- Giurisprudenza
- Assicurazioni e responsabilità civile, Economia dei trasporti e della mobilità
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Vendita di auto usata
Corte di Cassazione II sez. civile
11 marzo 2008, n. 6466
Nella vendita di un’auto usata l’offerta di una polizza assicurativa per i vizi occulti potrebbe essere sintomo della conoscenza, da parte del venditore, della esistenza di vizi rilevanti incidenti sulla utilizzabilità dell’autovettura vettura. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO M. M. convenne in giudizio innanzi al tribunale di Monza la s.r.l. N. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 7.000.000 in relazione a gravi vizi manifestatisi nell’autovettura Opel Tigra da lui acquistata usata presso la convenuta, vizi tali da renderla inidonea all’uso. La soc. N. si costituì e contestò la domanda. All’esito dell’istruttoria il tribunale, con sentenza 7/16 maggio 2003, accolse parzialmente la domanda e condannò la società convenuta al pagamento della somma di Euro 2.900,00, oltre interessi e spese di giudizio, ritenendo la responsabilità della venditrice per la garanzia dei vizi della cosa venduta, ex art. 1490 c.c., ed applicando il rimedio della riduzione del prezzo di cui all’art. 1492, 2^ comma, c.c.. Avverso la sentenza propose appello la soc. N., cui si oppose il M.. La corte d’appello di Milano, con sentenza 24.6.2003, accolse l’impugnazione e in riforma della sentenza del tribunale, rigettò la domanda. A fondamento della decisione la corte milanese osservò che il tribunale aveva erroneamente ritenuto l’operatività della garanzia di cui agli art. 1490 e 1492, 3^ comma, c.c. per il grave vizio della cosa venduta, non avendo considerato la clausola con la quale l’acquirente, da un lato dichiarava di aver visto e provato l’automezzo acquistato e di averlo trovato di completo gradimento, dall’altro prendeva atto che l’automezzo non aveva “alcuna garanzia, salvo diverso accordo pattuito per iscritto...”. Tale clausola nella prima parte si limitava a riprodurre la previsione dell’art. 1491 c.c., valendo solo ad escludere la garanzia per i vizi facilmente riconoscibili, mentre nella seconda parte, in base ad una interpretazione sia logica che letterale, avallata dalle risultanze istruttorie, non poteva avere altro fine che quello di escludere la garanzia per i vizi non riconoscibili. A conferma di detta interpretazione la corte milanese rammentava che per i vizi non riconoscibili le parti avevano convenuto la sottoscrizione di apposita polizza assicurativa, il che comprovava che la venditrice era esonerata dal relativo rischio, che rimaneva a carico dell’acquirente, con trasferimento sull’assicuratore. Osservò ancora la corte che non poteva neppure dirsi che l’esclusione della garanzia era resa inefficace, ai sensi dell’art. 1490, 2^ comma, dal comportamento della società venditrice, che avrebbe in mala fede taciuto i vizi all’acquirente. Nella specie, infatti, era onere della parte acquirente dare prova del dolo, non potendosi richiamare la regola della presunzione di colpa del soggetto obbligato nell’inadempimento, trattandosi di concetto distinto dalla “mala fede”, la quale corrisponde al dolo, mentre nessuna norma presume la “mala fede”. Osservò, inoltre, la corte territoriale, che dalle deposizioni dei testi non era emerso alcun elemento che inducesse a ritenere la mala fede del venditore, e cioè che la società fosse a conoscenza del vizio e l’avesse volontariamente taciuto. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M. M., in forza di due motivi; resiste con controricorso la soc. N. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con riferimento alla interpretazione della clausola escludente la garanzia per i vizi. Deduce il ricorrente che la corte d’appello, contraddicendo la decisione del tribunale che aveva ritenuto troppo generica la clausola e, quindi, non idonea ad escludere altri vizi che non fossero quelli palesi o facilmente riconoscibili, non ha considerato che esso compratore mai avrebbe rinunciato alla garanzia per i vizi occulti, tanto più considerando che la copertura assicurativa convenuta concerneva solo i guasti di modica entità. Con il secondo motivo, proposto in via dichiaratamente subordinata, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1490, 2^ comma, 2729 c.c. e 2697 c.c. e dell’art. 1494, nonché insufficiente motivazione circa il mancato raggiungimento della prova della mala fede della soc. N.. Si duole il ricorrente che la corte abbia malamente valutato le risultanze processuali, con particolare riguardo alle deposizioni testimoniali, escludendo con laconica motivazione che fosse rimasta provata la mala fede, nonostante fosse emerso in sede di prove testimoniali che l’auto, sin dal primo momento, aveva manifestato un rumore anomalo del motore, perché questo andava a tre cilindri; che in ragione di ciò il ricorrente aveva subordinato l’acquisto ad una messa a punto dell’auto; che il vizio era preesistente alla vendita; che era stata la N. ad indurre esso M. ad acquistare la Opel Tigra in luogo della Ford Fiesta da lui scelta, rassicurandolo della perfetta efficienza ed affidabilità della vettura. Sussistevano, quindi, numerosi indizi, gravi precisi e concordanti - cui poteva aggiungersi la significativa offerta di una polizza assicurativa - per affermare che la venditrice era in mala fede perché a perfetta conoscenza del vizio rivelato dall’auto. Il ricorso è fondato. L’interpretazione della clausola contrattuale operata dalla corte d’appello appare certamente corretta, perché mentre la prima parte della detta clausola non può che valere ad escludere i vizi palesi o accettati - il che non costituisce una deroga alle previsioni normative - la seconda, contenendo l’accettazione dell’acquirente alla esclusione di qualsiasi garanzia, salva quella offerta da apposita pattuizione (polizza assicurativa), non poteva che riferirsi proprio ai vizi occulti, rimanendo diversamente priva di qualsiasi significato. Ciò detto, non può disconoscersi il vizio motivazionale della sentenza in ordine alla esclusione della mala fede della società venditrice, elemento questo - se accertato - idoneo a privare di efficacia la clausola di esonero pattuita. La corte territoriale, limitandosi al testuale rilievo - senza neppure riportare il contenuto delle dichiarazioni - che dalle deposizioni dei testi non era emerso alcun elemento o fatto in base al quale potesse direttamente o indirettamente ritenersi dimostrato che la società venditrice era a conoscenza del vizio lamentato dall’acquirente e che lo avesse a questi in mala fede taciuto al momento della vendita, ha privato di ogni considerazione tutta una serie idi indizi che pur emergono dalla stessa sentenza. Infatti, nessun rilievo ha dato la corte alla qualità professionale del venditore, che certamente aveva le capacità tecniche e la strumentazione necessaria per testare l’efficienza dell’auto e, se necessario, per effettuare le riparazioni idonee a ripristinare le qualità essenziale del mezzo in relazione all’uso normale cui poteva essere destinato; l’incongruenza della motivazione appare ancor più evidente ove si consideri la natura del vizio in questione, che la stessa corte territoriale definisce “grave” e che non si era manifestato dopo un certo tempo, ma nella immediatezza del suo uso dopo la vendita, prova inconfutabile della sua preesistenza. Anche l’offerta della polizza assicurativa (peraltro rivelatasi non utile allo scopo) doveva essere oggetto di considerazione, sia quale possibile strumento di persuasione per superare le perplessità all’acquisto, sia quale sintomo della conoscenza da parte del venditore della esistenza di vizi rilevanti e incidenti sulla utilizzabilità dell’automezzo. In presenza degli elementi indiziali segnalati la corte d’appello non avrebbe potuto limitarsi a registrare la mancata dimostrazione, in modo “inequivoco” da parte dell’attore della mala fede del venditore, ma avrebbe dovuto verificare il loro evidente contenuto probatorio alla stregua degli altri elementi acquisiti. La carenza motivazionale suddetta impone la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano che provvedere al riesame del materiale probatorio acquisito argomentando adeguatamente su di esso, e regolerà anche le spese del presente giudizio. PQM La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della corte d’appello di Milano.
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