Non è riconducibile alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 483 cod. pen. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) la falsa dichiarazione, resa agli agenti di Polizia dal conducente di un veicolo, di essere abilitato alla guida e di aver dimenticato a casa la patente in realtà mai conseguita o sospesa. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, V sez. penale, con sentenza 28 maggio 2008, n. 21402. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che il verbale redatto dagli agenti accertatori, e nel quale sono state trasfuse le dichiarazioni del conducente del veicolo, non era destinato a provare la verità dei fatti ivi attestati, quindi, non vi era alcun obbligo del soggetto di dichiarare la verità. Il testo e la massima della sentenza potranno essere consultati dagli abbonati sul prossimo fascicolo della Rivista.