• Approfondimenti e Articoli di dottrina
  • Pedoni, Comportamenti alla guida

Sinistri stradali in cui sono coinvolti pedoni - Il riparto della responsabilità

Dott.ssa Michaela Ercolani - Comitato di redazione della Rivista Giuridica ACI
13/11/2019

1. I pedoni nel Codice della Strada  

La questione relativa alla responsabilità da attribuirsi rispettivamente a pedoni e conducenti in un sinistro stradale è ricca di dettagli e oggetto di frequentissime precisazioni nella giurisprudenza della Suprema Corte, ugualmente in sede civile (finalizzata al riconoscimento del diritto al risarcimento) e in sede penale (per l’imputazione del reato).

A ben vedere, la normativa vigente non si limita a comprendere i pedoni tra gli utenti della strada, ma ne disciplina il comportamento con un apposito articolo, il 190. Ben 4 dei 10 commi sono dedicati alla condotta da tenersi durante l’attraversamento della carreggiata: è obbligatorio servirsi degli attraversamenti pedonali se non distano più di 100 metri; in caso contrario, il pedone deve porre l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per gli altri ; le intersezioni non devono mai essere attraversate in diagonale, né è consentito attraversare piazze o larghi fuori dalle strisce, se esistono (anche se distanti più di 100 metri) . Inoltre, attraversare la carreggiata laddove non ci sono attraversamenti pedonali obbliga a dare la precedenza ai conducenti che sopraggiungono .

Accanto alla condotta spettante ai pedoni, il Codice disciplina, parallelamente, quella attribuita ai conducenti nei loro confronti . Entrambi gli articoli rilevano nei principi affermati in giurisprudenza, in astratto dalle controversie.

2. La presunzione di colpa in capo al conducente e l’art. 1227 del Codice Civile  

Relativamente ai sinistri stradali nei quali siano coinvolti pedoni, emerge il pressoché costante riferimento all’art 2054 cc, comma 1, in base al quale chi, alla guida di un veicolo, cagiona un danno a persone o a cose a causa della circolazione dello stesso, è tenuto a risarcirlo salvo che dimostri di avere fatto di tutto per evitarlo. Se ne deduce (e anzi i Supremi Giudici così si sono orientati) che, perché sia vinta la presunzione di colpa del conducente incorso nell’investimento di un pedone, occorre che, dall’accertamento dei fatti, non  soltanto si escluda la violazione delle norme della circolazione da parte sua, comprese quelle di diligenza, prudenza e perizia, ma anche che egli abbia messo in atto quanto possibile per evitare il danno, avuto riguardo alla situazione concreta . Con una pronuncia del gennaio 2019 , è definito il percorso logico che deve seguire il giudice che si trovi a dover valutare e quantificare l’esistenza di un concorso di colpa tra quella del conducente e quella del pedone investito; in proposito, deve innanzitutto muoversi dall’assunto della presunzione di colpa per il 100% in capo al conducente, quindi occorre procedere con l’accertamento in concreto della colpa del pedone e, soltanto dopo aver acquisito piena conoscenza dei fatti, ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone. Tale esplicitazione dell’iter logico che il giudice è tenuto a seguire per la graduazione della colpa tra conducente e pedone, partendo dalla presunzione già sufficientemente evidenziata ex art. 2054 c.1, si inserisce nell’ambito di una vasta serie di pronunce orientate a definire primariamente cosa debba intendersi quale prova liberatoria della responsabilità del conducente e quanto essa possa essere connessa al comportamento del pedone, il quale potrebbe avere concausato il sinistro di cui è parte lesa, rendendosi responsabile ai sensi dell’art. 1227 cc.

3. Il legittimo affidamento temperato

In ossequio ad un orientamento ormai consolidato in materia di circolazione stradale, la Corte di Cassazione si esprime coerentemente in favore di un legittimo affidamento che amplia i confini della responsabilità sulla causazione di un sinistro anche in ragione della prevedibilità di comportamenti scorretti o irresponsabili di altri utenti della strada. Con la sentenza n. 29272 del 4/07/2019 , infatti, è riaffermato il temperamento di detto principio (del legittimo affidamento) in quello opposto, in base al quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché questo rientri nel limite della prevedibilità. Nel caso di specie, si riconosce la prevedibilità della circostanza in cui il pedone investito attraversa la strada di notte e al di fuori delle strisce pedonali, ma in ambito urbano ed in presenza di marciapiedi: l’adempimento dell’obbligo ex art. 141 cds, commi 1, 2 e 3, di adeguare la velocità del veicolo in modo tale da conservarne sempre il controllo, avrebbe consentito al conducente di porre in essere le necessarie manovre di sicurezza, anche in presenza di un comportamento imprudente del pedone. Dello stesso tenore sono le sentenze del 4 luglio 2019  e del 4 ottobre 2019 , delle quali la seconda riconosce che il rispetto dei limiti di velocità non esclude la responsabilità del conducente, in quanto la condotta rilevante (nella fattispecie) era stata la mancata osservanza di una velocità commisurata allo stato dei luoghi ed alla condizione della strada, in ossequio all’art. 141 cds, regola per sua natura “elastica”. Ancora più incisiva appare la pronuncia che qualifica come negligente la condotta di chi ha riposto fiducia nel fatto che altri utenti della strada si attengano alle regole sulla circolazione stradale . Di qui, unica circostanza esimente per il conducente è il comportamento imprevedibile, eccezionale ed atipico del pedone. I Supremi Giudici, nella medesima occasione, rafforzando le ragioni del temperamento del principio del legittimo affidamento, originano la condotta negligente nell’assunto che le norme della circolazione stradale prevedono il dovere di prudenza e diligenza al fine di far fronte a situazioni di pericolo determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili . Nel merito, occorre precisare che rientrano nella prevedibilità una serie di circostanze che comprendono l’attraversamento di pedoni in ora notturna, anche al di fuori delle strisce pedonali, non essendo per la Corte esimente la mancanza di marciapiedi e, invece, la presenza risulta rafforzare la prevedibilità.  A nulla è valso il ricorso avverso la sentenza di condanna per il conducente, in caso di accertate condizioni di insufficiente visibilità a causa dell’oscurità e dell’assenza di illuminazione artificiale, allorquando, mantenendo adeguata la velocità, egli avrebbe potuto, non soltanto avvistare il pedone in fase di attraversamento, ma compiere le necessarie manovre di arresto per evitare l’impatto .

4. L’accertamento dei fatti

Come già richiamato, la Suprema Corte ha fornito un iter logico per il ragionamento del giudice, al fine della progressiva riduzione della presunta colpa in capo al conducente, procedendo a valutare e quantificare il concorso del pedone . In relazione a ciò, rileva quale operazione sempre necessaria l’approfondito accertamento dei fatti, valorizzando il comportamento del pedone, non solo alla luce dell’art. 190 cds sopracitato, ma anche ex art. 189 cds , che contiene un comando di carattere generale e di tenore anche solidaristico rivolto a tutti gli utenti della strada di evitare intralcio alla circolazione. Nel caso specifico, il pedone investito stava coadiuvando le forze dell’ordine che regolamentavano il traffico a seguito di un precedente incidente, utilizzando le normali precauzioni per rendersi visibile (giubbotto catarifrangente e torcia); la sua condotta, per la Corte di Cassazione, non fu sufficientemente valorizzata dai giudici di merito al fine del riparto della responsabilità e specificamente del risarcimento da parte della compagnia designata dal Fondo Garanzia Vittime della Strada (poiché il veicolo investitore era rimasto non identificato) .

5. La prova liberatoria e la responsabilità del pedone

In riferimento alla complessa questione della “prova liberatoria” per il conducente, di cui al primo comma dell’art. 2054 cc, ed in capo al quale si deve presumere l’intera responsabilità del danno causato a persone prodotto dalla circolazione del veicolo, con una recentissima sentenza, la Suprema Corte, in sede civile, ha escluso ogni profilo di rilevanza causale del comportamento colposo del conducente . Secondo il principio definito dai giudici della Cassazione, è consentito provare, anche in modo indiretto, l’assenza di responsabilità sulla base dell’accertamento che la condotta del pedone vittima dell’investimento sia stata la causa esclusiva dell’evento dannoso. Il conducente è tenuto, nel caso, a provare che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare una idonea manovra di emergenza. Tale dettato sembrerebbe confliggere con l’orientamento ad oggi prevalente, che rende il riconoscimento della sussistenza della prova liberatoria, e dunque l’accollamento della responsabilità in capo al pedone-vittima, molto complesso e quanto mai poco frequente, alla luce delle numerose pronunce che tendono a non considerare il rispetto dei limiti di velocità esimente la responsabilità che grava sul conducente ex art. 141 cds. In effetti, nel luglio 2019, i Supremi Giudici hanno inteso riconoscere il concorso di colpa del pedone a seguito dell’accertamento (eseguito dai giudici di merito) della pericolosità della sua condotta (sostava al bordo della sede stradale -non sul marciapiede- in un avvallamento del fondo stradale, rendendosi poco visibile).  In questo caso, viene ammessa la corresponsabilità del pedone, per le regole di condotta violate le quali hanno concorso alla imprevedibilità della sua presenza (a bordo strada).

In proposito, a fornire forse una più completa interpretazione, era giunta la sentenza della Corte di Cassazione Penale, IV sezione, n. 29277 del 4/07/2019, che specifica la circostanza in astratto in cui il conducente possa andare esente da responsabilità in caso di investimento del pedone. In capo al conducente non deve potersi ravvisare alcun profilo di colpa, generica o specifica, relativa alla violazione di norme di condotta; in tal caso, anche l’accertamento del comportamento colposo del pedone (imprudente o in violazione di una specifica norma) non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente, in quanto il pedone porrebbe in atto una mera concausa dell’evento. Ciò che rileva, piuttosto, è il verificarsi di una causa eccezionale, atipica, non prevista e non prevedibile, che da sola sia stata sufficiente a produrre l’evento e che sia connessa alla condotta del pedone; se, pertanto, il conducente dovesse trovarsi nelle condizioni, al di là di ogni suo obbligo di prudenza, diligenza e perizia, della oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile, solo in questo caso, si potrebbe escluderne la responsabilità e riconoscere sussistente la prova liberatoria ex art. 2054 cc.

6. Omicidio stradale - cenni

A titolo meramente informativo, non essendo questa la sede per l’esame di tutte le questioni sorte in merito alla novella legislativa, la legge 23 marzo 2016 n. 41 introduce la fattispecie di reato di omicidio colposo stradale, ascrivibile all’art. 589-bis c.p. . Non cambia l’orientamento rispetto al riparto delle responsabilità in caso di sinistro in cui sia coinvolto un pedone ma, nei confronti della condotta del conducente, le circostanze aggravanti previste comportano l’applicazione della disciplina sul “reato complesso” e non quella sul “concorso di reati”. E’ il caso di chi causa la morte di una persona (non necessariamente un pedone), per colpa, dopo essersi messo alla guida di un veicolo in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica come conseguenza dell’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope . Ai fini della presente disamina, rileva come la nuova fattispecie di reato contempli esplicitamente la circostanza in cui il conducente di un veicolo a motore cagioni per colpa la morte di una persona a seguito di sorpasso di un altro veicolo in corrispondenza di un attraversamento pedonale; tale caso appare coerente con l’art. 148 cds , in particolare con il comma 13, che vieta il sorpasso di un veicolo che si sia arrestato o abbia rallentato in corrispondenza di un attraversamento pedonale per consentire ai pedoni di attraversare la carreggiata.