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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Responsabilità da insidia

Tribunale di Milano
Sentenza n. 10284 del 19 agosto 2014

Insidia – danni cagionati da dossi - responsabilità per cose in custodia – art. 2051 c.c. – sussistenza Nota a sentenza dell’Avv. Stefano Gallandt del Foro di Milano

 

I comuni rispondono ex art. 2051 c.c. dei danni cagionati dai dossi, ove non appositamente segnalati, all'interno della perimetrazione dei centri abitati, e dunque a prescindere dalla natura occulta o meno dell'insidia.
L'impresa appaltatrice  non risponde ex art. 2043 c.c. dei danni provocati dai dossi realizzati in conformita' alle direttive tecniche fornite dal comune committente.

Nota a sentenza dell’Avv. Stefano Gallandt del Foro di Milano

 Con una importante sentenza, la n. 10284/14 del 2.8.2014, depositata in data in data 19 agosto 2014, nella causa vittoriosamente patrocinata dagli avv.ti Stefano Gallandt e Roberto Enrico Paolini del Foro di Milano, il Tribunale di Milano in persona del Giudice dott. Giorgio Alcioni, in funzione di giudice dell'appello, ha condannato il Comune di Pregnana Milanese a risarcire i danni patiti da un comune cittadino alla propria autovettura a seguito dell'impatto di questa con un dosso, mandando invece assolta l'impresa appaltatrice che si era occupata dei lavori, sul presupposto che, in determinate circostanze, la P.A. e i privati appaltatori possano essere chiamati a rispondere secondo diversi regimi di responsabilità e cioè, rispettivamente, ex art. 2051 c.c. e ed art. 2043 c.c. 
L'applicazione dell'art. 2043, ricorda il Tribunale, farebbe sì che sarebbe il danneggiato a dover provare la colpa del Comune, allegando in causa che la buca o la disconnessione rappresentasse un pericolo occulto, e fosse quindi assolutamente invisibile e imprevedibile.
L'applicazione dell'art. 2051 invece, consentirebbe un'inversione della prova: il comune sarebbe obbligato a custodire le strade con la conseguenza che sarebbe responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui non vi sia l'impossibilità di governo del territorio, e salva la prova da parte sua del caso fortuito, ossia, "trattandosi di un'ipotesi di responsabilità aggravata e non di responsabilità oggettiva" della "mancanza di colpa, che emerge sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente necessario per prevenire ed evitare l'evento e la condotta mantenuta (cfr. Cass. 20 febbraio 2006, n. 3651)".
Ebbene, nella vicenda de qua il Tribunale di Milano ha seguito l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in linea generale, con riguardo alle strade site all'interno della perimetrazione dei centri abitati i Comuni rispondono ex art. 2051 dei danni provocati dai dossi realizzati in assenza di un'apposita segnalazione, dovendosi affermare in presenza di determinate circostanze una presunzione di responsabilità.
Ha ritenuto invece che le imprese appaltatrici dei lavori di realizzazione dei dossi, dopo la riapertura al traffico veicolare e a patto che siano state seguite le direttive tecniche fornite dal comune committente, debbano essere mandate assolte dalle domande formulate nei loro confronti dal danneggiato se vi è dubbio sulla sussistenza di una condotta colpevole. La responsabilità dell'impresa infatti, nella vicenda in esame, è stata evidentemente ritenuta insussistente in ragione dell'art. 2043 c.c., che addossa al danneggiato l'onere di provare la colpa del convenuto.
Ma procediamo con ordine. Con specifico riguardo all'ente Comune, il Tribunale, ha osservato che "conformemente a quanto stabilito dalla Suprema Corte, i Comuni sono responsabili degli incidenti provocati agli utenti a causa del cattivo stato delle strade e ciò anche se la manutenzione delle stesse è stata appaltata a una ditta esterna (cfr. Cass. 1691/2009).
Infatti la presunzione di responsabilità per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall'art. 2051 c.c., è applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sai tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi; né può sostenersi che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza e il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che così risponderebbe direttamente in caso di inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce soltanto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in concreto del compito istituzionale proprio dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 del vigente Codice della strada, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c.
Il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilità di esercitare siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti e che la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato".
Il Giudice ha ritenuto dunque dimostrata la responsabilità della P.A ex art. 2051 c.c., osservando come dagli atti emergesse che non vi fosse alcuna segnalazione che avvisasse gli utenti della presenza di deformazioni del piano visibile. L'utente di una strada, infatti, "nutre un'ovvia aspettativa in ordine alla regolarità di un manto stradale non indicato come dissestato da un apposito segnale di pericolo (per tali rilievi si veda Cass. 22604/09)". Ebene, nel caso in esame, secondo il Tribunale, sussisteva l'anomalia della cosa ed è stata data prova del nesso di causa, "mentre per parte sua il comune non ha provato il caso fortuito".
Il Tribunale mandava invece assolta l'impresa appaltatrice, sulla base del mero presupposto che la stessa avesse provato di aver realizzato il dosso in conformità alle direttive tecniche fornite dal Comune committente, stante la sussistenza di un dubbio sull'evenienza di una sua condotta colpevole. La responsabilità dell'impresa infatti, nella vicenda in esame, è stata evidentemente ritenuta insussistente in ragione dell'art. 2043 c.c., che addossa al danneggiato l'onere di provare la colpa del convenuto.

La sentenza de qua ha inoltre affrontato alcune spinose questioni di natura processual-civilistica con uno spirito liberale improntato alla massima garanzia dei diritti di difesa.
Nel corso del giudizio di primo grado infatti i testimoni indicati dall'attore non erano stati ascoltati dal Giudice di Pace per assenza del difensore, impedito a raggiungere il Tribunale a causa di un incidente stradale. Ma, osserva il Tribunale, "è stata prodotta documentazione di tale sinistro e, conseguentemente il Giudice di pace, in presenza dell'istanza della parte decaduta avrebbe dovuto applicare correttamente il disposto dell'art. 208 cpc. Deve, quindi, confermarsi l'ordinanza già emessa sul punto" che aveva disposto la rimessione in termini del danneggiato. Dunque, secondo il Tribunale, anche l'evenzienza di circostanze estranee al processo possono fondare la rimessione in termini di una parte.
Ha osservato poi che con riferimento a un teste "escusso in sostituzione di altro testimone indicato dalla parte, ma deceduto nelle more, si rileva che si deve salvaguardare l'esigenza di evitare una decadenza determinata da un inadempimento processuale causato da un giustificato impedimento. Pertanto deve riconoscersi la facoltà, ispirata al principio di garanzia del pieno diritto di difesa, di sostituire il nominativo di un testimone allorquando via sia l'oggettiva impossibilità di provvedere all'escussione per motivi non imputabili alla parte interessata alla deposizione, né dalla stessa conosciuti o conoscibili al momento della sua designazione (quali ad esempio l'evento morte: in tal senso cfr. Cass. Civ. 13187/2013; 16764/2006)". La decisione sul punto appare però innovativa e per certi versi clamorosa poichè il teste sostituto non era stato indicato nei termini previsti dall'art. 183 c.p.c. e in virtù di tale circostanza i difensori dell'impresa appaltatrice e dell'assicurazione chiamata in garanzia si erano battuti strenuamente contro la sua escussione. V'è da chiedersi se la decisione assunta sul punto dal Tribunale di Milano sia destinata a fare scuola oppure a rimanere un caso isolato.

 

TRIBUNALE DI MILANO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Tribunale di Milano. dott. Giorgio Alcioni, Sezione X civile, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al 1034 del ruolo
generale contenzioso dell'anno 2011, avente ad oggetto l'appello alla sentenza n. 39/2011, emessa dal Giudice di pace di Rho, vertente
tra:
M. P., con l'avv. Stefano Gallandt e l'avv. Roberto Enrico Paolini
-appellante
contro
Comune di Pregnana Milanese, in persona del sindaco pro tempore
-appellato
e contro
 
C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore. con l'avv. A. C.
-appellata
e contro
Uft3F Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. F. M. e l'avv. M. R.
 

 
Svolgimento dei processo
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 11 maggio 2011 il sig. M.P. ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Rho n, 39/2011, chiedendone la totale riforma.
Nel giudizio di appello si sono costituite le appellate C. S.r.l. unipersonale e la UGF Assicurazioni S.p.a., mentre non è comparso l'appellato Comune di Pregnana Milanese, rimasto contumace anche durante il processo di primo grado.
Le appellate costituite hanno contestato
integralmente il fondamento del gravame e chiesto la conferma integrale della sentenza appellata.
In forza della chiusura della sede distaccata del Tribunale di Rho e del trasferimento della causa presso la X sez. del Tribunale di Milano, il Giudice Istruttore ha ammesso le prove
testimoniali non esperite in primo grado.
Indi, la causa è stata ritenuta matura per la
decisione; pertanto, è stato esperito
 
infruttuosamente un tentativo di conciliazione e, all'udienza del 3 aprile 2014, sono state precisate le conclusioni come in epigrafe riportate.
Assegnati i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la causa passa ora in decisione.
Motivi della decisione
La sentenza di primo grado deve essere riformata, Il P. riferisce che in data 4 giugno 2008, alle ore 16,30 circa. alla guida del veicolo di proprietà Lancia K, targato //. percorreva Piazza Maggio, angolo Via Garibaldi_ in Pregnana Milanese, allorquando avvertiva un violento urto in corrispondenza della parte anteriore e sottostante della propria auto; aggiunge che in conseguenza di ciò scese dalla vettura, accorgendosi della presenza di un dosso non segnalato ed ancora in fase di lavorazione.
Il P. lamenta che in conseguenza dell'impatto la
propria autovettura aveva riportato danni
materiali; evidenzia che l'impatto violento non
 
poteva attribuirsi ad una condotta di guida spericolata e imprudente, posto che pochi metri prima del dosso era apposto un segnale di stop, al quale egli si era correttamente arrestato, per poi riprendere la marcia lentamente.
Secondo il P. la responsabilità deve attribuirsi, in via concorrente, per i lavori in corso, tanto al Comune di Pregnana Milanese, nella sua qualità di soggetto committente,quanto alla società appaltatrice, ovvero la C. S.r.l., che non aveva provveduto in alcun modo a segnalare il cantiere,
L'urto del veicolo contro il dosso e i conseguenti danni risultano provati sulla base delle testimonianze assunte da questo Giudice e della documentazione prodotta dall'attore.
I testimoni non erano stati ascoltati dal Giudice di pace per assenza del difensore, impedito a raggiungere il Tribunale a causa di un incidente stradale; è stata prodotta documentazione di tale sinistro e. conseguentemente, il Giudice di pace, in presenza dell'istanza della parte decaduta,
 
avrebbe dovuto applicare correttamente il disposto dell'art. 208 cpc. Deve, quindi, confermarsi l'ordinanza già emessa sul punto.
Con riferimento, poi, al teste G. B. escusso in sostituzione di altro testimone indicato dalla parte, ma deceduto nelle more, si rileva che si deve salvaguardare l'esigenza di evitare una decadenza determinata da un inadempimento processuale causato da un giustificato impedimento.
Pertanto deve riconoscersi la facoltà, ispirata al principio di garanzia del pieno diritto di difesa, di sostituire il nominativo di un testimone, allorquando vi sia l'oggettiva impossibilità di provvedere all'escussione per motivi non imputabili alla parte interessata alla deposizione, né dalla stessa conosciuti o conoscibili al momento della sua designazione (quali ad esempio l'evento morte; in tal senso cfr. Cass. Civ. 13187/2013,16764/2006).
Fatte queste considerazioni in fatto, pare
opportuno ricordare, in diritto, che la questione
 
del risarcimento dei danni richiesto ai Comuni per gli incidenti che si verificano a causa dei dissesti delle strade è differente in base alla disposizione del codice civile invocata: 2043 (Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. (Cod. Pen. 185), ovvero l'art. 2051 (Danno cagionato da cosa in custodia. Ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito).
La differenza è sostanziale.
L'applicazione dell'art. 2043 fa sì che sia il danneggiato a dover provare la colpa del Comune, allegando in causa che la buca o la disconnessione rappresentava un pericolo occulto (definito anche insidia o trabocchetto), caratterizzato dalla coesistenza dell'elemento oggettivo della non visibilità e dell'elemento soggettivo della imprevedibilità.
 
L'applicazione dell'art. 2051 consente una
inversione della prova: il comune è obbligato a custodire le strade, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui non vi sia l'impossibilità di governo del territorio. L'obbligo di custodia sussiste se vi è: a) il potere di controllare la cosa; b) il potere di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si è determinata; c) il potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno; se anche il danneggiato ha avuto un ruolo causale nella determinazione dell'evento dannoso troverà applicazione l'art. 1227 c.c. (Cass., 27 marzo 2007 n° 7403).
E' costante nella giurisprudenza della Corte il principio secondo cui la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale
 
o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (da ultimo Cass.
aprile 2010 n 8229).
Rispetto alle strade aperte al pubblico transito la Corte ha ritenuto che la disciplina di cui all'art. 2051 cod. civ. è applicabile in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo configurabile il caso fortuito in relazione a quelle situazioni provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile
alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.
Pertanto, in conformità a quanto statuito dalla Suprema Corte il danneggiato che invochi la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. contro una
 
P.A. (o il gestore), in relazione a danno
originatosi da bene demaniale o patrimoniale soggetto ad uso generale e diretto della collettività, non è onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell'esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto. dovendo esclusivamente provare — come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia — l'evento dannoso e l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento suddetto. Trattandosi di un'ipotesi di responsabilità aggravata e non di responsabilità oggettiva, la P.A., per liberarsi dalla presunzione gravante su di essa, deve dare la prova del fortuito e quindi dimostrare mancanza di colpa, che emerge sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente necessario per prevenire ed evitare l'evento e la condotta mantenuta (cfr. Cass. 20 febbraio 2006, 3651).
Occorre ricordare, allora, che, conformemente a
quanto stabilito dalla Suprema Corte, i Comuni
 
sono responsabili degli incidenti provocati agli utenti a causa del cattivo stato delle strade e ciò anche se la manutenzione delle stesse è stata appaltata a una ditta esterna (cfr. Cass., 1691/2009).
Infatti la presunzione di responsabilità per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall'art. 2051 c.c., è applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la toro estensione sia tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi; né può sostenersi che l'affidamento della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per assegnarli all'impresa appaltatrice, che cosi risponderebbe direttamente in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la manutenzione delle strade di parte del
 
territorio comunale costituisce soltanto lo
strumento tecnico-giuridico per la realizzazione in
concreto del compito istituzionale proprio
dell'ente territoriale, di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua proprietà ai sensi dell'art. 14 del vigente Codice della strada, per cui deve ritenersi che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c..
Il fattore decisivo per l' applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che l'impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e diretto da parte dei terzi, considerati 'neri indici di tale impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal giudice di merito con riferimento al caso singolo,
 
che tenga in debito conto innanzitutto gli indici suddetti" e che "la necessità che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progressi tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato.
Alla luce di quanto sopra va affermata la responsabilità del PA convenuta ex art. 2051 c.c.. Dagli atti invece emerge che non vi era alcuna segnalazione che avvisasse gli utenti della presenza di deformazioni del piano viabile. Quanto sopra è assorbente.
Per altro verso l'utente della strada nutre un'ovvia
 
aspettativa in ordine alla regolarità di un manto stradale non indicato come dissestato da un apposito segnale di pericolo (per tali rilievi si veda Cass., 22604/09).
Nel caso in esame sussiste l'anomalia della cosa non segnalata e vi è la prova del nesso di causa. mentre per parte sua il Comune non ha provato il fortuito.
Posto che dalla documentazione prodotta e dalle deposizioni testimoniali si è appresa l'illegittimità del dosso al momento del sinistro, deve, tuttavia, rilevarsi che la convenuta C. S.r.l. ha provato di aver realizzato il dosso in conformità alle direttive tecniche fornite dal Comune committente.
Infatti, il teste di parte convenuta, Geom. F. C., direttore dei lavori, escusso in occasione dell'udienza del 4 giugno 2010, ha confermato che la riapertura del traffico veicolare nel tratto stradale in questione, avvenuta in data 21 maggio 2008, fu disposta successivamente alla effettuazione dei necessari controlli di agibilità e
 
percorribilità prescritti dalla normativa di settore, anche da parte del committente ente locale. Detto teste ha inoltre ribadito come la colorazione del manufatto rialzato presente sul luogo nell'occorso fosse diversa da quella della sede stradale ove lo stesso era posto.
In considerazione di tali circostanze, essendo pacifica la responsabilità del Comune convenuto, vi sono dubbi su quella dall'appaltatore, che deve quindi essere mandato assolto con compensazione delle spese, così come il suo istituto Assicuratore.
P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di Milano, Dott. Giorgio Alcioni, definitivamente pronunciando e in totale riforma della sentenza appellata, così provvede:
1) condanna l'appellato Comune di Pregnana Milanese al pagamento a favore dell'appellante M. P. della somma di Euro 1.800,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali;
2) condanna l'appellato Comune di Pregnana
 
Milanese al pagamento a favore dell'appellante M. P. delle spese di entrambi i gradi del giudizio, nella misura di € 4.113,00, oltre accessori e successive;
3) respinge ogni altra domanda;
4) compensa ulteriori spese di giudizio;
5) dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Milano, il 2 agosto 2014 depositata il 19 agosto 2014