- Giurisprudenza
- Assicurazioni e responsabilità civile
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Risarcimento danni terzo trasportato
Corte di Cassazione III sez. civ
31 marzo 2008, n. 8292
Ai fini del risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un incidente stradale imputabile a entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti, il terzo trasportato – nel regime antecedente l’introduzione dell’indennizzo diretto di cui all’art. 148 del nuovo codice delle assicurazioni - può pretendere la totalità del risarcimento anche da uno solo dei coobbligati in solido (artt. 1292 – 1299 cod. civ.). L’eventuale diversa gravità delle rispettive colpe e l’efficienza causale delle condotte di guida dei conducenti coinvolti nel sinistro rilevano solo ai fini della ripartizione interna dell’onere risarcitorio tra corresponsabili. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 27-31 maggio 1991 R. F. e V.M., quali esercenti la potestà genitoriale sulle figlie minori Ru.Fr., A. e V., nonché la stessa V.M. in proprio, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di [Omissis] A.M., R.E. e la Meie Assicurazioni S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni che affermavano di aver subito in conseguenza dell’incidente stradale verificatosi il 12 ottobre 1988, nel quale era rimasta coinvolta l’autovettura della V. a bordo delle quale erano trasportate le figlie. Il Tribunale, riconosciuta la colpa del R. in misura dell’80% e della V. per il residuo 20%, condannava i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni in favore degli attori. Avverso la sentenza del Tribunale proponeva appello R. F., nella suddetta qualità, mentre resisteva la M. che proponeva altresì appello incidentale. Proponeva appello incidentale anche V.M.. Restavano contumaci l’ A. e il R.. In corso di causa si costituiva in proprio Ru.Fr., divenuta intanto maggiorenne. La Corte d’Appello di [Omissis], confermando l’impugnata sentenza, respingeva il gravame proposto da R.F. in qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sulle figlie R.A. e V., nonchè quello di Fr., già rappresentata dal padre F.. Respingeva ancora l’appello incidentale di V.M. e quello della M. Assicurazioni S.p.A.. Hanno proposto ricorso per cassazione R.F. in qualità di genitore della minore V., R.A. e R. F. con tre motivi. Resiste con controricorso la M. s.p.a.. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente lamenta che l’impugnata sentenza non abbia considerato le persone trasportate quali terzi rispetto al loro vettore e al conducente dell’automezzo antagonista, così negando ad esse il diritto a conseguire l’intero risarcimento, a prescindere dall’eventuale concorso di colpa fra i responsabili dell’incidente. Irrilevante è infatti, ad avviso dei ricorrenti, la circostanza che la V., conducente dell’autovettura sulla quale viaggiavano le figlie, abbia assunto in giudizio la veste di attrice, essendo necessario distinguere tale sua posizione processuale da quella di rappresentante legale delle figlie. Il motivo è fondato. Secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, che correttamente interpreta il dato normativo, la persona danneggiata in conseguenza di un illecito imputabile a più soggetti legati dal vincolo di solidarietà (quali sono, in ipotesi di sinistro stradale, i responsabili dello scontro nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti), può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da uno solo dei coobbligati, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e l’eventuale, diversa efficienza causale delle loro condotte rileva soltanto ai fini delle ripartizione interna dell’onere risarcitorio fra i corresponsabili (Cass., 5 ottobre 2004, n. 19934; Cass., 10 agosto 2004, n. 15428). La decisione della Corte d’Appello di [Omissis] non si è attenuta a tali criteri ed ha erroneamente ritenuto che anche nella liquidazione del danno al terzo si debba tener conto del grado di colpa di ciascuno dei danneggianti, detraendo dalla complessiva somma liquidata quella corrispondente alla percentuale di colpa imputabile a ciascuno di essi. Parimenti fondato è il terzo motivo con il quale i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione al punto in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che la richiesta di attribuire a Ru.Fr. una maggiore percentuale di invalidità permanente riguarda “una situazione verificata successivamente (...) all’accertamento operato con la sentenza” di primo grado, talché “eventuali aggravamenti potranno formare oggetto di autonome domande”. La tesi della Corte distrettuale non può essere condivisa perché la relazione medica non fa affatto riferimento ad un futuro aggravamento del danno subito dai Ru.Fr., ma ad una situazione già presente al momento della prima sentenza. E del resto, in tema di eccezioni al divieto dello “ius novorum” in appello, l’art. 345 c.p.c., ritenendo ammissibile la domanda di risarcimento dei “danni sofferti dopo la sentenza” di primo grado, consente che nel corso del giudizio di appello, e sino alla precisazione delle conclusioni, possano essere chiesti, semprechè dipendenti dal titolo fatto valere in primo grado, sia i danni effettivamente venuti ad esistenza dopo la sentenza, sia quelli dei quali il danneggiato, pur usando l’ordinaria diligenza, non sia stato in grado di rilevare l’esistenza e la portata pregiudizievole, anteriormente alla definizione del giudizio di primo grado ed alla data in cui ha proposto il gravame (Cass., 29 gennaio 2003, n. 1281). A tal riguardo si deve del resto osservare come la giurisprudenza non ritenga possibile individuare una data di insorgenza del danno, quale lesione del diritto alla salute, diversa rispetto a quella del danno quale lesione della capacità lavorativa generica e come il mero aggravamento di un processo morboso già in atto, da cui consegua il danno biologico, non sia considerato idoneo a determinare lo spostamento in avanti del termine iniziale di prescrizione, a meno che tale aggravamento non si sostanzi in una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi sin dall’inizio (Cass., 10 giugno 2000, n. 7937). Non autosufficiente ed infondato deve invece ritenersi il secondo motivo del ricorso con il quale parte: ricorrente denuncia la non corretta utilizzazione del criterio c.d. tabellare per la liquidazione del danno subito da Ru.Fr.; la violazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione; la violazione dei principi risarcitori in materia di danno a persona; la violazione del principio di equità. Il motivo non è autosufficiente perché non costituendo le “tabelle” norme di diritto e non rientrando le stesse nella nozione di fatto di comune esperienza di cui all’art. 115 c.p.c., era onere dei ricorrenti non limitarsi ad una generica denuncia del vizio e dar conto invece delle tabelle invocate, indicando in quale atto erano state prodotte e in quale senso erano state disapplicate o incongruamente applicate dal giudice di merito (Cass., 16 dicembre 2005, n. 27723). Il motivo è infondato perché imputa erroneamente alla Corte d’Appello di essersi discostata dal sistema di calcolo tabellare dopo aver enunciato di preferirlo, così liquidando il danno “con parametri sensibilmente inferiori”. La Corte d’Appello ha invece utilizzato queste tabelle in modo corretto, attenendosi ai criteri più volte indicati da questa Corte, secondo i quali le stesse non vanno applicate automaticamente, ma con apprezzamento delle condizioni personalizzanti (c.d. condizioni soggettive), quali l’età, il tipo di lesioni; le prospettive future ecc. (Cass., 25 agosto 2006, n. 18489). In conclusione, accolti per le ragioni sopra esposte il primo ed il terzo motivo del ricorso e respinto il secondo, l’impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio anche per le spese alla Corte d’Appello di [Omissis] in diversa composizione che deciderà la fattispecie per cui è causa applicando i criteri sopra enunciati in relazione al primo e terzo motivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, rigetta il secondo, cassa e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di [Omissis] in diversa composizione.
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