• Giurisprudenza
  • Sanzioni accessorie
  • Dott.ssa Maristella Giuliano

Sospensione della patente a seguito di estinzione del reato

Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza n.40069 del 5 ottobre 2015

Guida in stato di ebbrezza –estinzione del reato per messa alla prova - sospensione patente di guida – competenza del giudice penale – non sussiste – competenza del Prefetto - sussiste

 

 

Guida in stato di ebbrezza –estinzione del reato per messa alla prova - sospensione patente di guida – competenza del giudice penale – non sussiste – competenza del Prefetto - sussiste

 

 

In base a quanto disposto dall’art. 168 ter c.p., nel caso di constatazione dell’esito favorevole della misura della messa alla prova e di conseguente estinzione del reato, la competenza  ad irrogare  le sanzioni  amministrative accessorie è indicata dalle rispettive prescrizioni di legge. Pertanto nel caso di specie essendo stata disposta l’estinzione del reato di guida in stato d’ebbrezza a seguito di messa alla prova, la competenza ad applicare la sospensione della patente di guida è del Prefetto e non del giudice procedente. Infatti in base a quanto di sposto dall’art 224 comma 3 del codice della strada: " nel caso di estinzione del reato  per altra  causa (diversa dalla morte dell’imputato) il Prefetto  procede  all'accertamento della sussistenza  o meno  delle condizioni di legge per  l'applicazione della  sanzione  amministrativa accessoria  e  procede  ai  sensi degli articoli  218  e 219  nelle  parti  compatibili”. 

L'estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria.

 

 

RITENUTO IN  FATTO

 

1.  Il Tribunale  di Napoli Sezione distaccata  di Ischia, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente, PETTORINO EMANUEL, con sentenza del 19.12.2014, dichiarava non doversi  procedere  per estinzione  del reato per esito positivo della messa alla prova, disponendo  la sospensione  della patente  di guida per mesi sei.

L'imputato veniva  giudicato  per il reato  previsto dall'  art.  186 co. 2 lett. b), co. 2 sexies d. lgs. 30 aprile  1992, n. 285, così come modificato dal d. 1. 3 ago­ sto 2007 n. 117, conv. in 1. 2 ottobre 2007  n. 160 e dal d. L 23 maggio  2008 n. 92 conv. in 1. 24 luglio  2008  n. 125  perché conduceva  l'autoveicolo Fiat 500 tg. EA449WW in  stato  di ebbrezza  alcolica,  con tasso  alcoolemico  accertato pari  a1,42  - 1,35  grammi per litro, con l'aggravante di aver  commesso  il fatto  tra  le ore 22 e le ore 7. Reato commesso  in Ischia  1'1/11/2011.

 

 

2. Avverso tale provvedimento ha proposto  ricorso  per Cassazione, a mezzo del proprio  difensore  di fiducia, Pettorino  Emmanuel, deducendo  l'unico  motivo di seguito  enunciato  nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma  1, disp. att., cod. proc. pen.:

• Art. 606, comma  1, lett.  B), cod. proc. pen.:  violazione ed erronea  applicazione  degli  artt. L.67/2014 e dell'art. 224  del D. Lgs. 30 aprile  1992  n. 285 (C.d.S.)  per avere  erroneamente il primo  giudice  applicato  la sanzione  amministrativa accessoria  della sospensione  della  patente  di guida, per mesi sei, in violazione dell'art. 224 c.3 C.d.S. che prevede  che, nel caso di estinzione  del reato, per  altra  causa, il Prefetto  procede  all'accertamento della  sussistenza  o meno delle  condizioni  di legge, per l'applicazione della  sanzione  amministrativa  accessoria de qua.

Il ricorrente deduce che il Tribunale avrebbe  erroneamente applicato  la sanzione  amministrativa accessoria  della  sospensione  della  patente   di  guida,  per mesi sei, in quanto  trattandosi dell'ipotesi disciplinata dall'art. 224 co. 3 C. d. S., la  competenza  per  l'eventuale applicazione   della  sanzione  spettava   al Prefetto che avrebbe  dovuto  accertare  la sussistenza o meno delle condizioni  di legge.

L'avvenuta applicazione  della sanzione  risulterebbe, pertanto, illegale, e deve essere annullata.

 

 

Chiede, pertanto, l'annullamento della  sanzione  amministrativa  accessoria della sospensione  della patente di guida, applicata  dal giudice  monocratico, nella sentenza impugnata.

 

CONSIDERATO IN  DIRITTO

l. Il motivo di doglianza  sopra illustrato è fondato.

2.  La questione  che si propone  a questa  Corte  - rispetto alla  quale  non  si rinvengono precedenti pronunce  di legittimità- attiene alla  competenza  ad irrogare  la  sanzione  amministrativa accessoria  della  sospensione  della  patente ex art.  186  co. 2 del Decreto  Legislativo 30 aprile  1992, n.285  (Codice della Strada, in  seguito  Cds)  allorquando, constatato l'esito   favorevole della  messa  alla prova,  introdotta anche  per  i maggiorenni dalla  legge  28 aprile  2014,  n.  67, il giudice   procedente   - come   nel  caso  all'odierno  esame - abbia   a  dichiarare l'improcedibilità per intervenuta estinzione del reato.

Nessun dubbio, sussiste, che la sanzione  amministrativa de quo vada applicata.

 

Il legislatore del 2014, si è preoccupato, infatti, con l'art. 3, comma  11, della legge  67/2014, di inserire  nel codice  penale  l'art. 168-ter che, al secondo  com­ma, prevede  espressamente che  l'estinzione del  reato  per  l'esito  positivo della messa  alla prova  non pregiudica l'applicazione delle  sanzioni  amministrative  accessorie ove previste dalla legge.

Si tratta, peraltro, di una  previsione necessaria,  in quanto  il nuovo  istituto della  messa alla prova, che può essere fatto  rientrare, a pieno  titolo, nella cause di estinzione  del reato  (come  si ricava  inequivocabilmente proprio dal tenore  del comma  2 dell'art. 168-ter, laddove  la norma  si riferisce  agli effetti dell'esito positivo  della  prova)  si caratterizza, tuttavia, per  il suo  carattere di  strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, insorto  con  la formulazione dell'accusa  verso  l'imputato o  con  l'inizio   dell'indagine da  parte  del PM. Non prevede, in altri  termini, un preventivo accertamento di penale  responsabilità.

 

 

3. Ritiene  il Collegio  che, nel  caso della  sanzione  amministrativa della  sospensione  della  patente, la competenza  all'irrogazione della  stessa all'esito della positiva  "messa  alla prova" e dell'estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell'art. 224 co. 3 Cds in capo al Prefetto.

La norma  in questione  prevede, infatti, testualmente, che: "La  declaratoria di estinzione  del reato  per morte dell'imputato importa l'estinzione della sanzione amministrativa accessoria.  Nel caso di estinzione del reato  per altra  causa, il prefetto  procede  all'accertamento della sussistenza  o meno  delle condizioni di legge per  l'applicazione della  sanzione  amministrativa accessoria  e  procede  ai  sensi degli articoli  218  e 219  nelle  parti  compatibili. L'estinzione della pena successiva alla  sentenza  irrevocabile di  condanna  non  ha  effetto sulla  applicazione   della sanzione amministrativa accessoria.

Non deve trarre in inganno, in tal senso, la diversa  previsione di cui agli artt. 186  co.9 bis  e 187  co. 8 bis  del medesimo  codice  della  strada, sebbene  vi siano indubbi  punti  di contatto nelle  modalità (il  lavoro  di pubblica  utilità) e nell'esito (l'estinzione del reato)  con il nuovo istituto della messa alla prova.

Il secondo comma  dell'art. 168-bis cod. pen. delinea  i contenuti del regime di messa alla  prova, conferendo  rilievo  prioritario alle  condotte  riparative: "prestazione  di condotte volte  all'eliminazione delle conseguenze  dannose  o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno  dallo stesso cagionato". A tali  condotte  si associa  l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma.

Alcuni  contenuti del  programma sono  declinati dalla  norma  sostanziale  in termini di possibilità. La messa  alla  prova  "può implicare, tra  l'altro" lo svolgimento  di attività di volontariato sociale, ovvero  l'osservanza  di prescrizioni relative  ai rapporti con il servizio  sociale  o con una  struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà  di movimento, al divieto  di frequentare determinati locali.

Costituisce  invece  presupposto indefettibile del nuovo  istituto la prestazione di lavoro  di pubblica  utilità (''la  concessione  della  messa alla prova  è (...) subordinata  alla prestazione di lavoro  di pubblica  utilità"). E di tale prestazione  lavorativa  l'art. 168-bis, terzo comma, del codice penale, offre una definizione mutuata da quelle  già contenute in  disposizioni vigenti che contemplano la misura  quale pena sostitutiva (art. 54 del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 in tema  di competenza penale  del giudice  di pace; artt. 186, comma  9 bis e 187, comma  8 bis del Codice  della  strada; art.  73, comma  quinto del d.p.r. 9  ottobre 1990,  n.  309) o quale  obbligo  correlato alla  sospensione  condizionale della  pena  (art. 165  cod. pen.).  Si tratta di prestazioni non  retribuite in  favore  della  collettività, affidate tenendo conto "delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell'imputato", articolate secondo  un  orario  giornaliero non  superiore alle  otto ore, da svolgere  per non meno  di dieci giorni, anche non continuativi, e da modulare  in  termini compatibili con le esigenze  di lavoro,  di studio  di famiglia  e di salute dell'imputato.

La  centralità  del  lavoro   gratuito  nell'economia della  misura   è  confermata dalla  previsione dell'art. 168-quater del codice  penale  che individua il rifiuto opposto dall'imputato "alla prestazione del lavoro  di pubblica  utilità" come autonoma causa di revoca  anticipata e da quella  del nuovo  art.  464-bis, comma  quarto lett.  b), cod. proc. pen. che indica "le prescrizioni attinenti a/lavoro di pubblica utilità ovvero  all'attività di volontariato di rilievo  sociale"  tra  i contenuti obbliga ammissione; e anche dal disposto  del nuovo  art.  141-ter, comma  terzo  disp. att. cod. proc. pen., che coniuga  all'indicativo la previsione, tra gli allegati  che devono  corredare il  programma di  trattamento  da  sottoporre  al  giudice   in  vista dell'ammissione della  misura, l'adesione  dell'ente "presso il  quale  l'imputato è chiamato  a svolgere  le proprie  prestazioni".

Dunque  la previsione obbligatoria del lavoro  di pubblica  utilità costituisce  il profilo  sanzionatorio di maggior rilievo  della nuova  misura  (una  sanzione sostitutiva  di tipo  prescrittivo, secondo una definizione dottrinaria), quello  che esprime la  sua "necessaria   componente afflittiva",  secondo  quanto  si evince  dai  lavori preparatori della legge 67/2014.

 

 

4. Come si diceva  in precedenza,  tuttavia, la finalità  della  messa alla prova, introdotta dall'art. 168-bis cod. pen., appare  essere quella  di composizione preventiva  e "pregiudiziale" del conflitto penale, non presupponendo la sua applicazione la pronuncia di una sentenza di condanna.

In tale  prospettiva si coglie  appieno  la distinzione con l'istituto disciplinato dal comma  9 bis  dell'art. 186  Cds e dal comma  8bis  dell'art. 187  Cds, i quali  - pur potendo  consentire di pervenire alla  finale estinzione  del reato  -  presuppongono il passaggio  necessario  attraverso l'inflizione all'imputato di una condanna, la cui pena viene poi convertita nella forma  alternativa di espiazione, data dal lavoro di pubblica  utilità.

In altri  termini, per l'applicazione della previsione contenuta nel comma  9bis dell'art. 186  Cds e nel comma  8bis  dell'art. 187  Cds, si impone  ineludibilmente l'accertamento della  responsabilità dell'imputato, tramite la celebrazione del giudizio  in forma  dibattimentale, oppure  con lo svolgimento del rito  abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l'adozione  dell'applicazione di pena ex art.  444 cod.  proc.  pen.  o  anche  con  decreto  penale  di  condanna  non  opposto.  Ciò  in quanto, per lo specifico dettato normativo di cui ai citati comma 9bis dell'art. 186 Cds e comma 8bis dell'art. 187 Cds " ..la  pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita,  anche  con  il  decreto  penale  di  condanna, se non  vi  è opposizione  da parte dell'imputato, con quella  del lavoro  di pubblica  utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274...".

 

Al positivo  esito  del lavoro  di pubblica  utilità, si verifica, pertanto, l'effetto estintivo del  reato.  Peraltro, nel caso  dello  svolgimento positivo   del  lavoro  di pubblica  utilità ex art. 186 comma 9bis Cds ed ex art.  187 comma 8bis Cds si produce  un effetto favorevole anche sull'entità della sanzione  amministrativa accessoria della sospensione  della  patente  di guida, che viene, con sentenza  emessa dal giudice procedente in  un'udienza da  fissarsi  ad  hoc,  ed  è  ridotta della  metà  (dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patentee revoca la confisca del veicolo sequestrato'').

 

Ancorché  riferiti alla  medesima  sanzione  accessoria  della  sospensione  della patente  di  guida,  la  dirimente  considerazione della  sostanziale  differenza   degli istituti, l'uno  (quello  relativo alla messa alla prova  di cui all'art. 168-bis cod. pen) che prescinde  dall'accertamento di una penale  responsabilità e gli altri  (quelli  di cui agli artt. 186 co. 9bis Cds e 187 co. 8bis Cds) in cui il lavoro  di pubblica  utilità   da  svolgersi   è   sanzione   sostitutiva  di   un'irrogata  pena  conseguente  ad un'affermazione di penale responsabilità, induce  dunque  a ritenere che non possa trovare applicazione nel caso che ci occupa  la procedura  prevista  dagli  artt.186 co.9bis Cds e 187 co.8bis Cds, che lascia al giudice, in deroga alla previsione generale  di cui al citato  art.  224  co. 3 Cds, la competenza, previa  fissazione  di apposita  udienza, a statuire la  sanzione  amministrativa della  sospensione  della patente.

Qualche perplessità  desta la circostanza  che, a fronte  di un accertamento di penale  responsabilità, gli  artt.  186  co.9bis  Cds e  187  co.8bis  Cds. prevedano espressamente una  riduzione della  metà  della  sanzione  amministrativa, mentre analoga  riduzione non  è stata  prevista nel caso di estinzione  del reato  ex  art.168-bis cod. pen. laddove manca l'accertamento di responsabilità

Ciò appare, tuttavia, frutto di una legittima scelta  del legislatore che, come

si  è  premurato di  scrivere   l'art.  168-ter del  codice  penale  per  precisare   che l'estinzione del reato  non  pregiudica  l'applicazione delle  sanzioni  amministrative accessorie, ove previste  dalla  legge, ben avrebbe  potuto prevederne anche  una riduzione.  E  se   non   l'ha   fatto,  evidentemente,  è   perché   ha   considerato l'assorbente vantaggio, per chi richiede  la messa alla prova, pur  a sanzione  amministrativa accessoria inalterata, di poter  pervenire all'estinzione del reato  senza alcun accertamento di penale responsabilità a suo carico.

 

 

5. In difetto di assimilabilità dell'istituto all'odierno esame a quello  di cui agli artt. 186 co. 9bis Cds e 187 co. 8bis Cds, si torna  dunque  alla previsione di carattere generale  di cui all'art. 224 co.3bis  Cds che individua la competenza  nel Prefetto.

Tale conclusione, peraltro, si pone  in  continuità con  le condivisibili conclusioni   cui   in  passato   era   pervenuta  questa   Corte   di   legittimità  in  relazione all'estinzione   del   reato   per   intervenuta  oblazione    (sez.   4,   n.   41818    del10.7.2009, Alibrandi, rv.  245455; sez. 4, n. 34293  del 16.3.2004, De Luca, rv.229384; in precedenza,    conformi,  sez.   4 nn.   24392/2003, 25457/2003, 460561/2003, non massimate).

 

In quei casi si era affermato che il giudice  penale, che aveva  dichiarato l'estinzione  del reato di guida in stato  di ebbrezza  di cui all'art. 186 Cds., comma  2 per  intervenuta oblazione, non  poteva  applicare  la sanzione  amministrativa accessoria  della  sospensione  della  patente di guida, rimessa, ai sensi dell'art. 224 Cds., comma  3, al Prefetto, che avrebbe  dovuto procedere  all'accertamento della sussistenza  delle  condizioni  di legge  per  l'applicazione della  predetta  sanzione, richiamandosi agli artt. 218 e 219 C.d.S., nelle parti compatibili

Una conclusione  siffatta è coerente  anche con la previsione di cui all'art. 186 co.2  Cds che  vuole  che  la  sanzione  amministrativa accessoria  (evidentemente quella che applica  il giudice, vista  la previsione per l'estinzione del reato  di cui al successivo art. 224 co. 3 Cds) segua "l'accertamento del reato".

Peraltro,  il secondo  comma  dell'art. 221 C.D.S. prevede  espressamente l'ipotesi di definizione del processo penale  "per estinzione  del reato  o per difetto di una condizione  di procedibilità", nel qual caso la competenza  del giudice  penale in ordine all'applicazione della sanzione amministrativa viene espressamente a cessare perché lo prevede  la stessa disposizione  di legge.

Il ben diverso  "accertamento", effettuato in  sede amministrativa (della  violazione amministrativa) - che va sottoposto al procedimento di accertamento specifico,  incidenter tantum,  nell'ambito del  processo  penale  nel  caso  ipotizzato dall'art. 221 comma Cds-  riprenderà dunque  capacità  di spiegare  effetti autonomi allorché  in sede penale si sia esclusa "l'esistenza di un reato  che dipenda  dall'accertamento di una  violazione  non  costituente reato..."; con la conseguenza  che gli atti  vengono  restituiti per riprendere il loro corso nella  naturale  sede amministrativa.

 

Se ne trae  la conclusione  che il giudice  il quale  -come nel caso che ci occupa -  pronunci  sentenza  di intervenuta estinzione  del reato  ex  art.  168ter  co. 2 cod. pen. per positivo  esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione  amministrativa accessoria, che verrà  poi applicata  dal Prefetto  competente  a seguito  di trasmissione degli atti  da parte  del cancelliere  ed in seguito a passaggio  in giudicato  della sentenza che tale estinzione  del reato accerta e dichiara (ex art.  224, co. 3, Cds).

L'art.  223, quarto  comma,  Cds, dispone  - strumentalmente anche a tale  finalità  - che le sentenze  ed i decreti, una volta  divenuti irrevocabili, vengano  trasmessi al Prefetto  entro  i successivi quindici  giorni a cura del cancelliere  competente.

 

 

6. La sentenza  impugnata va  dunque  annullata  senza  rinvio  limitatamente alla pronuncia  della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida,statuizione che va eliminata. Deve disporsi, conseguentemente, la trasmissione di copia presente  sentenza  al competente Prefetto, a cura della Cancelleria, nel rispetto di quanto  disposto  dall'art. 224/3  C.D.S..

 

 

P.Q.M.

 

Annulla  senza  rinvio  la sentenza  impugnata limitatamente alla  disposizione concernente la sospensione  della patente di guida; statuizione che elimina.

Dispone  che copia  della  presente  sentenza  sia trasmessa  al Prefetto  di Napoli per quanto  di competenza.

 

Così deciso in Roma il 17 settembre 2015

 

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

5 ottobre  2015

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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