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Scatola nera: questione di legittimità costituzionale

Ufficio del Giudice di Pace di Barra - massima a cura della Dott.ssa Tiziana Santucci
Ordinanza del 30 settembre 2017

Valore probatorio della scatola nera – principio della “parità delle armi” – art.1, comma 20, della L. 124/2017 e artt. 111 e 24 Costituzione – questione di legittimità costituzionale – configurabilità – rimessione alla Corte Costituzionale.

Ai sensi dell’art.145-bis, comma 1, Codice delle assicurazioni private (introdotto dall’art. 1, comma 20, della L. 4/08/2017, N. 124) le risultanze della scatola nera installata in un veicolo, formano piena prova dei fatti a cui esse si riferiscono. Di conseguenza la prova per il danneggiato non dotato di dispositivo elettronico, diventa gravosa e limitata alla dinamica del sinistro come riportata dal report di controparte, salvo difforme accertamento tecnico d’ufficio, sottoposto al vaglio del giudicante.

Nel caso di specie il Giudice di Pace di Barra nutrendo dubbi sul rispetto del principio del giusto processo (art. 111 e 24 Cost.) e sull’attendibilità degli apparecchi che sono già montati sui veicoli in circolazione, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 145-bis, comma 1 del d.lgs.   7.7.2005,   n.209 nei confronti degli artt. 24, comma 2, 111, comma 2, 117, comma 1 e 10, comma 1 della Costituzione. 

(…)

O R D I N A N Z A

S V O L G I M E N T O D E L G I U D I Z I O

Con atto di citazione notificato in data 13-19.4.2017, preceduto da nota di costituzione in mora avanzata ai sensi degli artt. 144, 145 e 148 del d.lgs. 7.9.2005, n. 209, XXXX conveniva in giudizio XXX e la XXXX Ass.ni S.p.a., quest’ultima in persona del legale rappresentante pro-tempore, per sentirli condannare in solido – previo accertamento dell’esclusiva responsabilità, a carico del conducente del veicolo Fiat Multipla  tg.  XX,  di  proprietà  del  XX,  del  sinistro  occorso  in  data

27.7.2016, alle ore 16,15 in Volla (Na) alla via Caduti di Nassirija – al risarcimento dei danni occorsi alla propria autovettura Fiat XXX, quantificati in € 2.900,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al soddisfo, vinte le spese di lite.

All’udienza  di  comparizione  (e  trattazione)  tenutasi  in  data

20.9.20171,  rimasto  contumace  il  (presunto)  responsabile  civile,  si

costituiva la XXXX Ass.ni S.p.a., il cui difensore contestava la storicità dell’evento indicato in citazione depositando le risultanze telematiche del dispositivo “Vodafone Automotive”, preinstallato sull’autovettura di proprietà del XXXX, dalle quali non si evinceva  alcun “evento crash” per la giornata del 27.7.2016 (ore 16,15), laddove l’unico evento registrato risaliva alle ore 1.05 a.m. del 27.7.2016, in località Volla alla via Arturo Toscanini, ovvero in luoghi ed orari diversi da quelli indicati in citazione.

La difesa dell’attore insisteva per l’ammissione della prova testimoniale sui capi indicati in citazione (dove si confermava che il sinistro era occorso in località Volla in data 27.7.2016, alle ore 16,15, in via Caduti di Nassirija), mentre la convenuta rivendicava   il valore di prova legale attribuito alle risultanze della scatola nera dall’art. 145-bis del d.lgs. 7.9.2005, n. 209, come introdotto dall’art. 1, comma 20, n. 1 della l. 4.8.2017, n. 124), opponendosi all’ammissione della prova testimoniale.

All’esito delle difese, delle eccezioni e delle richieste formulate dalle parti, il giudizio era posto in riservata decisione senza note.

SULLA RILEVANZA DELLA QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

Con l’art. 1, comma 20, della l. 4.8.2017, n. 124, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14.8.2017 (serie generale), è stato inserito, dopo l’art. 145 del d.lgs. 7.9.2005, n.209 (cd. “codice delle assicurazioni private”), l’art. 145-bis (rubricato: “valore probatorio delle cosiddette scatole  nere  e  di  altri dispositivi  elettronici”),  che al  comma 1  così recita: ”Quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell’art. 132-ter, comma 1, lett. b) e c), e

fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo. Le medesime risultanze sono rese fruibili alle parti”.

La rilevanza della questione di costituzionalità, sollevata con il presente provvedimento, si giustifica, da un lato, dall’obbligo (concreto), da parte del Giudice, di applicare immediatamente (e non prematuramente) la norma al giudizio in corso e, dall’altro, di tenerne conto ai fini della decisione; infatti, a fronte della produzione, da parte della difesa della convenuta, del report  contenente le risultanze delle scatola nera, questo remittente è tenuto a  rigettare la  richiesta di prova  testimoniale  avanzata  dalla  difesa  dell’attore  all’udienza  del

20.9.2017 (non essendo sufficiente a scardinare il valore probatorio di

una prova legale, in assenza di complesse indagini di natura tecnica, v. infra),  con  conseguente spedizione  del  giudizio  per  la  precisazione delle conclusioni.

Sussiste, pertanto, il nesso di pregiudizialità tra il giudizio in corso e quello promosso innanzi alla Corte, dove il tasso di concretezza del controllo di costituzionalità sulla norma censurata è direttamente collegato alla soluzione concreta della controversia.

SULLA NON MANIFESTA INFONDATEZZA

Sebbene  l’intento  del  legislatore,  indubbiamente  meritevole, sia quello di porre un freno al malevolissimo fenomeno delle truffe assicurative, ad avviso di questo remittente il richiamato art. 145-bis del d.lgs. 7.9.2005, n. 209 (introdotto dall’art.1, comma 20, della L.

4.8.2017, n. 124), al comma 1, nella parte in cui prevede che “le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del   predetto   dispositivo”,   si   pone   in   contrasto   (non   altrimenti risolvibile, v. infra) con i principi del giusto processo stabiliti dall’art.

111,  comma  2  della  Costituzione,  laddove  è  previsto  che  “ogni processo  di  svolge  nel  contraddittorio  tra  le  parti,  in  condizioni  di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale”, nonchè dell’art. 6, comma 1 della C.E.D.U. (“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata  equamente, pubblicamente  ed  entro  un  termine  ragionevole

da  un  tribunale  indipendente  e  imparziale,  costituito  per  legge”), quale norma interposta ai sensi degli artt. 117, comma 1 Cost. (“la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali”) e 10, comma 1 (“l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”).

Infatti, prevedere che una parte privata (nel caso sub iudice, la convenuta Compagnia di assicurazioni) possa produrre nel processo le risultanze della “scatola nera” (o black box) contenenti il registro delle attività del  veicolo incidentato, e che alle  stesse venga conferito il valore di prova legale, viola il principio della “parità delle armi”, essendo rimesso all’attore l’onere di dimostrare “il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”, dove tale principio, anche prima della modifica dell’art. 111 Cost. (attuata con l.c.  n.  2  del  1999),  unitamente  a  quello  sulla  contrapposizione paritetica tra i soggetti in causa, era richiamato dalla giurisprudenza costituzionale quale criterio guida al quale doveva essere uniformato l’ordinamento  processuale,  di  recente  ripreso  dalla  Corte  (v.  in  tal senso le ordd. n. 32 del 2013 e 92 del 2014), dove si ribadisce la necessità dell’effettiva uguaglianza inter partes e di assicurare ad entrambe gli strumenti tecnico-processuali idonei  a condizionare in loro favore il convincimento del giudice.

L’anomalia, a parere di questo remittente, consiste nel fatto che non è la parte che deposita il documento (proveniente da società private, v. infra) a dover dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze della scatola nera, bensì quella contro la quale il documento è prodotto che deve   fornire la prova (pena l’eventuale soccombenza nel giudizio), che tali risultanze sono falsate perché il dispositivo è malfunzionante o manomesso, non essendo prevista alcuna forma di contraddittorio nella formazione della prova in sede precontenziosa (ma solo che “le medesime risultanze sono rese fruibili alle parti”, v. art. 145-bis, ultimo periodo, che è cosa ben diversa). Pertanto, detta parte non avrà altra scelta (escludendo la proposizione  della  querela  di  falso  ex  artt.  221  ss.  c.p.c.,  non

vertendosi in tema di atti provenienti da pubblici ufficiali) che quella di richiedere una consulenza tecnica di ufficio (dove una perizia privata rappresenterebbe una mera allegazione difensiva4), la quale non costituisce, salvo casi eccezionali, un mezzo di prova in senso tecnico5, e solo qualora il giudice dovesse ritenere le risultanze della c.t.u. di pari efficacia di quelle rappresentate nella prova legale (facendo eventualmente uso dei poteri di ispezione ai sensi dell’art. 118 c.p.c.),potrà  riacquistare  la  libertà  di  scelta  delle  prove  ai  fini  del proprio convincimento.

In buona sintesi, al documento proveniente da un terzo (ovvero la società privata che gestisce i report della scatola nera), formatosi senza alcun controllo giudiziale e al di fuori del vaglio del contraddittorio,viene attribuita la forza di fondare il giudizio di fatto.

A tanto si aggiunge la circostanza che, al momento della redazione del presente provvedimento, per tali dispositivi non sono ancora indicati con precisione i controlli necessari al loro perfetto funzionamento (osservandosi l’operato rinvio all’art. 132-ter, lett. b, che prevede l’emissione, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, di un apposito decreto ministeriale per “i soli requisiti funzionali minimi necessari per garantire l’utilizzo dei dati raccolti”), dove la norma censurata fa tuttavia salvi, “in quanto equiparabili, i

dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni”, con la conclusione che alle risultanze di questi ultimi è conferito il valore di prova legale pur in assenza di adeguata copertura regolamentare, suscitando ulteriori perplessità la previsione contenuta al secondo comma dell’art. 145-bis, laddove è previsto che l’interoperabilità e la portabilità dei meccanismi elettronici saranno garantiti da non meglio precisati “provider di telematica assicurativa”, i cui dati identificativi sono comunicati all’IVASS “da parte delle imprese assicurative che ne utilizzano i servizi”, i quali provvederanno anche alla gestione “in sicurezza” dei dati sull’attività del veicolo.

In conclusione, alle compagnie assicurative basterà il deposito del report della scatola nera (predisposto da società  contrattualizzate) per condizionare l’esito del processo qualora le risultanze del dispositivo siano difformi dalle modalità del sinistro indicate in citazione, con evidente compressione del diritto di difesa tutelato dall’art.  24,  comma  2  della  Costituzione  (“la  difesa  è  un  diritto

inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”), dove la parte contro la quale il documento è prodotto (e che non ha partecipato alla sua formazione in sede precontenziosa), dovrà sobbarcarsi gli oneri economici di una consulenza tecnica di ufficio (che possono anche superare di gran lunga il valore della domanda, si pensi alle cause da decidersi secondo equità, di importo inferiore ad € 1.100,00, v. art.

113, comma 2 c.p.c.), allungando i tempi di definizione del processo e con il risultato paradossale di dover iniziare un subprocedimento garantito dal principio del contraddittorio (ovvero la c.t.u.) al fine di scardinare le risultanze di un documento per la cui formazione non è previsto contraddittorio alcuno.

Pur conscio che l’assenza di un diritto vivente formatasi sulla questione obbliga alla ricerca di approdi interpretativi costituzionalmente orientati, questo remittente ritiene che la chiarezza del dettato normativo (“le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”) lasci ben poco spazio all’interprete, laddove la giurisprudenza precedente formatasi sul tema (G.d.P. di Noci, sent. n. 32/2011; Trib. Bari, sez. dist. di Putignano, sent. n. 145/2013), riteneva le risultanze delle scatola nera dei meri indizi di prova (in quanto atto di parte, privo di rigore scientifico certo e dimostrato, non soggetto a taratura o controlli periodici riscontrabili), interpretazione non più adottabile alla luce del mutato quadro normativo, né può ritenersi che la possibilità di dimostrare  il  mancato  funzionamento  o  la  manomissione  del dispositivo costituisca ex se un modello di interpretazione secundum costitutionem, essendo tale possibilità, mediante diversi strumenti processuali, garantita nei confronti di ogni documento avente valore di prova legale proveniente da pubblici ufficiali (presupposto, quest’ultimo, totalmente assente nel caso di specie), dove l’irragionevole squilibrio creatosi sul piano del riparto dell’onere probatorio  incide  in  modo  evidente      sull’esercizio  della  funzione

giudiziaria  a  vantaggio  di  una  sola  delle  parti  del  processo,  non risultando infine possibile procedere alla disapplicazione della norma ritenuta in contrasto con i principi comunitari (in specie con l’art. 6 della C.E.D.U.), ostandovi il dictum della nota decisione della Corte Costituzionale  (n.  264  del  28.11.2012),  per  il  quale  il  Giudice,  in assenza di interpretazioni adeguatrici, è sempre tenuto a sollevare la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 117, comma 1

Cost.

P.Q.M.

Il Giudice Onorario di Pace di Barra

Visti gli artt. 134 Cost e 23 della l. 11.3.1953, n. 87

dichiara  rilevante e  non  manifestamente infondata, per    violazione degli artt. 24, comma 2, 111, comma 2, 117, comma 1 e 10, comma 1 della Costituzione (anche in riferimento all’art. 6 della C.E.D.U), la questione di legittimità costituzionale dell’art. 145-bis, comma 1 del d.lgs.   7.7.2005,   n.209   (cd.   “codice   delle   assicurazioni   private”) rubricato: “valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi   elettronici“,   introdotto       dall’art.1,comma   20   della   l. 4.8.2017, n. 124, pubblicata nella G.U. n. 189 del 14.8.2017 (serie generale), nella parte in cui prevede che “le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”;

Visti gli artt. 295 c.p.c. e 23 della l. 11.3.1953, n. 87

sospende   il   presente   giudizio   sino   alla   decisione   della   Corte Costituzionale;

ORDINA

che la presente ordinanza sia, a cura della Cancelleria, comunicata alle parti, notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;

ORDINA

l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte Costituzionale.

Manda    alla    Cancelleria    per    gli    adempimenti    di    cui    sopra. Data in Barra, oggi 30 settembre 2017

Il Giudice Onorario di Pace

Avv. Massimo Ruscillo