- Giurisprudenza
- Segnaletica
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Regolarità della segnaletica stradale
Corte di Cassazione II sez. civ.
06 marzo 2008 n. 6127
L’omessa indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione e degli altri elementi di cui all’art. 77, comma 7 D.P.R. 495/1992 (Reg. att. Cod. strada), non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l’utente della strada dall'obbligo di rispettarne la prescrizione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso al giudice di pace di Alcamo, depositato il 20 maggio 2003, L.I. proponeva opposizione avverso il verbale di infrazione n. (OMISSIS) redatto dai vigili urbani di quel Comune il 4.12.2002, relativamente all'infrazione commessa dall'interessato. Egli aveva lasciato la propria autovettura Fiat Punto targ. (OMISSIS) in sosta vietata e con obbligo di rimozione del mezzo in (OMISSIS), e perciò tale infrazione gli era stata contestata mediante la notifica di quel verbale il successivo 28.3.2003. Poichè l'autovettura era stata rimossa, l'interessato aveva versato la somma di Euro 36,34 onde ottenerne la restituzione. Il ricorrente deduceva che quel verbale era illegittimo, in quanto il cartello non indicava le prescrizioni di cui al D.P.R. n. 495 del 1992, art. 77, comma 7, e segnatamente gli estremi dell'ordinanza relativa al divieto di sosta imposto in quella via; il numero dell'autorizzazione, rilasciata dal Ministero dei Lavori Pubblici alla ditta che aveva fabbricato il segnale stradale, sul retro, e la leggibilità di tali elementi. Perciò chiedeva l'annullamento del verbale e la condanna dell'ente al rimborso della somma versata di conseguenza. Il Comune si costituiva, contestando quanto "ex adverso" dedotto, siccome destituito di fondamento. In particolare eccepiva che le indicazioni con gli elementi previsti dal regolamento di esecuzione del codice della strada erano riportate nel retro del segnale col cartello di rimozione forzata, e che comunque, ove mai esse non vi fossero state, tuttavia quel divieto sarebbe stato ugualmente valido, dal momento che era stato introdotto con regolare ordinanza della competente autorità comunale; perciò l'intimato chiedeva il rigetto dell'opposizione. Con sentenza del 19 novembre 2003 il giudice, in accoglimento dell'impugnativa, ha annullato il verbale, e condannato il Comune alla restituzione della somma versata dal ricorrente per la restituzione dell'automezzo, compensando le spese. Egli ha osservato che l'ente proprietario del segnale non aveva fornito la prova che le indicazioni da inserire nel retro di esso in realtà vi fossero state riportate, e che in mancanza di dimostrazione era da ritenere vero quanto sostenuto dall'opponente, sicché tutto ciò comportava la illegittimità della segnaletica in questione, e quindi l'invalidità del verbale, che perciò andava annullato. Avverso questa sentenza il Comune di Alcamo ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. L. non si è costituito. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 39 C.d.S., n. 2 e art. 77 reg. C.d.S., comma 7, con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto il giudice non ha considerato che le indicazioni regolamentari non solo erano riportate nel retro del segnale, ma in ogni caso esse non erano rilevanti ai fini della prescrizione contenuta in quel cartello, posto che esso era stato apposto in base alla ordinanza n. 228 del 21.8.2002. In ogni caso le indicazioni prescritte dal regolamento sono finalizzate al controllo dell'ente pubblico per verificare che i segnali stradali vengano collocati su disposizione dell'autorità competente, e perciò non siano abusivi. Inoltre l'eventuale mancanza di quelle indicazioni sul retro non avrebbe determinato la nullità del cartello, giacché questa, per potere essere operante, deve sempre essere prevista, ma si sarebbe semmai trattato solamente di una mera irregolarità. Il motivo è fondato. Il giudice ha osservato che di fronte alla contestazione dell'opponente, era onere dell'intimato Comune fornire la prova che l'indicazione dell'ordinanza, con cui il divieto di sosta era stato introdotto in quella via, fosse stata riportata nel retro del segnale stradale. In mancanza di ciò era allora da ritenere che tale presupposto non ci fosse, e quindi quel divieto era illegittimo. L'assunto non è esatto. Infatti è noto che in tema di violazioni del codice della strada, era onere del trasgressore, che proponeva, avverso l'atto di accertamento della infrazione, opposizione fondata sulla asserita illegittimità del segnale stradale indicante la norma di comportamento violata, dedurre non solo le ragioni di tale illegittimità - e, quindi, della sussistenza delle condizioni per l'esercizio del potere di disapplicazione del giudice ordinario - ma fornire anche la prova della irregolarità lamentata, e non dell'Amministrazione dimostrare la legittimità del comando sostanzialmente contenuto nel segnale esposto sulla pubblica via, preceduto dal relativo provvedimento, in esecuzione del quale questo era stato collocato. Pertanto, il divieto indicato sul segnale stradale, essendo stato adottato dall'ente proprietario della strada ai sensi dell'art. 14 C.d.S., comma 1, lett. c), si presumeva conforme a legge sino a prova contraria (Cfr. anche Cass. Sentenza 27/01/2004). Inoltre va osservato che la disposizione dettata dal D.Lgs. 16 novembre 1992, n. 495, art. 77, comma 7 (contenente il regolamento di esecuzione e di attuazione del C.d.S.), che prevede che sul retro dei segnali stradali, devono essere indicati l'ente o l'amministrazione proprietari della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale e l'anno di fabbricazione, nonché il numero dell'autorizzazione concessa dal Ministero dei lavori pubblici alla ditta medesima per la fabbricazione, assolve alla sola finalità di consentire il controllo della provenienza del segnale e della legittimità della sua apposizione, allo scopo di impedire che siano collocati segnali non conformi al tipo regolamentare ovvero da soggetti non autorizzati, e, pertanto, l'eventuale omissione di tali indicazioni non costituisce causa di illegittimità del segnale stesso e, per l'effetto, della prescrizione in esso contenuta (V. pure Cass. Sentenze n. 9438 del 1998, n. 1406 del 27/01/2004, n. 8660 del 13/04/2006). Semmai perciò si sarebbe potuto trattare di irregolarità ma non di nullità, che, come è noto, si verifica solamente tutte le volte in cui essa sia espressamente prevista, ma non nel caso in specie. Ciò posto, va altresì rilevato che L., come utente della strada, era sempre tenuto ad osservare i divieti e le limitazioni imposte dai segnali stradali, ancorchè potessero apparire illegittimi, poichè ciò corrispondeva non solo alla presunzione di legittimità e alla forza esecutiva dell'atto amministrativo, ma anche a criteri di generale prudenza, nascenti dalla previsione che gli altri utenti, fidando nell'osservanza della prescrizione posta "erga omnes", vi uniformassero la loro condotta (V. anche Cass. Sentenza n. 7125 del 29/03/2006, n. 3596 del 27/06/1979). Infatti la eventuale - peraltro non provata - mancata indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione, non determinava la illegittimità del segnale, e non esimeva l'opponente quale utente della strada, dall'obbligo di rispettarne la prescrizione, non trattandosi di una difformità rispetto alla previsione normativa tale da rendere il cartello inidoneo a svolgere la funzione propria del segnale stradale, che era quella di rendere nota all'utente della strada la norma di condotta da osservare (Cfr, anche Cass. Sentenze n. 9438 del 1998, n. 1406 del 27/01/2004, n. 7125 del 29/03/2006). Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto. 2) Col secondo motivo il ricorrente denunzia insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione al fatto che le indicazioni previste erano riportate su una scritta ridotta collocata sul retro del segnale stradale, come anche risultava dai fotogrammi prodotti. La censura rimane assorbita dal motivo come sopra esaminato. Ne deriva che il ricorso dell'amministrazione va con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Tuttavia, poiché non occorrono ulteriori indagini di fatto, decidendosi nel merito, la Corte deve rigettare il (ricorso in opposizione al verbale impugnato da L.. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo. PQM La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata senza rinvio, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso in opposizione al verbale di infrazione proposto da L., e lo condanna al rimborso delle spese del primo grado e di questa fase a favore del ricorrente Comune, e che si liquidano rispettivamente, le prime, in complessivi Euro cinquanta/00 per esborsi, ed Euro trecentocinquanta/00 per onorari, e le seconde in Euro cento/00 per esborsi ed Euro quattrocento/00 per onorari, oltre a quelle generali e agli accessori di legge.
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