- Giurisprudenza
- Contestazione, verbalizzazione e notificazione
- Dott.ssa Maristella Giuliano
Verbale di contestazione e pagamento in misura ridotta
Giudice di Pace Palermo sez. VIII civ.
12 febbraio 2010
Il verbale di contestazione delle infrazioni al Codice della Strada nel quale si preveda, quale unico mezzo per provvedere al pagamento della sanzione pecuniaria inflitta, il versamento in conto corrente postale, è illegittimo in quanto non rispettoso della normativa di riferimento (art. 202 c.s.) che, invece, consente al trasgressore di provvedere al pagamento in misura ridotta anche attraverso altri mezzi espressamente indicati dalla legge.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso del 31/12/2009 l’istante impugnava il verbale di violazione n. N1172501109/V/0, elevato in data 09/09/2009 dalla Polizia Municipale del Comune di Palermo.
La ricorrente eccepiva, fra l’altro, l’illegittimità del verbale a causa dell’imposizione a provvedere in ordine al pagamento in misura ridotta della sanzione unicamente a mezzo di conto corrente postale, con ingiustificato onere pecuniario a carico dello stesso, in violazione dell’art. 202 del C.d.s.
Sul piano normativo, il pagamento della sanzione costituisce uno dei modi di estinzione dell’obbligazione da illecito (il c.d. “ adempimento”), purché connotato dei caratteri della tempestività ( rispetto al termine massimo, perentorio, fissato ) e dell’esaustività ( rispetto all’intera somma dovuta ): in tal caso, la relativa ricevuta (o parte del bollettino) a titolo di attestazione del pagamento ha effetto liberatorio ai sensi dell’art. 387 comma 1 Reg. C.d.S.
Nel caso di specie, da un attento esame degli atti di causa, si legge nel corpo del verbale di contestazione che il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria va effettuato “avvalendosi del bollettino allegato mediante versamento in conto corrente postale n. 69528339 intestato a Comune di Palermo...”
Orbene, non si evince alcun obbligo in tal senso dall’analisi del testo normativo di cui all’art. 202 del Codice della Strada, che così recita “Per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme. Il trasgressore può corrispondere la somma dovuta presso l’ufficio dal quale dipende l’agente accertatore oppure a mezzo di versamento in conto corrente postale, oppure, se l’amministrazione lo prevede, a mezzo di conto corrente bancario. All’uopo, nel verbale contestato o notificato devono essere indicate le modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto corrente postale, o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario”.
Interpretando letteralmente il dispositivo normativo, appare evidente che il pagamento può (nel senso di “deve”) essere effettuato in alternativo o presso l’ente accertatore, ossia il Comando di Polizia Municipale) o a mezzo di versamento in conto corrente postale: queste le due ipotesi-base, alternative fra loro e legislativamente previste, dunque obbligatorie in ogni fattispecie di infrazione al Codice della Strada.
La terza ipotesi considerata, ossia il versamento in conto corrente bancario, rappresenta una terza alternativa, obbligatoria ex lege solo “se l’amministrazione (nella specie il Comando di Polizia Municipale) la prevede”.
In buona sostanza, sulla scorta di quanto rilevato, l’accertamento di violazione appare illegittimo, in quanto posto in essere in violazione — e dunque non rispettoso — della normativa suesposta, prevedendo unicamente ed esclusivamente per il contravventore il pagamento a mezzo di conto corrente postale, con considerevole aggravio per lo stesso dal punto di vista economico.
A tale riguardo, non convincono le considerazioni giuridiche del Tribunale civile di Palermo, investito della questione, in un caso analogo, quale giudice d’appello: quest’ultimo, nello specifico, pur riconoscendo “la violazione di legge in cui è incorsa la P. A. “, tuttavia la reputa inidonea a rendere nullo l’intero atto” alla luce del diritto di difesa di cui gode il trasgressore.
In realtà, per comprendere appieno le questioni di diritto coinvolte, appare opportuno svolgere alcune brevi riflessioni circa il vizio — proprio del diritto amministrativo — di violazione di legge.
L’atto amministrativo può, in generale, presentare vizi di legittimità, quando risulta difforme da nome giuridiche esplicite o implicite (è il caso dell’eccesso di potere), oppure presentare vizi di merito quando lo stesso non è conforme a regole non giuridiche (norme di buona amministrazione).
I vizi di legittimità, a seconda degli elementi sui quali incidono, possono determinare diverse forme d’invalidità dell’atto amministrativo, possono, cioè, dar luogo a:
- nullità ( qualora l’atto manchi di requisiti essenziali, ovvero qualora l’atto contrasti con precedente giudicato, o se l’atto sia stato adottato in difetto di attribuzione del potere o negli altri casi previsti dalla legge, ex art 21 septies Legge n. 241 del 1990 ) ;
- annullabilità (qualora sussista incompetenza relativa, violazione di legge, nei casi non determinanti la nullità o eccesso di potere, ex art. 21 octies Legge n. 241 del 1990).
L’annullabilità dell’atto amministrativo, nello specifico, è determinata dall’illegittimità di uno degli elementi essenziali dell’atto stesso: l’art. 26 del R.D. n. 1054/1924 indica i vizi di legittimità dell’atto amministrativo, che sono la violazione di legge, l’incompetenza e l’eccesso di potere.
In particolare, la violazione di legge costituisce un vizio residuale dell’atto amministrativo, nel senso sia l’incompetenza che l’eccesso di potere costituiscono delle specie del più ampio genere della violazione di legge.
Con riferimento all’annullabilità dell’atto amministrativo, deve infine soggiungersi che l’art. 21 octies della Legge n. 241/1990 ha distinto tra vizi formali e procedimentali e vizi sostanziali stabilendo che, in relazione all’attività vincolata della Pubblica Amministrazione - e vincolata nel senso dell’esistenza di una norma giuridica che impone alla stessa un determinato atto - solo con riferimento a questi ultimi è sempre ammesso l’annullamento dell’atto amministrativo: questo, fra l’altro, l’orientamento consolidato della giurisprudenza del Consiglio di Stato ( pere tutte, Cons. Stato sent. nn. 219/94 ; 19/82 ; 270/98 ; 201197 ).
I giudici amministrativi, in particolare, affermano il principio di diritto — che si attaglia al caso di specie - secondo cui “perché sussista l’interesse ad impugnare un atto amministrativo, non è sufficiente che il ricorrente abbia un vantaggio dalla sua eliminazione, ma occorre che il vantaggio derivi dall’eliminazione del vizio dell’atto, ossia occorre che la lesività dell’atto consegua al vizio di legittimità...(onde)...l’ambito oggettivo del giudicato di annullamento va delimitato con riferimento alla statuizione di invalidità dell’atto amministrativo individuale impugnato, in correlazione con il petitum proposto alla stregua del vizio di legittimità del quale è accertato il fondamento nella fattispecie cui inserire il medesimo atto”.
Orbene, sulla scorta del suesposto dettato legislativo di cui all’art. 202 del C.d.s., ed in base ai principi giuridici espressi dalla giurisprudenza amministrativista, il verbale di contestazione impugnato dall’opponente appare illegittimo, in quanto non rispettoso della normativa di riferimento ( art. 202 C.d.s. ), prevedendo unicamente il pagamento in misura ridotta a mezzo di conto corrente postale, e pertanto va annullato in base al combinato disposto di cui agli artt. 21 octies legge n. 241 del 1990 e 1 comma 2 legge 689/81.
In buona sostanza, l’accertamento di violazione impugnato dall’opponente appare illegittimo, in quanto non rispettoso della normativa suesposta, prevedendo unicamente il pagamento in misura ridotta a mezzo di conto corrente postale, e pertanto va annullato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si determinano in via equitativa, ma con riferimento alle tariffe forensi, nell’importo di euro 480,00, oltre Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. (omissis).
P.Q.M. Visti gli artt. 22 e 23 della legge 689/81 ;
Accoglie l’opposizione proposta da (omissis), come sopra rappresentata e difesa, in data 31/12/2009. Conseguentemente, annulla il verbale di violazione n. N1172501/091V/0, elevato in data 09/09/2009 dalla Polizia Municipale del Comune di Palermo, in quanto illegittimo.
Condanna il Comune di Palermo al pagamento delle spese processuali, ammontanti ad euro 480,00 oltre Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. (omissis).
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