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S 2163 recante “Misure per incentivare l’innovazione energetica, promuovere il risparmio e l’efficienza negli usi di energia e acqua nonché per favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili ”

Senato della Repubblica

 

XVI Legislatura – Senato della Repubblica  Atto n. 2163
Nota di approfondimento a cura del Comitato di Redazione ACI del 2.7.2010 L’atto n. S  2163 recante “Misure per incentivare l’innovazione energetica, promuovere il risparmio e l’efficienza negli usi di energia e acqua nonché per favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili ” presentato al Senato di iniziativa del Sen. Della Seta ed altri, è stato assegnato per l’esame in sede referente alle Commissioni permanenti riunite X (Industria, commercio e turismo) e XIII ( Territorio, ambiente e beni ambientali). L’analisi in Commissione non è ancora iniziata ma sono già stati richiesti i pareri delle commissioni 1ª (Aff. cost.), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze), 8ª (Lavori pubb.), 9ª (Agricoltura), 14ª (Unione europea), Questioni regionali. La presente proposta di legge parte da due necessità importanti, quella di gestire le risorse naturali in modo più razionale ed efficiente e quella di contribuire alla trasformazione dei sistemi di produzione dell’energia, riducendo la dipendenza energetica dal petrolio e promuovendo lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.     Gli strumenti attraverso cui si agisce sono: la semplificazione del regime autorizzatorio per gli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili attuata tramite una dichiarazione d’inizio attività; l’introduzione del principio che gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili devono essere considerati strutture di pubblica utilità e quindi non sottoposti alle tassazioni comunali; la   previsione di incentivi al consumo per la sostituzione di lavatrici e lavastoviglie con modelli ad elevata efficienza energetica; la previsione che negli edifici di nuova costruzione e in quelli sottoposti a ristrutturazioni radicali, almeno il 50 per cento del fabbisogno energetico provenga da impianti alimentati da fonti rinnovabili Si riporta di seguito lo schema del disegno di legge con la relazione di accompagnamento.     
Disegno di legge d’iniziativa dei senatori Della Seta, Ferrante, Alicata, Bubbico, De Luca, Di Giovan Paolo, Fioroni, Granaiola, Incostante, Legnini, Nerozzi, Pegorer, Perduca, Peterlini, Pinzger, Sangalli, Thaler Ausserhofer, Casson, Tomaselli, Ranucci E Sanna Comunicato alla presidenza il 5 maggio 2010 Misure per incentivare l’innovazione energetica, promuovere il risparmioe l’efficienza negli usi di energia e acqua nonché per favorirelo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabiliOnorevoli Senatori. – La necessità di una gestione più razionale e sostenibile delle risorse naturali, che in particolare concorra a una profonda, radicale trasformazione dei sistemi di produzione e di uso dell’energia, orientata a ridurre la dipendenza energetica dai combustibili fossili, nonché ad un uso più efficiente delle risorse idriche, è sempre più urgente ed evidente.     Alla prima esigenza concorrono molteplici fattori, di ordine sia ambientale, che geopolitico, che economico: da una parte, l’obiettivo di contrastare le diverse forme d’inquinamento atmosferico e i rischi connessi ai cambiamenti climatici, gli uni e le altre legati largamente alle emissioni prodotte dalla combustione delle fonti fossili; poi, l’utilità generale di ridimensionare progressivamente la dipendenza dell’economia mondiale dagli approvvigionamenti di petrolio, fonte la cui disponibilità fisica è limitata e la cui accessibilità è largamente condizionata da fattori geopolitici difficilmente controllabili; e infine un interesse squisitamente italiano: ridurre i consumi petroliferi consentirebbe di alleggerire la nostra bolletta energetica, principale voce in rosso della bilancia commerciale, mentre il miglioramento degli standard di efficienza degli usi energetici determina – con tempi relativamente brevi di ammortamento degli investimenti necessari – una diminuzione dei costi sostenuti dalle famiglie, dalle imprese, dalla pubblica amministrazione per i rispettivi fabbisogni energetici. Questo molteplice effetto virtuoso, ambientale e socio-economico, delle politiche d’innovazione energetica spiega perché nel mondo tali politiche hanno conosciuto un’ulteriore spinta nell’attuale fase di crisi economica: in particolare le azioni rivolte a migliorare l’efficienza energetica, consentono infatti sia di ridurre le emissioni inquinanti e climalteranti connesse all’uso di combustibili fossili, sia di sostenere l’economia reale favorendone la competitività e di alleviare il peso della spesa energetica sul bilancio delle famiglie.    La modernizzazione dei sistemi energetici si regge su due pilastri principali: migliorare l’efficienza, cioè ridurre i consumi di energia per unità di prodotto e a parità di usi energetici, promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Su entrambi questi fronti, l’Europa è impegnata in prima fila, con il pacchetto-clima approvato lo scorso dicembre, che prevede entro il 2020 di ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, di portare al 20 per cento il contributo delle rinnovabili al fabbisogno energetico, di migliorare del 20 per cento i rendimenti energetici. Molti Paesi europei hanno adottato su base nazionale programmi ancora più ambiziosi, mentre una forte consapevolezza della necessità e anche dell’utilità di «de-carbonizzare» e «de-fossilizzare» i sistemi energetici si sta progressivamente affermando anche negli Stati uniti, in Cina, in India, in Brasile. E sebbene i governi tuttora fatichino a concordare obiettivi condivisi sui modi, i tempi, i criteri di questa autentica rivoluzione tecnologica (né potrebbe essere altrimenti, vista la complessità della sfida), le società e le economie sono tutt’altro che immobili: come ha scritto qualche anno fa il sociologo e politologo inglese Anthony Giddens, le tecnologie per l’ambiente potrebbero essere nei prossimi vent’anni ciò che la information technology è stata nei venti precedenti: la forza trainante di un più vasto cambiamento economico e sociale.    L’Italia ha tutti i titoli e le possibilità per partecipare da protagonista a questo sforzo, facendo la sua parte nella lotta globale contro l’inquinamento e il rischio climatico, e ricavando da tale impegno vantaggi in termine di innovazione tecnologica, di qualità della vita, di sviluppo sostenibile.    Molti passi avanti sono stati compiuti: basti pensare che oggi il nostro Paese è ai primi posti nel mondo per potenza elettrica installata eolica e fotovoltaica. Ma molto, moltissimo resta da fare, specialmente nel campo del risparmio e dell’efficienza che ci ha visto perdere più di un colpo: dopo due decenni – dal 1975 al 1995 – in cui la crescita economica ha camminato più veloce dei consumi energetici, nel decennio successivo il rapporto si è invertito. Nel 1990 consumavamo 194 tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) ogni milione di euro di PIL (a prezzi 2005), mentre in Europa il consumo era di 216 TEP; nel 2000 il dato italiano era di 187 TEP contro i 193 dell’Europa; nel 2004, per la prima volta, l’intensità energetica italiana è salita sopra la media europea (Europa a 15): 192 TEP contro 189. Ciò significa, molto semplicemente, che l’Italia negli anni novanta ha smesso d’investire in efficienza, facendosi scavalcare da molti Paesi europei, e che questo ha comportato, oltre a effetti ambientali negativi, anche uno svantaggio economico nei confronti dei Paesi europei nostri tradizionali competitori.    Anche nel campo dell’uso dell’acqua, si avverte con urgenza la necessità di promuovere forme di risparmio e di utilizzo più razionale della risorsa. L’acqua è un bene «comune» ma è anche un bene «scarso», e troppo spesso la discussione sui criteri di affidamento dei servizi idrici, il confronto anche aspro tra chi li vorrebbe soggetti a una gestione pubblica e chi ne auspica una progressiva privatizzazione, lasciano in ombra un tema altrettanto decisivo: pubblica o privata che sia, la gestione dei servizi idrici deve porsi come obiettivo una riduzione dei consumi pro-capite e una forte riduzione degli sprechi. Tra l’altro, va sottolineato che nel settore dei consumi idrosanitari, risparmio idrico e risparmio energetico camminano di pari passo.    L’Italia, in Europa, è uno dei Paesi che presentano i maggiori consumi pro-capite d’acqua. Questo prelievo decisamente consistente è frutto anche di un uso inefficiente della risorsa. Basti pensare che la rete acquedottistica italiana registra perdite di circa un terzo: ciò significa che per ogni litro d’acqua captato da fiumi e falde negli acquedotti, 30 centilitri non arrivano nei rubinetti.    Il presente disegno di legge si propone di agevolare la modernizzazione dei sistemi energetici e idrici nel settore civile, nella convinzione che essa risponda a un indiscutibile interesse generale dell’intero Paese, dei cittadini, delle imprese, e perciò vada sostenuta da politiche pubbliche il più possibile condivise tra governo, maggioranza e opposizione, regioni, enti locali, sistema delle imprese.    In particolare, l’articolato punta a favorire il miglioramento dell’efficienza energetica nel settore dei consumi civili, che assorbono poco meno di un terzo dell’intero fabbisogno energetico nazionale e che insieme ai trasporti rappresentano il vero tallone d’achille energivoro del Paese; a rendere più semplici, omogenee, trasparenti le procedure per la realizzazione d’impianti di produzione d’energia alimentati da fonti rinnovabili, per il cui sviluppo l’uniformità e la linearità delle regole sono altrettanto decisive della disponibilità per gli operatori di adeguati sistemi d’incentivazione; a promuovere un uso più razionale dell’acqua sempre nel settore civile, dove si concentra oltre un quinto di tutti i consumi.    L’articolo 1 introduce norme tese a semplificare il regime autorizzatorio per gli impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili: è prevista la dichiarazione d’inizio attività per gli impianti da 20 KW a 1 MW, mentre la realizzazione di impianti di potenza inferiore a 20 KW è equiparata ad interventi di manutenzione ordinaria.    L’articolo 2 introduce il principio che gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili devono essere considerati strutture di pubblica utilità e quindi non sottoposti alle tassazioni comunali.    L’articolo 3 prevede l’obbligo per il gestore della rete elettrica di garantire la capacità della rete stessa di ricevere l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili.    L’articolo 4 prevede incentivi al consumo per la sostituzione di lavatrici e lavastoviglie con modelli ad elevata efficienza energetica e dotati di doppia presa di alimentazione idrica (per l’utilizzo di acqua calda prelevata dall’impianto idro-sanitario).    L’articolo 5 prevede, al comma 1, che negli edifici di nuova costruzione e in quelli sottoposti a ristrutturazioni radicali, almeno il 50 per cento del fabbisogno energetico provenga da impianti alimentati da fonti rinnovabili (fatti salvi i limiti conseguenti da vincoli ambientali, paesaggistici o relativi alla salvaguardia dei beni culturali), e al comma 2, che tutti gli edifici di proprietà pubblica siano sottoposti entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge ad audit energetico-ambientale che ne accerti il rendimento energetico e definisca costi e tempi di ammortamento degli interventi necessari a portare i consumi di energia primaria entro gli indici di prestazione energetica attualmente in vigore.    L’articolo 6 prevede che nei nuovi edifici e negli edifici sottoposti a ristrutturazioni radicali, vengano adottati standard avanzati di risparmio idrico, utili anche a ridurre i consumi energetici. L’articolo 7 prevede, e raccomanda alle regioni e agli enti locali, iniziative rivolte a favorire l’attività edilizia finalizzata a realizzare nuovi edifici e ristrutturazioni di edifici esistenti che soddisfino i requisiti della legge.    L’articolo 8 fissa fonti e criteri di copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge.    L’articolo 9 stabilisce che la legge entra in vigore subito dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.   DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Semplificazione del regime autorizzatorio per gli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili)     1. All’articolo 12 del decreto legislativo 23 dicembre 2003, n. 387, dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:     «3-bis. Alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica con potenza inferiore o uguale a 1 MW e superiore a 20 KW alimentati da fonti rinnovabili, agli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché alle opere connesse e alle infrastrutture necessarie indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, è applicata la disciplina della dichiarazione di inizio attività, da presentare all’amministrazione competente, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.  241.     3-ter. La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica con potenza inferiore o uguale a 20 KW alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture necessarie indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono considerati interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della dichiarazione di inizio attività di cui al comma 3-bis.».     2. L’autorizzazione a costruire impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile – eolico, fotovoltaico, solare termodinamico, geotermia, idroelettrico, biomassa e biogas – a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è rilasciata esclusivamente ai medesimi soggetti che hanno avviato l’iter autorizzativo. Art. 2. (Esenzione ICI impianti per la produzionedi energia da fonte rinnovabile)     1. All’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, dopo il comma 40 è inserito il seguente:     «40-bis. Gli impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile – eolico, fotovoltaico, solare termodinamico, geotermia, idroelettrico, biomassa e biogas – ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, e della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sono considerati unità immobiliari nelle quali si esercitano attività finalizzate al soddisfacimento di esigenze pubbliche e censiti nelle categorie catastali E». Art. 3. (Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili)     1. Il gestore della rete elettrica, nei casi in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, predispone i necessari interventi di adeguamento e potenziamento. Gli interventi di cui al primo periodo sono estesi a tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e a tutte le installazioni di connessione, e senza oneri per il produttore.     2. I costi della connessione alla rete di impianti che producono elettricità da fonti rinnovabili, nonché i costi dell’installazione degli strumenti di misurazione atti a registrare le quantità di energia elettrica trasmessa e ricevuta, sono a carico del sistema elettrico. Il punto di connessione è indicato dall’operatore proponente l’iniziativa; se il gestore stabilisce per la connessione un punto diverso da quello indicato, i costi aggiuntivi sono a suo carico. La connessione e le installazioni collegate devono soddisfare i requisiti tecnici stabiliti dal gestore.    3. I costi e le procedure autorizzative associati agli interventi di adeguamento e potenziamento della rete, resi necessari per ricevere l’elettricità prodotta da impianti nuovi, riattivati, estesi o ammodernati, sono a carico del gestore. Dei costi di investimento relativi agli interventi di cui al presente articolo, opportunamente dettagliati, il gestore può tenere conto nella determinazione delle tariffe per l’utilizzo della rete. Art. 4. (Sostituzione incentivata di elettrodomestici a doppia presa a bassa efficienza energetica)     1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre di ogni anno, per la sostituzione di lavatrici e lavastoviglie con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore alla classe A+ e provvisti di doppia presa, spetta una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 20 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 200 euro per ciascun apparecchio, in un’unica rata. Tale contributo è cumulabile con gli incentivi di cui alla legge 27 dicembre 2006, n.  296.     2. Per usufruire del contributo di cui al comma 1, gli acquirenti consegnano al venditore il vecchio elettrodomestico sostituito ovvero consegnano al venditore medesimo, se questi non ritira l’elettrodomestico sostituito o se il compratore non lo consegna all’atto dell’acquisto, una ricevuta attestante il ritiro di esso da parte del soggetto titolare della raccolta dei rifiuti nel comune interessato, o da parte di altro soggetto autorizzato alla raccolta di tali rifiuti. Art. 5. (Promozione dell’uso delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli edifici)     1. All’articolo 4 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, dopo il comma 1-bis, sono inseriti i seguenti:     «1-ter. A decorrere dal 1º gennaio 2010, negli edifici pubblici o privati di nuova costruzione ovvero sottoposti ad intervento di ristrutturazione che coinvolga almeno il 50 per cento del volume o della superficie utile, e che preveda un rifacimento strutturale degli impianti termici, è assicurata, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, la copertura del 50 per cento del fabbisogno energetico totale e comunque non meno del 70 per cento del fabbisogno di energia per la produzione di acqua calda sanitaria. Ai fini di cui al primo periodo sono realizzate coperture tecnologiche a captazione di energia solare che, con soluzioni organiche inserite nel progetto edilizio, accolgano e integrino i collettori solari e i moduli fotovoltaici.     1-quater. L’osservanza prestazionale di cui al comma 1-ter, in ordine alla copertura del fabbisogno, è garantita in sede di rilascio della concessione edilizia, o di altro eventuale titolo abilitativo consentito, e rispettivamente verificata in sede di rilascio della licenza d’uso ovvero di abitabilità mediante autocertificazione del tecnico impiantista abilitato;    1-quinquies. Le prescrizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater fanno salvi i limiti conseguenti da vincoli ambientali, paesaggistici o relativi alla salvaguardia dei beni culturali. Nei casi in cui per i vincoli di cui al primo periodo non sia possibile l’adozione dei previsti standard per ciò che riguarda l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia, i comuni sono tenuti, all’atto del rilascio della concessione edilizia, a predisporre sul proprio territorio quote supplementari di produzione energetica da fonti rinnovabili pari al 50 per cento del fabbisogno energetico totale e al 70 per cento del fabbisogno energetico per la produzione di acqua calda sanitaria della costruzione per la quale si rilascia la concessione. I costi degli interventi di cui ai commi 1-ter, 1-quater e al presente comma sono a carico dei richiedenti la concessione edilizia».     2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato, le regioni, gli enti locali e le altre amministrazioni pubbliche debbono realizzare un audit energetico ambientale e rivolto ad accertare il rendimento energetico degli immobili di loro proprietà e a definire costi e tempi di ammortamento degli interventi necessari a portare il consumo di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell’edificio, sulla base dell’attestato di certificazione energetica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n.  192, al di sotto degli indici di prestazione energetica come determinati dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59. Art. 6. (Risparmio idrico negli edifici)     1. A decorrere dal 1º gennaio 2010, negli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica, di cui all’articolo 3, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, è necessario per ottenere la concessione edilizia:         a) il recupero del 100 per cento delle acque piovane e delle acque grigie e il riutilizzo delle stesse per gli usi compatibili, tramite la realizzazione di appositi sistemi integrativi di raccolta, filtraggio ed erogazione;         b) l’installazione di cassette d’acqua per water con scarichi differenziati;        c) l’installazione di rubinetteria dotata di miscelatore aria e acqua;        d) l’impiego, nelle sistemazioni delle superfici esterne dei lotti edificabili, di pavimentazioni drenanti nel caso di copertura superiore al 50 per cento della superficie stessa, al fine di conservare la naturalità e la permeabilità del sito e di mitigare l’effetto noto come isola di calore.     2. Sono fatti salvi i limiti previsti dai vincoli relativi a beni culturali, ambientali e paesaggistici. Art. 7. (Agevolazioni)     1. Lo Stato promuove apposite iniziative di sostegno del settore immobiliare, anche attraverso l’intervento di soggetti privati, destinate esclusivamente alle unità immobiliari che rispondono ai requisiti di cui alla presente legge.     2. Ciascuna regione, provincia e comune può disporre incentivi finanziari e premi in favore di privati o di consorzi pubblici e privati che intendono costruire o ristrutturare l’unità immobiliare nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla presente legge.    3. Le regioni e i comuni, nell’ambito dei criteri generali per l’assegnazione delle aree per la realizzazione dei programmi di edilizia sovvenzionata e convenzionata, danno priorità ai programmi che attuino i princìpi stabiliti dalla presente legge.    4. I comuni possono altresì vincolare l’edificabilità di parte delle aree del rispettivo piano regolatore comunale all’edilizia residenziale ai sensi della presente legge, stipulando apposite convenzioni con i privati o con consorzi pubblici e privati, allo scopo di diminuire i costi complessivi di investimento. I comuni, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, possono inoltre prevedere riduzioni agli oneri di urbanizzazione e riduzioni di imposte e di tasse comunali, se tali edifici sono conformi ai princìpi stabiliti dalla presente legge.    5. Le regioni possono stipulare convenzioni con gli istituti bancari al fine di consentire l’erogazione di crediti agevolati in favore di privati per la costruzione di unità immobiliari destinate a prima abitazione conformi ai requisiti di cui alla presente legge.    6. Le regioni possono altresì promuovere appositi interventi agevolativi, attuati dalle stesse regioni e dagli enti locali, diretti a favorire l’applicazione dei princìpi stabiliti dalla presente legge. Art. 8. (Copertura finanziaria)     1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge si provvede mediante le maggiori entrate, a decorrere dall’anno 2010, derivanti dalle seguenti disposizioni:         a) all’articolo 96, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «96 per cento» sonon sostituite dalle seguenti: «85 per cento»;         b) all’articolo 106, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917, le parole: «0,30 per cento» ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «0,25 per cento».        c) all’articolo 82 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133, sono apportate le seguenti modificazioni:             1) al comma 2, secondo periodo, le parole: «97 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «88 per cento»;             2) al comma 4, secondo periodo, le parole: «97 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «88 per cento»;         d) al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.  446, sono apportate le seguenti modificazioni:            1) all’articolo 6, commi 8 e 9, le parole: «96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «88 per cento»;             2) all’articolo 7, comma 2, le parole: «96 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «85 per cento».     2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati prevista dal comma 1 dell’articolo 28 del decreto-legge 30 agosto 1993, n.  331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.  427, sono uniformemente incrementate al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012.     3. A decorrere dal 1º gennaio 2010, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche istituita ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150, di seguito denominata «Commissione», al fine di assicurare l’omogenea attuazione su tutto il territorio nazionale dei princìpi di imparzialità e buon andamento nella valutazione del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, svolge le proprie funzioni di promozione degli standard di trasparenza e di valutazione anche con riferimento al personale dipendente dalle amministrazioni regionali e locali. La Commissione valuta, altresì, il rendimento del personale degli altri organismi di diritto pubblico come definiti a norma dell’articolo 3, comma 26, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Le amministrazioni sono tenute, a decorrere dal 1º gennaio 2010, ad adeguare le attività di valutazione previste dalla legge agli indirizzi, requisiti e criteri appositamente formulati dalla Commissione. Per i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, la componente della retribuzione legata al risultato deve essere fissata in una misura non inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva. In mancanza di una valutazione corrispondente agli indirizzi, requisiti e criteri di credibilità definiti dalla Commissione, non possono essere applicate le misure previste dall’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di responsabilità dirigenziale, ed è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di corrispondere ai propri dirigenti la componente della retribuzione legata al risultato; il dirigente che contravvenga al divieto per dolo o colpa grave risponde per il maggior onere conseguente. Altresì, è fatto divieto di corrispondere al dirigente il trattamento economico accessorio nel caso in cui risulti che egli, senza adeguata giustificazione, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti in esubero che rifiutino la mobilità, la riqualificazione professionale o la destinazione ad altra pubblica amministrazione, entro un ambito territoriale definito e nel rispetto della qualificazione professionale. È fatto divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati per grave inefficienza, improduttività, o sovradimensionamento dell’organico. Dall’attuazione del presente comma devono derivare risparmi per 700 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010. I risparmi devono essere conseguiti da ciascuna amministrazione secondo un rapporto di diretta proporzionalità rispetto alla consistenza delle rispettive dotazioni di bilancio. In caso di accertamento di minori economie rispetto agli obiettivi annuali di risparmio di spesa, si provvede alla corrispondente riduzione, per ciascuna amministrazione inadempiente, delle dotazioni di bilancio relative a spese non obbligatorie, fino alla totale copertura dell’obiettivo di risparmio ad essa assegnato. Art. 9. (Entrata in vigore)     1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.  

 

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