui si tratterebbe di mero “pericolo di inquinamento” e non già di inquinamento in atto, per cui sarebbe occorsa “un’istruttoria più accurata.”
15. Non è condivisibile nemmeno l’affermazione del tribunale, secondo cui i divieti di circolazione avrebbero comportato la violazione del “principio di libertà di circolazione all’interno dell’Unione europea”.
16. È evidente, infatti, che i provvedimenti impugnati (oltre a trovare giustificazione proprio nella normativa di rango comunitario per la protezione dell’ambiente) intendano regolare la circolazione dei veicoli nell’ambito del territorio comunale, senza operare alcuna discriminazione riguardante la libertà dei singoli cittadini e delle imprese.
17. Del resto, si tratta di divieti riferiti solo a determinate zone e a particolari fasce orarie. Il divieto riguarda i giorni di martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato (con esclusione quindi di domenica e lunedì) dalle ore 8 della mattina alle 18 di sera, e interessa tutte le strade, con esclusione delle strade statali, delle tangenziali e delle zone industriali e artigianali.
18. Oltre tutto, in concreto, le determinazioni adottate dal comune di Padova offrono comunque agli interessati un’ampia possibilità di circolare temporaneamente anche con mezzi obsoleti e inquinanti, a condizione di assumere l’impegno di sostituire o rendere ecocompatibili i mezzi.
19. Si tratta, poi, di divieti riferiti oggettivamente a articolari categorie di mezzi. Quindi, non emerge alcuna discriminazione di ordine soggettivo, che potrebbe determinare il contrasto con essenziali principi di rango comunitario e costituzionale.
20. Le misure adottate dal comune di Padova, quindi, non risultano in contrasto con i principi comunitari di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza.
21. In definitiva, quindi, gli appelli devono essere accolti, con il conseguente rigetto degli originari ricorsi di primo grado.
22. Le spese dei due gradi possono essere compensate.
PER QUESTI MOTIVI
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie gli appelli;
per l’effetto, in riforma delle sentenze appellate, respinge i ricorsi di primo grado.
Documenti allegati
- cinsstato6383_02.pdf 111 KB