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  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Risarcimento danni provocati da veicolo in sosta

Corte di Cassazione III sez. civ
9 gennaio 2009, n. 316

Rc auto – Danni causati da veicolo in sosta - Presupposti operatività copertura assicurativa - Art. 1 L. 990/1969 – Nozione di circolazione – Art. 3 Cod. strada – Movimento, fermata e sosta.

 

Ai fini del risarcimento dei danni prodotti, in occasione di una operazione di sollevamento, da un’autogru in sosta, deve ritenersi pienamente operativa la copertura assicurativa della responsabilità civile automobilistica anche se durante la sosta il veicolo viene utilizzato quale macchina operatrice secondo le potenzialità sue proprie. Infatti, ai sensi dell’art. 1 L. 990/1969, l’operatività dell’obbligo assicurativo, e della conseguente copertura, scaturisce dalla circostanza che il veicolo si trovi su di una strada di uso pubblico, o su un’area a questa equiparata, in una condizione che sia riconducibile ad una delle modalità in cui può atteggiarsi la circolazione ivi compresi, quindi, tutti i movimenti e tutte le situazioni, anche di sosta, che rientrano nel normale utilizzo funzionale del veicolo.   Svolgimento del processo 1. La Enichem s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, la Curatela del Fallimento della XXXX e la Lloyd Adriatico s.p.a., quale sua assicuratrice per la responsabilità civile di un’autogru, per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti in occasione di un’operazione di sollevamento all’interno dello stabilimento di essa attrice in Marghera, nel corso della quale la gru, rovesciandosi, aveva investito con il suo braccio la rete di tubazioni collocata su una strada all’interno dello stabilimento, danneggiandoli, con conseguente determinazione del blocco dell’attività produttiva. Il Tribunale, nella resistenza alla domanda dei convenuti (la prima dei quali svolgeva domanda di garanzia verso la società assicuratrice) dichiarava improcedibile la domanda risarcitoria nei confronti della Curatela perché di competenza del Tribunale in sede fallimentare e, pronunciando invece sull’azione diretta, in funzione della quale riteneva giustificata la proposizione della domanda pure nei confronti della Curatela, accoglieva la domanda risarcitoria nei confronti della società assicuratrice. La sentenza veniva appellata dal Lloyd Adriatico s.p.a. nei soli confronti della Enichem. L’appellata resisteva e la Corte d’Appello di Venezia ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Curatela. 2. Con sentenza del 5 aprile 2004, la Corte d’Appello di Venezia, per quello che ancora in questa sede interessa, sul presupposto che l’evento dannoso si era verificato “nel corso dell’esecuzione, mediante l’impiego dell’utensile montato su un veicolo della XXXX, di un’operazione di sollevamento e, perciò, di un’attività che non aveva alcuna attinenza con la circolazione del veicolo”, ha ritenuto anzitutto che, pur essendo vero che, “ai fini dell’applicabilità della disciplina dell’assicurazione obbligatoria il concetto di circolazione va inteso, come osservato dal primo giudice, nella sua più ampia accezione, così da ricomprendervi anche la fase statica della sosta”, era “peraltro, altrettanto vero che in essa non possono farsi rientrare modi di utilizzazione del bene non aventi alcuna attinenza, nemmeno in senso lato, con la circolazione, quale l’impiego, nell’ambito di un’operazione industriale del meccanismo di sollevamento installato su una macchina operatrice”. A sostegno la Corte territoriale ha invocato Cass. n. 5146 del 1997, come relativa ad un caso analogo, pur avvertendo che essa era relativa ad operazione di scarico di un’autocisterna in una stazione di servizio. Ha, quindi, avvertito: “del resto, che nessuna attinenza l’operazione in questione avesse con la circolazione risultava manifesto dalla circostanza, rilevata dal primo giudice ma evidentemente non collocata nella giusta prospettiva, che l’utilizzazione in sicurezza del braccio della gru necessitava di un adeguato appoggio al suolo”. Ha, poi, soggiunto, che “ove a tanto avesse riflettuto, il primo giudice non avrebbe potuto fare a meno di pervenire alla conclusione che il fatto generativo del danno esulava dall’ambito dell’assicurazione obbligatoria e, conseguentemente negare che al danneggiato competesse l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore: in tal senso va senz’altro riformata la sentenza impugnata”. Sempre per quel che ancora interessa, la Corte veneziana osservava che “l’ulteriore motivo di impugnazione, incardinato sulla confutazione delle ragioni dal primo giudice poste a sostegno dell’affermazione dell’equiparabilità, ai fini dell’applicabilità della normativa sull’assicurazione obbligatoria, ad area pubblica del luogo teatro del sinistro, rimane logicamente superata ed assorbita”. 3. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione in via principale, affidato a due motivi, la Syndial Attività Diversificate s.p.a. (già Enichem s.p.a.). Ha resistito con controricorso, nel quale ha anche articolato un motivo di ricorso incidentale, la s.p.a. Lloyd Adriatico s.p.a.. Non ha svolto attività difensiva il Fallimento XXXX Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso principale si lamenta “violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per falsa applicazione degli artt. 1 e 18 L. 24 dicembre 1969 n. 990 e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Vi si sostiene che la Corte d’Appello avrebbe reso motivazione contraddittoria, là dove da un lato avrebbe accolto la nozione di circolazione stradale in senso ampio, ricomprendendovi anche la sosta, e dall’altro avrebbe escluso che vi rientri il ribaltamento di un veicolo in sosta. Viceversa, il ribaltamento costituirebbe “evento dinamico che per ciò solo partecipa della circolazione stradale, indipendentemente dalle cause che possono averlo provocato”. Inoltre, si assume che di nessun pregio sarebbe l’argomentazione che l’autogru non sarebbe stata utilizzata nell’ambito della circolazione stradale ma in quello di un’operazione industriale del meccanismo di sollevamento: ciò perché i danni agli impianti della ricorrente non sarebbero stati “provocati dalla caduta del carico sospeso o da un errore di manovra del braccio della gru ovvero ancora da un suo cedimento strutturale durante l’esecuzione di quell’operazione industriale (...), ma dal ribaltamento dell’automezzo su cui la gru era installata. Ribaltamento dovuto alla mancanza di adeguato appoggio al suolo, ad una circostanza cioè che sicuramente attiene alle condizioni di sosta del veicolo e, quindi, alla sua circolazione”. Pertanto, ad avviso della ricorrente, “causa del danno è stata il ribaltamento del veicolo e non l’utilizzo della gru come tale”. Inoltre, andrebbe considerato che “il ribaltamento ha fatto sì che l’autoveicolo si spostasse sulla sede stradale occupandone un’area diversa da quella primitiva di sosta così concretando, anche in senso spaziale, un momento proprio della circolazione”. Il precedente di cui a Cass. n. 5146 del 1997 non sarebbe pertinente, perché, là dove ha ritenuto che nel concetto di circolazione debbono ricomprendersi tutti i movimenti e tutte le situazioni, anche di sosta, che rientrano nel normale utilizzo funzionale del veicolo, avrebbe affermato un principio che sarebbe applicabile al caso di specie, perché “non è dubbio che rientra nel normale utilizzo funzionale dell’autogru la sosta necessitata dall’effettuazione delle operazioni di sollevamento od abbassamento di un carico”. 1.1. Con il secondo motivo si denuncia “violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1 e 18 L. 24 dicembre 1969 n. 990 per falsa applicazione di legge ed omessa motivazione su un punto decisivo”. Il motivo, pur avendo ben presente che la Corte territoriale ha considerato assorbita la relativa questione, che era motivo di appello prospettato dalla società assicuratrice, sostiene che il sinistro sarebbe accaduto in un’area privata aperta ad un numero indeterminato di persone e come tale rientrante nel concetto di circolazione ai fini dell’assicurazione per la r.c.a.. 2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si denuncia “violazione dell’art. 360 n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c.; omessa pronuncia su uno specifico punto oggetto del gravame d’appello” e ci si duole che la Corte veneziana non abbia provveduto sulla richiesta, formulata nell’atto di appello, di condanna alla restituzione di quanto corrisposto all’Enichem in esecuzione della sentenza di primo grado. 3. Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso incidentale a quello principale, in riferimento al quale è stato proposto. Il primo motivo del ricorso principale è fondato. Esso, pur essendo stato articolato anche ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., in realtà si connota esclusivamente come motivo riconducibile al n. 3 dell’art. 360. Infatti, non si pone alcuna censura afferente a vizio della motivazione della sentenza impugnata sotto il profilo della ricostruzione della quaestio facti, ma si prospetta esclusivamente un vizio c.d. di omessa sussunzione della fattispecie concreta, per come pacificamente ricostruita, sotto la fattispecie astratta delle norme di cui si denuncia la violazione, cioè il concetto di circolazione di cui all’art. 1 della L. n. 990 del 1969 (applicabile nella specie ratione temporis), evocato, peraltro, come tale e non già quanto al termine di riferimento spaziale, cui si riferisce il secondo motivo. Ciò chiarito, va rilevato che la norma dell’art. 1 ora citata (ma non diversamente deve dirsi per quella dell’art. 122 del d.lgs. n. 209 del 2005), nell’individuare l’oggetto dell’assicurazione per la r.c.a. si esprime nel senso di correlare l’obbligo assicurativo all’essere stato il veicolo posto in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a questa equiparate. La norma impone all’interprete di individuare, come presupposti per la sua applicazione, da un lato la nozione di strada di uso pubblico ed area a questa equiparata e dall’altro la nozione di circolazione. Ma, nell’esegesi della norma, tali presupposti non debbono essere considerati atomisticamente, bensì in collegamento fra loro. Sotto tale profilo, poiché la sosta è pacificamente un momento della circolazione, tanto che viene regolata dal codice della strada come tale, non è revocabile in dubbio che un veicolo che si trovi in sosta, purché lo sia su strada di uso pubblico o area ad essa equiparata, deve ritenersi in circolazione. Ma lo è appunto se la sosta avviene in questi ambiti spaziali. La norma dell’art. 1, viceversa, non prevede come presupposto per l’obbligo assicurativo e, quindi, per l’operare della relativa garanzia, che il veicolo sia utilizzato in un certo modo piuttosto che in un altro. Ciò che può ritenersi necessario è che l’operatività della garanzia sia legata al mantenimento da parte del veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, delle caratteristiche che lo rendono tale sotto il profilo concettuale e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative. Ove l’uso che si compia del veicolo sia, pertanto, quello che secondo le sue caratteristiche esso può avere, ad integrare il presupposto per l’operatività della copertura assicurativa è sufficiente che quell’uso sia compiuto su strada di uso pubblico o su area equiparata. Conseguentemente, se l’uso avvenga mentre il veicolo trovasi in sosta, essendo la sosta da considerarsi come momento della circolazione, ai fini dell’operatività della copertura diventa decisivo accertare se la sosta sia avvenuta su strada di uso pubblico o su area equiparata. Da questi rilievi (che, evidentemente, inducono a dissentire dal precedente di questa Corte evocato dalla sentenza impugnata, cioè da Cass. n. 5146 del 1997; peraltro, di recente, in un ordine di idee implicitamente simile a quello qui sostenuto si veda, di recente, Cass. n. 8305 del 2008, secondo cui “Ai fini dell’applicabilità delle norme sull’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli (ed in particolare di quelle sull’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile) deve considerarsi in circolazione il veicolo fermo sulla pubblica via per operazioni di carico o scarico. (In applicazione del suddetto principio, la S.C., accogliendo il ricorso proposto, ha ritenuto applicabili gli istituti dell’assicurazione obbligatoria r.c.a. al danno patito da un operaio che, durante lo scarico di mattoni da un camion, aveva patito lo schiacciamento di una mano in conseguenza dell’abbassamento del cassone di carico del mezzo)”, emerge allora che il ragionamento seguito dalla Corte di Appello di Venezia per escludere che l’autogru fosse in circolazione al momento del sinistro non è corretto. È sufficiente osservare, una volta considerato che l’autogru trovatasi in sosta, cioè in una condizione astrattamente riconducibile alla nozione di circolazione (come, del resto, ammette anche la Corte territoriale), che l’uso che si faceva della stessa (quella che viene definita “un’operazione industriale del meccanismo di sollevamento installato su una macchina operatrice”), essendo quello corrispondente all’utilitas propria del veicolo, non può dirsi, come invece ha affermato la sentenza impugnata, un modo di utilizzazione non avente alcuna attinenza con la circolazione del bene. Questa affermazione suppone, infatti, che ai fini della ricorrenza o meno della circolazione venga in rilievo l’uso del veicolo in quanto tale. Il che, come si è detto non è. D’altro canto, è appena il caso di rilevarlo, nella specie l’uso che si faceva dell’autogru, indipendentemente dalla questione del se fossero stati attivati gli appoggi al suolo, che può rilevare solo al fine di individuare se l’uso era più o meno corretto, era proprio quello cui essa era funzionale, come c.d. macchina operatrice (vedi la nozione nell’art. 58 del C.d.S.). Dunque, anche sul piano della funzionalità sotto il profilo normativo l’autogru svolgeva una funzione propria della sua caratteristica di veicolo del tutto particolare. Non a caso l’art. 58 ora citato riferisce l’operatività delle c.d. macchine operatrici anche alla “strada”, quando dice che sono veicoli destinati ad operare anche su strada. Il motivo è, dunque, accolto e la sentenza cassata. Il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “nell’art. 1 della l. n. 990 del 1969, il presupposto dell’operatività dell’obbligo assicurativo e della conseguente copertura è il trovarsi del veicolo su strada di uso pubblico o su area a questa equiparata in una condizione che sia riconducibile ad un momento della circolazione, ivi compresa anche la sosta, mentre non ha dignità di presupposto ulteriore la correlazione dell’uso del veicolo, secondo le potenzialità sue proprie, con le varie modalità con cui può atteggiarsi la circolazione. Ne discende che, quando il veicolo è un’autogru, ad integrare il presupposto di operatività della copertura assicurativa è sufficiente che essa si trovi in sosta su una strada di uso pubblico o su un’area ad essa equiparata, restando indifferente se durante la sosta essa operi o meno quale macchina operatrice”. La corte di rinvio, in conseguenza, dovrà astenersi dal considerare la copertura assicurativa inesistente per il fatto che il sinistro è accaduto durante le operazioni di sollevamento che la gru era funzionalmente abilitata a svolgere. 3.1. Venendo al secondo motivo, se ne deve rilevare la palese inammissibilità, atteso che la questione dell’essere avvenuto il sinistro su area equiparata alla strada di uso pubblico è stata dichiarata assorbita dalla Corte d’Appello, per effetto della soluzione della questione sull’essere esso avvenuto in occasione della circolazione dell’autogru. Se ne deve, pertanto, dichiarare l’inammissibilità per difetto del presupposto della soccombenza e, quindi, di interesse. Spetterà al giudice di rinvio, una volta considerato il principio di diritto sopra affermato, interrogarsi, al lume delle risultanze di fatto in atti, sul motivo di appello che aveva contestato che il sinistro fosse avvenuto su area equiparata ad una strada di uso pubblico. 3.2. Sul ricorso incidentale non è luogo a provvedere, atteso che la cassazione della sentenza in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, avrebbe fatto venir meno l’obbligo di restituzione scaturito dalla riforma della sentenza di primo grado. Il ricorso resta, dunque, assorbito. In ogni caso, ove non vi fosse stato tale assorbimento, su di esso non si sarebbe dovuta dichiarare cessata la materia del contendere, atteso che parte ricorrente ha allegato di avere provveduto alle restituzioni, ma la resistente l’ha contestato. 4. Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Venezia, che deciderà in diversa composizione. Il secondo motivo del detto ricorso va dichiarato inammissibile. Il ricorso incidentale va dichiarato assorbito. Al giudice di rinvio può rimettersi la decisione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo. Dichiara assorbito il motivo di ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia, che deciderà in diversa composizione.

 

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