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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Ricorso al giudice di pace e rito civile

Corte di Cassazione II sez. civile
11 gennaio 2008, n. 573

Artt. 7 e 158 cod. strad. – parcheggio ztl – assenza di autorizzazione – stato di necessità – ricorso giudice di pace – art. 204 cod. strad - principio della domanda – art. 112 c.p.c – art. 183 e 184 c.p.c. – applicabilità

 

Il ricorso al giudice di pace, ex art. 204 cod. strad., si svolge secondo le regole proprie del rito civile, che escludono per l’opponente la possibilità di modificazione della domanda oltre i limiti di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. e al giudice di rilevare d’ufficio i vizi diversi da quelli fatti valere dall’attore, ex art. 12 c.p.c.
Tale limite è operante anche se questi siano conseguenti a fatti impeditivi della pretesa sanzionatoria, quali la commissione della violazione in stato di necessità o per errore scusabile sul fatto o sulla liceità di esso (c.d. buona fede).

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Il Giudice di pace di Terni con sentenza del 5 maggio 2003 accolse l’opposizione proposta il 6 dicembre 2002 da M. B. avverso il verbale n. XXXXX del 16 XXXXX 2002, con il quale la locale polizia municipale gli aveva contestato la violazione degli artt. 7 e 158 C.d.S., per avere parcheggiato alle ore 15 e 40 l’autoveicolo da lui condotto nella zona a traffico limitato di piazza San Francesco senza l’esposizione della prescritta autorizzazione.
Premesso che l’opponente aveva esposto che, come medico in servizio al pronto soccorso dell’Ospedale di Terni era stato chiamato dal figlio diciassettenne perché si sentiva molto male ed aveva dovuto parcheggiare l’autoveicolo in piazza S. Francesco non proprio correttamente per l’ansia e la preoccupazione del figlio, il Giudice, "dato atto della buona fede del ricorrente e della sua attività professionale", accolse il rilievi di cui al ricorso.  Il Comune di Terni è ricorso con due motivi per la cassazione della sentenza e l’intimato B. non ha resistito in giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, e art. 311 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria e/o apparente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, atteso che l’unica argomentazione svolta: "accetta i rilievi mossi dal ricorrente e ritenuta la sua buona fede e le sue precarie condizioni di lavoro (non sempre è occupato) accoglie il ricorso", non consentiva di individuare l’iter logico e la ratio decidendi posti a sostegno della pronuncia.  Con il secondo motivo, lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., della legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c., dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 196 C.d.S., commi 1 e 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 6, dell’art. 7 C.d.S., comma 9, art. 158 C.d.S., comma 2, lett. l), e art. 159 C.d.S., comma 1, lett. b), della legge n. 689 del 1981, art. 23, comma 4, e art. 4, e dell’art. 54 c.p., e l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la decisione ha ravvisato l’esimenti della buona fede e dello stato di necessità non dedotte a fondamento dell’opposizione ed in assenza di prova dei loro elementi costitutivi e nonostante l’efficacia fidefacente del verbale di accertamento della violazione.  I motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte fondati ed in altra inammissibili.
Sono inammissibili, perché non attingono la ratio decidendi, laddove prospettano la natura fidefacente del verbale di accertamento della violazione e l’inidoneità del permesso di accesso alla zona a traffico dell’opponente a consentire la sosta in area pedonale, giacché l’accertamento della sussistenza del fatto e della sua commissione da parte dell’opponente costituisce il presupposto necessario, e non contestato dall’opponente, del riconoscimento della non punibilità dell’autore della violazione in ragione dell’esimente della sua buona fede e delle sue precarie condizioni di lavoro. Sono fondati nella parte in cui deducono la violazione del principio della domanda ed il vizio di ultrapetizione.
L’opposizione al verbale di accertamento di una violazione alla norme sulla circolazione stradale, proposta, a norma dell’art. 204 bis C.d.S., con le formalità e secondo il procedimento stabiliti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23, costituisce l’atto introduttivo di un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatorio, dell’autorità amministrativa, che si svolge davanti al Giudice di pace secondo le regole proprie del rito civile, le quali, da un lato, consentono all’opponente di modificare l’originaria domanda soltanto entro i limiti di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c., e non anche di introdurre nel corso di causa domande nuove, a meno che su di esse non via accettazione del contraddittorio della controparte, e, dall’altro, non attribuiscono al giudice, al di là delle ipotesi di inesistenza, il potere di rilevare d’ufficio eventuali ragioni di nullità dell’atto opposto, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione dell’atto incidenter tantum.
Il principio, desumibile dalla cit. legge n. 689 del 1981, art. 23, secondo cui nel provvedimento di opposizione il giudice deve controllare non solo la validità formale del provvedimento, ma anche la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, deve essere coordinato, quindi, con l’altro principio di carattere generale, dettato dall’art. 112 c.p.c., secondo il quale il Giudice dell’opposizione non può rilevare d’ufficio vizi diversi da quelli fatti valere dall’opponente, entro i termini di legge, con l’atto introduttivo del giudizio, costituendo essi la causa petendi della domanda (Cfr. Cass. Civ., sez. II, sent. 11 gennaio 2006, n. 217; Cass. Civ., sez. I, sent. 27 agosto 2003, n. 12544), neppure se conseguenti a fatti impeditivi della pretesa sanzionatoria (cfr.: Cass. Civ., sez. I, sent. 7 gennaio 1999, n. 30), quali la commissione della violazione in stato di necessità o per errore scusabile sul fatto o sulla liceità di esso (c.d. buona fede).
Nella specie, l’esame degli atti consentito dalla natura processuale del vizio lamentato, evidenzia che l’opponente si era limitato ad esporre nell’atto introduttivo del giudizio di essere medico e di essere stato chiamato con urgenza per soccorrere il proprio figlio diciassettenne che si era sentito male nei pressi del luogo in cui aveva parcheggiato l’autovettura senza né invocare a giustificazione del suo comportamento l’ignoranza della zona a traffico limitato pedonale e del divieto di sosta, né di essere stato costretto alla sosta dalla necessità di salvare il proprio figlio da un pericolo attuale di un danno grave alla persona, bensì dalla "ansia e la preoccupazione del figlio". 
Alla nullità della pronuncia per il rilievo d’ufficio delle cause di esclusione della responsabilità dell’opponente che la sorreggono segue la cassazione della sentenza impugnata con assorbimento delle ulteriori censure rivolte alla motivazione della sentenza.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con pronuncia di rigetto dell’opposizione e, sussistendo giusti motivi, con compensazione delle spese dell’intero giudizio.
PQM - La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

 

 

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